TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2023-03-27, n. 202305265
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Testo completo
Pubblicato il 27/03/2023
N. 05265/2023 REG.PROV.COLL.
N. 08670/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8670 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato U I, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Federico Cesi, 21;
contro
Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata - Roma, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, recato nella nota -OMISSIS- del 6 giugno 2017, con il quale: a) è stata rigettata la proposta di acquisto dell'immobile confiscato, sito nel -OMISSIS-, -OMISSIS-, oggi facente parte del -OMISSIS-, generato dalla fusione dei -OMISSIS- b) è stato chiesto di fornire un progetto di divisione dell'immobile, al fine di consentire all'Agenzia di procedere alla definizione dell'iter procedurale, ex art. 48, d.lgs. n. 159/2011, per la destinazione del bene sottoposto a confisca a provvedimenti ablativi;
- nonché, in genere, di qualsiasi altro atto e/o provvedimento connesso, presupposto e/o consequenziale;
con espressa riserva a successivi motivi aggiunti e/o a separato giudizio e della eventuale proposizione della domanda di condanna della P.A. al risarcimento dei danni subiti e subendi a causa dei provvedimenti impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata - Roma e del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2023 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, spedito per la notifica il 5 settembre 2017 e depositato il successivo 20 settembre, i sigg.ri -OMISSIS- impugnano il provvedimento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, del 6 giugno 2017, con il quale è stata rigettata la proposta di acquisto dell'immobile confiscato, sito nel Comune di -OMISSIS-, -OMISSIS-, oggi facente parte del -OMISSIS-, generato dalla fusione dei subalterni -OMISSIS-
I ricorrenti sono i figli del sig. -OMISSIS-, già proprietario dell’immobile sopra descritto, e acquistavano la proprietà del bene il 30 novembre 2000 per effetto di atto di donazione del genitore.
I ricorrenti, inoltre, già possedevano a vario titolo le particelle limitrofe e vi svolgevano una attività di -OMISSIS-.
I locali donati a suo tempo dal padre avrebbero loro consentito di ampliare l’attività.
Con autorizzazione edilizia del 27 novembre 2000 si realizzava la fusione delle particelle n.-OMISSIS-con creazione di un più ampio locale nel quale svolgere la suddetta attività commerciale.
Con proposta formulata in data 31 marzo 1999 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-, era stato chiesto il sequestro e la confisca del patrimonio nei confronti di -OMISSIS-, tra cui anche il subalterno 2 della particella di cui supra .
In un primo tempo il tribunale aveva respinto la proposta, che veniva poi accolta dalla Corte d’Appello a seguito di impugnazione, con conseguente sequestro e confisca della particella sub judice .
La confisca diveniva definitiva con sentenza della Corte di Cassazione del -OMISSIS- che dichiarava inammissibili i ricorsi proposti.
Successivamente l’-OMISSIS-–-OMISSIS- s.p.a., titolare di una ipoteca sull’immobile a garanzia del finanziamento chiesto dagli odierni ricorrenti per l’acquisto di impianti, macchinari ed attrezzature del nuovo stabilimento industriale destinato all’attività di produzione e lavorazioni -OMISSIS- chiedeva alla Corte di Appello di -OMISSIS- (Seconda Sezione Penale), in sede di incidente di esecuzione, che venisse dichiarata l’inefficacia della confisca nei propri confronti.
Nel procedimento avanti alla Corte Territoriale iscritto al n.-OMISSIS-veniva disposta una CTU finalizzata “all’esatta individuazione del locale oggetto della misura ablativa, della possibilità di un utile frazionamento fisico dello stesso rispetto alla restante parte del fabbricato in cui era stato inglobato ed alla determinazione sia della quota di comproprietà dell’intero fabbricato, riferita alla parte oggetto di confisca, sia del valore della corrispondente quota ideale del medesimo immobile” (così ricorso p. 4).
Secondo le prospettazioni attoree il CTU avrebbe stimato come di maggior valore la particella se indivisa, ed equipollente il valore delle due particelle di proprietà dei ricorrenti rispetto a quella confiscata, che si trova tra le due.
La Corte di appello di -OMISSIS-, Seconda Sezione Penale, concludeva il procedimento con provvedimento del 10 febbraio 2015, depositato il 29 ottobre 2015, rigettando le istanze dell’IRFIS, dando tuttavia atto del fatto che la confisca riguardava solamente la particella originariamente censita al n.-OMISSIS-, sicché la trascrizione del provvedimento di confisca era avvenuta in maniera errata, seppur non invalida, non potendo la stessa riguardare l’intero immobile, ma solo la frazione di esso confiscata.
Con la suddetta pronuncia ha poi rimesso all’Agenzia nazionale “che ha chiesto il rilascio dell’immobile – il compito di assumere tutte le dovute iniziative (compresa quella della domanda per equivalente, se ne sussistono le condizioni) volte alla definizione delle modalità di esecuzione del provvedimento di confisca…” (cfr. ordinanza-OMISSIS-).
Da quanto esposto i ricorrenti traggono la conclusione che l’immobile attuale sia in comunione indivisibile (presupponendo la divisione non soltanto la materiale divisibilità ma anche che essa intervenga senza apprezzabile, sostanziale nocumento alla cosa), con possibilità che la confisca avvenga, anche in fase esecutiva, non già mediante una "reviviscenza fisica" dell’immobile anteriore alla fusione, bensì sulla quota di comproprietà (dell’intero immobile) riferibile al soppresso -OMISSIS-.
I -OMISSIS-, pertanto, con nota inoltrata il 1° giugno 2016, chiedevano, attesa la situazione dell’immobile e la sua destinazione all’attività commerciale, “di acquistare il bene in oggetto, di proprietà dello Stato, effettuando una permuta con l'altro immobile di proprietà degli stessi, sopra descritto, e che, come accertato dal perito, ha un valore equipollente a quello oggetto di confisca, nella sua configurazione post frazionamento”.
L’Agenzia respingeva la richiesta con la nota che qui si impugna ed avverso la quale i ricorrenti formulano i seguenti motivi di gravame:
1) violazione e o falsa applicazione degli artt. 48, co. 5, e 52, commi 7 e 8, d.lgs. n. 159/2011 e s.m.i. , nonché delle norme sul procedimento amministrativo, in particolare degli artt. 2, 3 e 16 della legge n. 241/90 e s.m.i., violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza assoluta di motivazione, errore nei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà, in quanto non sarebbe stato acquisito il parere obbligatorio del Prefetto, né sentito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, né risultano acquisite informazioni sul rischio che il bene rientri nel possesso del sottoposto alla confisca;
2) violazione e o falsa applicazione degli artt. 48, co. 5, e 52, commi 7 e 8, d.lgs. n. 159/2011 e s.m.i. , eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, carenza assoluta di motivazione, illogicità ed irragionevolezza, in quanto nel richiamare la previsione di cui all’art. 48 ed all’art. 52 d.lgs. 591/2011, l’Agenzia non ha motivato con le ragioni per le quali non può riconoscersi il diritto di prelazione agli odierni ricorrenti, pur non avendo contestato che si tratta di bene indivisibile in comunione, e che si tratta di acquirenti in buona fede, né ha allegato altri elementi ostativi. Il gravato diniego, peraltro, oltre a danneggiare gli odierni ricorrenti si pone in contrasto con l’interesse pubblico perseguito dalla confisca;
3) violazione e o falsa applicazione degli artt. 48, co. 5, e 52, commi 7 e 8, d.lgs. n. 159/2011 e s.m.i., violazione e/o falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di beni indivisibili, comunione e scioglimento della comunione, eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione e contraddittorietà, in quanto la richiesta rivolta agli odierni ricorrenti di un progetto di divisione si porrebbe in contrasto con la premessa che si tratti di bene indivisibile.
Il 18 ottobre 2017 si è costituito il Ministero dell’Interno allegando un rapporto sui fatti di causa ed altri documenti.
Il 27 aprile 2022 i ricorrenti depositano documenti e con memoria, depositata il 7 maggio 2022, insistono nelle loro difese.
Con ordinanza n. -OMISSIS- il Tribunale ha disposto incombenti istruttori a carico dell’Agenzia Nazionale intimata.
Con memoria, depositata il 14 gennaio 2023, i ricorrenti rappresentano che l’ordinanza emessa da questo Tar è rimasta inottemperata ed insistono per l’accoglimento del gravame.
Il 30 gennaio 2023 l’Amministrazione ha ottemperato all’ordinanza istruttoria del Tribunale, depositando documenti ed una relazione nella quale l’Agenzia Nazionale, dopo avere ricostruito nel dettaglio la vicenda, ne ha evidenziato i tratti rilevanti in questa sede, con particolare riguardo alle statuizioni di cui all’ordinanza del 10 febbraio 2015 della Corte d’Appello, nella parte in cui ha invitato l’Agenzia a “valutare la possibilità di assumere le dovute iniziative, compresa quella della domanda per equivalente qualora sussistano le condizioni, al fine di definire le modalità di esecuzione del provvedimento di confisca”.
Ricorda l’Agenzia che, con nota prot. -OMISSIS-, in riscontro alla missiva inviata dai ricorrenti, è stato espresso il diniego dell’Ente alla luce dell’art. 48 comma 5 e art. 52 del d.lgs. 159/2011, “invitando tuttavia, ai fini della definizione dell’iter procedurale per la destinazione del bene sottoposto a provvedimenti ablativi, a fornire un progetto di divisione, onde consentire a questo Ufficio di avviare le necessarie attività”.
A seguito della proposizione dell’odierno gravame l’Agenzia ricorda di avere richiesto all’Avvocatura dello Stato di esprimere un parere circa le possibili azioni da intraprendere.
Con riguardo agli specifici quesiti posti dal Tribunale, l’Agenzia conferma di valutare la richiesta dei ricorrenti come impedita dal divieto di acquisizione del bene, anche per interposta persona, da parte del prevenuto ed afferma che in tal senso vada letta anche la pronuncia della Corte d’Appello di -OMISSIS- che ha sottoposto ugualmente il bene a confisca.
Alla pubblica udienza del 14 febbraio 2023 è stata trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei limiti e nei termini di seguito esposti.
Oggetto dell’odierno gravame è il provvedimento di rigetto della proposta di acquisto/permuta dell'immobile confiscato, sito nel -OMISSIS-, -OMISSIS-, oggi facente parte del -OMISSIS-, generato dalla fusione dei subalterni -OMISSIS-
Il motivo della richiesta di acquisto/permuta deriva dal fatto che l’originaria particella -OMISSIS-, fa oggi parte integrante dei locali di proprietà dei ricorrenti, per quanto riguarda le contigue particelle n. -OMISSIS-, tutte adibite a locali dell’attività commerciale di -OMISSIS- gestita da questi ultimi.
Va, poi, ricordato che le particelle e i relativi subalterni, diversi da quello oggetto di confisca, ma ad esso contigui, nei quali i figli di -OMISSIS- svolgono da diversi anni l’attività commerciale di cui sopra, sono stati esclusi dalla misura ablatoria in quanto non risultati frutto dell’attività delittuosa.
La Corte d’Appello di -OMISSIS-, nel procedimento di esecuzione n. -OMISSIS-, con ordinanza del 10 febbraio 2015, ha ritenuto che non fossero rinvenibili criticità in ordine all’individuazione del bene confiscato, né che fosse venuto meno l'oggetto della confisca, avendo il bene ablato — pure a fronte dell'intervenuta soppressione fisica e catastale — mantenuto la sua autonomia economica e giuridica, appunto perché separabile dal resto e perché spettante ad un soggetto (in particolare, lo Stato) diverso dai proprietari dalle altre particelle che compongono l’immobile.
Il giudice ha poi concluso, in base a quanto si legge nella relazione della Agenzia intimata, “che, in questa sede non è possibile statuire, in un senso o nell'altro, sugli effetti del provvedimento di confisca in difetto di domanda espressa da parte del pubblico ministero, spettando a tale organo— ed eventualmente anche all’Agenzia nazionale che ha chiesto il rilascio dell'immobile — il compito di assumere tutte le dovute iniziative (compresa quella della domanda per equivalente, se ne sussistono le condizioni) volte alla definizione delle modalità di esecuzione del provvedimento di confisca".
A tale riguardo si osserva che secondo la Cassazione (Cassazione penale sez. I, 26/02/2021, n.22048) spetterebbe al giudice dell’esecuzione apprezzare la ricorrenza o meno della condizione soggettiva di buona fede del terzo, trattandosi di stabilire in che misura l'effetto di trasferimento del bene confiscato allo stato (con acquisto a titolo originario, secondo quanto previsto espressamente dal d.lgs. n. 159 del 2011, art. 45) possa o meno essere limitato dalla incidenza di un diritto soggettivo ammissibile ad una qualunque forma di tutela, da esperirsi nei confronti dell'attuale titolare del bene.
E’ poi la stessa Agenzia a dare atto del fatto che la situazione esistente ha reso e renda particolarmente difficile la destinazione del bene in questione, soprattutto alla luce della attuale "condivisione forzosa" di proprietà tra lo Stato e i signori -OMISSIS- e l'attività commerciale esistente.
Sulla scorta di tale premessa, la stessa Agenzia ha chiesto un parere all’Avvocatura dello Stato circa le possibili azioni da intraprendere, procedendo alla vendita del bene in confisca considerando quanto indicato dal Giudice delegato, con la richiamata e riportata ordinanza, e conseguentemente verificando le condizioni per valutare una domanda per la modifica della procedura di confisca per equivalente, che permetterebbe la risoluzione delle problematica prospettata, con il versamento da parte interessata del valore della porzione in confisca valutata dal CTU.
Il parere dell’Avvocatura, depositato in atti il 30 gennaio 2023, riporta che:
- il 31/1/2011 l’Amministratore giudiziario accedeva alla predetta unità immobiliare, al fine di appurarne la reale consistenza, suddivisione e destinazione. Dal sopralluogo quivi espletato, emergeva che «l'immobile originariamente sottoposto a sequestro non è più individuabile autonomamente e non è dotato di ingresso autonomo, essendo stato oggetto di cambio di destinazione d’uso e fusione insieme ad altre unità immobiliari, delle quali costituisce una porzione indivisa»', pertanto il bene confiscato «è soltanto una quota (da determinarsi), rispetto al nuovo immobile risultante in seguito alla ristrutturazione immobiliare effettuata» (-OMISSIS-);
- con istanze del 19/7 e 23/11/2012, la -OMISSIS-S.p.A. chiedeva alla Corte d’Appello nissena di dichiarare, in sede di incidente di esecuzione, l’inefficacia della confisca nei propri confronti, atteso che la società istante vantava - a suo dire - una garanzia reale sull’immobile confiscato;
- dagli accertamenti espletati dal nominato CTU emergeva che l’eventuale separazione dell’immobile, ancorché materialmente possibile, avrebbe tuttavia comportato evidenti disagi e gravi disutilità per tutti i comproprietari (ivi compreso lo Stato), con conseguente depauperamento delle rispettive quote di comproprietà;
- successivamente, la Corte territoriale disponeva un supplemento istruttorio, chiedendo al proprio Consulente tecnico di stimare il valore di un ulteriore immobile, acquistato dai germani -OMISSIS-, al fine di instaurarne il parallelo con la rendita del bene confiscato, ove sottoposto a separazione dalle unità immobiliari insistenti sullo stesso stabile;
- la stima espletata dal CTU evidenziava l’assoluta equipollenza degli immobili, sotto il profilo del valore economico;al contempo, metteva in luce che il bene di proprietà dei sig.ri -OMISSIS- presentava delle caratteristiche tali, da renderlo maggiormente accessibile e fruibile rispetto a quello colpito da misura ablativa;
- con ordinanza del 10/2/2015, di rigetto delle istanze proposte dalla -OMISSIS-S.p.A., la Corte d’Appello nissena riteneva che «non è rinvenibile alcuna criticità in ordine all'individuazione del bene confiscato, né è venuto meno l’oggetto della confisca, avendo il bene ablato - pure a fronte dell’intervenuta soppressione fisica e catastale - mantenuto la sua autonomia economica e giuridica La confisca, in alternativa all'operazione di reviviscenza fisica del bene confiscato, può comunque colpire la quota di comproprietà dell’intero fabbricato riferibile alla proprietà dell’immobile “soppresso”»;
- il 28/11/2016, i sig.ri -OMISSIS-e -OMISSIS- formalizzavano presso l’Agenzia l’istanza di acquisto della quota soggetta a confisca, allegando altresì la proposta di permuta con l’immobile di equipollente valore economico, giusta la stima formulata dal CTU . Tale istanza veniva respinta dall’Agenzia con nota prot. n.-OMISSIS-, impugnata dai sig.ri -OMISSIS- con ricorso al TAR Lazio.
Fatte dette premesse, l’Avvocatura erariale conclude per l’inopportunità di alienare la quota di comproprietà sottoposta a misura ablativa, in quanto a ciò osterebbe il divieto che il bene confiscato rientri nella disponibilità del sottoposto anche per interposta persona ed atteso che la definitiva alienazione del bene apporterebbe una significativa utilità economica ai proponenti, in quanto esercenti l’attività imprenditoriale nei locali su cui insiste altresì la quota confiscata: essa, verosimilmente quantificabile in un importo superiore al prezzo di vendita del bene ablato, non potrebbe che confluire - ancorché indirettamente - nella sfera patrimoniale del prevenuto, atteso l’irreversibile mutamento dell’immobile, strumentale all’attività d’impresa del nucleo familiare -OMISSIS-.
Esclusa la strada dell’alienazione, l’Avvocatura si è pronunciata per la percorribilità dell’opzione della confisca per equivalente, in attuazione di quanto prevede l’art. 322-ter, comma 1, c.p.: l’istituto citato “persegue la finalità di colpire il patrimonio del reo, qualora sia impossibile sottoporre a confisca diretta il bene derivante da illecito penale, a fronte dell’avvenuta «trasformazione, alienazione o dispersione dì ciò che rappresenti il prezzo o il profitto del reato» (Cass., Sez. Un., n. 31617/2015). Peraltro, in assenza di disposizioni legislative che dispongano diversamente, «non costituisce condizione imprescindibile per procedere a confisca per equivalente, che il bene sia previamente sequestrato» (Cass. pen., Sez. I, n. 23716/2016;cfr. id., Sez. IlI, n. 17066/2013).
Il parere dell’Avvocatura prospetta inoltre altre soluzioni percorribili quali la riqualificazione del bene come aziendale e, mantenendo la configurazione giuridica dello stesso pur acquisendolo al patrimonio dello Stato, offrirlo in locazione ai germani -OMISSIS-.
Ciò premesso il provvedimento qui impugnato, con cui è stata respinta la richiesta di acquisto dell’immobile confiscato, è viziato per difetto dei presupposti, per carenza di istruttoria e di motivazione, nella parte in cui ha negato anche la confisca per equivalente e non ha motivato in merito alle ragioni per le quali non ha ritenuto di seguire le indicazioni dell’Avvocatura, pur rappresentando le stesse un ragionevole contemperamento tra gli interessi dello Stato e la tutela di una lecita attività economica dei ricorrenti.
A fronte della pronuncia del Giudice Delegato e delle risultanze della CTU, l’avere liquidato la richiesta dei ricorrenti assumendo che si tratti di parenti del destinatario della confisca ed avendo per la suddetta ragione omesso di chiedere il parere al Prefetto, non integra una motivazione sufficiente.
L’attività commerciale svolta dai figli estranei alle attività del padre, nei locali che ricomprendono anche la particella confiscata, è attività lecita;per quanto si evince, i ricorrenti risulterebbero svolgere da anni detta attività senza che la stessa sia riferibile in alcun modo al padre, come peraltro accertato anche dalla Corte di Appello di -OMISSIS-, Sezione Seconda - Misure di prevenzione.
Il solo rapporto di parentela con soggetti che, da quanto emerge, hanno sempre svolto una regolare attività commerciale, non costituisce, ad avviso del Collegio, presupposto idoneo per ritenere che la permuta del bene confiscato ne consenta l’acquisizione, per interposta persona, a -OMISSIS-.
Detto orientamento è stato ricordato anche dalla Corte d’Appello nell’ordinanza del febbraio 2015 nella quale a p. 16 si legge: “Sul punto, è bene rammentare, secondo la giurisprudenza amministrativa consolidata in tema di informative antimafia, che i legami di natura parentale, in sé considerati, non possono essere ritenuti idonei a supportare autonomamente una informativa negativa, assumendo gli stessi rilievo solo qualora emerga un concreto condizionamento dell’impresa, in quanto – se è vero, in base alle regole di comune esperienza, che il vincolo di sangue può esporre il soggetto all’influsso dell’organizzazione, se non addirittura imporre (in determinati contesti) un coinvolgimento della stessa – tuttavia l’attendibilità dell’interferenza dipende anche da una serie di circostanze ed ulteriori elementi indiziari che qualifichino, su un piano di attualità ed effettività, una immanente situazione di condizionamento e di contiguità con interessi malavitosi (Cons. St., sez. 3, n. 930 del 25.2. 2014, Fontana c. Ministero dell’Interno – U.T.G. – Prefettura di Caserta e Comune di Montesarchio ed altro)”.
Nel caso in trattazione si osserva che da nessuna della attività svolte è emerso che l’attività dei -OMISSIS- fosse svolta per conto del padre, trattandosi di attività commerciale lecita nei cui locali è confluita una quota dell’immobile del familiare sottoposto a confisca.
Se ben si comprende la ragione del diniego della vendita del bene confiscato, con argomenti condivisi dal Collegio, con particolare riguardo al vantaggio patrimoniale che discenderebbe dalla vendita, non compensato dal valore ceduto, meno comprensibile è il diniego della confisca per equivalente, data la particolare posizione del bene confiscato, come anche la mancata offerta di una locazione.
A ciò si aggiunga che, come evidenziato dal CTU, l’ex subalterno 2 si trova nel bel mezzo dell’attuale unico immobile (ricompreso tra l’ex subalterno 1 e l’ex subalterno 3 della particella -OMISSIS-) e che un’ipotetica separazione determinerebbe il sezionamento del locale commerciale con creazione di due ulteriori porzioni, oltre quella oggetto di confisca, non comunicanti e non comunicabili. Allo stato degli atti, insistendo nel diniego si danneggiano i ricorrenti senza un evidente vantaggio per il pubblico interesse.
Il CTU afferma, poi, che si può fondatamente concludere che l'immobile originariamente sottoposto a sequestro non è più individuabile autonomamente e non è dotato di ingresso autonomo, essendo stato oggetto di cambio di destinazione d'uso e fusione insieme ad altre unità immobiliari delle quali costituisce una porzione indivisa.
Ad essere danneggiato non sarebbe solo il patrimonio dei ricorrenti, ma anche il pubblico interesse, atteso il minore valore attribuibile alla porzione di locale confiscata, rispetto a quanto potrebbe acquisirsi al patrimonio pubblico per effetto di una permuta con una porzione di immobile caratterizzato da maggiore autonomia.
Si evidenzia inoltre che non si tratterebbe di revocare la confisca, ma di realizzarla con una diversa modalità, anche per equivalente, come, peraltro, sembra avere ipotizzato anche la Corte d’Appello.
E’ peraltro significativo che l’Agenzia, a distanza di dieci anni dalla confisca, non abbia posto in essere alcuna attività di rilascio forzoso del bene oggetto della suddetta confisca, confermando così le oggettive difficoltà che si presentano nel destinare un bene, che è piccola parte di un locale con destinazione commerciale, ad un fine pubblico di qualche rilevanza, posto, peraltro, che detta destinazione comporterebbe una divisione dello stesso da parte dei proprietari delle particelle contigue che ne danneggerebbe l’attività economica senza recare un significativo beneficio al patrimonio pubblico.
Per tutto quanto sopra osservato il ricorso va accolto e, per l’effetto, annullato l’atto impugnato, rimettendo all’Amministrazione la decisione in merito all’istanza di permuta, come contenuta nella nota del 31 maggio 2016, fatte salve ulteriori diverse richieste dei ricorrenti alla luce della diversa soluzione prospettata dall’Avvocatura in ordine alla possibilità di una locazione.
Le spese di lite possono essere compensate alla luce della novità delle questioni proposte e della peculiarità della vicenda trattata.