TAR Torino, sez. II, sentenza 2020-01-27, n. 202000072

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2020-01-27, n. 202000072
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202000072
Data del deposito : 27 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/01/2020

N. 00072/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00552/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 552 del 2019, proposto da
Rail Cargo Carrier Italy s.r.l., Fuori Muro Servizi Portuali e Ferroviari s.r.l., InRail s.p.a., SBB Cargo Italia s.r.l., Rail Traction Company s.p.a., CFI-Compagnia Ferroviaria Italiana s.p.a., Oceanogate Italia s.p.a., Dinazzano Po s.p.a., GTS RAIL s.p.a., Interporto Servizi Cargo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II 187;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente del consiglio pro tempore, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, non costituiti in giudizio;
Autorita' di Regolazione dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Torino, via Arsenale, 21;

per l'annullamento

- della delibera n. 141/2018 del 19 dicembre 2018 che ha determinato, tra l'altro, le aliquote del contributo per il funzionamento dell'Autorità dovuto, per l'anno 2019;

- del d.P.C.M. 17 gennaio 2019 di approvazione, ai fini dell'esecutività, della citata delibera dell'Autorità n. 141/2018;

- della Determina del Segretario generale n. 21/2019 datata 26 febbraio 2019 che detta la "Definizione delle modalità operative relative al versamento e alla comunicazione del contributo per il funzionamento dell'Autorità di regolazione dei trasporti per l'anno 2019;

- della nota dell'ART del 5 aprile 2019, con cui si informa dei provvedimenti di cui sopra, relativi al contributo per l'anno 2019;

- di ogni altro atto o provvedimento presupposto, concorrente e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorita' di Regolazione dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2020 la dott.ssa Paola Malanetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in esame le società ricorrenti – che dichiarano di svolgere servizi di trasporto ferroviario anche internazionale di merci per il tramite di contratto di capacità e di assegnazione di tracce stipulato con Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. - hanno impugnato: a) la delibera ART n. 141 del 19 dicembre 2018 recante “Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all’Autorità di regolazione dei trasporti per l’anno 2019”, successivamente approvata, per l’esecutività, con d.P.C.M. 17 gennaio 2019;
b) gli ulteriori atti (connessi e conseguenti) indicati in epigrafe.

Hanno lamentato:

1-2) la violazione dell’art. 37 co. 6 lett. b) del d.l. n. 201/2011, conv. in l. n. 214/2011, come modificato dal d.l. n. 109/2018, convertito in l. n. 130/2018;
la violazione degli artt. 3, 23, 41 Cost;
lamentano le ricorrenti di non gestire infrastrutture ferroviarie e non operare in mercati regolati, non essendo quindi obbligate al versamento del contributo in favore dell’ART. La regolazione avrebbe principalmente ad oggetto l’infrastruttura ferroviaria di cui le ricorrenti non sono gestori;

3) la violazione dell’art. 37 co. 6 lett. b) del d.l. n. 201/2011, conv. in l. n. 214/2011, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, errore di fatto, difetto di valutazione, eccesso di potere;
le delibere ART sono soggette ad approvazione con D.P.C.M., che tuttavia sarebbe stato adottato senza alcuna concreta verifica sui dati contabili ART e senza congrua motivazione;

4) la violazione dell’art. 37 co. 6 lett. b) del d.l. n. 201/2011 conv. in l. n. 27/2012;
la violazione del principio di corrispondenza della contribuzione alle spese correnti;
il difetto di istruttoria ed eccesso di potere;
l’aliquota contributiva individuata non troverebbe corrispondenza nel fabbisogno previsionale.

Si è costituita l’ART preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso per tardività e quindi chiedendo il rigetto nel merito del ricorso.

All’udienza del 26.6.2019 parte ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare.

Le parti hanno quindi depositato memorie conclusive in vista dell’udienza del 14 gennaio 2020, in cui la causa è passata in decisione

DIRITTO

L’eccezione preliminare mossa da parte resistente deve essere respinta. La pretesa delle ricorrenti di non essere assoggettate al contributo integra una posizione di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, dunque non è soggetta a termini di decadenza, ma di prescrizione;
in ogni caso l’invocata pubblicazione sul sito dell’ART della delibera censurata non avrebbe alcun valore di pubblicità legale ai fini del decorso del termine di impugnazione. In tal senso si è già più volte pronunciato questo TAR con orientamento recentemente confermato sul punto dal giudice di appello, il quale ha esplicitamente ribadito che: “la posizione di colui che nega di poter essere assoggettato a contributo assume i connotati del diritto soggettivo, tutelabile entro gli ordinari termini prescrizionali. Peraltro, l’eccezione di tardività risulterebbe infondata anche qualora la situazione soggettiva azionata potesse farsi rientrare nell’alveo dell’interesse legittimo. E invero, l’art. 41, comma 2, c.p.a. dispone che: “Qualora si proposta azione di annullamento il ricorso dev’essere notificato, a pena di decadenza, … entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa è sia prevista dalla legge o in base alla legge”. Nel caso di specie non risulta esistente, né l'appellante l'ha indicata, alcuna norma che preveda che gli atti dell’ART debbano essere pubblicati, per cui la pubblicazione delle impugnate delibere (facoltativamente disposta dall’Autorità) non era idonea a far decorrere il termine d’impugnazione (Cons. Stato, Sez. III, 20/10/2010, n. 1043). Ciò senza contare che in base a un orientamento giurisprudenziale più rigoroso la pubblicazione di un atto amministrativo può ritenersi rilevante ai fini del decorso del termine di impugnazione soltanto se la legge che la prevede, quale forma di pubblicità/notizia, vi riconnetta espressamente tale effetto. La riferita opzione ermeneutica, muove dal presupposto secondo cui difficilmente la pubblicazione di un atto in una raccolta di leggi ovvero mediante esposizione in albi o bacheche si rivela modalità idonea a realizzare in concreto un effetto partecipativo di conoscenza in confronto dei soggetti potenzialmente interessati;
di guisa che soltanto quando la legge, per soddisfare specifiche finalità di speditezza procedimentale, preveda tale modalità di integrazione dell'efficacia dell'atto in congiunzione all'effetto specifico del decorso del termine di impugnazione, la conoscenza legale dell'atto può senz'altro ritenersi compiuta con la sua pubblicazione (Cons. Stato, Sez. VI, 27/12/2011, n. 6843). Giova puntualizzare che nessun argomento contrario alle esposte conclusioni può trarsi dell’art. 32 della L. 18/6/2009, n. 69 secondo cui “A far data dal 1º gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati” (comma 1).

Tale norma si limita, infatti, a disciplinare le modalità di pubblicazione, rinviando alle specifiche norme di settore per l’individuazione degli atti da pubblicare” (così Cons. Stato, sez. VI, 28 ottobre 2019 n. 7371).

Quanto al merito la delibera ART n. 141/2018 e i conseguenziali provvedimenti impugnati sono stati adottati sulla scorta del nuovo testo dell’art. 37 comma 6 lett. b) del d.l. 201/2001, come novellato dall’art. 16 comma 1 lett. a-ter del d.l. 28 settembre 2018 n. 109 (convertito con modificazioni dalla legge 16 novembre 2018 n. 130).

L’art. 37 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha disposto, in materia di “Liberalizzazione del settore dei trasporti”, l’istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti (comma 1), le cui competenze sono precisate al comma 2 e sono esercitate mediante le attività previste dal comma 3.

Per garantire il funzionamento dell’Autorità il comma 6 ha previsto:

“Alle attività di cui al comma 3 del presente articolo si provvede come segue:

…….

b) mediante un contributo versato dai gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati, in misura non superiore all'uno per mille del fatturato derivanti dall'esercizio delle attività svolte percepiti nell'ultimo esercizio. Il contributo è determinato annualmente con atto dell'Autorità, sottoposto ad approvazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell'atto, possono essere formulati rilievi cui l'Autorità si conforma;
in assenza di rilievi nel termine l'atto si intende approvato;…”.

Il testo dell’art. 37 è stato recentemente modificato in misura significativa dall’art. 16 del d.l. 28 settembre 2018 n. 109, convertito dalla legge 16 novembre 2018 n. 130.

In particolare, per quanto interessa il presente giudizio, al comma 6 lett. b) il primo periodo è stato sostituito dai seguenti: «mediante un contributo versato dagli operatori economici operanti nel settore del trasporto e per i quali l'Autorità abbia concretamente avviato, nel mercato in cui essi operano, l'esercizio delle competenze o il compimento delle attività previste dalla legge, in misura non superiore all'1 per mille del fatturato derivante dall'esercizio delle attività svolte percepito nell'ultimo esercizio, con la previsione di soglie di esenzione che tengano conto della dimensione del fatturato. Il computo del fatturato è effettuato in modo da evitare duplicazioni di contribuzione».

Nel presente giudizio si controverte del “contributo dovuto all’Autorità di Regolazione dei Trasporti per l’anno 2019, oggetto dell’impugnata delibera ART n. 141/2018, che sono tenuti a versare, tra gli altri (art. 1 comma 1), i soggetti che esercitano attività di “servizi di trasporto ferroviario di merci”. A norma dell’art. 2 comma 1 l’aliquota del contributo è fissata nella misura dello 0,6 per 1000 “del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato alla data di pubblicazione” della delibera;
peraltro, il “versamento non è dovuto per importi contributivi pari o inferiori a € 3.000,00 (Euro tremila/00)” (comma 6).

Deve ulteriormente precisarsi che l’oggetto del contendere viene in questa sede delimitato, in ragione del principio della domanda, in base alle allegazioni di parte ricorrente. Si deve infatti osservare che, alla luce della documentazione in atti, l’ART ha reclamato il contributo con una missiva in verità generica che richiama l’intera disciplina della materia e non specifica per quale tipo di attività le somme vengano reclamate.

La modalità è discutibile, tanto più che il sistema prevede che uno stesso soggetto possa essere chiamato a versare il contributo solo su una quota parte del suo fatturato quando, come può fisiologicamente accadere, svolge attività in parte regolate e in parte no. Ne consegue che una richiesta generalista non consente in verità al destinatario di comprendere a pieno l’oggetto della pretesa ovvero agevola condotte opportunistiche di soggetti che, pur parzialmente obbligati, hanno buon gioco e mettere in evidenza una sola parte della propria attività, eventualmente esclusa dal contributo.

Resta tuttavia evidente che il processo è governato dal principio della domanda e che la parte ricorrente ha mosso le proprie censure ed argomentazioni esclusivamente con riferimento all’attività di trasporto ferroviario di merci;
nelle proprie difese l’ART ha evidenziato che le ricorrenti svolgerebbero anche servizi di manovra e gestione scali ferroviari. Premesso che, come detto, tale puntuale precisazione non si rinviene nella missiva (cfr. doc. 5 di parte ricorrente) di cui le ricorrenti sono state destinatarie, resta il fatto che, alla luce delle deduzioni di cui al ricorso, l’attività di manovra scali ferroviari non è oggetto del contendere.

Così delimitato l’oggetto del giudizio le disposizioni di cui all’art. 37 del d.l. n. 201/2011, prima della già menzionata modifica normativa, sono state oggetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 69/2017, resa sull’ordinanza n. 1746 del 17 dicembre 2015, con cui questo TAR aveva sottoposto al Giudice delle leggi la “questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 co. 6 lett. b) del d.l. n. 201/2011, convertito con modificazioni in l. n. 214/2011, e successive modificazioni, in relazione agli artt. 3, 23, 41 e 97 della Costituzione”.

La Corte ha dichiarato non fondate le questioni sollevate dal Tribunale precisando, tra l’altro, che la norma in questione, nell’individuare quali soggetti obbligati al versamento del contributo i «gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati», intende(va) far riferimento esclusivamente a “coloro nei confronti dei quali l’ART abbia effettivamente posto in essere le attività (specificate al comma 3 dell’art. 37) attraverso le quali esercita le proprie competenze (enumerate dal comma 2 del medesimo articolo)”;
e quindi “solo coloro che svolgono attività nei confronti delle quali l’ART ha concretamente esercitato le proprie funzioni regolatorie istituzionali”.

Rispetto al testo originario della norma in esame, così come interpretata dalla Corte Costituzionale, quello introdotto dalla novella del c.d. decreto Genova presenta alcune novità;
di queste, peraltro, alcune costituiscono mera esplicitazione di principi già enucleabili dalla norma originaria, così come interpretata dalla Corte;
altre, invece, sembrano assumere carattere effettivamente novativo.

Rispetto alla precedente formulazione della norma, ritiene il collegio che costituiscano profili meramente esplicativi di principi già evincibili dal testo previgente, così come interpretato dalla Corte Costituzionale:

- il riferimento, quale criterio identificativo dei soggetti obbligati al versamento del contributo, non più ai “gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati”, bensì agli “operatori economici operanti nel settore del trasporto”;
l’espressione “operatori economici” è stata mutuata dal testo della sentenza della Corte Costituzionale, e, sia pure apparentemente più generica di quella precedente, non sembra aggiungere alcunchè ai fini della individuazione dei soggetti onerati del pagamento, tanto meno nel senso preteso dalla difesa erariale, ossia come comprensiva non solo dei “soggetti regolati”, ma anche dei soggetti “beneficiari della regolazione”;
la tesi non è sostenibile dal momento che la norma in esame fa riferimento agli operatori economici “per i quali” l’Autorità abbia concretamente avviato l’esercizio delle proprie attività istituzionali, quindi si tratta dei soggetti direttamente incisi dalla regolazione, non dei meri beneficiari indiretti;
un’opzione interpretativa, quella sostenuta dalla difesa erariale, che tra l’altro porterebbe ad attribuire al contributo in questione natura di “tassa” anziché di “imposta” (come precisato dalla Corte Costituzionale), giacchè verrebbe fatta gravare sui beneficiari della regolazione quale corrispettivo di quest’ultima;
il riferimento al “mercato” in cui operano gli operatori economici incisi dalla regolazione è finalizzato ad estendere l’obbligo contributivo a tutti gli operatori economici comunque operanti nel medesimo comparto, quand’anche si tratti di operatori che non siano mai stati destinatari diretti di atti o di provvedimenti specifici dell’Autorità;
si noti che la stessa norma menziona il “settore dei trasporti” (che come tale non è un unico mercato, vista l’evidente disomogeneità dei soggetti e delle attività che ne fanno parte) e i singoli “mercati” all’interno del vesto settore del trasporto;
l’ART insiste nel valorizzare il concetto di “settore” del trasporto con una sua ambigua menzione, quasi fosse un mercato;
il generico riferimento al “settore” non sarebbe comunque idoneo a giustificare l’imposizione del contributo propugnata dall’Autorità, tanto più che questa esplicita opzione è già stata smentita dalla più volte citata pronuncia della Corte Costituzionale;

- analogamente, costituisce profilo meramente esplicativo di principi preesistenti la circostanza che il contributo possa essere richiesto anche agli operatori economici operanti in comparti del settore del trasporto per i quali l’Autorità abbia meramente “avviato” l’esercizio delle proprie competenze istituzionali;
già nelle sentenze n. 338 del 26 marzo 2019 e nn. 1281 e 1282 del 28 novembre 2018 questo TAR ha evidenziato che “secondo i principi affermati dalla Corte Costituzionale, sono soggette a contribuzione tutte le imprese operanti in settori nei quali l’ART abbia concretamente esercitato le proprie prerogative istituzionali, tra le quali rientrano non soltanto quelle dirette a regolamentare l’accesso ai mercati di riferimento e a stabilire i criteri di erogazione dei relativi servizi, ma anche quelle meramente prodromiche a tali attività (come l’acquisizione di informazioni, lo svolgimento di ispezioni, l’esame di reclami e segnalazioni, la redazione di pareri), nonché quelle di irrogazione di sanzioni nei casi previsti dalla legge”.

Costituiscono invece profili innovativi:

- l’inciso iniziale della norma in esame, finalizzato a precisare la funzionalizzazione dell’importo complessivo del contributo in questione, che nel testo originario era diretto a garantire l’espletamento delle “attività di cui al comma 3 del presente articolo”, ossia delle attività strumentali all’esercizio delle competenze regolatorie di cui al comma 2, e che invece nel testo novellato è diretto a garantire, oltre all’esercizio delle “competenze di cui al comma 2 e (delle) attività di cui al comma 3” anche “l'esercizio delle altre competenze e …le altre attività attribuite dalla legge”;
in sostanza, il contributo, per attuale esplicita puntualizzazione dell’art. 37, è diretto a finanziare non soltanto le attività propriamente regolatorie dell’Autorità, ma tutte le attività comunque ad essa attribuite dalla legge;

- analogamente, ha carattere innovativo il riferimento, nell’individuazione dei soggetti tenuti al pagamento del contributo, ai soggetti nei cui confronti l’Autorità abbia concretamente avviato, non soltanto l’esercizio delle competenze regolatorie di cui al comma 2 e delle attività strumentali alla regolazione di cui al comma 3 dello stesso articolo, ma, più in generale, “il compimento delle attività previste dalla legge”, quindi di tutte le attività previste dalla legge, anche al di fuori dei commi 2 e 3;

- ulteriore profilo innovativo è la previsione di “soglie di esenzione che tengano conto della dimensione del fatturato”;

- infine, ultimo profilo innovativo è rappresentato dal riferimento alla previsione di modalità di computo del contributo che servano ad evitare “duplicazioni di contribuzione”.

Alla luce di tali criteri, al fine di stabilire se un’impresa sia soggetta o meno al pagamento del contributo è necessario accertare che, nello specifico mercato in cui essa opera, l’Autorità abbia concretamente avviato, in epoca antecedente all’adozione degli atti determinativi del contributo, l’esercizio delle proprie competenze e delle proprie attività istituzionali, non solo quelle di carattere propriamente regolatorio (com’era in precedenza), ma qualsiasi attività attribuita all’Autorità dalla legge. Resta in ogni caso vero che l’impresa in questione deve essere destinataria diretta dell’attività dell’ART e non mera beneficiaria indiretta della stessa.

Nel caso di specie, viene in considerazione il contributo dovuto per l’anno 2019, determinato con provvedimento del 19 dicembre 2018;
ciò significa che al fine di stabilire se l’Autorità avesse concretamente avviato nel settore del trasporto ferroviario di merci l’esercizio delle proprie competenze istituzionali in data antecedente alla determinazione del contributo è necessario far riferimento agli atti e ai provvedimenti adottati prima del 19 dicembre 2018.

Ciò posto, per dimostrare che l’ART avrebbe concretamente esercitato le proprie funzioni regolatorie nei confronti degli operatori del trasporto di merci la difesa erariale ha citato in memoria numerose delibere dell’Autorità, riferite al periodo dal 2014 al 2019 ed inerenti principalmente l’infrastruttura ferroviaria.

La numerosa normativa invocata, infatti, prevede forme di regolazione che vedono come destinatari i gestori di rete e come beneficiarie le imprese ferroviarie;
per le ragioni già esposte, poi, non è oggetto del contendere, alla luce della prospettazione di cui al ricorso, l’eventuale attività accessoria di gestore di servizi di manovra e locomozione che può implicare gestione di infrastrutture.

Quanto alle singole delibere menzionate (considerando solo quelle antecedenti il 19 dicembre 2018 che potrebbero rilevare ai fini del presente giudizio), nessuno degli interventi dell’ART attiene direttamente al trasporto ferroviario di merci, afferendo invece, di volta in volta:

- ai servizi di manovra ferroviaria (Misura 11 della delibera n. 70/2014, 18/2017 e 99/2018);

- all’infrastruttura ferroviaria in genere (delibere nn. 118 e 119/2018 , inerenti la tariffazione praticata dal gestore di rete e le informazioni da questo fornite;
similmente anche le delibere nn. 17, 33, 98/2018 e n. 96/2015).

In particolare l’ART insiste sulla circostanza che tutta la regolazione posta in essere in relazione alla fruizione dell’infrastruttura ferroviaria (in specifico tariffe, informazioni, accesso) si risolve a beneficio delle ricorrenti che, in alcuni casi, hanno anche impugnato le delibere adottate dall’ART in materia;
ancora l’ART evidenzia come, proprio su istanza di InRail s.p.a. odierna ricorrente, abbia portato a termine un procedimento di reclamo avverso condotte del gestore di rete ritenute scorrette. Osserva il collegio che, come già evidenziato in altre occasioni, in tutte le sovramenzionate fattispecie le ricorrenti si qualifichino come beneficiari della regolazione e dei suoi effetti e non come destinatari diretti della stessa

In definitiva a parere del Collegio quella sostenuta dalla difesa erariale è un’interpretazione suggestiva ma eccessivamente estesa delle disposizioni normative di riferimento, che in effetti non contengono elementi idonei a supportare il percorso argomentativo della difesa dell’Autorità. Vanno pertanto confermate le conclusioni a cui questo TAR è già pervenuto per quanto riguarda precedenti annualità del contributo relativamente al trasporto merci su strada, settore ugualmente liberalizzato, in relazione al testo previgente dell’art. 37 comma 6 lett. b) del d.l. 201/2011. In particolare merita di essere integralmente richiamato quanto affermato dal Tribunale nella sentenza n. 1157 del 24 ottobre 2018 in cui si legge:

“ …Al di là della prospettazione di opzioni interpretative già più volte sconfessate, nella difesa ART non si rinviene la menzione di alcun atto di “concreta” regolazione che abbia come destinatari i soggetti ricorrenti;
né la partecipazione a consultazioni pubbliche preliminari alla regolazione in qualità di “stake-holders” trasforma questi soggetti in regolati.”

Analoghi principi sono stati affermati anche con riferimento al trasporto merci per vie navigabili nella sentenza n. 298/2019.

La fondatezza delle censure volte a contestare la sussistenza dell’obbligo contributivo, quanto all’attività di trasporto ferroviario di merci, in capo alle ricorrenti assorbe ogni ulteriore contestazione circa l’entità e la determinazione del contributo.

Per le ragioni illustrate il ricorso va quindi accolto, essendo fondato il primo motivo per la parte in cui evidenzia come l’attività di trasporto ferroviario di merci non è interessata da regolazione e conseguentemente da oneri di versamento del contributo.

Va perciò annullata la delibera ART n. 141/2018 nella parte in cui, all’art. 1 comma 1 lett. f), prevede il pagamento del contributo 2019 per il funzionamento dell’Autorità a carico dei soggetti che esercitano “servizi di trasporto ferroviario di merci”. Resta facoltà dell’Autorità individuare puntualmente ulteriori attività che potrebbero essere oggetto di regolazione.

Vanno conseguentemente annullati gli ulteriori atti impugnati, in quanto connessi e applicativi della delibera citata.

Le ulteriori censure inerenti il quantum e la ragionevolezza economica del contributo restano assorbite dall’intervenuto accoglimento del principale motivo di doglianza, che esclude l’obbligo stesso.

Le spese possono essere integralmente compensate tra le parti, tenuto conto della novità della questione.

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