TAR Lecce, sez. II, sentenza 2015-02-11, n. 201500543

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. II, sentenza 2015-02-11, n. 201500543
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 201500543
Data del deposito : 11 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00647/1998 REG.RIC.

N. 00543/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00647/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 647 del 1998, proposto da:
G T, rappresentata e difesa dall'avv. V P, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, Via 95 Rgt. Fanteria, 19;

contro

Azienda Ospedaliera "V F" di Lecce, rappresentata e difesa dall'avv. M B, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, Via Milizia, 64;

per l'annullamento

- della nota n. 15892 del 22.12.1997 con cui il Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera "V F" ha respinto l'istanza della ricorrente proposta in data 5.12.1997 e diretta ad ottenere la liquidazione dell'indennità gionaliera di cui agli art. 15 e 17, L. 1204/1971;

- di ogni altro atto presupposto, collegato e/o conseguenziale;

- per la declaratoria del diritto della ricorrente a percepire l'indennità giornaliera di cui agli artt. 15 e 17, L. 120471971 e 25 del CCNL vigente per tutto il periodo di interdizione dal lavoro, con condanna dell'Amministrazione convenuta al pagamento della predetta indennità, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Ospedaliera "V F" di Lecce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2015 il dott. Marco Rinaldi e uditi, nei preliminari, l’avv. V. Parato per la ricorrente e l’avv. B. Capilungo, in sostituzione dell'avv. M. Buccarella, per la P.A.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente è stata assunta con contratto a tempo determinato dall’Ospedale V F in qualità di ostetrica dal 24.2.1997 al 23.8.1997.

Essendo in stato interessante e affetta da minacce d’aborto, in data 10.11.1997 ha presentato all’Ispettorato del Lavoro istanza di astensione anticipata per ottenere il riconoscimento del proprio status ai sensi della L. 1204/1971.

Con istanza presentata all’Azienda Ospedaliera V F il 5 dicembre 1997, ha poi richiesto il pagamento della indennità prevista dall’art. 17 della Legge n. 1204 del 1971.

L’Amministrazione, con nota del 22 dicembre 1997 n. 15892, ha negato l’indennità perché al momento della cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato (protrattosi dal 24 febbraio 1997 al 23 agosto 1997) la ricorrente non era in astensione obbligatoria dal lavoro.

La ricorrente ha impugnato il diniego, ritenuto illegittimo sulla base di una pluralità di motivi

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione Sanitaria intimata, chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependo il difetto di legittimazione passiva, trattandosi di prestazioni di competenza dell’ente previdenziale.

Con sentenza n. 308/2008 questo Tribunale, dopo aver ordinato con sentenza interlocutoria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’INPS, dichiarava il difetto di giurisdizione in favore del G.O. sul rilievo che l’onere dell’indennità in questione è posto a carico dell’istituto assicuratore dall’art. 15, quinto comma, della Legge n. 1204 del 1971, sicchè la relativa pretesa ha contenuto e natura previdenziale e trova nel rapporto di lavoro l’occasione del suo sorgere e non la sua fonte diretta.

Detta declinatoria di giurisdizione veniva, tuttavia, riformata dal Consiglio di Stato che, con sentenza n. 3444 del 7 luglio 2014, osservava che l'indennità giornaliera di maternità, trovando titolo immediato e diretto nel rapporto di pubblico impiego, anziché in un rapporto previdenziale autonomo e distinto da esso, introduce una controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: sulla base di tali considerazioni la causa veniva rimessa al giudice di primo grado.

Con atto di riassunzione notificato all’A.S.L. Lecce in data 5 novembre 2014, la ricorrente insisteva nella richiesta di pagamento dell’indennità giornaliera di maternità.

Si costituiva in giudizio l’azienda sanitaria locale contrastando le avverse pretese sia in rito che nel merito.

Alla pubblica udienza del 29 gennaio 2015 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Secondo l'ordine logico delle questioni di cui agli articoli 276, comma 2, c.p.c. e 76 c.p.a. occorre previamente esaminare le eccezioni pregiudiziali di rito formulate dalla Azienda Ospedaliera "V F" di Lecce.

L’eccezione di tardività dell’atto di riassunzione è infondata poiché nel computo del termine di 90 giorni previsto dall’art. 105 c.p.a. si deve tener conto della sospensione feriale dei termini.

La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, chiarito che la sospensione feriale dei termini processuali trova applicazione riguardo alle controversie di pubblico impiego che, ai sensi dell'art. 45 comma 17, d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, in quanto relative a questioni attinenti al periodo di lavoro anteriore al 30 giugno 1998, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;
pertanto, per queste controversie, i termini processuali rimangono sospesi nel periodo dall'1 agosto al 15 settembre di ciascun anno (tra le tante, Consiglio di Stato sez. V 23 marzo 2004 n. 1529).

L’atto di riassunzione deve pertanto ritenersi tempestivo in quanto notificato entro il termine di 90 giorni previsto dall’art. 105 c.p.a., tenuto conto del periodo di sospensione feriale.

Priva di pregio è, altresì, l’eccezione d’improcedibilità del ricorso per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dell’INPS.

L’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ente di previdenza disposto con la sentenza interlocutoria n. 3634/2007 era, infatti, strumentale a stimolare il contraddittorio sulle questioni di difetto di giurisdizione e di legittimazione passiva: una volta affermata la giurisdizione del G.A e acclarata l’estraneità dell’INPS alla vicenda per cui è causa, la partecipazione dell’ente di previdenza al presente giudizio non ha più ragion d’essere.

Nel merito il ricorso è infondato.

La ricorrente ha lavorato, con contratto a tempo determinato, presso l’Ospedale V F in qualità di ostetrica dal 24.2.1997 al 23.8.1997, data di cessazione del rapporto per scadenza del termine: l’Ispettorato del Lavoro di Lecce le ha riconosciuto l’interdizione anticipata dal lavoro con decorrenza 18 settembre 1997 (epoca del presunto parto 4.5.1998), quando il rapporto d’impiego era ormai cessato.

Ella non può, pertanto, ottenere l’indennità di maternità prevista dall’art. 17 della Legge n. 1204 del 1971 e richiamata dall’art. 25 del C.C.N.L. applicato.

Non le spetta l’indennità di cui al primo comma del citato art. 17 (a tenore del quale l'indennità stabilita per i casi di astensione obbligatoria contemplati dagli art. 4 e 5 è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro che si verifichino durante i periodi di interdizione dal lavoro previsti dagli articoli 4 e 5 della presente legge) poiché, al momento dell’interdizione anticipata (18.09.2007), il rapporto di lavoro della ricorrente era già cessato: l’interdizione anticipata non è intervenuta in costanza di rapporto, ma dopo la sua cessazione.

Non le spetta neppure l’indennità di cui al secondo comma del citato art. 17 che, ai fini dell’erogazione dell’indennità di maternità con le modalità previste dal precedente art. 15, prende in considerazione le “ lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di astensione obbligatoria, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero disoccupate” ammettendole al godimento dell’assegno di cui trattasi “ purché tra l’inizio della sospensione, dell’assenza e della disoccupazione e quello (di inizio) di detto periodo (di astensione obbligatoria) non siano decorsi più di sessanta giorni”.

Come chiarito dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3330 del 2006, l’art. 17, comma secondo, della legge n. 1204/1971 è una disposizione che, in “favor” della gestante, opera una “fictio” di ultrattività del cessato rapporto di lavoro nei casi in cui, fra il momento di estinzione dello stesso e la data di inizio del periodo che dà diritto ai sensi dell’art. 4, lett. a) della legge n. 1204/1971 alla corresponsione dell’indennità per maternità, non intercorra un periodo superiore ai sessanta giorni. In quanto disposizione che fa eccezione al criterio di costanza dal rapporto di lavoro ai fini dell’applicazione dell’istituto di tutela della lavoratrice madre, la stessa è di stretta interpretazione e non è suscettibile di interpretazione estensiva oltre i casi ivi contemplati. Pertanto l’adozione di un provvedimento discrezionale tecnico dell’Ispettorato del Lavoro che, ai sensi dell’art. 5, lett. a), della legge n. 1204/1971, interdica anticipatamente la prestazione lavorativa prima dell’inizio del periodo di astensione obbligatoria, non sposta all’indietro il termine per il computo del lasso temporale di cui all’art. 17, secondo comma, in precedenza richiamato, il cui “dies ad quem” deve coincidere con quello di decorrenza del titolo all’ “astensione obbligatoria” ai sensi dell’art. 4, lett. a) della legge n. 1204/1971.

La norma in esame presuppone, quindi, l’esistenza su un piano di effettività di un rapporto di lavoro in atto entro i sessanta giorni precedenti la data di inizio del periodo di astensione obbligatoria di cui dell’art. 4, lett. a) della legge n. 1204/1971 e non in via solo potenziale e virtuale, ove sia intervenuto il provvedimento anticipativo del diritto di astensione nelle ipotesi previste dall’art. 5 della legge citata. La condizione di interdizione dal lavoro preclude, inoltre, “ex se” la possibilità di conferire e costituire nuovi rapporti a termine - stante il divieto di prestazione lavorativa che segue al provvedimento dell’Ispettorato del Lavoro di cui al richiamato art. 5 e l’ evidente nullità per impossibilità dell’oggetto di incarichi temporanei eventualmente conferiti - mentre una scelta in tale senso verrebbe a configurarsi come elusiva delle condizioni e limiti cui l’art. 17 assoggetta l’erogazione dell’indennità di maternità per le lavoratrici cessate da pregressa posizione di impiego.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.

Sussistono, peraltro, giustificati motivi per compensare le spese dell’intero giudizio, attesa la problematicità delle questioni di rito e di merito involte dal presente giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi