TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2017-11-27, n. 201711748
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Pubblicato il 27/11/2017
N. 11748/2017 REG.PROV.COLL.
N. 11122/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11122 del 2008, proposto da:
RAI– RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., rappresentata e difesa dagli avvocati C P, M P, E S D, con domicilio eletto presso lo studio E S D in Roma, p.zza San Lorenzo in Lucina, 26;
contro
AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO;
per l'annullamento
della delibera prot. n. 20/08/CSP, adottata il 31 gennaio 2008, con la quale è stata inflitta la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 100.000,00, per la ritenuta violazione dei paragrafi nn. 2.2 e 2.4 del Codice di Autoregolamentazione TV e Minori e dell’art. 34, comma 3, del d.lgs. n. 177 del 2005, in relazione alla trasmissione, da parte dell’emittente Rai 2 , dell’episodio “ Salmo 23 ” della serie televisiva “ Lost ” in data 13 marzo 2007;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2017 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni– A.G.Com., con delibera n. 20/08/CSP, del 31 gennaio 2008, ha ingiunto alla RA.I.– Radiotelevisione Italiana s.p.a., concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, di pagare la sanzione amministrativa di euro 100.000,00 a causa della riscontrata “ violazione dei paragrafi 2.2 e 2.4 del Codice di autoregolamentazione Tv e minori in combinato disposto con l’articolo 34 comma 3 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 ”.
La sanzione è stata inflitta a seguito del fatto che l’emittente Rai 2 aveva trasmesso “ il 13 marzo 2007 a partire dalle ore 21:00 circa il telefilm ‘Lost’ al cui interno si sono rilevati contenuti di violenza ”: in particolare l’emittente avrebbe mandato in onda tale telefilm, “ suscettibile di attrarre pubblico minorile ”, senza provvedere all’opportuna segnalazione iconografica in ordine all’adeguatezza dei contenuti proposti, pertanto non consentendo “ alle famiglie l’espletamento della propria funzione educativa come previsto dallo stesso Codice alla lettera c) dei principi generali e al paragrafo 2.1 ”. La trasmissione in questione era quella dell’episodio intitolato “ Salmo 23 ” della serie televisiva “ Lost ”, contenente una scena – andata “ in onda in fascia oraria di ‘televisione per tutti’ (ora 21:52 circa) ” – nella quale si vede un bambino che “ viene intimato di uccidere con un colpo di arma da fuoco un anziano e, subito dopo, si trova ad assistere all’omicidio di quest’ultimo da parte di un ragazzo ”. Come ancora si legge nella motivazione dell’atto, “ Tale scena violenta, per caratteristiche presentate e collocazione oraria, è di particolare impatto emotivo per un pubblico di minori, tenuto conto che nella stessa sono coinvolte persone di età minorile, che la rappresentazione appare crudemente realistica e che la scena non è preceduta da idonea argomentazione che ne agevoli la comprensibilità (è infatti collocata, come confermato dall’emittente medesima, ad inizio episodio) ”.
Non ritenendo legittima la sanzione inflitta, la RA.I.– Radiotelevisione Italiana s.p.a. ha impugnato l’ordinanza-ingiunzione dell’A.G.Com. dinnanzi a questo TAR con il ricorso oggi in decisione, chiedendone l’annullamento ed estendendo il gravame anche al presupposto atto di contestazione, datato 11 settembre 2007, nonché al “ Regolamento in materia di procedure sanzionatorie ” adottato dall’Autorità con delibera n. 136/06/CONS del 15 marzo 2006 (come modificata dalla delibera n. 130/08/CONS del 12 marzo 2008). Questi, in sintesi, i motivi di diritto sollevati:
- violazione dell’art. 6, comma 1, della delibera n. 136/06/CONS per mancato rispetto, in punto di adozione del provvedimento finale, del termine di 150 giorni, da considerarsi perentorio, decorrente dalla data (nel caso di specie, 12 settembre 2007) di notificazione dell’atto di contestazione;qui la ricorrente precisa che, a suo avviso, ad essere rilevante, ai fini della verifica sul rispetto del termine, sarebbe la data di notificazione dell’atto finale (nella specie, avvenuta il 31 luglio 2008) e non la data di adozione di esso (31 gennaio 2008), trattandosi di atto recettizio;
- violazione dell’art. 14, comma 2, della legge n. 689 del 1981 (quale richiamato dall’art. 10, comma 4, della delibera n. 136/06/CONS), per mancato rispetto, altresì, del termine di 90 giorni per la notifica del provvedimento sanzionatorio;
- violazione dell’art. 5, comma 2, della delibera n. 136/06/CONS, per mancato rispetto (altresì) del termine di 90 giorni ivi previsto per la notifica dell’atto di contestazione: laddove l’invocata norma fa decorrere detto termine “ dal completo accertamento del fatto ”, essa andrebbe interpretata nel senso che già la “possibilità di accertamento” lo farebbe decorrere;
- carenza di potere;incompetenza;falsa applicazione degli artt. 4, 34 e 35 del d.lgs. n. 177 del 2005 e dei paragrafi nn. 2.2 e 2.4 del Codice di Autoregolamentazione TV e Minori: secondo la ricorrente, l’A.G.Com. sarebbe competente solo a sanzionare i “divieti” di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 177 del 2005, nozione nella quale non rientrerebbero i comportamenti positivi previsti astrattamente dai paragrafi nn. 2.2 e 2.4 del Codice;
- violazione, erronea e falsa applicazione dei paragrafi nn. 2.2 e 2.4 del Codice di Autoregolamentazione TV e Minori;violazione del principio di proporzionalità e difetto di istruttoria: secondo la ricorrente, nella fattispecie, l’emittente non avrebbe affatto dovuto sconsigliare la visione del filmato ai minori, mediante la corrispondente segnalazione iconografica;del resto, quel filmato, per come strutturato ed in base alla popolarità del telefilm “ Lost ”, giammai avrebbe avuto l’idoneità di infliggere un vulnus allo sviluppo psico-fisico dei minori (qui la ricorrente si è a lungo soffermata nella descrizione delle scene e della trama dell’episodio mandato in onda, nonché sulle caratteristiche e sui contenuti dell’intera serie di “ Lost ”);
- eccesso di potere per contraddittorietà, disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta;
- violazione degli artt. 34, comma 3, e 35, comma 1, del d.lgs. n. 177 del 2005, per mancato apporto istruttorio del Comitato di Applicazione del Codice di Autoregolamentazione TV e Minori;
- violazione dell’art. 3, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 97 del 1995, convertito in legge n. 203 del 1995, per omessa preventiva acquisizione del parere delle speciali Commissioni di revisione di cui agli artt. 2 e 3 della legge n. 161 del 1962;
- eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto l’amministrazione, ai fini di valutare la violazione del precetti del Codice di Autoregolamentazione, non si sarebbe servita “dei saperi specialistici indispensabili per l’espressione del giudizio di idoneità alla visione da parte dei minori”;
- violazione dell’art. 35, comma 2, del d.lgs. n. 177 del 2005 e degli artt. 3, 4 e 11 della legge n. 689 del 1981, per mancata valutazione dell’elemento della colpa nel comportamento posto in essere dalla ricorrente;in ogni caso, quest’ultima si sarebbe comportata secondo “assoluta buona fede [...] in guisa tale da far venir meno, per carenza dell’elemento soggettivo, la possibilità per l’AGCOM di sanzionare la trasmissione”.
2. Si è costituita in giudizio, con atto di mero stile, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del proprio Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato.
3. Con decreto n. 11902 del 2015 il del Presidente di questa Sezione ha dichiarato la perenzione del ricorso, ai sensi dell’art. 82, comma 1, cod. proc. amm., trattandosi di ricorso c.d. ultraquinquennale per il quale, nonostante l’apposito avviso della Segreteria di questo TAR, non risultava essere stata presentata nuova istanza di fissazione di udienza.
A seguito di opposizione della società ricorrente, depositata il 4 dicembre 2015 (con il quale è stata fornita prova dell’avvenuto tempestivo deposito dell’istanza di fissazione di udienza), questa Sezione, con ordinanza collegiale n. 11118 del 2016, ha reiscritto la causa nel ruolo del merito, fissando l’udienza pubblica di discussione. Con successivo decreto collegiale n. 2528 del 2017 si è provveduto alla correzione di un errore materiale in detta ordinanza.
E quindi, in vista della pubblica discussione, l’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria difensiva in data 25 ottobre 2017, chiedendo il rigetto del ricorso, previa disamina delle censure di parte ricorrente. Quest’ultima ha replicato con memoria depositata il 30 ottobre 2017.
Alla pubblica udienza del 10 novembre 2017, quindi, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso non è fondato.
Vanno anzitutto rigettate tutte le censure con le quali, sotto diversi profili, la ricorrente ha lamentato il mancato rispetto dei termini procedurali relativi all’adozione del provvedimento sanzionatorio e/o ai necessari incombenti endoprocedimentali.
Quanto alla dedotta violazione del termine di 150 giorni, prescritto dall’art. 6, comma 1, della delibera n. 136/06/CONS ai fini dell’adozione della sanzione definitiva, va richiamata la costante giurisprudenza della Sezione secondo la quale – a fronte della formulazione letterale dell’invocata disposizione (“ Il termine per l'adozione del provvedimento finale è di centocinquanta giorni decorrenti dalla data di notifica della contestazione ”) – è alla data di “ adozione ” del provvedimento sanzionatorio che bisogna fare riferimento, per considerare concluso il relativo procedimento e conseguentemente calcolare il prescritto termine di durata massima, pari a 150 giorni, non rilevando, viceversa, al fine in esame, la successiva data di notifica dell’atto medesimo;né, peraltro, alcuna rilevanza può assumere nemmeno la prospettata questione sulla natura recettizia del provvedimento sanzionatorio, questione che, nel ricorso, viene ricondotta a quanto previsto dall’art. 21- bis della legge n. 241 del 1990, dovendosi qui ribadire che una cosa è la perfezione del provvedimento, id est la sua adozione, rilevante ai fini del rispetto del termine finale del procedimento, altra cosa è l’efficacia del medesimo, ovvero la sua idoneità a produrre effetti dello stesso, con tutte le conseguenze connesse alla sua eventuale omissione (così, tra le tante, TAR Lazio, Roma, questa sez. III- ter , sentt. nn. 7488 e 5873 del 2010). Del resto, la più recente giurisprudenza di questo TAR è nel senso che i provvedimenti sanzionatori adottati dalle Autorità amministrative indipendenti non posseggano natura recettizia, la loro comunicazione attenendo solo alla fase integrativa dell’efficacia (cfr., da ultimo, TAR Lazio, Roma, sez. I, sent. n. 10834 del 2017, relativa all’analoga disposizione che regola il procedimento sanzionatorio dinnanzi all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la quale richiama anche precedenti del 2010). Nel caso di specie, pertanto, posto che la contestazione della violazione era stata notificata in data 12 settembre 2007, l’adozione della sanzione intervenuta in data 31 gennaio 2008 risulta tempestiva.
Né può condividersi l’ulteriore censura, avanzata in via subordinata dalla ricorrente, relativa al mancato rispetto del termine di 90 giorni dalla deliberazione della sanzione, termine che – secondo la sua ricostruzione – sarebbe ricavabile, in via interpretativa, dal combinato disposto dell’art. 10, comma 4, della delibera n. 136/06/CONS (secondo cui “ Il provvedimento sanzionatorio [...] deve essere notificato, a cura del responsabile del procedimento, ai soggetti destinatari con le forme di cui all'art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 ”) e dell’art. 14, comma 2, della legge n. 689 del 1981 (che, nel riferirsi alla notificazione dell’atto di contestazione, fissa il termine di 90 giorni dall’accertamento dei fatti). L’assunto è infondato, sia perché, secondo tale prospettazione, dovrebbe trattarsi di un termine perentorio imposto in modo implicito e ricavabile solo in via interpretativa (il che costituisce già una contraddizione in termini), sia perché, secondo la giurisprudenza della Cassazione, in tema di sanzioni amministrative, la notifica dell'ordinanza ingiunzione – che, a norma dell'art. 18, comma 4, della legge n. 689 del 1981, deve essere eseguita nelle forme previste dall'art. 14 della stessa legge – può essere fatta entro il termine di cinque anni dal giorno della commessa violazione, stabilito dall'art. 28 della legge citata per la prescrizione del credito (cfr., da ultimo, Cassaz. civ., sez. lav., sent. n. 7710 del 2004, che richiama il precedente della stessa Corte di cui alla sent. n. 1902 del 1996).
Non è poi fondata la censura relativa ad una presunta tardività della notifica dell’atto di contestazione rispetto al termine di 90 giorni prescritto dall’art. 5, comma 2, della delibera n. 136/06/CONS e che decorre, come dice la norma, “ dal completo accertamento del fatto ”. Deve qui evidenziarsi che l’atto di contestazione della violazione è stato notificato alla società ricorrente in data 12 settembre 2007 (come risulta dallo stesso provvedimento impugnato), mentre il momento in cui si è conclusa l’attività di accertamento è coinciso con la data dell’11 settembre 2007 (come riferito in giudizio dall’amministrazione resistente, in ciò non più smentita dalla controparte). Quindi, in mancanza di diverse evidenze, il momento del “ completo accertamento del fatto ” (dal quale, come detto, inizia a decorrere il termine di 90 giorni per la notifica del verbale di contestazione, a norma dell’art. 5, comma 2, della delibera n. 136/06/CONS) è da individuarsi nella data dell’11 settembre 2007, con conseguente tempestività della notificazione (avvenuta il giorno dopo). Al riguardo deve richiamarsi la giurisprudenza della Sezione secondo la quale, a norma dell’art. 5, comma 2, della delibera cit., il momento del “ completo accertamento del fatto ” non coincide con l’acquisizione dei dati di fatto rilevanti, né tantomeno con la commissione del fatto, ma piuttosto con l’espletamento delle “attività preistruttorie” disciplinate dall’art. 4, comma 6 (quale richiamato dalla prima disposizione), con la conseguenza che i limiti temporali entro cui l’amministrazione procedente deve provvedere alla notifica della contestazione risultano collegati al presupposto dell’effettiva e completa conclusione delle attività di accertamento: ciò, in particolare, posto che l’acquisizione della notizia del fatto deve comprendere tanto gli elementi soggettivi quanto gli elementi oggettivi di esso, onde riscontrare la sussistenza dell’infrazione ed acquisire piena conoscenza della condotta illecita, sì da valutarne l’esatta consistenza agli effetti della formulazione della contestazione (così, da ultimo, TAR Lazio, Roma, questa sez. III- ter , sentt. n. 12258 del 2016 e nn. 6209 e 7237 del 2017). Non può quindi sostenersi la tardività dell’incombente solo richiamando le date, ben più risalenti, in cui la violazione è stata commessa e senza offrire adeguati ragguagli, in punto di fatto, circa l’adempimento che era richiesto (il “ completo accertamento del fatto ”) ai fini del decorso del termine. L'onere della prova della tardività non può che gravare sulla parte che la eccepisce la quale, in ossequio agli ordinari criteri di riparto dell'onere della prova, deve fornire rigorosi, rilevanti e inequivocabili riscontri in ordine alla data in cui è avvenuto il completo accertamento del fatto, non potendo tale onere ritenersi adempiuto nemmeno con l’allegazione di mere presunzioni – nel caso di specie, peraltro, solo genericamente allegate (nel ricorso si fa riferimento all’“attività di monitoraggio” che l’Autorità avrebbe svolto “almeno dalla fine di marzo o dall’inizio di aprile del 2007”, così solo indicando il presunto periodo di svolgimento dell’attività preistruttoria, ma senza concreti riscontri né circa il suo reale svolgimento né circa il suo effettivo momento conclusivo).
5. Non sono poi fondate le censure che parte ricorrente argomenta, sotto diversi profili, invocando gli artt. 34 e 35 del d.lgs. n. 177 del 2005 e gli artt.