TAR Salerno, sez. II, sentenza 2023-11-13, n. 202302588

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2023-11-13, n. 202302588
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202302588
Data del deposito : 13 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/11/2023

N. 02588/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00504/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 504 del 2023, proposto da
S D L, rappresentato e difeso dall’avvocato A E, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Velia n. 15;

contro

Comune di Amalfi, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del silenzio assenso serbato da parte del Comune di Amalfi nel procedimento amministrativo sotteso al rilascio di Permesso di Costruire di cui all’istanza prot. n. 3612 presentata dal ricorrente in data 3 aprile 2020;

nonché per la condanna all’emissione del provvedimento richiesto, oltre al risarcimento del danno derivante dal ritardo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 la dott.ssa L Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il presente ricorso era proposto avverso il silenzio serbato da parte del Comune di Amalfi nel procedimento amministrativo sotteso al rilascio di Permesso di Costruire di cui all’istanza prot. n. 3612 presentata dal ricorrente in data 3 aprile 2020, nonché per la condanna all’emissione del provvedimento richiesto, oltre al risarcimento del danno derivante dal ritardo.

Con sentenza non definitiva n. 1471/2023 il Tribunale ha dichiarato improcedibile la domanda di accertamento del silenzio inadempimento, a seguito dell’adozione del provvedimento di rilascio del provvedimento richiesto, e ha ordinato la conversione nel rito ordinario per la trattazione della domanda risarcitoria.

Parte ricorrente ha depositato memoria in cui ha dedotto che sussistono tutti i presupposti per la configurabilità della responsabilità dell’amministrazione resistente.

In particolare, secondo la prospettazione attorea, sarebbe provata, sul piano oggettivo, l’inosservanza del termine per la conclusione del procedimento, in quanto l’istruttoria si è conclusa mediante l’ultima integrazione avvenuta in data 1° aprile 2022, mentre il permesso di costruire richiesto è stato rilasciato solo in data 24 marzo 2023.

Il ricorrente ha altresì depositato perizia contabile, dalla quale risulterebbero le seguenti voci di danno:

- danno da perdita di avviamento quantificato in euro 14.040,00;

- danno da mancato esercizio dell’attività di meccanico quantificato in euro 54.000,00 al 24 marzo 2023;

- danno da mancato esercizio dell’attività di meccanico quantificato in euro 54.000,00 successivamente.

Il Comune di Amalfi, pur ritualmente intimato, non si è costituito in resistenza.

La causa è stata chiamata all’udienza pubblica del 7 novembre 2023 ed è stata trattenuta in decisione.

La domanda risarcitoria è fondata e va accolta per la voce di danno allegata e provata (mancato guadagno).

In tema di risarcimento del danno da ritardo, la giurisprudenza maggioritaria costantemente afferma che:

a) la pretesa risarcitoria relativa al danno da ritardo va ricondotta allo schema generale dell’art. 2043 c.c., con conseguente applicazione rigorosa del principio dell’onere della prova in capo al danneggiato circa la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’illecito, con l’avvertenza che, nell’azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo, sancito in generale dall’art. 2697 comma 1, c.c., opera con pienezza, e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (giurisprudenza ormai costante: cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 28 dicembre 2016, n. 5497;
sez. IV, 30 giugno 2017, n. 3222);

b) il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, implica una valutazione concernente la spettanza del bene della vita e deve, quindi, essere subordinato, tra l’altro, anche alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e, quindi, alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 4712;
sez. IV, 23 giugno 2017, n. 3068)
” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 gennaio 2018, n. 240).

Ebbene, nel caso di specie la spettanza del bene della vita è dimostrata dalla successiva adozione del provvedimento anelato.

Al contempo, non risultano (nella contumacia del Comune resistente) motivi tali da giustificare la tardiva adozione del provvedimento.

Ricorrono, quindi, i presupposti, per affermare la responsabilità aquiliana della P. A., sussistendo i requisiti dell’elemento oggettivo (“ damnum iniuria datum ”), dell’elemento soggettivo (colpa) e del nesso di causalità tra condotta e danno.

Quanto al profilo oggettivo, si è già detto che l’inerzia del Comune ha illegittimamente compresso, per un dato lasso temporale, lo ius aedificandi del ricorrente;
sotto il profilo soggettivo, la colpa può considerarsi “ in re ipsa ”, non essendo stato addotto del resto, in contrario, alcunché, da parte della P. A., assente dal giudizio;
è, infine, ravvisabile un nesso di causalità, diretto ed immediato, tra i danni invocati e la condotta della P. A., (essendo stata paralizzata, proprio per effetto dell’inerzia, l’attività edificatoria del ricorrente, indispensabile ai fini dello svolgimento dell’attività economica dallo stesso esercitata).

Ciò stabilito, osserva il Tribunale che parte ricorrente ha prodotto una stima del danno, quantificando sia la perdita di avviamento che il mancato esercizio dell’attività.

Quest’ultima voce di danno da mancato guadagno, come prospettata - stante anche l’assenza di qualsivoglia contestazione al riguardo - deve ritenersi verosimile ed è pertanto ammissibile (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 28/02/2011, n. 1271: “ In sede di risarcimento del danno nei confronti della p.a., l’onere probatorio circa l’ammontare dei danni può ritenersi assolto allorché il ricorrente indichi, a fronte di un danno certo nella sua verificazione, taluni criteri di quantificazione dello stesso, salvo il potere del giudice di vagliarne la accoglibilità attraverso l’apporto tecnico del consulente o, comunque, quando il ricorrente fornisca un principio di prova della sussistenza e quantificazione del danno ”).

Tuttavia, una considerazione s’impone.

Stante l’intervenuta adozione, da parte della P. A., del provvedimento richiesto, la quale ha consentito di definire, in rito, la vertenza relativa all’illegittimità dell’inerzia, il periodo di tempo che può essere preso dal Collegio in considerazione, ai pretesi fini risarcitori, è soltanto quello intercorrente tra la scadenza del termine per provvedere e l’adozione del provvedimento: essendo altrettanto evidente che, dopo l’adozione, da parte della stessa P. A., del detto provvedimento, è stato rimosso l’ostacolo giuridico, che - per quanto qui rileva - impediva la realizzazione dell’intervento edilizio.

Manca, invece, la prova dell’ulteriore danno, dedotto da parte ricorrente nella forma del danno da perdita di avviamento, solo apoditticamente invocato.

Ciò posto, per la concreta quantificazione e liquidazione del danno da risarcire, il Collegio reputa opportuno applicare il disposto dell’art. 34, co. 4, c. p. a.: “ 4. In caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti ”.

I “ criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma ” s’identificano, nella specie, nel riferimento ai guadagni medi di attività analoghe nel periodo causativo di danno;
periodo che s’identificherà come sopra già specificato;
tale somma dovrà essere concretamente quantificata dal Comune, previa esibizione d’idonea documentazione, da parte del ricorrente, ed incrementate degli interessi legali, dalla data di pubblicazione della sentenza, al soddisfo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 14/03/2016, n. 992);
mentre, quanto al “congruo termine”, entro cui dovrà avvenire la suddetta proposta, da parte del Comune di Amalfi, il Collegio ritiene congruo stimarlo nel termine perentorio di giorni novanta, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa ovvero dalla notificazione a cura di parte, se anteriore, della presente sentenza.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi