TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-08-02, n. 201801166
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Pubblicato il 02/08/2018
N. 01166/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01389/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1389 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Grandi Impianti Energie Rinnovabili 7 S.r.l. (Già Grandi Impianti Energie Rinnovabili S.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi D'Ambrosio, E P, con domicilio eletto presso lo studio Luigi D'Ambrosio in Bari, piazza Garibaldi, n.23;
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato T T C, con domicilio eletto presso lo studio Tiziana T. Colelli in Bari, Lungomare Nazario Sauro, n.31/33;
per
(chiesto con il ricorso principale)
-la condanna della Regione Puglia al risarcimento del danno ingiusto conseguente al mancato esercizio dell’azione amministrativa obbligatoria, ex art.30, co. 2, c.p.a., art. 2043 c.c. e art.28 cost. e all’inosservanza dolosa o colposa del termine di durata del procedimento ex art.14.16, D.M. Sviluppo economico 10.9.2010 e dall’art.2 bis, l. n.241/90;
(chiesto con il ricorso per motivi aggiunti depositato il 23.1.2013)
-l'annullamento
della nota prot. n.0011770 del 17.12.2012 a firma del Dirigente dell’Ufficio Aree Politiche per lo Sviluppo Economico, il Lavoro e l’Innovazione – Servizio Energia, Reti e Infrastrutture Materiali per lo Sviluppo- Ufficio Energia e Reti energetiche, recante diniego dell’autorizzazione unica richiesta in data 25.10.2007, per la realizzazione di un parco eolico nel Comune di San severo in località “Motta del Lupo – Motta Regina – Torretta Antonacci;
di ogni atto alla predetta presupposto, connesso e consequenziale, ancorchè non conosciuto, ivi compreso, ove occorra, il preavviso di improcedibilità e invito al completamento della documentazione prot. n.0010790 del 15.12.2012, trasmesso dall’Ufficio Energia della Regione Puglia in pari data a mezzo PEC;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 4 luglio 2018 la dott.ssa D Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso principale la società odierna ricorrente ha contestato l’inerzia della Regione Puglia nel concludere il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica (chiesta in data 25.10.2007) per la realizzazione di un parco eolico nel Comune di San severo in località “Motta del Lupo – Motta Regina – Torretta Antonacci, formulando, altresì, domanda risarcitoria sia per la perdita dei benefici economici sia per i costi di sviluppo sostenuti in considerazione del ritardo nel rilascio del provvedimento di autorizzazione unica.
L’Amministrazione regionale, in data 17.12.2012 (e, quindi, in un momento successivo rispetto alla notifica del ricorso, avvenuto in data 2.10.2012) ha respinto la predetta istanza, rilevando una difformità tra la soluzione di connessione alla RTN,presentata con l’istanza originale (del 25.102007) -e riproposta telematicamente il 1.4.2011- e quella trasmessa in sede di integrazioni documentali, trasmessa via pec il 3.3.2012 e acquisita al prot. N.2237 del 9.3.2012, ed evidenziando che tale nuova scelta progettuale non risultava derivare da una nuova proposta di soluzione tecnica (STMG) effettuata da Terna spa, difettando, tra quelli inseriti telematicamente, alcun documento proveniente da Terna idoneo a giustificare la variazione di connessione.
In sede di diniego veniva evidenziata, inoltre, la mancanza dell’intero progetto delle opere elettriche di connessione- sia di rete che di utenza-.
La Sezione, con sentenza non definitiva n. 175/2013, ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse in ordine alla domanda ex art. 117 cpa, disponendo la prosecuzione del giudizio per la definizione della connessa domanda risarcitoria e dei sopravvenuti motivi aggiunti secondo il rito ordinario.
Infatti, con ricorso per motivi aggiunti, assistito da istanza cautelare (depositato il successivo 23.1.2013), la società ricorrente ha impugnato il predetto provvedimento di diniego, affidando le sue doglianze a molteplici censure.
Accolta l’istanza cautelare con ordinanza di questa Sezione n. 138/2013 del 7.3.2013 (motivata in ragione della ritenuta illegittimità del comportamento regionale per aver omesso qualsiasi valutazione delle osservazioni di parte, contenute nella memoria comunque pervenuta all’Amministrazione regionale circa venti giorni prima dell’emissione del provvedimento stesso;
nonché in considerazione del fatto che “il contestato ridimensionamento del progetto è stato previsto in sede di V.I.A. (cfr. nota prot. n.73623 del 17.10.2012 a firma del Dirigente dell’Ufficio Ambiente della Provincia) e che la soluzione tecnica di connessione è in corso di definizione solo in relazione a profili meramente esecutivi, peraltro rimessi a scelte che esulano dal controllo della società ricorrente sicchè, nell’ottica di privilegiare gli aspetti sostanziali nel rapporto tra Amministrazioni e amministrati, i rilevati profili non possono irrimediabilmente compromettere l’esito del procedimento”), la Regione, come evidenziato con memoria depositata digitalmente il 1.6.2018, ha riaperto il procedimento in questione per riesaminare la posizione della società istante.
All’esito del riesame, l’Ente ha adottato nuovo provvedimento di diniego (nota n. 5699 dell’8.7.2013), rimasto inoppugnato.
In vista dell’udienza del 4.7.2018, le parti hanno depositato memorie e, alla predetta udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.
Attesa la definizione della domanda ex art. 117 cpa avverso il silenzio con sentenza n. 175/2013, vengono all’esame del Collegio, in questa sede, sia la domanda risarcitoria formulata con il ricorso principale sia quella impugnatoria proposta con il ricorso per motivi aggiunti.
Quanto a quest’ultimo, esso va dichiarato improcedibile, in considerazione dell’adozione di un nuovo provvedimento di diniego (non meramente confermativo in quanto adottato a seguito di nuova istruttoria, peraltro, rimasto inoppugnato), che priva di interesse all’annullamento del precedente, atteso che la pronuncia invocata non sarebbe, comunque, idonea a superare l’ultimo diniego dell’8.7.2013 che preclude in modo definitivo, alla ricorrente, di ottenere il bene della vita reclamato con il ricorso per motivi aggiunti.
Infondata è anche la domanda risarcitoria.
Essa muove dall’assunto che se il procedimento si fosse concluso tempestivamente (in base alla disciplina di settore applicabile alla data normativamente prevista per l’adozione del provvedimento finale, ovverosia entro 180 gg. dalla presentazione dell’istanza), sarebbe sfociato nel rilascio dell’ambita autorizzazione unica, così consentendo la tempestiva realizzazione dell’impianto. Ciò avrebbe permesso la percezione delle utilità economiche ad esso connesse (ad es. degli interessi attivi derivanti dall’investimento).
Diversamente il ritardo nel rilascio ha conseguentemente procrastinato tale possibilità.
La ricorrente computa, altresì, tra i danni risarcibili anche i costi sostenuti per la progettazione (c.d. costi di sviluppo).
La premessa appena posta rende evidente che la effettiva realizzazione dell’impianto si pone quale condizione necessaria, nel processo concausale, per riconoscere il risarcimento reclamato, risultando chiaro che, in difetto dello stesso, nessuna utilità economica la ricorrente avrebbe tratto dalla propria attività.
Aggiungasi ancora (e a monte), che il processo logico di ricostruzione eziologica degli eventi richiede che possa riconoscersi la spettanza del bene della vita, ovverosia, la assentibilità dell’impianto.
Con l’ulteriore conseguenza che il ritardo nell’adozione del provvedimento ambito si pone quale condizione necessaria ma non sufficiente per l’accoglimento della domanda proposta (dovendo ulteriormente accertarsi che:
-il procedimento si sarebbe dovuto concludere con il rilascio dell’ambita autorizzazione unica;
-l’impianto sarebbe stato effettivamente realizzato.
Tuttavia, plurime evidenze processuali depongono in senso contrario.
Sotto tale ultimo profilo deve porsi in rilievo, infatti, che il progetto originariamente proposto dalla ricorrente ha subito una variazione di rilievo in ordine alla soluzione di connessione alla rete, rispetto al progetto originario presentato sia in data 25.10.20107 sia trasferito telematicamente in data 1.4.2011.
Tale variazione, per come emerge chiaramente dalle acquisizioni documentali, è stato il frutto di un’autonoma scelta progettuale e imprenditoriale della ricorrente, non determinata da alcuna richiesta in tal senso di Terna che, invece, aveva, in data 6.5.2008, formulato una proposta di STMG accettata dalla ricorrente.
La variazione di connessione proposta dimostra l’abbandono in corso d’opera della scelta imprenditoriale originariamente formulata, in favore di una diversa e nuova soluzione progettuale autonomamente preferita e perseguita dalla ricorrente.
Tanto esclude, secondo un giudizio probabilistico retto dal criterio dell’id quod plerumque accidit, l’effettiva realizzazione dell’impianto, evidenziando la natura, scarsamente concreta dell’iniziativa imprenditoriale originariamente proposta.
Viene meno, dunque, uno degli evidenziati presupposti per il riconoscimento del ristoro patrimoniale chiesto, risultando, sotto tale profilo, interrotto il nesso causale tra gli eventi che avrebbero causato il danno.
Le considerazioni sin qui svolte rendono del tutto irrilevante la valutazione di assentibilità del progetto con la originaria soluzione di connessione (che è elemento determinate per l’accoglimento dell’istanza), avendo la proponente, per sua autonoma scelta, rimodulato la proposta progettuale, così concentrando sul progetto innovato con la nuova soluzione di connessione l’istanza di autorizzazione unica.
E’ rispetto a tale ultima soluzione progettuale che deve, pertanto, valutarsi la effettiva possibilità di ottenere l’autorizzazione unica, ovverosia la spettanza del bene della vita.
O, deve, quindi, rilevarsi che la Regione, con motivazione espressa nel secondo diniego (v. pag 3 provv. n.5699 dell’8.7.2013), rimasta inconfutata, ha chiarito che l’istanza per tale ultima soluzione progettuale non risultava accoglibile difettando, per la nuova soluzione di connessione, il parere di Terna di rispondenza ai requisiti di rete;la nuova STMG;l’accettazione della stessa ed il relativo benestare del gestore di rete.
Mancando una valida soluzione di connessione dell’impianto alla rete di Terna spa, l’impianto rimodulato risultava privo di un requisito essenziale di funzionalità e concreta operatività.
Ne certamente va esclusa, pertanto, la assentibilità.
Difetta, dunque, nel caso di specie, anche l’illegittimità dell’atto conclusivo del procedimento autorizzatorio che esclude la possibilità di ottenere il bene della vita e determina, sotto altro punto di vista, la imputabilità alla sola danneggiata delle perdite economiche reclamate.
Alle considerazioni sin qui svolte deve aggiungersene un’altra rilevante ai sensi dell’art. 30, co 3, cpa.
Deve, infatti, porsi in evidenza che la ricorrente, pur avendo a disposizione il rimedio giustiziale di cui all’art. 117 cpa (ovvero di cui all’art. 21 bis L. n. 1034/71, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 104/2010) ha omesso qualsivoglia forma di tempestiva reazione all’inerzia regionale.
Deve, infatti, rilevarsi in punto di fatto che la società istante ha proposto istanza il 25.10.2007.
Decorso il termine di conclusione del procedimento (che la stessa ricorrente allega essere di 180 giorni), non ha reclamato l’atto conclusivo del procedimento, provvedendo, ben oltre il termine di conclusione, ad operare la trasposizione in sede telematica dell’istanza (in data 1.4.2011), in ossequio alle disposizione di DGR n.3029/2010.
Previo espletamento del sub-procedimento di VIA, la Regione, esaminata la documentazione presentata e rilevate varie carenze documentali, ha inviato preavviso di improcedibilità in data 2.2.2012.
Trasmessa la documentazione integrativa con pec del 3.3.2012, l’Ente rilevava la difformità della soluzione di connessione inizialmente proposta rispetto a quella depositata con le predette integrazioni documentali, così inviando pec del 6.4.2012 con richiesta di chiarimenti e di deposito dei documenti comprovanti la concreta approvazione della soluzione di connessione da parte di Terna.
A tale richiesta la ricorrente non replicava, provvedendo, invece a notificare l’atto introduttivo del ricorso principale contenente, altresì la domanda risarcitoria (notificato il 2.10.2012 e depositato il successivo 16.10.2012).
Solo dopo il preavviso di diniego ex art. 10 bis L. n.241/90, del 15.11.2012, essendo stato già proposto il ricorso introduttivo del giudizio, la società trasmetteva le proprie osservazioni.
Tale comportamento viene in rilievo, dunque, sotto un duplice profilo: perché evidenzia sia che la società ha omesso di esercitare una condotta ordinariamente diligente (attraverso l’esperimento del previsto rimedio giurisdizionale) tesa ad evitare il prodursi del danno;sia che ha tenuto un comportamento contrario a buona fede, da valutarsi in un’ottica collaborativa e partecipativa rispetto alla richiesta di chiarimenti.
I ricorsi, pertanto, vanno definiti con la pronuncia indicata in dispositivo.
Le spese, in ragione dell’andamento complessivo della controversia, vengono integralmente compensate.