TAR Roma, sez. III, sentenza 2019-07-05, n. 201908970
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Pubblicato il 05/07/2019
N. 08970/2019 REG.PROV.COLL.
N. 09718/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9718 del 2009, proposto da
Soc Enel Produzione S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati L A e G A, con domicilio eletto presso lo studio legale Acquarone in Roma, via Filippo Nicolai, 70;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Agenzia Nazionale per L'Attrazione degli Investimenti e Lo Sviluppo di Impresa S.p.A. (Già Sviluppo Italia S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Tufarelli e Marianna Ristuccia, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via E.Q. Visconti, 20;
Ministero delle Infrastrutture, Ministero dei Trasporti, Presidenza Consiglio Ministri, Ministero Interno, Regione Toscana, Arpa Toscana, Istituto Superiore di Sanità, Iicram, Ispra, Provincia Livorno, Comune di Livorno, Comune di Collesalvetti, Autorità Portuale di Livorno, Sviluppo Italia Aree Produttive S.p.A., Ministero dello Sviluppo Economico non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
del verbale della Conferenza di servizi decisoria, convocata presso il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio in data 28 aprile 2006, ai sensi dell'art. 14 della legge n. 241/1990, relativa al sito di interesse nazionale di Livorno, comunicato con lettera del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio - Direzione per la Qualità della vita, prot. n. 10472/QDV/DVVII/VIII, datata 26 maggio 2006, nella parte in cui è stato deliberato:
a) di prendere "atto della caratterizzazione dell'area della centrale Enel di Livorno… a condizione che siano ottemperate le prescrizioni formulate dalla conferenza di servizi istruttoria del 30 novembre 2005, ivi compresa quella relativa alla richiesta di seguire n. 3 sondaggi nell'area marino antistante la centrale con le caratteristiche e le modalità sopra indicate" (punto .3 dell'ordine del giorno, pag. 47);
b) "non ritenendo gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza proposti idonei ad impedire la diffitsione della contaminazione all'esterno del sito, chiede che si è realizzata immediatamente una barriera idraulica di emungimento lungo tutto il fronte della Centrale, a valle idrogeologico dell'area, con un interasse dei pozzi di emungimento in grado di impedire la diffi1sione della contaminazione e tenendo conto delle prescrizioni sopra riportate" (pag. 47);
c) "di presentare, entro 30 giorni dalla data del ricevimento del presente verbale, il progetto preliminare di bonifica dei suoli e della falda che preveda /'adozione di interventi di corifìnamento fisico delle acque di falda sottostanti l'area della centrale" (pag. 47);
d) di approvare il progetto preliminare di bonifica dell'area marino costiera prospiciente il sito di interesse nazionale di Livorno, presentato da ICRAM e, con riferimento agli interventi in esso previsti, di richiedere alla Direzione della qualità della vita del Ministero dell'ambiente di "segnalare l'avvio dell'esecuzione in danno ai sensi e per gli effetti degli artt. 51 bis del d.lgs. 22197 e del comma 7 dell'art. 114 della legge 388/2000, nonché delle azioni di accertamento e di recupero del danno ambientale arrecato al mare, aggravato anche a causa della mancata esecuzione di tutti gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza già prescritti” (punto 3 dell'ordine del giorno, pag. 12).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e di Agenzia Nazionale per L'Attrazione degli Investimenti e Lo Sviluppo di Impresa S.p.A. (Già Sviluppo Italia S.p.A.);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 10 maggio 2019 il dott. V B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso depositato il 26 novembre 2009 la Società Enel Produzione S.p.a. ha riassunto davanti a questo Tribunale Amministrativo, ex art. 41, comma 1, L. n. 99 del 23 luglio 2009, il giudizio promosso innanzi al Tar Toscana – Firenze con ricorso depositato il 10 maggio 2007 ed iscritto con il n. R.G. 1477/2006, con il quale aveva impugnato il verbale della Conferenza di servizi decisoria, convocata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio in data 28 aprile 2006, ai sensi dell'art. 14 della legge n. 241/1990, relativa al sito di interesse nazionale di Livorno, comunicato con lettera del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio - Direzione per la Qualità della vita, prot. n. 10472/QDV/DVVII/VIII, datata 26 maggio 2006, nella parte in cui è stato deliberato:
a) di prendere "atto della caratterizzazione dell'area della centrale Enel di Livorno… a condizione che siano ottemperate le prescrizioni formulate dalla conferenza di servizi istruttoria del 30 novembre 2005, ivi compresa quella relativa alla richiesta di seguire n. 3 sondaggi nell'area marino antistante la centrale con le caratteristiche e le modalità sopra indicate" (punto .3 dell'ordine del giorno, pag. 47);
b) "non ritenendo gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza proposti idonei ad impedire la diffitsione della contaminazione all'esterno del sito, chiede che si è realizzata immediatamente una barriera idraulica di emungimento lungo tutto il fronte della Centrale, a valle idrogeologico dell'area, con un interasse dei pozzi di emungimento in grado di impedire la diffi1sione della contaminazione e tenendo conto delle prescrizioni sopra riportate" (pag. 47);
c) "di presentare, entro 30 giorni dalla data del ricevimento del presente verbale, il progetto preliminare di bonifica dei suoli e della falda che preveda l’adozione di interventi di confinamento fisico delle acque di falda sottostanti l'area della centrale" (pag. 47);
d) di approvare il progetto preliminare di bonifica dell'area marino costiera prospiciente il sito di interesse nazionale di Livorno, presentato da ICRAM e, con riferimento agli interventi in esso previsti, di richiedere alla Direzione della qualità della vita del Ministero dell'ambiente di "segnalare l'avvio dell'esecuzione in danno ai sensi e per gli effetti degli artt. 51 bis del d.lgs. 22/97 e del comma 7 dell'art. 114 della legge 388/2000, nonché delle azioni di accertamento e di recupero del danno ambientale arrecato al mare, aggravato anche a causa della mancata esecuzione di tutti gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza già prescritti” (punto 3 dell'ordine del giorno, pag. 12).
Enel Produzione S.P.A. premette di essere titolare di un'area a vocazione industriale inclusa nell'area portuale di Livorno, sulla quale sorge una centrale termoelettrica che si estende su una superficie di circa 12 ettari, confinante con gli impianti Motorfides e UFT, aggettando sul c.d. "canale industriale" e sul canale dei Navicelli.
La centrale termoelettrica "Mazzocco" esistente costruita dalla SELT-Valdarno è alimentata con OCD ("olio combustibile denso") che affluisce alla centrale tramite oleodotto ed è stoccato in appositi serbatoi la cui idoneità ed efficienza sarebbe stata certificata dalla Società.
L'area industriale del porto di Livorno, nell'ambito della quale è localizzata la centrale, è stata classificata quale "Sito di interesse nazionale" con D.M. 18 settembre 2001, n. 468, recante il "Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale", che ne ha riconosciuto lo stato di inquinamento prevedendone la bonifica per un costo complessivo di 20 miliardi di lire posto dal decreto medesimo a carico dell'Amministrazione pubblica.
Il sito è stato successivamente perimetrato con il D.M. 24 febbraio 2003, con il quale i suoi confini sono stati determinati con riferimento all'intero “àmbito portuale, le aree industriali che gravitano direttamente sull'area portuale medesima e l'area marina antistante l'area a terra perimetrata compresa entro la distanza di 3000 metri dalla costa e comunque entro la batimetrica dei 50 metri”.
La Società ricorrente afferma di aver commissionato, di propria iniziativa, ad un'impresa specializzata la predisposizione di diversi piani di caratterizzazione, consistenti in indagini attinenti tanto all'area di sedime della centrale quanto alle acque sotterranee sottostanti l'area di proprietà.
Il piano di caratterizzazione predisposto dalla Società in data 14 giugno 2004, in qualità di mero proprietario dell'area ex art. 9 D.M. n. 471/1999, veniva approvato dalla Conferenza di servizi decisoria del 9 novembre 2004.
I risultati della caratterizzazione delle acque sotterranee sono stati presentati al Ministero dell’Ambiente con lettera Enel del 1° giugno 2005: da essi risulta il superamento dei valori tabellari di cui al D.M. n. 471/1999 per alcuni degli elementi di cui la conferenza di servizi aveva richiesto la ricerca.
L’Enel assume che nessuno degli elementi la cui concentrazione di elementi inquinanti presenti sia nel suolo che nelle acque sotterranee è risultato superiore ai limiti di legge sarebbe associabile alle attività industriali pregresse o attuali svolte da Enel nel sito.
La ricorrente si sarebbe dichiarata disponibile ad eseguire di propria iniziativa, ex art. 9 D.M. n. 471/1999, una messa in sicurezza d'emergenza della «falda», comunicata al Ministero e già realizzata. L'intervento consiste nel pompaggio mediante una pluralità di pozzi di emungimento (sette) posti in prossimità delle zone contaminate, con successivo trattamento delle acque emunte, congiunto ad un sistema di monitoraggio e costante campionamento.
Il Ministero dell’ambiente con le conferenze di servizi dell'8 luglio 2005 e del 10 agosto 2005 — preso atto delle caratterizzazioni delle acque di falda poste in essere da varie imprese insidiate nel S.I.N., le quali avevano rilevato alcune zone di superamento dei valori limite di cui al D.M. n. 471/1999 per alcune singole sostanze contaminanti, nonché delle misure di messa in sicurezza di emergenza già adottate o in corso di adozione da parte delle imprese medesime, in qualità di "proprietarie incolpevoli" ex art. 9 D.M. n. 471/1999, ha chiesto alle predette imprese di procedere in maniera congiunta, unitaria e coordinata;e, previo approfondimento da parte dei medesimi soggetti delle indagini istruttorie e delle caratterizzazioni fino ad allora svolte, di comunicare al Ministero dell’Ambiente eventuali o ulteriori interventi di messa in sicurezza d'emergenza ritenuti necessari.
In seguito il Ministero dell’Ambiente, con la conferenza decisoria del 22.12.2005, ha deciso di conferire a Sviluppo Italia S.p.a., Società a capitale pubblico, l'incarico per la redazione dello Studio di fattibilità per la messa in sicurezza di emergenza della falda acquifera del sito di interesse nazionale di bonifica di Livorno mediante intervento coordinato, esautorando le imprese interessate, sulle quali avrebbero in tal modo gravato i costi.
Con la successiva conferenza decisoria del 28 aprile 2006, in relazione a ragioni di "urgenza" che non avrebbero consentito di attendere lo svolgimento dell'istruttoria commissionata a Sviluppo Italia in ordine allo "Studio di fattibilità per la messa in sicurezza di emergenza della falda acquifera", ha deliberato nei confronti di Enel (e a tutte le imprese insediate nell'area portuale):
a) quanto alla caratterizzazione, la ripetizione delle indagini già approvate dallo stesso Ministero (con la conferenza del 9 novembre 2004) e già integralmente svolte dalla ricorrente in piena conformità alle prescrizioni in allora adottate, affermando in parte che esse fossero state male eseguite, ed in altra parte introducendone di completamente nuove o modificando quelle in precedenza adottate, in contraddizione dunque rispetto alle proprie precedenti determinazioni;
b) quanto alla messa in sicurezza d'emergenza, di non ritenere "gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza proposti idonei ad impedire la diffusione della contaminazione all'esterno del sito", conseguentemente ordinando la realizzazione immediata "di una barriera idraulica di emungimento lungo tutto il fronte della Centrale, a valle idrogeologico dell'area, con un interasse dei pozzi di emungimento in grado di impedire la diffusione della contaminazione" all'uopo dettando peraltro, come si vedrà nel prosieguo, alcune prescrizioni palesemente contraddittorie rispetto all'ingiunzione adottata (pag. 47);
c) "di presentare, entro 30 giorni dalla data del ricevimento del presente verbale, il progetto preliminare di bonifica dei suoli e della falda che preveda l'adozione di interventi di confinamento fisico delle acque di falda sottostanti l'area della centrale".
I fenomeni di inquinamento marino pregresso rilevati dall'Amministrazione sarebbero, quanto meno dal 2001, il risultato di una sedimentazione risalente alla prima metà del secolo scorso, in cui il Porto di Livorno è stato oggetto di una implementazione dell’uso a carattere produttivo e industriale, in connessione con la realizzazione e sviluppo di insediamenti industriali nel sito e dell'avvio del trasporto marittimo delle merci destinate o prodotte da quegli opifici.
Avverso gli atti in epigrafe ha quindi proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti motivi:
A) SULLA MESSA IN SICUREZZA DI EMERGENZA E SULLA BONIFICA DELLE ACQUE DI FALDA SOTTOSTANTI LE AREE DI PERTINENZA.
1) Sull'illegittimità del procedimento.
Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471. Violazione e falsa applicazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e, in particolare, degli artt. 3 e ss., 7 e ss., 14 e ss, come modificati ed integrati dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15. Eccesso di potere particolarmente per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, difetto dei presupposti legittimanti, illogicità.
Il procedimento seguito dal Ministero dell'Ambiente sarebbe viziato da:
a) contraddittorietà del procedimento, soggetto a continui mutamenti sia nei presupposti che nelle determinazioni assunte;
b) inversione procedimentale tra la fase istruttoria e quella decisoria;
c) sistematica violazione dei principi in materia di partecipazione al procedimento amministrativo;
d) omessa adozione del provvedimento conclusivo del procedimento.
Il Ministero avrebbe per tre volte mutato le proprie determinazioni, rinnegando le statuizioni assunte pochi mesi prima, senza esplicitarne le ragioni e senza consentire agli interessati alcuna partecipazione procedimentale.
Le determinazioni impugnate sarebbero state assunte senza alcuna istruttoria sullo stato dei luoghi, al punto da determinare una inversione procedimentale, in forza della quale la fase decisoria ha preceduto, anziché seguire, quella istruttoria.
L’Amministrazione avrebbe ordinato interventi di nuova caratterizzazione, di messa in sicurezza e di bonifica senza aver esaminato il nuovo piano integrativo della caratterizzazione proposto fin dal febbraio 2006 da Enel.
Mentre la conferenza del 22 dicembre 2005 aveva commissionato a Sviluppo Italia il compito di redigere uno "studio di fattibilità per la messa in sicurezza in emergenza della falda acquifera del sito", lo stesso Ministero con il provvedimento impugnato avrebbe imposto alcune predeterminate misure di messa in sicurezza e di bonifica senza attendere la redazione degli studi anzidetti, sulla base di ragioni di “urgenza di pervenire da parte dei soggetti obbligati alla messa in sicurezza di emergenza e alla bonifica dei suoli e delle falde ... ritiene necessario modificare il precedente deliberato”.
Quanto alla violazione dei principi in materia di partecipazione al procedimento, la conferenza del 28 aprile 2006: - non sarebbe stata preceduta (contrariamente agli obblighi di legge ed alla prassi consolidata) da alcuna conferenza istruttoria nella quale il Ministero abbia anticipato il proprio intendimento di mutare per l'ennesima volta le modalità e gli obiettivi del procedimento;
- tali deliberazioni non sarebbero state preannunciate da alcun avviso di avvio del procedimento;
- né sarebbe stata consentita alcuna diversa possibilità di partecipazione agli interessati e destinatari di tali provvedimenti.
In ordine all'omessa conclusione del procedimento, in violazione dell'art. 14-ter, comma 6 bis, della L. n. 241/1990, ai sensi della quale la fase integrativa dell'efficacia della deliberazione della conferenza di servizi decisoria, il Ministero dell'Ambiente non avrebbe adottato il provvedimento conclusivo del procedimento.
2) Sul presupposto della responsabilità della contaminazione riscontrata.
Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in particolare dell'art. 17. Violazione e falsa applicazione del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento, illogicità ed ingiustizia manifesta.
11.1. Sull'illegittimità dell'omessa individuazione dei soggetti responsabili dell'inquinamento.
Le determinazioni impugnate ometterebbero di considerare i profili relativi all'imputazione della responsabilità, indirizzando le proprie prescrizioni alle imprese insediate sulla base della proprietà del suolo soprastante la falda acquifera inquinata.
L'obbligo di “procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale” graverebbe solo sul responsabile dell'inquinamento ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.lgs. n. 22 del 1997, che l'Amministrazione dovrebbe individuare.
Diversa sarebbe la situazione del proprietario dell'area interessata, al quale l'ingiunzione di ripristino (indirizzata al responsabile della compromissione ambientale) verrebbe comunicata ai sensi delle disposizioni che pongono a carico del sito inquinato conseguenze "patrimoniali" (art. 8, commi 2 e 3, D.M. n. 471/1999) che riguardano unicamente il recupero delle spese sostenute per l'esecuzione degli interventi eseguiti d'ufficio (qualora il soggetto responsabile sia stato ricercato ma non individuato) attraverso l'apposizione di un onere reale assistito da privilegio speciale (art. 17, commi 9 e 10) sul fondo interessato dagli interventi.
In base al D.lgs. n. 152/2006, l'Amministrazione non potrebbe ordinare nulla al proprietario incolpevole (art. 244, comma 2), che dovrebbe ottemperare solo alle misure di prevenzione (art. 245, comma 2), dovendo la parte pubblica procedere d'ufficio in mancanza del responsabile (art. 250).
La ricorrente non sarebbe responsabile dello stato di inquinamento rilevato dalle caratterizzazioni svolte dalla medesima, che sarebbe imputabile ad una pluralità di attività pregresse non individuabili;
3) Sull'assenza dei presupposti dell'ordine di messa in sicurezza d'emergenza.
Violazione e/o falsa applicazione, sotto altro profilo, dell'art. 17 del D.lgs. n. 22/1997 e dell'art. 9, D.M. n. 471/1999. Eccesso di potere per difetto dei presupposti. Travisamento. Difetto di motivazione. Difetto di istruttoria. Illogicità. Ingiustizia. Incompetenza. Contraddittorietà estrinseca ed intrinseca.
Sull'illegittimità dell'ordine di eseguire uno specifico intervento di messa in sicurezza d'emergenza e di bonifica nei confronti del proprietario incolpevole.
La ricorrente, in qualità di proprietario incolpevole, si sarebbe avvalsa della facoltà di intervenire volontariamente, individuando tempi e modi della caratterizzazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale, da sottoporre alla approvazione dell’Amministrazione se del caso con prescrizioni (art. 9 D.M. n. 471/1999 e art. 245, comma 2, ultimo periodo, del T.U. n. 152/2006, il quale dispone in termini di facoltà di intervento volontario sia i risultati della caratterizzazione che un intervento di m.i.s.e.).
Quanto ai presupposti dell'ordine di messa in sicurezza d'emergenza, l’art. 17 del D.lgs. n. 22/1997 richiede la necessità di "non aggravare la situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento", nonché di "contenere gli effetti e ridurre il rischio sanitario ed ambientale".
Sotto il primo profilo, infatti, occorre evidenziare che nessuna indagine sarebbe stata condotta dall'Amministrazione in tal senso, poiché nella conferenza impugnata non sarebbe stata accertata alcuna possibilità di propagazione verso altre matrici ambientali non inquinate della contaminazione riscontrata nella falda sottostante al sito della ricorrente, né in ordine alla possibilità che tale contaminazione possa arrecare un qualche pericolo per la salute umana di residenti o d anche solo di lavoratori impiegati in tale sito.
L'Amministrazione si sarebbe limitata a riferire di un riscontrato superamento dei limiti tabellari di cui al d.m. n. 471 del 1999.
Non sussisterebbe alcun rischio di propagazione o di aggravamento dell’inquinamento e del pericolo sanitario:
a) lo studio idrogeologico redatto per incarico dell'Autorità portuale e del Comune di Livorno dimostrerebbe come nell'area in oggetto sarebbe assente una falda e che la contaminazione localizzata nelle acque sotterranee non sarebbe suscettibile di migrazione, saturando completamente il sottosuolo dell'area in questione e non essendo dunque influenzata da alcun flusso verso un (presunto dall'Amministrazione intimata e smentito dall'Autorità portuale) confine "a valle idrogeologico" dell'impianto;
b) in ogni caso, non esisterebbero matrici ambientali circostanti non inquinate da salvaguardare, posto che sia le acque sotterranee sottostanti ai terreni limitrofi, sia il canale industriale a ovest dell'impianto, sia il mare prospiciente il sito, risultano, secondo la stessa Amministrazione, ben più inquinati delle acque sotterranee sottostanti l'area ENEL;
c) attesa la localizzazione nel sottosuolo (in acque sotterranee non utilizzate né con finalità idropotabili né agricole o produttive in genere) e la natura delle sostanze in questione, non sarebbe ipotizzabile alcuna esposizione umana nel caso di specie (come illustrato nella relazione tecnica della società specializzata CESI, illustrativa dei risultati della caratterizzazione del 30 giugno 2005, pagg. 84 e 85).
Ai sensi dell'art. 240, lett. m) e t) del T.U. n. 152/2006, la m.i.s.e. presuppone un "evento di contaminazione repentina", che richieda un "intervento immediato o a breve termine", nonché tale da comportare "concentrazioni di vapori con effetti nocivi acuti per la salute", o "presenza di quantità significative di prodotto in fase separata", o "contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli" o "pericolo di incendi ed esplosioni", che non si sarebbero verificate nel caso di specie.
L’ordine di immediata esecuzione di uno specifico intervento di m.i.s.e. generalizzato, prescindente da una analisi di rischio di esposizione, inerente a qualsiasi tipologia di contaminante riscontrato ed avulso da qualsiasi livello di concentrazione evidenziato sarebbe in contraddizione con le disposizioni normative summenzionate, e con quanto deliberato dalla stessa Amministrazione nella conferenza decisoria
4) Sullo specifico ordine di messa in sicurezza d'emergenza impartito.
Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471. Eccesso di potere particolarmente sotto i profili della perplessità della motivazione e del dispositivo, del difetto assoluto dei presupposti, della contraddittorietà, del difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta. Sviamento di potere.
IV. I. Sull'inutilità ed inefficacia dell'intervento prescritto.
La conferenza impugnata ha prescritto alla ricorrente l'adozione di "immediati interventi di messa in sicurezza d'emergenza della falda consistenti nella realizzazione di una barriera idraulica di emungimento e successivo trattamento lungo tutto il fronte dello Stabilimento a valle idrogeologico dell'area, con un interasse dei pozzi di emungimento in grado di impedire la diffusione della contaminazione".
Tale intervento sarebbe inutile ed inefficace perché alternativo e meno adeguato alla tipologia di contaminazione riscontrata rispetto alle misure di m.i.s.e. proposte e già realizzate dalla ricorrente e localizzate solamente nelle (ed in ciascuna delle) zone acquifere sotterranee delle quali sia effettivamente stata accertata la contaminazione.
Esso, inoltre, sarebbe inerente ad una zona nella quale lo Studio idrogeologico redatto dall'Autorità portuale avrebbe dimostrato l’assenza di una «falda idrica» e la presenza di acqua marina stagnante e saturante l'intero sottosuolo, che non avrebbe potuto comportare alcuna circolazione idrica sotterranea, escludendo un rischio di migrazione della contaminazione "a valle idrogeologico".
L’ordine di immediata esecuzione di uno specifico intervento di m.i.s.e. generalizzato, prescindente da una analisi di rischio di esposizione, inerente a qualsiasi tipologia di contaminante riscontrato ed avulso da qualsiasi livello di concentrazione evidenziato sarebbe in contraddizione con le disposizioni normative summenzionate, e con quanto deliberato dalla stessa Amministrazione nella conferenza decisoria.
IV.