TAR Bari, sez. III, sentenza 2021-01-16, n. 202100095
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Pubblicato il 16/01/2021
N. 00095/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01354/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA INA
IN NOME DEL POPOLO INO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SNTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1354 del 2020, proposto da A B, M C S, I M D, O D, L A M G, A L, O L, M A L, A L, K L, V M, M L M, M M B, C P, R P, G P, R R, F S, G T, M T, M P V, rappresentati e difesi dagli avvocati I M D e V M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio della prima in Bari, alla via De Rossi, n.16;
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati R L e A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura dell’Ente in Bari, al lungomare Nazario Sauro nn.31-33;
nei confronti
S L, G D G e P M, rappresentati e difesi dall'avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Paolo Soccorso Dell'Erba, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Pasquale Masucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Vittorio Triggiani in Bari, alla piazza Garibaldi;
P P, rappresentato e difeso dagli avvocati Luciano Ancora, Sabina Ornella Di Lecce e Francesco Paolo Sisto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Saverio Tammacco, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del verbale dell’Ufficio centrale regionale presso la Corte d’appello di Bari di proclamazione degli eletti al Consiglio regionale della Regione Puglia a seguito delle consultazioni elettorali del 20-21 settembre 2020, nella parte in cui ha proclamato eletti i controinteressati, candidati: i primi tre nelle liste “ Forza Italia ” per le circoscrizioni, rispettivamente, di Bari, Foggia e Lecce;i successivi tre nelle liste “ La Puglia Domani ” per le circoscrizioni, rispettivamente, di Bari, Foggia e Lecce;nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, in particolare: le determinazioni degli Uffici centrali circoscrizionali di Bari, Brindisi, Lecce, Taranto e B.A.T., relative all’ammissione delle liste con contrassegno “ Forza Italia ”;le determinazioni degli Uffici centrali circoscrizionali di Brindisi, Lecce, Taranto e Foggia relative all’ammissione delle liste con contrassegno “ La Puglia Domani ”;le determinazioni dell’Ufficio centrale regionale relative all’ammissione dei gruppi di liste con contrassegno “ Forza Italia ” e “ La Puglia Domani ” alla competizione elettorale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, di S L, G D G, P M, Paolo Soccorso Dell'Erba e P P;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa G S nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2021, tenutasi telematicamente e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - I ricorrenti, in epigrafe nominativamente riportati, nella qualità di cittadini elettori e - in parte qua - anche di legali rappresentanti di Associazioni che promuovono la parità di genere, impugnano il verbale di proclamazione degli eletti al Consiglio regionale pugliese alla tornata del 20-21 settembre 2020, nella parte in cui sono stati proclamati eletti n. 6 candidati appartenenti a liste non rispettose della proporzione cd. 60/40, in violazione della normativa –statale e regionale- in tema di promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive.
Incentrano il gravame sulla questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della l.r. n. 2/2005 (art. 8, comma 13, terzo periodo e comma 3;art. 10, comma 1;art. 2, comma 9, lett.e) per contrasto con gli artt. 51 (comma 1), 117 (comma 7), 3 (comma 2), 122 (comma 1) e 123 (comma 1);in particolare, l’art. 122 in riferimento all’art. 4, lett. c-bis, n.1) della legge statale n. 165/2004 e successive modificazioni e l’art.123, in riferimento all’art. 6 dello Statuto della Regione Puglia, approvato con l.r. 12.5.2004, quali norme interposte.
Si costituiscono in giudizio la Regione Puglia, nella qualità di Amministrazione resistente e i signori S L, G D G, P M, Paolo Soccorso Dell'Erba e P P, nella qualità di controinteressati per resistere al gravame. Ne eccepiscono la tardività, inammissibilità e, in ogni caso, l’infondatezza.
All’udienza del 14 gennaio il gravame è stato trattenuto per la decisione.
2 - Si prescinde dalle eccezioni preliminari perché la questione di legittimità costituzionale, su cui è incentrato l’intero ricorso, non supera -a parere del Collegio- il vaglio della non manifesta infondatezza.
2.1 - E’ opportuno preliminarmente procedere alla ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
Il principio di parità di accesso alle cariche elettive e della sua obbligatoria promozione, che poggia evidentemente sul principio di uguaglianza sostanziale scolpito nell’art. 3 della Costituzione, è declinato sia nella prima che nella seconda parte della Carta fondamentale. L’art. 52 ne contiene l’enunciazione e l’art.117, nel ripartire la potestà legislativa tra Stato e Regioni e fissare i principi ai quali la legislazione regionale deve conformarsi, così recita al comma 7: “ Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive ”.
La legislazione elettorale delle Regioni a statuto ordinario è invero collocata tra le materie di competenza concorrente, giusta il disposto del successivo art. 122 che così dispone: “ Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi ”.
Proprio in attuazione di tale art. 122, il legislatore statale ha emanato la legge 2 luglio 2004, n. 165, ponendo particolare attenzione, nell’art. 4, al tema della promozione della parità di accesso alle cariche elettive, intervenendo successivamente sul testo originario con aggiunte significative: con l’art. 3, comma 1 della l. n. 215/2012 e con l’art. 1, comma 1, della l. n. 20/2016, in vigore a decorrere dal 26 febbraio 2016.
Dichiaratamente l’art. 4, dal titolo “ Disposizioni di principio, in attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, in materia di sistema di elezione ”, individua i “principi fondamentali” cui le Regioni devono uniformarsi nella disciplina del sistema di elezione del Presidente della Giunta e dei consiglieri tra cui, per quel che qui rileva, la “promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive” (punto c-bis).
Rispetto a tale obiettivo la norma stessa dispone, con particolare riferimento all’ipotesi in cui la legge elettorale –come nella fattispecie che qui rileva- preveda preferenze, che “in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60 per cento del totale e sia consentita l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso”, spingendosi a prevedere una sanzione reale in caso di inosservanza della prevista alternanza dei sessi (ossia: l'annullamento delle preferenze successive alla prima ).
A tali disposizioni ha dato attuazione l’art. 8 della su richiamata l.r. n. 2/2005 riproducendo pedissequamente la regola del 60% (“ in ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento) e prevedendo altresì -a certe condizioni- una sanzione pecuniaria in caso di inosservanza della regola stessa.
Così dispone infatti l’art. 8, al comma 13, terzo periodo: “ Ai gruppi consiliari formatisi a seguito dell'esito delle elezioni composti dai movimenti e dai partiti politici che abbiano presentato liste non rispettose della proporzione di cui al presente comma è applicata, da parte del Consiglio regionale, in fase di erogazione per la prima annualità, una sanzione fino a un massimo della metà, in misura direttamente proporzionale ai candidati in più rispetto a quello minimo consentito, dei contributi loro assegnati ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale 11 gennaio 1994, n. 3 (Norme per il funzionamento dei gruppi consiliari), così come in ultimo sostituito dall'articolo 5 della legge regionale 30 novembre 2012, n. 34 (Riduzione dei costi della politica). Il Presidente del Consiglio regionale determina con proprio decreto l'ammontare della somma ”.
2.2 - Lamenta parte ricorrente la natura pecuniaria e non reale della sanzione prevista dalla legge regionale in ipotesi di infrazione della regola posta a tutela della parità di genere nell’accesso alle cariche elettive, asseritamente discostandosi dai principi fissati dalla norma statale;nonché il carattere eventuale della stessa, essendone subordinata l’applicazione all’ipotesi in cui siffatte liste irrispettose della regola sulla parità di genere ottengano un risultato elettorale utile e vadano a formare corrispondenti gruppi consiliari.
In buona sostanza, secondo la tesi ricorrente, una sanzione di tale natura non garantirebbe la tutela effettiva del principio della parità di genere nell’accesso alle cariche elettive, non rimuovendo il disvalore giuridico che inficia l’ammissione di liste non conformi ai richiamati principi fondamentali. L’assenza di una sanzione ripristinatoria, da applicarsi già in fase di ammissione/esclusione delle liste, quale regola della competizione elettorale, al pari di altre regole ritenute ineludibili dal legislatore (a titolo esemplificativo, il termine di presentazione delle liste e il numero minimo di candidati), determinerebbe la lesione dei principi costituzionali che si ricavano dal combinato disposto degli artt. 3, 51, 117, 122 e 123 della Costituzione;tenuto conto, sotto il profilo della violazione di quest’ultima disposizione, che lo Statuto della Regione Puglia, all’art. 6 , così dispone: “ La Regione garantisce in ogni campo dell’attività politica, sociale, familiare, scolastica, professionale e lavorativa il principio della parità tra i sessi… ”;e, in particolare al comma 2, “ La legge regionale promuove parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive e pubbliche, allo scopo di favorire l’equilibrio della presenza tra generi”.
Tale mancanza parte ricorrente rivendica sulla scorta di un raffronto tra il testo della norma regionale in esame (art. 8 della l.r. n. 2/2005) e quello della norma statale di riferimento (il citato art. 4 della l. n. 165/2004).
2.3 - La ricostruzione, per quanto suggestiva e per quanto rispondente a condivisibili obiettivi di più efficace tutela del principio qui in discussione, non può dare accesso al giudizio di legittimità costituzionale, innanzitutto alla luce delle coordinate generali cui quel giudizio deve soggiacere.
In primo luogo, non è revocabile in dubbio che dalle norme costituzionali (non fa eccezione l’art. 51 invocato) emerga l’affermazione di principi di ordine generale, la cui attuazione concreta è rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario;in particolare, per quanto riguarda le materie di competenza concorrente, al legislatore regionale nei limiti “ dei principi fondamentali ” stabiliti dalla legge statale (art. 117, comma 3, ult. cpv., Cost.).
In secondo luogo, è altrettanto fermo – per quel che qui rileva - che il sistema di elezione degli organi regionali vada ascritto alla competenza legislativa regionale concorrente secondo l’inequivoco disposto dell’art. 122 Cost., esercitabile quindi “ nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica ” (cfr. comma 1);sicché la Regione Puglia, nel dare attuazione all’art. 51 citato, avrebbe dovuto aver riguardo ai “ principi fondamentali ” contenuti nell’art. 4 della legge statale 2 luglio 2004, n. 165.
Tale legge allora, per poter essere a sua volta costituzionalmente compatibile, deve essere interpretata quale “ principio ” rivolto all’indirizzo dei legislatori regionali e non quale norma di dettaglio vincolante sotto ogni profilo attuativo, poiché ciò la porrebbe in contrasto frontale con il precetto costituzionale, che – si ribadisce - impone al legislatore statale di intervenire in materia di legislazione concorrente solo con norme di principio;nella fattispecie, pertanto, una lettura costituzionalmente orientata del più volte richiamato art. 4 non può essere intesa nel senso di imporre nel dettaglio le modalità del rispetto delle c.d. “quote rosa” nel sistema elettorale regionale.
A conclusione analoga conduce, peraltro, il richiamo alla genesi della norma regionale, frutto dell’intervento statale sostitutivo dell’inerzia regionale.
Come ricordato dagli stessi ricorrenti, l'inadempimento da parte del Consiglio regionale uscente dell’obbligo di prevedere la c.d. “doppia preferenza” di genere ha indotto il Governo nazionale a intervenire in extremis in via sostitutiva, ai sensi dell’art. 120, comma 2, della Costituzione con il D.L. 31.7.2020 n. 86, conv. in legge 7.8.2020 n. 98, classificando il mancato recepimento nella legislazione regionale dei principi fondamentali posti dall'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165 (modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20) come fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all'articolo 120 della Costituzione, presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate.
Tale intervento, tuttavia, a riprova di quanto sin qui argomentato, si è sostanziato nell’introdurre nella legge regionale vigente, la previsione della seconda preferenza “ riservata a un candidato di sesso diverso dall’altro ”, di fatto facendo salve le diverse modalità di recepimento, evidentemente rimesse alla discrezionalità del legislatore regionale.
In ogni caso, in disparte i principi generali appena enunciati, non chiarisce parte ricorrente in qual modo l’art. 4 della legge statale avrebbe previsto una sanzione ripristinatoria nei termini invocati, ossia la possibilità di esclusione dalla competizione elettorale delle liste irrispettose delle c.d. “quote rosa”. La norma statale si limita a comminare l’invalidità delle preferenze successive alla prima ogniqualvolta non sia rispettata la regola secondo cui una delle due preferenze (che devono essere assicurate a tutela della parità di genere) non sia stata riservata a candidato di sesso diverso.
In buona sostanza, parte ricorrente lamentando la violazione della norma statale interposta, invoca un effetto non previsto dalla norma stessa.