TAR Catania, sez. IV, sentenza breve 2018-07-30, n. 201801630

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza breve 2018-07-30, n. 201801630
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201801630
Data del deposito : 30 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/07/2018

N. 01630/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00881/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 881 del 2018, proposto da:
C C, I C, M G G, A A, M C S, L B, G S, S F, G B M, S C, S A, Rosa Anna Paterno', M G, G S, rappresentati e difesi dagli avvocati P R e M G, con domicilio eletto presso il domicilio digitale del primo difensore, in Giustizia, Pec Registri;

contro

Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

dell’Avviso per la stabilizzazione del personale a tempo determinato in possesso dei requisiti di cui all’art. 20, commi 1 e 2, del Decreto Legislativo n. 75/2017, pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 6 del 27 aprile 2018 e per intero, in pari data (27 aprile 2018), sull’albo pretorio on-line dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, con cui sono state avviate le procedure di stabilizzazione di cui all’art. 20, commi 1 e 2, D. Lgs. n. 75/2017;

- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, ivi comprese:

le Deliberazioni del Commissario n. 379 del 26 febbraio 2018 (doc. 2), n. 616 del 23 marzo 2018, n. 777 del 20 aprile 2018, con cui stati approvati (e più volte rettificati) il programma delle stabilizzazioni di cui all’art. 20, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 75/2017 e il relativo schema di avviso;

Tutti nella parte in cui statuiscono, espressamente o implicitamente, che i dipendenti a tempo determinato ex lavoratori socialmente utili (LSU) o adibiti a progetti di utilità collettiva (PUC) possono partecipare solo alla procedura concorsuale di cui all’art. 20, comma 2, D. Lgs. n. 75/2017;

e, conseguentemente, nella parte in cui inseriscono i posti di ruolo relativi ai profili professionali di taluni (la maggior parte) dei ricorrenti (Assistenti amministrativi;
Coadiutori amministrativi) nelle unità lavorative da reclutare con la procedura concorsuale di cui all’art. 20, comma 2, D. Lgs. n. 75/2017, anziché con la procedura di stabilizzazione “diretta”, di cui all’art. 20, comma 1, del predetto D. Lgs. n. 75/2017;

nonché nella parte in cui, pur inserendo i posti di ruolo relativi ai profili professionali degli altri ricorrenti nelle unità lavorative da stabilizzare con la procedura diretta di cui all’art. 20, comma 1, D. Lgs. n. 75/2017 (Infermieri, Tecnici sanitari di laboratorio biomedico) impediscono agli stessi (ricorrenti) di partecipavi, in quanto contrattisti ex lavoratori adibiti a lavori socialmente utili o a progetti di utilità collettiva;

e per il conseguente accertamento

del diritto di tutti i ricorrenti a partecipare alla procedura di stabilizzazione diretta di cui all’art. 20, comma 1, del D. Lgs. n. 75/2017.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2018 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

I ricorrenti C C, I C, M G G, A A, M C S, L B, G S, S F, G B M, S C, S A, Rosa Anna Paterno', M G, G S hanno impugnato col ricorso in epigrafe l’Avviso per la stabilizzazione del personale a tempo determinato in possesso dei requisiti di cui all’art. 20, commi 1 e 2, del Decreto Legislativo n. 75/2017, pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 6 del 27 aprile 2018 e per intero, in pari data (27 aprile 2018), sull’albo pretorio on-line dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, con cui sono state avviate le procedure di stabilizzazione del personale dipendente di cui all’art. 20, commi 1 e 2, D. Lgs. n. 75/2017.

In particolare, i ricorrenti premettono di essere in atto dipendenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa in regime di “precariato”, in quanto titolari di contratti di lavoro a tempo determinato con scadenza al 31.12.2018, e precisano altresì di essere stati negli anni passati impegnati nello svolgimento di lavori di utilità collettiva ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1988, n. 67, oggetto di ripetute proroghe nel corso del tempo, a favore di cooperative e di enti (pubblici e privati).

Con le leggi regionali nn. 85/1995 e 21 /2003 fu prevista la possibilità di assumere presso le pubbliche amministrazioni che ne avessero necessità i soggetti che avevano preso parte ai citati progetti di utilità collettiva;
tali assunzioni sarebbero avvenute sulla base di una selezione da svolgersi mediante l’inserimento degli interessati in apposite graduatorie provinciali, redatte dagli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, in relazione al titolo di studio degli interessati e all’entità del periodo in cui essi erano stati effettivamente utilizzati nei citati progetti di utilità collettiva: l’attuale rapporto di lavoro a tempo determinato intrattenuto con l’ASP di Ragusa dai ricorrenti è frutto proprio della applicazione della citata L.R. 85/1995 (per alcuni di essi), e della L.R. 21/2003 (per altri), cioè di normative regionali che miravano a realizzare la fuoriuscita dei lavoratori dal bacino dei lavori socialmente utili.

Aspirando alla stabilizzazione del loro rapporto di lavoro, i ricorrenti hanno impugnato l’Avviso pubblicato dall’ASP di Ragusa con il quale sono state avviate le procedure di stabilizzazione del personale precario previste dall’art. 20 del D. Lgs. 75/2017, in modo diretto e senza concorso. I ricorrenti lamentano, in proposito, che il citato Avviso non abbia consentito loro di partecipare – pur avendone i requisiti – alla procedura di assunzione “diretta” prevista dall’art. 20, comma 1, del citato D. Lgs. 75/2017, ma abbia solo previsto la possibilità di partecipare al concorso “misto” indicato dall’art. 20, comma 2, consentendogli così solo di beneficiare di una riserva dei posti messi a bando.

Viene, quindi, denunciata col ricorso in epigrafe la violazione dell’art. 20 del D. Lgs. 75/2017, nonché l’eccesso di potere per violazione della circolare ministeriale.

A parere dei ricorrenti, infatti, sussistono tutte le tre condizioni per l’assunzione “diretta” prevista dall’art. 20, co. 1;
ed in particolare: non solo l’esistenza del rapporto di lavoro con l’ASP alla data di entrata in vigore della legge delega (L. 124/2015), la durata ultratriennale del servizio espletato, ma anche il requisito di cui alla lettera b), ossia l’essere stati “ reclutati a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione ”.

L’intimata ASP di Ragusa si è costituita in giudizio ed ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adìto, nonché l’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione della deliberazione del Commissario n. 379/2018, ed ha dedotto infine l’infondatezza delle doglianze.

All’udienza camerale del 7 giugno 2018, fissata per la trattazione della domanda cautelare proposta dai ricorrenti, il Collegio ha dato avviso alle parti della possibilità di definire nel merito il contenzioso, con sentenza cd. “breve” da adottare ai sensi dell’art. 60 c.p.a.

Il ricorso risulta infondato nel merito, stante l’insussistenza delle condizioni previste dall’art. 20, co. 1, del D. Lgs. 75/2017, ed in particolare, per difetto del requisito di cui alla lettera b), rappresentato dall’essere stati i dipendenti aspiranti alla stabilizzazione “ reclutati a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione ”. Infatti, le selezioni affrontate dai ricorrenti per l’accesso ai rapporti contrattuali temporanei con la PA – per le concrete modalità con le quali si sono svolte – non sono assimilabili ad un vero e proprio “pubblico concorso”.

Questa Sezione ha già esaminato, all’odierna udienza, altra vicenda di stabilizzazione dei lavoratori precari riguardante personale legato da contratto con la stessa ASP oggi resistente, pertanto, appare utile per ragioni di economia processuale riportarsi alle conclusioni espresse su quella vicenda (definita con sentenza n. 1342/2018), che sinteticamente si trascrivono:

Preliminarmente va affermata la giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla controversia in esame, dovendosi considerare la stabilizzazione dei precari una procedura volta all’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione. (…) la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ribadito quanto già affermato in precedenti pronunce ed ossia che: «L'art. 63 del d.lg. n 165 del 2001 attribuisce alla giurisdizione ordinaria le controversie inerenti al "diritto all'assunzione" (comma 1) e riserva alla giurisdizione amministrativa la cognizione delle controversie relative alle "procedure concorsuali di assunzione" (comma 4), dettando una regola processuale che appare il riflesso del dato sostanziale per il quale la pretesa di stipulazione di un contratto di lavoro pubblico si colloca nell'area dei diritti soggettivi e delle obbligazioni che l'amministrazione assume con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (art. 4, d.lg. cit.) mentre la contestazione inerente ad un procedimento concorsuale di assunzione ha ad oggetto l'esercizio del potere pubblico attribuito alla P.A. di individuare il soggetto ammesso alla stipula del contratto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza del giudice di merito, che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione ad una domanda proposta nei confronti di una ASL da un fisioterapista, già assunto con plurimi contratti di collaborazione coordinata e continuativa, il quale lamentava la propria esclusione dalla procedura selettiva per la stabilizzazione del personale precario, ritenuta una vera e propria procedura concorsuale, di cui erano contestate le modalità di svolgimento)»;
«La controversia in materia di stabilizzazione del personale precario di una pubblica amministrazione, concernendo gli atti di una procedura concorsuale finalizzata all'assunzione di alcuni lavoratori mediante il loro passaggio dallo stato di personale precario a quello di personale di ruolo, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo» (Cassazione civile, sez. un., 13/12/2017, n. 29915);
«In materia di pubblico impiego privatizzato, i processi di stabilizzazione - tendenzialmente volti ad eliminare il precariato creatosi per assunzioni in violazione dell'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 - sono effettuati nei limiti delle disponibilità finanziarie e nel rispetto delle disposizioni in tema di dotazioni organiche e di programmazione triennale del fabbisogno, e sono suscettibili di derogare alle normali procedure di reclutamento limitatamente al carattere - riservato e non aperto - dell'assunzione, ma non anche alla necessità del possesso del titolo di studio ove previsto per la specifica qualifica, né al preventivo svolgimento di procedure selettive, che (ad eccezione del personale assunto obbligatoriamente o mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento) sono necessarie nell'ipotesi - come nella specie - in cui la stabilizzazione riguardi dipendenti che non abbiano già sostenuto "procedure selettive di tipo concorsuale", con conseguente devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di procedure discrezionalmente disposte dall'amministrazione ed implicanti valutazioni di tipo comparativo tra i candidati» (Cassazione civile, sez. un., 02/08/2017, n. 19166).

Il Collegio osserva che, secondo quanto sancito dall’art.97 co.4 Cost., agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge. Come è agevole evincere dal tenore letterale della richiamata norma costituzionale, l’assunzione mediante espletamento di una procedura concorsuale costituisce la regola, mentre il reclutamento mediante modalità alternative rappresenta l’eccezione, ammissibile soltanto nei casi espressamente previsti dal legislatore. Di conseguenza, le disposizioni normative disciplinanti procedure di assunzione diverse dal concorso pubblico, in quanto costituenti eccezione alla citata regola generale, devono essere necessariamente interpretate in senso restrittivo, non essendo, né potendo essere, suscettibili di applicazione analogica onde non incorrere nella violazione del divieto di cui all’art.14 disp. prel. c.c.

Con riguardo al caso in esame, la procedura di stabilizzazione dei lavoratori precari prevista dall’art.20 comma 1 D.Lgs. n.75/2017 rientra nell’ambito delle modalità di reclutamento alternative al concorso pubblico e, dunque, la relativa disciplina deve essere interpretata in senso restrittivo. Pertanto, va privilegiata un’interpretazione strettamente letterale della norma che, come detto, alla lettera b) prevede tra i requisiti necessari per l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori precari il precedente reclutamento a tempo determinato all’esito di una procedura concorsuale vittoriosamente superata. (…).

(…) dai lavori preparatori non possono desumersi elementi indicativi della volontà del legislatore di consentire anche a coloro i quali fossero stati assunti a tempo determinato con modalità alternative al pubblico concorso di poter beneficiare della stabilizzazione secondo le modalità previste dall’art.20 co.1 D. Lgs. n.75/2017.

I ricorrenti, dal canto loro, richiamano, a sostegno di quanto affermato in ricorso, un inciso della circolare 3/2017 del Ministero per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione che, ritenendo soddisfatto il requisito di cui alla lett.b allorché il personale precario sia stato assunto a tempo determinato attingendo ad una graduatoria a tempo determinato o indeterminato riferita ad una procedura concorsuale – ordinaria, per esami e o titoli, ovvero anche prevista in una normativa di legge, dovrebbe comprovare la possibilità per i precari assunti a tempo determinato con modalità alternative al pubblico concorso di accedere ai benefici della stabilizzazione ogniqualvolta per quelle specifiche mansioni sia possibile un’assunzione nei ruoli del pubblico impiego senza previo espletamento di una procedura concorsuale.

L’argomentazione non coglie nel segno se si considera che l’assimilazione di una graduatoria formata all’esito di un concorso pubblico con un’altra, invece, di natura diversa, come, ad esempio, quella delle liste di collocamento, appare contraddittoria in ragione della profonda diversità caratterizzante i due atti in questione, il primo, infatti, tendendo alla selezione dei migliori candidati partecipanti alla procedura selettiva indetta per la copertura dei posti banditi a concorso, il secondo, invece, rispondendo ad altre logiche principalmente volte a favorire soltanto l’occupazione.

Né, peraltro, può rivalutarsi all’uopo il dettato dell’art.16 co.1 L. n.51/1987 nella parte in cui prevede che “Le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, e quelli che svolgono attività in una o più regioni, le province, i comuni e le unità sanitarie locali effettuano le assunzioni dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo, sulla base di selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità, che abbiano la professionalità eventualmente richiesta e i requisiti previsti per l'accesso al pubblico impiego”, poiché mentre la suddetta selezione si traduceva nell’esplicazione di prove attitudinali volte esclusivamente ad accertare l’idoneità dell’interessato all’espletamento delle mansioni da affidargli, la procedura concorsuale è preordinata ad assicurare la più elevata professionalità possibile per la copertura dei posti a concorso, essendo, infatti, le prove selettive concepite in modo tale da consentire alla Pubblica Amministrazione la scelta dei migliori candidati partecipanti. In tal senso si è pronunciata anche la Corte Costituzionale, statuendo che «il previo superamento di una qualsiasi “selezione pubblica”, presso qualsiasi “ente pubblico”, è requisito troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso, perché esso non garantisce che la previa selezione avesse natura concorsuale e fosse riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato è chiamato a svolgere» (sentenza n. 225 del 2010, che richiama le sentenze n. 293 del 2009 e n. 100 del 2010), «cosicché la garanzia del concorso pubblico non può che riguardare anche l’ipotesi di mera trasformazione di un rapporto contrattuale a tempo indeterminato in rapporto di ruolo, allorché […] l’accesso al suddetto rapporto non di ruolo non sia a sua volta avvenuto mediante una procedura concorsuale» (sentenze n. 215 del 2009 e n. 203 del 2004).

Appare, dunque, desumibile dal requisito di cui alla lett.b) dell’art.20 comma 1 D.Lgs. 75/2017 la volontà del legislatore di privilegiare la stabilizzazione soltanto di quei precari che, in quanto già scelti all’esito di un precedente pubblico concorso, garantiscono una elevata professionalità all’Amministrazione presso la quale prestano servizio. Se, infatti, l’intento fosse stato quello di favorire anche i precari assunti sulla base delle liste di collocamento di cui all’art.16 co.1 L. n.51/1987 o di procedure similari, la norma in esame non avrebbe previsto il requisito di cui alla lett.b). Diversamente, la sua espressa previsione induce a ritenere che il legislatore abbia inteso favorire soltanto coloro i quali avessero già superato una precedente procedura concorsuale, optandosi così per una scelta che, in quanto giustificata dall’intento di stabilizzare i precari con professionalità più elevate, non contrasta con il principio di ragionevolezza e di uguaglianza formale di cui all’art.3 co.1 Cost., poiché non irrazionale, né illogica.

Peraltro, va osservato che il richiamato presupposto del superamento di un precedente concorso rende l’istituto in esame, pur nella indiscutibile sua natura derogatoria, coerente con la regola generale sancita dall’art.97 co.4 Cost. che prevede l’accesso agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni tramite procedura concorsuale. (…). ”.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese processuali graveranno in solido sui ricorrenti, nella misura liquidata in dispositivo.

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