TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-03-25, n. 202401167
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Testo completo
Pubblicato il 25/03/2024
N. 01167/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00748/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 748 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da A A B e M D G, rappresentati e difesi dall'avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Comune Acireale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
di Lmg Costruzioni S.r.l., rappresentato e difeso dall'avvocato Nicolò D'Alessandro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
- della Deliberazione Consiliare n. 28 del 7 marzo 2023 del Comune di Acireale, pubblicata in data 10 marzo 2023, a mezzo della quale è stato approvato lo schema di convenzione ai sensi dell'art. 28 bis del d. p. r. n. 380/2001 con riferimento ad un permesso il costruire convenzionato volto alla realizzazione n. 4 unità unifamiliari nel terreno sito in Acireale, Frazione Capomulini, contrada Gurni, identificato in Catasto Terreni del medesimo Comune al foglio 72, p.lle 321-270;
- del provvedimento del Dipartimento dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana Soprintendenza BB.CC.AA di Catania del 12 gennaio 2022, numero di prot.060. 100 non conosciuto e richiamato in seno alla predetta deliberazione Consiliare n. 28 del 7 marzo 2023, concernente l'autorizzazione paesaggistica dell'indicato intervento edilizio;
- del provvedimento del Dipartimento dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana Soprintendenza BB.CC.AA di Catania del 18 novembre 2022, numero di prot.90963/n.060.100 non conosciuto e richiamato in seno alla predetta deliberazione Consiliare n. 28 del 7 marzo 2023, concernente l'autorizzazione paesaggistica dell'indicato intervento edilizio
- e di ogni ulteriore atto o provvedimento antecedente, successivo e comunque presupposto, connesso o conseguenziale di cui non abbia conoscenza e lesivo della propria sfera giuridica;
per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Lmg Costruzioni S.r.l. il 11/7/2023:
- delle concessioni edilizie n.88 del 18.8.1982 e successiva variante n. 143 del 22.6.1985;
- della concessione in sanatoria n. 222 del 17.11.1987;tutte rilasciate alla soc. F.li Monaco per la realizzazione e la sanatoria dell'edificio oggi di pro-prietà dei ricorrenti;
- della concessione edilizia n. 26/2011 che prevede, oltre al recupero abitativo del cantinato, tra l'altro, la modifica dell'accesso da Via Antica Aci a Via Gurne;
- per quanto occorre: -della SCIA 27/02/2014 di variante alla c. e 26/2011 con la quale cui si modifica il tetto innalzando la gronda e vengo-no introdotte 2 tettoie;
- della SCIA del 28/07/2015 di variante alla c. e 26/2011 in cui si introduce una terza tettoia, si modifica il tetto arretrando le pareti di timpano e si aggiungono aperture, si aggiunge una scala che raggiunge il sottotetto;
della SCA 2017 per l'intero edificio;della DIA 26/02/2018 per il recupero abitativo del sottotetto e successiva SCA per il sottotetto, ovvero degli atti impliciti ovvero espliciti di assenso integrale o parziale alle istanze del privato;
- di ogni altro atto presupposto connesso e consequenziale.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da B A A il 18/9/2023 per l’annullamento:
- del Permesso di costruire convenzionato n. 25/2023, Pratica Urbix n. 1220/2021, datato 20 giugno 2023 rilasciato dal Comune di Acireale, 6 Area Urbanistica, in favore della LMG Costruzioni S.R.L, volto alla realizzazione n. 4 unità unifamiliari nel terreno sito in Acireale, Frazione Capomulini, contrada Gurni, identificato in Catasto Terreni del medesimo Comune al foglio 72, p.lle 321-270;
-nonché di ogni ulteriore atto presupposto e consequenziale da cui ricorrenti possano subire pregiudizio sconosciuti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Lmg Costruzioni S.r.l. e della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Catania e del Comune Acireale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 febbraio 2024 il dott. E C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.
FATTO e DIRITTO
Con l’atto introduttivo del giudizio, i ricorrenti hanno impugnato: - la deliberazione Consiliare del Comune di Acireale n. 28 in data 7 marzo 2023, con cui è stato approvato lo schema di convenzione, ai sensi dell’art. 28-bis del D.P.R. n. 380/2001, in relazione ad un permesso il costruire convenzionato volto alla realizzazione quattro unità unifamiliari nella Frazione di Capomulini, Contrada Gurni, sul terreno censito in catasto Terreni al foglio 72, particelle 321 e 270;- il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania n. 060.100 in data 12 gennaio 2022, con cui è stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica;- il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali Catania n. 90963/n.060.100 del 18 novembre 2022.
Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue.
I ricorrenti sono nudo proprietario e usufruttuaria di un immobile per civile abitazione sito nella Frazione di Capo Mulini, Contrada Gurni, Via Gurne 16, censito in catasto foglio n. 72, particella 396, subalterni 14 e 15;l’unità immobiliare confina con l’area di proprietà dell’odierna controinteressata, già sopra indicata.
Con istanza n. 82445 in data 14 ottobre 2021, integrata con nota n. 97779 del 24 novembre 2022, la controinteressata ha chiesto al Comune di Acireale un permesso di costruire convenzionato ex art. 28-bis del D.P.R. n. 380/2001 per la realizzazione di quattro ville unifamiliari e per opere di urbanizzazione per verde e parcheggio.
Con la deliberazione impugnata il Consiglio Comunale di Acireale ha approvato lo schema di convenzione, atto prodromico al rilascio del permesso di costruire;viene specificato che l’area di proprietà della controinteressata ricade in parte all’interno del Parco Archeologico e Paesaggistico “Valle delle Aci”, in parte in area boschiva bosco e nella sua totalità all’interno della fascia di rispetto boschiva.
Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue.
Innanzitutto viene precisato che l’interesse a ricorrere si fonda sul pregiudizio del diritto di veduta degli odierni interessati e sull’impatto dell’intervento sull’area immediatamente circostante l’abitazione dei ricorrenti, con irreversibile peggioramento dei caratteri urbanistici dell’area stessa, oltre che sulla panoramicità dei luoghi, con un radicale modifica dell’assetto del territorio, il quale perderà i suoi connotati tipici. Per i ricorrenti, i provvedimento impugnati sono stati adottati sull’erroneo presupposto che l’area interessata dall’intervento ricada al di fuori della fascia di rispetto boschiva, ove trovano applicazione gli art. 10 della legge regionale n. 16/1996 e 15, primo comma, della legge regionale n. 78/1976.
Viene evidenziato che la denunciata violazione sussiste anche qualora si consideri la fascia di rispetto minima (50,00 metri) prevista per i boschi con superficie inferiore ad un ettaro;viene specificato che non può invocarsi l’art. 37, quinto comma, della legge regionale n. 19/2020, avuto riguardo alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 135 in data 3 giugno 2022, avuto riguardo al principio tempus regit actus .
Per i ricorrenti, emerge, quindi, un difetto assoluto di istruttoria, che trova conferma nel verbale di verifica tecnica inerente alla ricognizione delle aree boscate ad opera dell’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Catania n. 74022 del 29 luglio 2021.
Sotto altro profilo, la classificazione dell’area quale bosco ai sensi del decreto legislativo n. 34/2018 non può indurre a ritenere che nella specie non trovino applicazione le fasce di rispetto, così come indicate in seno alla normativa regionale, tenuto conto della competenza esclusiva regionale in materia;inoltre, l'istituto del permesso di costruire convenzionato concerne interventi edilizi che di non particolare entità, anche sotto il profilo insediativo, localizzati in ambiti in cui le esigenze di urbanizzazione, infrastrutturazione e dotazione di standard si presentino con un basso grado di complessità.
Con deliberazione consiliare n. 139 in data 8 ottobre 2019 il Comune ha approvato il regolamento riguardante i criteri per l’attuazione dell’art. 28-bis del D.P.R. n. 380/01 e dell’art. 20 della legge regionale n. 16/2020, il cui art. 2 del prescrive che l’istituto non è applicabile quando nell’ambito della stessa zona territoriale omogenea la superfice complessiva di tutte le aree tra loro confinanti - libera da costruzioni con destinazioni previste per la zona stessa - superi i 5.000 metri quadri per le zone C e i 10.000,00 metri quadri per le altre zone.
Nel caso di specie la superficie dell’intervento è, invece, pari a metri quadri 6.744,00;risulta anche violato l’art. 30, comma 11, della legge regionale n. 19/2020, il quale subordina l’edificazione in area C - per superfici superiori ai 10.000 metri quadri - alla predisposizione di un piano di lottizzazione. Secondo i ricorrenti, l’Amministrazione, inoltre, ha violato l’obbligo di previa sottoposizione del progettato alla procedura di valutazione ambientale strategica ai sensi del decreto legislativo n. 152/2006;ne deriva secondo la prospettazione dei ricorrenti, che il provvedimento del Comune risulta anche illegittimo con riferimento all’assegno di linea o di quota, poiché in contrasto con la disciplina regolamentare e in pregiudizio del diritto di veduta degli odierni interessati.
In particolare, per il corpo di fabbrica A viene indicata una quota zero di progetto del piano altimetrico pari a 86 metri rispetto al livello del mare, in contrasto con quanto previsto dall’art. 27 del regolamento edilizio.
Si è costituita con atto formale dell’Amministrazione Regionale.
Si è costituita in giudizio anche la controinteressata che ha proposto ricorso incidentale, impugnando i seguenti atti relativi all’edificio dei ricorrenti in via principale: - concessione edilizia n. 88 in data 18 agosto 1982 e successiva variante n. 143 del 22 giugno 1985;- concessione in sanatoria n. 222 del 17 novembre 1987;c) concessione edilizia n. 26/2011;- ove occorra, segnalazioni certificate di inizio attività in data 27 febbraio 2014 e in data 28 luglio 2015;- segnalazione certificata di agibilità 2017;- denuncia di inizio attività in data 26 febbraio 2018 e successiva segnalazione certificata di agibilità.
Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue.
Secondo la controinteressata, a fronte di un edificio originariamente assentito con due elevazioni fuori terra e due appartamenti oggi esiste un edificio a quattro elevazioni fori terra con quattro appartamenti contornato da una imponente serie di costruzioni accessorie.
Viene evidenziato che nell’atto di acquisto in data 24 novembre 1987 si afferma che l’edificio era stato realizzato in forza della concessione edilizia n. 88/1982 (contestualmente alla concessione edilizia n. 88/82 in data 18 agosto 1982 l’Amministrazione ha anche provveduto all’assegnazione di linea e di quota) e della successiva variante n. 143/1985;viene osservato che se è forse vero che l’edificio all’epoca dell’acquisto - in data 24 novembre 1987 - non aveva subito modifiche in termini di superficie calpestabile e volume è ancor più certo che parte del lotto, in ragione della destinazione a strada dell’area sul confine ovest, era sensibilmente diminuita e per regolarizzare alcune difformità è stata ottenuta concessione in sanatoria (n. 222 in data 17 novembre 1987, allegata al rogito).
Con provvedimento n. 01/88 in data 2 febbraio 1988 è stata rilasciata l’abitabilità-agibilità per gli appartamenti e per il piano semicantinato, comprensiva del (non approvato) ampliamento di cui alla concessione edilizia n. 143/85.
In data 24 marzo 2011 è stata rilasciata la concessione edilizia n. 26/2011;in data 27 febbraio 2014 è stata presentata una segnalazione certificata di inizio attività in variante alla concessione edilizia n. 26/2011;in data 28 luglio 2015 è stata presentata una nuova segnalazione certificata di inizio attività in variante alla concessione edilizia n. 26/2011;con denuncia di inizio attività in data 26 febbraio 2018 è stato richiesto il recupero del sottotetto.
Il contenuto delle censure di cui al ricorso incidentale può sintetizzarsi come segue.
L’art. 9 del regolamento edilizio dell’anno 1970 e l’art. 17 del regolamento edilizio dell’anno 2005 prevedono a carico del richiedente l’obbligo di chiarezza e, per ciò che rileva in questa sede, l’art. 17 prescrive che alla domanda di concessione edilizia debba essere allegata, in primo luogo, la planimetria quotata della zona, rilasciata dal Comune su richiesta dell'interessato, sulla quale il richiedente è tenuto ad evidenziare l'ubicazione della proprietà oggetto della richiesta di concessione, la larghezza ed il nome delle strade esistenti adiacenti, le proprietà confinanti ed i nomi dei relativi proprietari, le altezze e le distanze degli edifici circostanti, lo stato di diritto rispetto a servitù attive e passive e le indicazioni degli alberi d'alto fusto esistenti.
Secondo la controinteressata (ricorrente in via incidentale), il menzionato art. 17 impone, inoltre, l’allegazione della la planimetria del lotto con indicazione: - degli estremi dell'approvazione comunale della lottizzazione della quale il lotto stesso faccia eventualmente parte;- degli edifici e delle proprietà confinanti;- degli spazi destinati a parcheggio coperto e scoperto e della sistemazione dell'area non edificata;- dell'andamento altimetrico dell'area e di quelle limitrofe;- della precisa ubicazione delle opere progettate;- del tipo di recinzione.
Secondo questa impostazione della LGM, la norma impone, altresì, l’allegazione di almeno una sezione verticale quotata seconda la linea di maggiore importanza o di massima pendenza che contempli anche i distacchi dai fabbricati confinanti e con l'indicazione del terreno prima e dopo la prevista sistemazione, nonché, nei progetti di trasformazione e di ampliamento di sopraelevazione e di restauro degli edifici, l’indicazione con particolare grafia convenzionale dello stato di fatto dell'immobile, delle demolizioni, degli scavi e delle nuove opere.
Viene rilevato che gli elementi menzionati sono mancanti nelle richieste formulate dalla controparte e ciò ha impedito una corretta istruttoria delle istanze, con a conseguente illegittimità dei titoli edilizi rilasciati. In particolare, secondo la controinteressata ricorrente in via incidentale LGM, non sono stati indicati “con particolare grafia convenzionale, lo stato di fatto dell'immobile, le demolizioni, gli scavi e le nuove opere” al fine di rendere immediatamente percepibile l’effettiva consistenza della trasformazione del territorio e dell’edificio che si intendeva realizzare. Viene specificato che i grafici relativi alla concessione edilizia dell’anno 2011 e alle segnalazioni certificate di inizio attività degli anni 2014 e 2015 sono inadeguati in quanto: - la planimetria avrebbe dovuto descrivere le proprietà confinanti ed indicare il nome dei proprietari, lo stato di diritto rispetto a servitù attive e passive e tali dati non vengono indicati;- è stata indicato come confine sul lato nord la Via Gurne, mentre l’area è di proprietà della controinteressata;- manca l’andamento altimetrico delle aree limitrofe;- mancano le indicazioni degli spazi destinati a parcheggio (in particolare, manca la quantificazione degli spazi a parcheggio annunciata nella relazione, ma mai eseguita, e non è mai stato stipulato l’atto di vincolo a parcheggio) - manca una sezione verticale sufficientemente estesa (la sezione si limita solo alla parte del fabbricato) che contempli l’indicazione del terreno prima e dopo la sistemazione esterna;- manca una adeguatala relazione tecnica;manca l’elaborato per l’accesso alle persone con limitate capacità motorie previsto dal quart’ultimo capoverso dell’art. 17.
Viene aggiunto che, come previsto dall’art. 31 del regolamento edilizio, le varianti seguono procedure analoghe al progetto originario, sicché anche la segnalazione certificata di inizio attività deve contenere gli elaborati di cui al citato art. 17 (a parte che gli interventi ricadevano in zona vincolata, sicché era necessaria la concessione edilizia, come risulta dall’art. 19, punto 18, e dall’art. 19, punto 26, del regolamento edilizio).
Per la controinteressata (ricorrente in via incidentale), la concessione in variante n. 143/1985 è certamente illegittima, poiché afferma che l’opera ricade nella medesima zona urbanistica indicata nella concessione edilizia originaria, senza tener conto che il Piano Regolatore Generale approvato con decreto assessoriale n. 409/1983 in data 12 novembre 1983 non consentiva più di realizzare la cubatura prevista (circostanza che risulta persino annotata in calce alla istanza con appunto del 5 luglio 1982). Il nuovo Piano Regolatore Generale, inoltre, prevedeva pur sempre che parte dell’area del “lotto” ricadesse in arteria viaria, con conseguente riduzione della volumetria assentibile e violazione delle norme di rispetto di distanza dalle strade;pertanto, appaiono sostanzialmente abusivo l’ampliamento del semicantinato.
A seguito della concessione in sanatoria, se si ritenga che essa possa legittimamente sanare (solo) alcuni abusi, non incide sulla illeceità degli abusi non sanati, mentre, se si ritiene che il provvedimento abbia sanato tutti gli abusi, esso deve giudicarsi illegittimo;si specifica nel ricorso incidentale che la richiesta di condono riguardava solo la distanza (non rispettata) dalla strada di Piano Regolatore Generale e, a tutto concedere, può ritenersi sanato solo tale profilo, mentre non può considerarsi sanato o sanabile il mantenimento della recinzione su un’area destinata a viabilità (e, quindi, gravata da vincolo di inedificabilità assoluta). Viene evidenziato inoltre che, nel parere legale acquisito dall’Amministrazione in data 29 agosto 1985, il lotto edificato, come risultante dalla recinzione realizzata, non corrisponde all’elaborato grafico di cui alla concessione edilizia n. 88/82 in data 18 agosto 1982, mentre nel successivo parere in data 21 ottobre 1987 si afferma che le conseguenze risulterebbero diverse se si accertasse che l’inosservanza dell’assegno di linea abbia determinato l’impossibilità del rispetto degli standard con specifico riferimento ai rapporti volumetrici o di copertura.
Per la LGM, la concessione edilizia n. 26/2011 in data 24 marzo 2011 - finalizzata al recupero abitativo del cantinato, alla chiusura della scala esterna, alla realizzazione del vano ascensore, nonché al rifacimento del tetto (con la stessa sagoma di quello del 1985), restando invariata la quota di gronda - è stata rilasciata sulla base di una non fedele rappresentazione dei luoghi, in quanto: - non è rappresentata la scivola che da Via Antica Aci conduceva a quota del piano semicantinato occludendone in parte il fronte nord;- non è stato adeguatamente rappresentato l’abbassamento della quota della sistemazione esterna, che determina una maggiore altezza dell’edificio;- è stato previsto l’accesso carrabile e pedonale dal terreno di proprietà della parte ricorrente in via incidentale indicandolo nelle planimetrie come strada comunale “via Gurne” (per di più senza disporre di alcun titolo sull’area);- è stata affermata la legittimità anche della porzione di cantinato che era sotto la strada di Piano Regolatore Generale, il quale, secondo l’unica interpretazione legittima della variante del 1985, non era stata assentita.
Secondo la ricorrente in via incidentale, negli elaborati grafici è stato rappresentato uno stato di fatto differente dal quello delineato nella concessione edilizia di base e della successiva variante, mediante: - indicazione al piano seminterrato di un’intercapedine della larghezza di 2 metri lungo i lati sud ed estinzione, non presente nei grafici dell’anno 1985 (e ciò al fine di dimostrare che il piano semicantinato riceveva luce ed aria onde consentire il suo recupero abitativo);- inserimento di un’apertura sul prospetto sud che non era presente nei grafici dell’anno 1985.
Per la controinteressata LGM, le intercapedini inserite lungo i lati est e sud - non presenti nei grafici dell’anno 1985 - presupponevano muri di sostegno esterni che avrebbero dovuto essere calcolati e citati nel collaudo in data 19 aprile 1985;a ciò si aggiunta l’eliminazione delle aree vincolate a parcheggio e l’omessa verifica del rispetto della indispensabile superfice a parcheggio, con l’aggiunta che la concessione edilizia n. 26/2011 prevedeva che l'atto di vincolo a parcheggio fosse registrato e trascritto prima dell’agibilità (obbligo mai osservato).
Viene specificato che la concessione, inoltre, prescrive che, ove le varianti dovessero mutare la sagoma o riguardassero immobili vincolati, i lavori avrebbero dovuto essere preventivamente concessionati ex art. 22 del D.P.R. n. 380/2001;quanto alle segnalazioni certificate di inizio attività in data 27 febbraio 2014 e 28 luglio 2015, i ricorrenti in via principale non hanno rappresentato lo sbancamento attorno l’edificio (che non poteva essere realizzato mediante segnalazione certificata di inizio attività) e, comunque, il primo intervento contravviene alle indicazioni della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali (quanto all’abbassamento della quota del tetto), mentre il secondo non poteva essere assentito, in quanto esso contemplava volumi tecnici che in realtà non presentavano tali caratteristiche (e ciò anche tenendo conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 90/2023).
Secondo la LGM, la segnalazione certificata di agibilità dell’anno 2018 è, poi, viziata perché attesta che i lavori effettuati sono conformi ai titoli edilizi, a nulla rilevando la giustificazione postuma in ordine all’aumento dell’altezza del tetto, anche tenuto conto che le cosiddette “tolleranze di cantiere” si applicano anche alle autorizzazioni paesaggistiche solo per i provvedimenti adottati a partire dal 6 aprile 2017.
Inoltre, viene aggiunto che la concessione edilizia dell’anno 2011 aveva autorizzato la realizzazione del vano ascensore per l’abbattimento delle barriere architettoniche e che tale intervento non risulta essere stato eseguito;in ordine alla denuncia di inizio attività in data 26 febbraio 2018, finalizzata al recupero abitativo del sottotetto, viene evidenziato che non risponde al vero l’affermazione della richiedente secondo cui non era necessario l’assenso degli altri comproprietari, in quanto la denuncia contemplava l’alterazione della destinazione d’uso (da volume tecnico a residenza).
Secondo la ricorrente in via incidentale, lo stato reale della porzione da recuperare, poi, non rispetta fedelmente quanto previsto nella segnalazione certificata di inizio attività dell’anno 2015;a-a) l'art. 5 della legge regionale n. 16/2016, nella parte in cui prevede il recupero abitativo di sottotetti realizzati in epoca recente modificando coperture a tetto preesistenti (all’unico evidente fine di avvalersi, poi, del recupero a fini abitativi), è illegittimo per le ragioni illustraste dalla Corte Costituzionale con sentenz n. 90/2023;in ogni caso, avrebbe dovuto essere rispettate “le prescrizioni tecniche in materia edilizia, contenute nei regolamenti vigenti, nonché le norme nazionali e regionali in materia di impianti tecnologici e di contenimento dei consumi energetici” , nonché gli “standard urbanistici, delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e in particolare delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di quelle relative alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, nonché del piano paesaggistico” e non avrebbe potuto farsi applicazione delle deroghe di cui ai punti precedenti del medesimo art. 5, primo comma, lettera a, b e c;a-c) non vi è alcuna prova, tuttavia, del rispetto di tali limiti e standard (alcuni dei quali sono stati certamente violati);a-d) nella denuncia di inizio attività è, altresì, rappresentato un tetto più alto rispetto ai titoli (in tesi) legittimanti ed alla segnalazione certificata di agibilità dell’anno 2017 (mediante richiamo delle “tolleranze di cantiere”);a-e) tuttavia, le eventuali “tolleranze di cantiere” devono essere riferite alla costruzione del tetto e non alle altezze dell’intero fabbricato esistente;a-f) seguito di tale difformità, inoltre, risulta superata la pendenza del 35%, con creazione di volume urbanisticamente rilevante;a-g) non sono state, poi, rispettate le Norme Tecniche di Attuazione per le strutture portanti e per le verifiche termiche, né è stata operata alcuna valutazione sulla sicurezza (punto 8.3 delle Norme Tecniche di Attuazione);a-g) l’innalzamento del tetto, sotto un profilo strutturale, è, infatti, una sopraelevazione, sicché, ai sensi del punto 8.4.1 delle Norme Tecniche di Attuazione, occorreva un intervento di adeguamento sismico;a-h) risulta, infine, violato il decreto ministeriale n. 236/1989, in quanto “l'ascensore va comunque installato in tutti i casi in cui l'accesso alla più alta unità immobiliare è posto oltre il terzo livello, ivi compresi eventuali livelli interrati e/o porticati.”
Con motivi aggiunti i ricorrenti in via principale hanno impugnato il permesso di costruire convenzionato n. 25/23 in data 20 giugno 2023.
Il contenuto delle censure di cui ai motivi aggiunti può sintetizzarsi come segue.
Il provvedimento avversato è illegittimo per c.d. illegittimità derivata (in relazione alle doglianze di cui al ricorso introduttivo).
Per i ricorrenti in via principale, i provvedimenti impugnati si limitano a prevedere quale unico obbligo di urbanizzazione dell’area la realizzazione di un’area da destinare a parcheggio, del tutto insufficiente rispetto all’entità della lottizzazione;viene specificato che l’Amministrazione, inoltre, non ha considerato che l’art. 2 del regolamento comunale in materia di attuazione dell’art. 28-bis contempla un limite dimensionale - riservando l’applicazione della disposizioni a lottizzazioni esigue - al fine di evitare che, in applicazione di tale norma, siano eluse le verifiche sulla compatibilità con le condizioni geomorfologiche del territorio di cui all’art. 89 del D.P.R. n. 380/2001 e della valutazione ambientale strategica;a tal fine, il citato art. 2 prescrive che l’intervento edilizio non debba prevedere la realizzazione di strade di lottizzazione, mentre nel caso in esame è prevista la realizzazione di due strade di lottizzazione.
Per i ricorrenti in via principale, la perimetrazione dell’area di intervento, non coincidendo con quella della zonizzazione di Piano Regolatore Generale, andava, poi, previamente deliberata dal Consiglio Comunale;viene evidenziato che, trattandosi di superficie superiore ai 5.000 metri quadri, il dimensionamento delle opere di urbanizzazione andava ragguagliato all’ipotesi di interventi interessante una superficie sino a 10.000 metri quadri;viene osservato che non sono stati, quindi, rispettati i parametri urbanistici dell’intervento, secondo cui sono previsti 31 abitanti su una superficie territoriale di 6.744 metri quadri, con un’area da cedere per le opere di urbanizzazione pari a 815 metri quadri, in luogo della superficie che andava ragguagliata ad una superficie territoriale di 10.000 metri quadri. Per i ricorrenti in via principale, i parametri edilizi risultano violati anche con riferimento al regolamento edilizio comunale, dovendo essere osservato nel caso di specie, in forza del principio tempu regit actus , il regolamento approvato con delibera consiliare n. 28 in data 14 luglio 2020.
Invero, ai fini dell’individuazione della quota d’imposta dei fabbricati, il regolamento dispone che la quota di sistemazione delle aree esterne al manufatto da realizzarsi debba coincidere: - negli edifici da realizzare a margine stradale, con la livelletta dello spazio pubblico antistante coincidente con la quota di marciapiede o con la quota imposta dall’assegno di linea o di livello;- negli edifici in ritiro su terreno accidentato, entro i 10,00 metri, con la media delle quote stradali preesistenti;- negli edifici in ritiro su terreno accidentato, oltre i 10,00 metri, con la media delle quote del terreno preesistenti;- in tutti i casi è ammessa una tolleranza di +/- 50 centimetri;viene osservato che, nella fattispecie, il corpo A è collocato a quota 86.00 metri, in luogo di 83.00 meri (quota pari a quella del marciapiede di progetto posto a distanza inferiore a 10 metri dal fabbricato);lo stesso dicasi per gli altri fabbricati, che sono posti a una quota molto più elevata rispetto alla media delle quote del terreno preesistente. Per i ricorrenti in via principale, è stato altri violato l’art. 39 del regolamento, il quale stabilisce che la superficie dei porticati, se di uso privato, costituisce pertinenza dell’immobile principale e non viene computata ai fini del calcolo del volume sino al 20% della superficie coperta del piano terra.
Nel caso di specie, dagli elaborati progettuali si desume che la superficie coperta di ciascuno dei quattro edifici è pari a 206,60 metri quadri, per un totale di 826,40 metri quadri, sicché l’aliquota del 20% è pari a 165,28 metri quadri;viene evidenziato che la superficie porticata per ognuno degli edifici risulta pari a 90.90 metri quadri, per un totale di 363.60 metri quadri;pertanto la maggior superfice da considerare ai fini del calcolo del volume è pari a 198,32 metri quadri. E infine, viene rilevato che, considerando l’altezza di 3.00 metri di ciascun porticato, risulterebbe un volume pari a 594,96 metri cubi, mai computato ai fini della determinazione delle superfici delle urbanizzazioni, con conseguente riduzione delle superfici fondiarie.
Il Comune rilevava quanto segue: - dal certificato di destinazione urbanistica in data 29 novembre 2022 una porzione dell’area di proprietà della controinteressata risulta “bosco con i requisiti del decreto legislativo n. n. 34/2018” e dal verbale di verifica tecnica in data 13 aprile 2021 tra il Comune, l’agronomo incaricato per la verifica della carta dei boschi, la Soprintendenza e l’Ispettorato Ripartimentale per le Foreste di Catania) non risulta prevista alcuna zona di rispetto;- la Soprintendenza ha rilasciato l’autorizzazione in variante (alla precedente autorizzazione n.1990/n.060.100 del 12 gennaio 2022), a condizione che l’intervento fosse realizzato in conformità al parere;- l’art. 28-bis del D.P.R. n. 380/2001 (successivo rispetto alle Norme Tecniche di Attuazione) prevede che, qualora le esigenze di urbanizzazione possano soddisfarsi con modalità semplificata, è consentito il rilascio di un permesso di costruire convenzionato;- l’intervento edilizio non prevede strade di lottizzazione, bensì private per l’accesso alle villette;- per le quattro villette sono state proposte quote di imposta differenti in funzione della media delle quote del terreno esistente, come può rilevarsi dagli elaborati progettuali;- quanto alle aree per le opere di urbanizzazione, il dimensionamento è stato effettuato con riferimento al volume residenziale, senza considerazione dei volumi pertinenziali;- il citato art. 28-bis non prevede l’approvazione preventiva, da parte del consiglio comunale, di una nuova perimetrazione, limitandosi a stabilire che l’organo consiliare approvi la convenzione, la quale, per casi particolari, può anche prevedere modalità di attuazione per stralci funzionali cui si collegano gli oneri e le opere di urbanizzazione da eseguire e le relative garanzie;- nella specie, sulla restante area di proprietà della ditta non è possibile presentare progetti edilizi in quanto essa è inedificabile;- in sede di approvazione della convenzione è stato allegato il progetto edilizio con l’effettiva delimitazione dell’ area di intervento.
Con memoria in data 16 novembre 2023 la controinteressata ha osservato, in sintesi, quanto segue: - non è stata impugnata la delibera di Giunta n. 65 in data 23 marzo 2022 con cui l’organo indicato ha espresso il proprio assenso in ordine all’iniziativa di cui si tratta;- il ricorrente Bonaccorsi ha partecipato ad una riunione in data 6 settembre 2022, nel corso della quale ha preso conoscenza della delibera appena indicata;- in buona sostanza, l’interessato ha prestato acquiescenza in ordine alla edificabilità dell’area e al parere espresso dalla Soprintendenza, nonché in ordine ad ogni altro elemento dell’intervento, a parte la dislocazione delle opere di urbanizzazione (argomento, però, estraneo al giudizio);- ne consegue che il ricorso introduttivo appare irricevibile;- non esiste una servitù di veduta e il diritto al panorama non esiste è contemplato dall’ordinamento vigente, sicché il ricorso appare inammissibile per carenza di interesse;- non può, inoltre, essere tutelato un interesse illegittimo (di chi, nella specie, promuove un’azione a tutela di un immobile abusivo);- i ricorrenti hanno frainteso la portata della sentenza della Corte Costituzionale n. 135/2022, con cui, come previso dalla disciplina regionale siciliana, è stata riconosciuta la legittimità della eliminazione del vincolo di rispetto delle aree boschive, come ben illustrato nella circolare dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente n. 7/2022;- inoltre, a differenza di quanto ritenuto dai ricorrente, la deliberazione consiliare n. 139/2019 non ha approvato un regolamento e la deliberazione consiliare n. 28/2023 ha abrogato quanto statuito nella precedente delibera;- il Consiglio Comunale, invero, non ha potere regolamentare in ordine all’individuazione delle modalità di approvazione dei permessi di costruire convenzionati;- la delibera n. 139/2019 ha solo previsto regole di autolimitazione, cui il Consiglio poteva motivatamente derogare;- in definitiva l’Amministrazione ed il Consiglio Comunale, a fronte della successiva disciplina primaria regionale (secondo cui i piani esecutivi devono avere una estensione minima di 10.000 metri quadri), hanno ritenuto irrilevante il limite di 5.000 metri quadri fissato dalla precedente direttiva che il Consiglio si era dato;- l’Amministrazione, d’altronde, non avrebbe potuto adottare un atto dal contenuto diverso;- non sono, poi, previste strade di lottizzazione;p) la dedotta violazione dell’art. 27 dell’allegato A del regolamento edilizio è generica e, quindi, inammissibile (oltre a non essere provata);- le quote assegnate sono conformi alle previsioni vigenti e il calcolo del volumi è stato rispettato (il volume porticato, segnatamente, è stato interamente considerato come volumetria degli edifici realizzabili ai fini della verifica degli indici volumetrici e della superficie coperta);- gli abitanti equivalenti, ai fini del dimensionamento delle opere di urbanizzazione, sono stati calcolati sui volumi abitabili, esclusi i volumi porticati, in quanto nei portici non possono insediarsi abitanti.
Con memoria depositata in data 25 gennaio 2024, il Comune ribadiva le proprie difese.
Con memoria dei ricorrenti in data 29 gennaio 2024 viene rilevato quanto segue: - è stato proposto ricorso per accertamento tecnico preventivo innanzi al Tribunale Civile di Catania e le operazioni peritali sono in corso;- il Comune, con nota n. 55757 del 5 luglio 2022., ha interpretato correttamente la nota statuizione della Corte Costituzionale, circa la reviviscenza delle norme regionali che stabiliscono l’inedificabilità assoluta nelle cosiddette fasce di rispetto dell’area boschiva;- il ricorso incidentale è tardivo, posto che la controinteressata impugnare titoli edilizi divenuti intangibili da diversi decenni;- i titoli, ad ogni buon conto, sono stati conosciuti, quanto meno dal 26 maggio 2017, posto che, a seguito dell’istanza d’accesso avanzata dalla Gesim s.r.l, poi fusa per incorporazione con la società controinteressatoa, il Comune di Acireale ha osteso la relativa documentazione;- in ogni caso, l’abusività dell’immobile non farebbe venir meno, in ipotesi, l’interesse al ricorso;- va comunque affermata nel merito la conformità edilizia ed urbanistica del fabbricato, come risulta dalla documentazione depositata;- inoltre, è inammissibile l’impugnazione della segnalazione certificata di inizio attività;- il ricorso introduttivo, poi, non è tardivo, dovendo contestarsi la generica eccezione formulata dalla controinteressata sulla scorta delle allegazioni in ordine all’incontro che si sarebbe tenuto nell’anno 2022, anche tenuto conto che la denunciata inedificabilità dell’area consegue alla nota sentenza della Corte Costituzionale e non può dipendere dalla presunta acquiescenza del ricorrente;- in ogni caso, a tale incontro non ha partecipato la ricorrente.
Con memoria depositata in data 6 febbraio 2024 la controinteressata, oltre a ribadire le difese già svolte, ha precisato, in particolare, quanto segue: - è irrilevante l’avvio di un’azione per accertamento tecnico preventivo innanzi al giudice ordinario;- la ricorrente ha anche proposto il ricorso n. 1817/2023 avverso il silenzio del Comune sull’istanza in data 2-3 agosto 2023 con cui si chiesto all’Amministrazione di accertare e sanzionare gli abusi relativi all’immobile dei ricorrenti in via principale;- la ricorrente è solo titolare dell’usufrutto sull’appartamento al primo piano e sul vano garage, nonché sull’appartamento al secondo piano e sul relativo vano garage, e l’usufrutto non si estende agli ampliamenti dell’edificio successivi alla costituzione del diritto reale;- la ricorrente non ha dimostrato il proprio interesse in relazione alle porzioni di immobile sui cui vanta l’usufrutto;- inoltre, come affermato dalla giurisprudenza, ai fini della dimostrazione della conoscenza effettiva dell'opera edilizia assentita costituisce prova sufficiente la piena conoscenza in capo al coniuge della parte ricorrente, convivente e comproprietario, sia del titolo, sia dei lavori;- il ricorso collettivo, poi, presuppone che le posizioni fatte valere debbono siano uguali e perfettamente sovrapponibili, non essendo sufficiente che esse siano simili;- l’impugnazione proposta avverso i titoli edilizi di controparte è tempestiva e la prova della tardività deve essere fornita da chi la eccepisce in termini inoppugnabili;- i ricorrenti non hanno dimostrato che tra la GESIM e la LMG vi sia stata una successione a titolo particolare o universale, ma, anche ove così fosse, risulta dalla ricevuta dei documenti rilasciati alla GESIME nell’anno 2017 che non sono state rilasciate: - la concessione edilizia n. 88 del 18 agosto 1982;- la successiva variante n. 143 del 22 giugno 1985;- la concessione in sanatoria n. 222 del 17 novembre 1987.
All’udienza del 29 febbraio 2024, sentite le parti, la causa viene trattenuta per la decisione.
Il ricorso introduttivo del giudizio è inammissibile.
Ad avviso del Collegio non appare sufficiente, per l’impugnazione di un titolo edilizio, un mero interesse di fatto, ovvero il semplice interesse alla corretta applicazione della disciplina in materia urbanistico-edilizia, ma risulta indispensabile che il provvedimento impugnato influisca direttamente sulla posizione giuridica dell’interessato o degli interessati, determinando, cioè, effetti giuridicamente apprezzabili nei loro confronti.
Nel caso di specie risulta semplicemente una situazione di cosiddetta vicinitas , la quale, come affermato nella menzionata sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 22/2021, costituisce elemento di individuazione della legittimazione ad agire, ma non dimostra la sussistenza dell’interesse al ricorso il quale consiste, invece, nello specifico e concreto pregiudizio derivante dall’atto impugnato.
Tale interesse, secondo quanto ritenuto dall’Adunanza Plenaria, è correlato al puntuale pregiudizio conseguente all’intervento edilizio e può anche ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse in ricorso, oltre a poter essere precisato e comprovato nel corso del processo.
Tuttavia, al fine di non neutralizzare nella sostanza la distinzione fra legittimazione e interesse ed evitare che la decisione dell’Adunanza Plenaria produca il solo effetto di costringere la parte alla formulazione di mere affermazioni labiali, occorre che tali allegazioni siano puntuali, dettagliate e convincenti, risultando inammissibile, ad esempio, il semplice e indistinto riferimento alla perdita di valore e di fruibilità dell’immobile, alla deteriore condizione di areazione e di luminosità, alla penalizzazione conseguente al nuovo carico urbanistico incidente sulla zona, ovvero alla generica menzione del mancato rispetto delle distanze.
Anche il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con sentenza n. 490/2023 in data 27 luglio 2023, ha ribadito che la cosiddetta vicinitas non è sufficiente a provare la sussistenza dell’interesse al ricorso, essendo necessario dimostrare, con puntuali e oggettive allegazioni, lo specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato.
Nel caso di specie i ricorrenti non hanno fornito allegazioni puntuali e dettagliate, né prove adeguate, in ordine al loro concreto interesse ad impugnare il titolo edilizio.
In particolare, giova evidenziare che, nel caso di specie, non viene in alcuna considerazione una servitù prediale di panorama correlabile ad una servitù “non aedificandi o altius non tollendi” . Invero la Corte di Cassazione ha chiarito, anche con la recente ordinanza, sez. II n. 17922 del 22.06.2023, che l’esistenza della servitù di veduta panoramica posta a tutela della bellezza dell’ambiente e della visuale che si gode da un certo luogo non può trovare riconoscimento nella “(…) mera preesistenza della visuale rispetto all’opera contestata (…)”, poiché si finirebbe così per ledere il principio di tipicità dei modi d’acquisto dei diritti reali. In particolare, tale diritto deve essere previsto in un atto pubblico oppure deve essere accertato mediante idonea azione giudiziaria finalizzata a verificare che siano trascorsi oltre vent’anni (termine necessario ad usucapire il diritto ai sensi dell’art. 1158 c.c.) da quando sono state realizzate opere permanenti ulteriori rispetto a quelle necessarie per la veduta. Ed è appena il caso di rilevare come, alla luce di quanto sopra esposto, è inconferente il richiamo fatto dalla parte ricorrente alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 362, che ha statuito sul risarcimento del danno conseguente all’inottemperanza a precedenti giudicati che avevano accertato l’illegittimità della sopraelevazione di un condominio: fattispecie, quest’ultima, che è all’evidenza completamente diversa da quella in esame.
Parimenti, deve osservarsi in ordine alla generica affermazione effettuata dai ricorrenti dell’irreversibile peggioramento dei caratteri urbanistici dell’area stessa e alla radicale modifica dell’assetto del territorio il quale perderebbe i suoi connotati tipici, che non risulta comprovata la sussistenza dello “specifico pregiudizio” (atto a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso).
Alla luce di quanto sopra esposto e, in applicazione dei principi enucleati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 22/2021, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
In ogni caso il ricorso sarebbe infondato nel merito.
Con riferimento alla corretta interpretazione della decisione della Corte Costituzionale n. 135 del 2022, giova evidenziare che la normativa regionale e la sentenza della Corte hanno abrogato e confermato, rispettivamente, l'eliminazione del vincolo sulle fasce di rispetto delle aree boschive. In estrema sintesi (nel caso di intervento in un'area precedentemente soggetta alla fascia di rispetto del bosco, esso non è più soggetto a tale vincolo in quanto), le fasce di rispetto sono state eliminate e la Corte Costituzionale ha ritenuto legittima questa scelta del Legislatore regionale, che si allinea alla normativa nazionale (in particolare nella pronuncia del giudice delle leggi si legge quanto segue: “si deve concludere che l’abrogazione dell’art. 10, comma 11, della legge reg. Siciliana n. 16 del 1996 costituisce legittimo esercizio della potestà legislativa regionale primaria in materia di tutela del paesaggio, ai sensi dell’art. 14, lettera n), dello statuto speciale” ).
Con riferimento alla terza censura, il Collegio osserva che la normativa regionale successiva impone che il PdiC sia obbligatorio solo per le aree di dimensioni superiori a 10.000 mq, mentre non è richiesto per quelle più ridotte. L'articolo 30, comma 11, della legge regionale n. 19/2020 stabilisce che i Piani Particolareggiati Attuativi devono avere un'estensione minima di 10.000 mq per garantire la realizzazione delle opere di urbanizzazione secondarie mediante convenzione. Pertanto, per superfici inferiori a tale soglia (di 10.000 mq) è necessario ricorrere agli altri strumenti urbanistici previsti dalla normativa vigente, inclusi i permessi di costruire convenzionati.
In conclusione, anche tale censura risulta infondata.
Relativamente alla determinazione della quota zero, mette conto evidenziare che, nelle tavole progettuali sono riportate le quote del terreno e le quote estreme (89,29 su Antica Aci e 82,72 su via Gurne), la cui media è 86,005;pertanto la quota zero di 86,00 calcolata in fase progettuale appare corretta.
Con riferimento al ricorso per motivi aggiunti, il pregiudizio che gli interessati affermano di subire dal punto di vista urbanistico (la mancanza di un'area a parcheggio, l'utilizzo di una convenzione nonostante la prevista realizzazione di due strade di lottizzazione, la mancata osservanza dei parametri per le opere di urbanizzazione e il calcolo della superficie dei porticati) è soltanto labialmente affermato ma non provato;anche il ricorso per motivi aggiunti risulta dunque inammissibile per carenza di interesse.
In ogni caso, nel merito trattasi di argomentazioni prive di pregio posto che – come evidenziato dalla LGM - le strade in questione sono semplici vie di accesso agli edifici e i porticati non devono essere considerati nel computo della superficie abitabile.
In conclusione, il ricorso introduttivo del giudizio e il ricorso per motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili per carenza di interesse a ricorrere;la declaratoria di inammissibilità dei suddetti mezzi di gravame rende inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla LGM.
Il Collegio, in ragione della peculiarità della controversia, ritiene equo disporre la compensazione delle spese di lite;si rigetta la richiesta di risarcimento dei danni per lite temeraria per insussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 96 c.p.c..