TAR Venezia, sez. I, sentenza 2021-12-13, n. 202101498
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Pubblicato il 13/12/2021
N. 01498/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01015/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1015 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato E D D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Guardia di Finanza - -OMISSIS-, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Venezia, piazza San Marco, 63;
Guardia di Finanza -OMISSIS-Regionale Veneto, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- della -OMISSIS- di rigetto del ricorso Gerarchico trasmesso dal ricorrente il -OMISSIS-. “-OMISSIS-”, trasmessa per la comunicazione e notifica con nota prot. -OMISSIS-di pari data, con cui è stata inflitta la sanzione di giorni 5 (cinque) di consegna di rigore;
- di tutti gli atti presupposti e conseguenti alla determinazione impugnata.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Guardia di Finanza - -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2021 il dott. Filippo Dallari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Un collega di pari grado del signor -OMISSIS-, -OMISSIS-, segnalava il ricorrente ai superiori gerarchici per avere pubblicato su un social network una fotografia che lo ritraeva in atteggiamenti amicali con un -OMISSIS-della zona. Con relazione del -OMISSIS-il collega segnalante informava altresì il -OMISSIS- che il ricorrente, dopo avere preso conoscenza della sua segnalazione, si era rivolto a lui “ con disprezzo per quanto compiuto, proferendo anche offese”, sostenendo che gli avrebbe “tolto la parola e il saluto”, e che “ avrebbe portato a conoscenza di tutti i componenti della -OMISSIS- di quanto compiuto ”.
1.2. Come preannunciato, in data -OMISSIS-, il ricorrente inviava dalla casella di posta elettronica istituzionale una e-mail con cui informava tutti i componenti della -OMISSIS- – esclusi il -OMISSIS- e l’interessato – della segnalazione, dichiarandosi deluso per un “ gesto infame da parte di un collega da 30 anni”.
1.3. Con relazione del -OMISSIS-il medesimo collega segnalante dava notizia al -OMISSIS- -OMISSIS- dell’ email del ricorrente del -OMISSIS-.
1.4. In data -OMISSIS-, il -OMISSIS- Provinciale trasmetteva la relazione del collega segnalante del -OMISSIS-sia al -OMISSIS- Regionale del Veneto sia al -OMISSIS- del -OMISSIS-che a sua volta, con nota del-OMISSIS-, “ Invio esposto nei confronti di militari del -OMISSIS- ”, informava la-OMISSIS- per la valutazione circa la “ possibilità di acquisire il contenuto della mail ”.
1.5. La -OMISSIS- -OMISSIS- acquisiva copia della email del -OMISSIS-attraverso il -OMISSIS-e avviava nei confronti del ricorrente il -OMISSIS-in ordine al reato di cui agli artt. 227, commi 1 e 2 c.p.m.p. – diffamazione – e 47 n. 2 c.p.m.p. – circostanze aggravanti comuni.
1.5. In data -OMISSIS-, veniva notificato al ricorrente l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
1.6. Con nota del -OMISSIS-proponeva di procedere nei confronti del ricorrente solo “ all’esito del procedimento penale ” in quanto “ la competente -OMISSIS-interessata al riguardo, non ha inteso rilasciare gli atti fondamentali del fascicolo processuale, verosimilmente in ragione di esigenze legate al segreto d’indagine ”.
Con foglio del -OMISSIS-concordava con tale proposta di rinvio.
1.7. In data -OMISSIS-inviava al -OMISSIS- -OMISSIS-dichiarava “ non luogo a procedere in ordine al reato ascritto ” al ricorrente “ perché lo stesso non è punibile per la particolare tenuità del fatto ”.
1.8. In data -OMISSIS-, veniva contestato al ricorrente il seguente addebito disciplinare: “ -OMISSIS- in forza ad una -OMISSIS-, inviava una mail ad alcuni militari dello stesso -OMISSIS-, con cui apostrofava altro -OMISSIS- con l’epiteto ‘infame’, offendendo così la sua reputazione. La condotta costituiva oggetto di un procedimento penale instaurato -OMISSIS-, tutt’ora pendente in ordine al reato di cui agli articoli 227, c. 1 e 2 (Diffamazione) e 47, n. 2 (circostanze aggravanti comuni) c.p.m.p.. La mancanza è stata commessa in -OMISSIS-(-OMISSIS-), in data 0-OMISSIS-, nel -OMISSIS- ”.
1.9. In data 1-OMISSIS-, il ricorrente produceva le proprie giustificazioni, evidenziando in particolare che con sentenza -OMISSIS- aveva dichiarato il non luogo a procedere nei suoi confronti, perché l’azione penale non doveva essere iniziata per la mancanza della richiesta di procedimento da parte del -OMISSIS- di corpo, ex art 260 c.p.m.p..
1.10. La -OMISSIS-, riteneva il ricorrente “ passibile di un provvedimento disciplinare di corpo, rientrante tra le prerogative del -OMISSIS- di -OMISSIS- (Consegna) ”.
1.11. Con determinazione del -OMISSIS-, il -OMISSIS- Regionale Veneto infliggeva al ricorrente la sanzione di giorni 5 di consegna di rigore, tenuto conto:
- che “ le argomentazioni poste a difesa dal militare e dal proprio difensore non sono idonee ad esimere l’ispettore dalle responsabilità derivanti dall’atteggiamento tenuto nella circostanza, in quanto, per sua espressa ammissione, ha agito senza autocontrollo violando così le ordinarie regole comportamentali, condotta vieppiù grave in quanto il fatto è avvenuto in una organizzazione militare e in considerazione del grado rivestito e della pregressa esperienza di comandante dello stesso reparto dove si sono verificati i fatti ”;
- che “ la condotta stigmatizzata integra l’illecito disciplinare previsto dal combinato disposto dell’art. 751 punto 1. lett. a) sub 3. e 16 e punto 2. Del Decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 ”;
- del grado rivestito, dell’anzianità di servizio, della posizione di responsabilità ricoperta dall’incolpato nell’ambito del reparto e del contesto ambientale in cui è stata diffusa l’ e-mail;
2. Il ricorrente ha proposto ricorso gerarchico, lamentando il difetto di motivazione della sanzione, la violazione dei principi di gradualità, proporzionalità e ragionevolezza nonché la violazione dei termini di avvio del procedimento disciplinare rispetto alla conoscenza del fatto.
3. Il -OMISSIS- -OMISSIS- rigettava il gravame con provvedimento del -OMISSIS-, considerato:
- che “ la ‘conoscenza del fatto ” deve essere “ fatta risalire non già al momento in cui l’Amministrazione ha materialmente avuto notizia della condotta, come si sostiene nel ricorso, ma al diverso momento in cui quella medesima notizia è divenuta giuridicamente utilizzabile nei confronti dell’incolpato "' e quindi a seguito “ della notificazione dell’avviso di cui all’art. 415- bis ”, avvenuta in data -OMISSIS-. Anteriormente a tale momento ogni informazione relativa al procedimento penale sarebbe coperta dal regime di segretezza e di consequenziale inutilizzabilità di cui all’art. 329 cod. proc. pen.;
- che gli accertamenti preliminari si sarebbero conclusi in data -OMISSIS- di valutare la vicenda nell’ambito della disciplina di corpo, entro il termine di 180 giorni di cui agli artt. 1040 e 1041 del d.P.R. n. 90 del 2010 dalla “ conoscenza del fatto ”, come sopra intesa;
- che il procedimento disciplinare sarebbe stato avviato in data -OMISSIS- - “ senza ritardo ” ai sensi dell’art. 1398 C.O.M. - decorsi 86 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari;
- che la contestazione degli addebiti avrebbe indicato, succintamente e con chiarezza, i fatti e la specifica trasgressione di cui l’incolpato è stato chiamato a rispondere, consentendo al ricorrente l’esercizio del diritto di difesa;
- che il provvedimento sanzionatorio avrebbe motivato adeguatamente in ordine alle osservazioni presentate dal ricorrente;
- che la sanzione adottata risulterebbe proporzionata in ragione, in particolare, del grado del ricorrente, della sua anzianità di servizio, del ruolo di responsabilità precedentemente rivestito nel reparto e del contesto ambientale.
4. Con ricorso notificato in data -OMISSIS-, il ricorrente ha impugnato la decisione di rigetto del ricorso gerarchico sulla base di quattro motivi.
I - Violazione di legge e sviamento di potere per inosservanza di circolari;illegittimità del procedimento per tardività dell’avvio;violazione degli artt. 1393 e 1398 d.lgs. n. 66 del 2010 e delle circolari del comando generale della guardia di finanza n.-OMISSIS-e -OMISSIS-;
II - Violazione di legge;contestazione generica e incompleta;violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990;inosservanza della circolare 1/2006;eccesso di potere per motivazione illogica / irragionevole / contradditoria;eccesso di potere per violazione dei principi di gradualità, proporzionalità e ragionevolezza;violazione dell’art. 751, comma 2, d.P.R. 15 marzo 2010 n. 90;eccesso di potere per contraddittorietà con atti endoprocedimentali;travisamento ed erronea valutazione dei fatti;
III – nullità della decisione di rigetto del ricorso gerarchico per incompetenza dell’autorità emanante di legittimità dovuto a eccesso/sviamento di potere;
IV - Eccesso / sviamento di potere per consapevolezza della tardività dell’avvio del procedimento amministrativo da parte dell’autorità dotata di potestà sanzionatoria nonché dell’autorità gerarchicamente sovraordinata.
5. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze e la Guardia di Finanza - -OMISSIS- si sono costituiti in giudizio producendo in giudizio gli atti del procedimento e con memoria depositata in data -OMISSIS-hanno contestato nel merito le censure proposte.
6. All’udienza del 3 novembre 2021 nessuno è comparso e la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la tardività dell’avvio del procedimento disciplinare e la conseguente decadenza dell’Amministrazione dall’esercizio del potere sanzionatorio.
I fatti suscettibili di possibile rilevanza disciplinare sarebbero stati già noti all’Amministrazione a far data dal -OMISSIS---OMISSIS- e il procedimento sanzionatorio sarebbe stato avviato con la contestazione dell’addebito al ricorrente solo in data -OMISSIS-.
Invece in base all’art. 1398 C.O.M., il procedimento disciplinare avrebbe dovuto essere instaurato “ senza ritardo: a) dalla conoscenza dell’infrazione ”.
1.a - Il ricorrente lamenta in particolare l’i nosservanza della circolare-OMISSIS-del -OMISSIS-Generale della Guardia di Finanza in punto di accertamenti preliminari rilevando che, in violazione di quanto previsto da tale circolare, l’Amministrazione, a seguito della conoscenza del fatto, avrebbe omesso di svolgere i necessari accertamenti preliminari, nonostante tutti gli elementi significativi della fattispecie – il contenuto dell’ e-mail - fossero facilmente acquisibili sia dal ricorrente sia dai colleghi.
I.b – Sotto altro profilo il ricorrente lamenta l’erroneità della motivazione della determinazione impugnata perché fondata sul presupposto della sussistenza dell’obbligo di rispettare il segreto istruttorio ex art. 329 cod. proc. pen. e quindi sulla necessità di attendere la conclusione delle indagini preliminari. Tale presupposto, ad avviso del ricorrente, è da ritenersi errato perché l ’art. 1393 C.O.M. prevede due sole eccezioni all’attivazione del procedimento disciplinare in pendenza del procedimento penale:
- le ipotesi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al militare;
- le ipotesi in cui i preliminari riscontri non abbiano consentito di acquisire elementi sufficienti per valutarne la rilevanza anche sotto il profilo disciplinare.
La fattispecie in esame non rientrerebbe in alcuna di tali ipotesi.
In particolare, in base alle circolari -OMISSIS-, anche qualora sia pendente un procedimento penale, il -OMISSIS- di -OMISSIS- dovrebbe comunque eseguire gli accertamenti necessari facendo pervenire le prescritte valutazioni e proposte al -OMISSIS- “ inderogabilmente entro 180 giorni dalla piena conoscenza da parte dell’Amministrazione ”.
Inoltre in base alla circolare del -OMISSIS-, nel termine di 60 giorni le autorità aventi facoltà disciplinare di stato avrebbero dovuto o rinviare il procedimento disciplinare o inoltrare gli atti al -OMISSIS- di -OMISSIS- per le determinazioni di competenza.
Nel caso di specie il -OMISSIS- di -OMISSIS- avrebbe omesso:
- di svolgere gli accertamenti preliminari;
- di formulare entro il termine inderogabile di 180 giorni le proprie valutazioni e proposte al -OMISSIS--OMISSIS-;
- di comunicare all’Autorità giudiziaria la notizia di reato.
I.c – Sotto altro profilo il ricorrente sostiene l’erroneità dell’assunto, evidenziato nella motivazione dell’atto impugnato, in ordine ad una ritenuta particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato.
Tale accertamento non sarebbe affatto complesso in quanto circoscritto alla valutazione “ del mero testo della mail, un documento di una pagina ”, e dunque non sussisterebbero i presupposti che, ai sensi dell’art. 1393 C.O.M., consentono l’arresto del procedimento disciplinare . Né poteva ritenersi impossibile l’acquisizione di elementi sufficienti per valutare la rilevanza anche disciplinare del fatto, tanto più che, osserva il ricorrente, non risulta che il -OMISSIS- di -OMISSIS- abbia richiesto l’acquisizione di tale documento all’autorità giudiziaria.
I.d – Con l’ultimo profilo della prima censura si lamenta che – in violazione delle circolari-OMISSIS-e degli artt. 1393 e 1398 C.O.M. - la notifica della contestazione degli addebiti sarebbe avvenuta 86 giorni dopo la conclusione degli accertamenti preliminari e quindi oltre il termine di 60 giorni previsto per l’avvio dei procedimenti di stato. Sul punto il ricorrente sostiene che l’espressione “ senza ritardo ” richieda comunque il rispetto del termine di 60 giorni.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. L’art. 1393, comma 1, del d.P.R. n. 66 del 2010 stabilisce che l’Amministrazione, qualora non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, promuove il procedimento disciplinare al termine di quello penale.
E questo -OMISSIS- ha già affermato che: “ riguardo ai procedimenti disciplinari di stato (il cui paradigma può però essere richiamato rispetto alle sanzioni disciplinari di corpo, alle quali va propriamente ascritta la consegna di rigore, oggetto del provvedimento impugnato), l'art. 1040, 1° co., lett. d) n. 19 e l'art. 1041, 1° co., lett. s) n. 6, D.P.R. n. 90 del 2010 determinano in 180 giorni dalla conoscenza del fatto, da parte dell'autorità competente, il termine entro cui devono essere conclusi gli ‘accertamenti preliminari’ ai fini della contestazione dell’addebito. Detto termine decorre dalla ‘conoscenza del fatto’.
Nel quadro normativo sin qui richiamato, la ‘conoscenza del fatto’, dalla quale decorre il termine di 180 giorni per la conclusione degli accertamenti preliminari all’instaurazione (‘senza ritardo’) del procedimento disciplinare (mediante l’incolpazione, ossia l’attribuzione del medesimo fatto, qualificato come ‘infrazione’, al presunto responsabile), deve essere fatto risalire non già al momento in cui l’Amministrazione ha materialmente avuto notizia della condotta, come si sostiene nel ricorso, ma al diverso momento in cui quella medesima notizia è divenuta giuridicamente utilizzabile nei confronti dell’incolpato.
E poiché la condotta contestata al ricorrente era (ed è tuttora) pertinente all’oggetto di un procedimento penale, ogni informazione ad essa relativa (anche se nel concreto conosciuta dal -OMISSIS- di appartenenza – autore della segnalazione) risultava in effetti coperta dal regime di segretezza (e di conseguenziale inutilizzabilità nella sede amministrativa), che pervade le indagini preliminari in base all’art. 329 cod. proc. pen., regime destinato a venir meno a seguito della notificazione dell’avviso di cui all’art. 415-bis, ovvero a mezzo di una puntuale autorizzazione da parte dell’Autorità giudiziaria procedente, autorizzazione che nel caso di specie è stata rilasciata soltanto il -OMISSIS- (cfr. copia del fascicolo penale, -OMISSIS-– doc. 9 del ricorrente).
Soltanto da quest’ultima data possono essere quindi computati i termini stabiliti per la durata del procedimento, in quanto solo da essa le informazioni contenute negli atti dell’indagine sono divenute giuridicamente utilizzabili nell’istruttoria amministrativa.
Né in contrario potrebbe sostenersi, come suggerito dal ricorrente, che le medesime informazioni, proprio perché originariamente detenute dal -OMISSIS- di appartenenza, avrebbero potuto essere utilizzate sin dal principio, così da anticipare alla data di comunicazione della notizia di reato (-OMISSIS-) il momento da cui far decorrere i termini che si assumono violati: se infatti ‘ […] la pubblica amministrazione che trasmette all'autorità giudiziaria una notizia di reato non lo faccia nell'esercizio della propria istituzionale attività amministrativa, ma nell'esercizio di funzioni di polizia giudiziaria specificamente attribuite dall'ordinamento, si è in presenza di atti di indagine compiuti dalla polizia giudiziaria, che, come tali, sono soggetti a segreto istruttorio ai sensi dell'art. 329 c.p.p.’ (così, da ultimo, T.A.R. Campania, Salerno, n. 64 del 2020) e non sono dunque utilizzabili (ossia non sono conoscibili da parte degli organi preposti al procedimento disciplinare, che non possono avvalersene per formare la propria decisione) fino al rilascio dell’autorizzazione ” (TAR Veneto, Sez. I, 8 giugno 2020, n. 501).
In definitiva, allorché l’Amministrazione non disponga degli elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, in quanto giuridicamente inutilizzabili ai sensi dell’art. 329 cod. proc. pen., perché oggetto di un procedimento penale, il dies a quo per l’attivazione del procedimento disciplinare decorre dalla conoscenza da parte della medesima Amministrazione della conclusione delle indagini preliminari, che nella fattispecie in esame si è verificata solo in data -OMISSIS-, con la trasmissione da parte del -OMISSIS- -OMISSIS- di -OMISSIS- al -OMISSIS- -OMISSIS-
1.3. Quanto alla applicazione nella fattispecie del disposto dell’art. 329 cod. proc. pen., è sufficiente rimarcare che con nota del-OMISSIS-, “ Invio esposto nei confronti di militari del -OMISSIS- ”, il -OMISSIS- del -OMISSIS-aveva informato la-OMISSIS-, sottoponendone la valutazione circa la “ possibilità di acquisire il contenuto della mail ” e in data -OMISSIS-, la -OMISSIS- -OMISSIS- della -OMISSIS-aveva incaricato lo stesso -OMISSIS-di “ acquisire il contenuto della e-mail asseritamente diffamatoria ”.
L’Amministrazione resistente aveva acquisito tale documento per conto della -OMISSIS- ed era quindi tenuta a garantirne la riservatezza sino alla chiusura delle indagini preliminari.
1.4. Quanto al termine di avvio dei procedimenti disciplinari di corpo è stato chiarito in giurisprudenza:
a) che all'interno del procedimento disciplinare a carico del militare vanno distinti i termini inderogabili, che sono quelli posti a garanzia dell'inquisito, e cioè quelli previsti per la presentazione delle giustificazioni, la presa visione degli atti, e, appunto, per il preavviso di trattazione davanti alla commissione da quelli ordinatori o sollecitatori, che sono i termini restanti (Cons. Stato, Sez. III, 1 marzo 2017, n. 949;T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 15 maggio 2021, n. 267;T.A.R. Liguria, Genova, Sez. I, 23 ottobre 2018, n. 843);
b) che sono perentori solo i termini dei procedimenti sanzionatori di stato e nei limiti in cui una norma di legge li individui espressamente come tali;per i procedimenti sanzionatori di corpo, viceversa, l'Amministrazione sarà al più astretta al rispetto dei termini fissati dai regolamenti attuativi dell'art. 2 della legge n. 241 del 1990. Tali termini nonché quello sussidiario divisato dalla medesima disposizione, non sono stati previsti a pena di decadenza. Si deve ritenere, pertanto, che essi siano termini di natura ordinatoria e non perentoria, con la conseguenza che il loro mancato rispetto non comporta la consumazione del potere di provvedere da parte dell'Amministrazione, né effetti ex se invalidanti sul provvedimento conclusivo (Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2006, n. 609);
c) che il procedimento per le sanzioni militari di corpo non prevede alcun termine perentorio per l'instaurazione del procedimento medesimo, ma si limita a disporre che debba provvedersi ‘ senza ritardo ’, stabilendo quindi un termine sollecitatorio dell'attività amministrativa (Cons. Stato, Sez. III, 20 gennaio 2009, n. 3885;T.A.R. Basilicata, Sez. I, 30 novembre 2017, n. 737;T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 28 settembre 2020, n. 331);
d) che con l'espressione " senza ritardo " deve intendersi non già la fissazione di un termine rigidamente determinato, ma di un termine sollecitatorio dell'attività della P.A. nel rispetto del buon andamento della medesima (art. 97 Cost.). In particolare, l'autorità procedente non deve procrastinare l'instaurazione del procedimento, una volta avuta notizia, nei modi di legge, dell'infrazione disciplinare. D'altro canto, è stato anche considerato che il giudizio riguardo alla tempestività dell'azione disciplinare non può essere condotto alla stregua del mero criterio temporale, ma di un criterio di ragionevolezza, che consideri tutte le particolarità del caso (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 11 aprile 2016, n. 681).
Con riguardo al caso in esame risulta che l’Amministrazione abbia concluso gli accertamenti preliminari in data -OMISSIS- – nel rispetto del termine di 180 giorni previsto per lo svolgimento di tale attività – e che abbia provveduto a contestare l’addebito al ricorrente in data -OMISSIS-, entro un termine non brevissimo, ma non manifestamente irragionevole e comunque giustificato dalla peculiarità della fattispecie e dal coinvolgimento di una pluralità di organi.
2. Con il secondo motivo il ricorrente propone due ordini di censure con cui lamenta:
- la genericità della contestazione degli addebiti e la mancanza di corrispondenza tra tale contestazione e la condotta per la quale è stata inflitta la sanzione;
- la non proporzionalità della sanzione applicata anche in relazione a quella meno grave della “ consegna semplice ” proposta dalla -OMISSIS-.
2.1. Tali censure non possono essere condivise.
Sul punto va rilevato che la contestazione degli addebiti deve consentire all’incolpato di avere la chiara percezione dei contorni della condotta indagata, per poter proficuamente partecipare all'istruttoria esercitando le proprie prerogative difensive attraverso la presentazione di scritti e memorie difensive. In questo senso il principio di corrispondenza tra i fatti contestati e quelli sanzionati deve ritenersi riferito al quadro fattuale e agli elementi costitutivi dell'illecito che valgano ad identificare la condotta con riferimento alla quale si procede (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 6 giugno 2013, n. 5638).
E nel caso di specie la condotta sanzionata con il provvedimento impugnato - l’aver inviato una e-mail ai propri colleghi di reparto, definendo “ infame ” un collega di pari grado - corrisponde a quella riportata nell’atto di contestazione degli addebiti.
Il raggiungimento dello scopo dell’attivazione del contraddittorio procedimentale è peraltro confermato dalle puntuali osservazioni presentate dal ricorrente.
2.2. In merito al secondo profilo di censura – la non proporzionalità della sanzione applicata – va rilevato che per costante giurisprudenza la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento (Cons. Stato, Sez. II, 31 maggio 2021, n.