TAR Catania, sez. II, sentenza 2011-07-21, n. 201101951

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2011-07-21, n. 201101951
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201101951
Data del deposito : 21 luglio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01609/1999 REG.RIC.

N. 01951/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01609/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1609 del 1999, proposto da S A e proseguito dal coerede A A, rappresentato e difeso dall'avv. A A, con domicilio presso la Segreteria del TAR;

contro

l’I.N.P.D.A.P. - Direzione Provincialedi Messina-, rappresentato e difeso dall'avv. M N, con domicilio presso la Segreteria del TAR;

per l'accertamento

del diritto del ricorrente al ricalcolo dell’indennità di buonuscita con l’inclusione dell’indennità integrativa speciale ed alla corresponsione -su quanto dovuto- degli interessi e della rivalutazione monetaria.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Istituto intimato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 luglio 2011 il dott. Filippo Giamportone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe parte ricorrente, premettendo di essere stata dipendente dello Stato e collocata a riposo prima del 30.11.1984, ha chiesto il riconoscimento del diritto alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita con l’inclusione, nella relativa base di calcolo, dell’indennità integrativa speciale e la condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento, su quanto ancora dovuto, degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, nonché alle spese di lite.

Parte ricorrente, a sostegno della pretesa azionata ha invocato l’art. 3, comma 1, della legge n. 87/1994, alla stregua della quale precedentemente aveva presentato apposita domanda all’Ente erogatore entro il termine perentorio del 30.9.1994, domanda respinta in considerazione della mancanza di un giudizio in corso e del decorso dei termini di prescrizione quinquennale.

Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio, con memoria, l’Istituto intimato, chiedendone il rigetto, con vittoria delle spese.

Con successive memorie le parti hanno insistito nelle proprie difese e conclusioni.

Alla udienza pubblica del 20 luglio 2011 il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Ed invero, l’art. 1 della legge n. 87/1994 ha disposto che “in attesa della omogeneizzazione dei trattamenti retributivi e pensionistici per i lavoratori dei vari comparti della pubblica Amministrazione e per i lavoratori privati, conseguente all’applicazione del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,…l’indennità integrativa speciale…viene computata, a decorrere dal 1° dicembre 1994, nella base di calcolo della indennità di buonuscita e di analoghi trattamenti di fine servizio determinati in applicazione delle norme già vigenti con riferimento allo stipendio ed agli altri elementi contributivi considerati utili: a) per i dipendenti degli Enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, e successive modificazioni, nella misura di una quota pari al 30 per cento dell’indennità integrativa annua in godimento alla data della cessazione del servizio con riferimento agli anni utili ai fini del calcolo dell’indennità di anzianità;
b) per i dipendenti delle altre pubbliche Amministrazioni,…nella misura di una quota pari al 60 per cento dell’indennità integrativa speciale annua in godimento alla data della cessazione dal servizio con riferimento agli anni utili ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita o analogo trattamento”.

A sua volta, l’art. 3, ha previsto che “il trattamento di cui alla presente legge viene applicato anche ai dipendenti che siano cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 ed ai loro superstiti, nonché a quelli per i quali non siano ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione dell’indennità di buonuscita o analogo trattamento. L’applicazione della presente legge ai dipendenti già cessati dal servizio avviene a domanda, che deve essere presentata all’Ente erogatore su apposito modello nel termine perentorio del 30 settembre 1994”.

Ora, sul punto, secondo la giurisprudenza costante –anche di questo Tribunale-, dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi la nozione di rapporti “giuridicamente non esauriti” deve intendersi riferita a tutte le situazioni in cui il diritto alla liquidazione dell’indennità di buonuscita su base di calcolo comprensiva dell’i.i.s. sia ancora vitale e, quindi, azionabile in giudizio, perché non colpito da prescrizione o condizionato da altre situazioni che ne possano paralizzare la concreta tutela (tra le tante, C.S., Sez. VI, 22 aprile 2008 n. 1829, 27 maggio 2005 n. 2744, 31 gennaio 2003 n. 487;
T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. IV, n. 257/08 e n. 340/09).

Specificamente, la nozione di rapporto non esaurito non va, tuttavia, limitato ai soli casi in cui l’impiegato cessato dal servizio abbia proposto tutela in sede giurisdizionale per il riconoscimento di detto diritto con ricorso pendente alla data di entrata in vigore della legge 29 gennaio 1994, n. 87, ma comprende anche le ipotesi in cui non sia stata prestata acquiescenza all’atto di liquidazione dell’indennità di buonuscita e l’interessato, con apposite istanze, abbia invocato l’applicazione della più estesa base di calcolo, interrompendo il corso della prescrizione (C.S., Sez. VI, n. 3129 del 25 maggio 2006, 13 febbraio 2003 n. 789 e 27 settembre 2009 n. 4976;
T.A.R. Lazio, Sez. II, 1° aprile 2008 n. 2771 e 11 luglio 2003 n. 6208).

E, a quest’ultimo proposito, va precisato che i crediti di lavoro dei pubblici dipendenti soggiacciono sempre alla prescrizione quinquennale, ai sensi dell’art. 2 della legge 7 agosto 1985, n. 428, che, a seguito della dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, ha elevato da due a cinque il termine prescrizionale delle rate di stipendio e degli assegni equivalenti, senza alcuna distinzione per l’ipotesi che il credito retributivo sia contestato o comunque richieda un formale atto di accertamento da parte dell’Amministrazione (C. S., Sezione IV, n. 6794 del 20 ottobre 2004).

Ed ancora, proprio in relazione all’oggetto del presente giudizio, è stato di recente affermato che “ ai fini della legge n. 87 del 1994,…nei riguardi del personale già cessato dal servizio, la nozione esaurito non va limitata ai soli casi in cui l’impiegato cessato dal servizio abbia proposto tutela in sede giurisdizionale per il riconoscimento di tale diritto con ricorso pendente alla data di entrata in vigore di detta legge, ma comprende le ipotesi in cui non sia stata prestata acquiescenza all’atto di liquidazione dell’indennità di buonuscita e l’interessato, con apposite istanze, abbia invocato l’applicazione della più estesa base di calcolo, interrompendo il corso della prescrizione che ha durata quinquennale, ai sensi degli artt. 1 e 20 del T.U. 29 dicembre 1973, e decorrente dalla data del collocamento a riposo (C.S., VI, n. 2605 del 30 maggio 2008).

Ebbene, nel caso di specie, non soltanto parte ricorrente non aveva uno specifico giudizio pendente, ma non aveva neppure presentato, nei termini, alcuna apposita istanza, idonea ad interrompere il corso di tale prescrizione quinquennale, non rilevando ai fini che qui interessano e per quanto avanti rilevato, l’intervento nel tempo di provvedimenti vari, anche su richiesta di parte, come la riliquidazione della stessa indennità di buonuscita per altri titoli, la riliquidazione o la liquidazione definitiva della pensione, ecc.

Per quanto suesposto il ricorso, quindi, va respinto,

Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione operata in dispositivo.

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