TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-06-06, n. 202303478
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Testo completo
Pubblicato il 06/06/2023
N. 03478/2023 REG.PROV.COLL.
N. 02483/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2483 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati G B, L B A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Barano D'Ischia;
per l'annullamento:
a) per quanto riguarda il ricorso introduttivo,
- dell’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS- del 21 marzo 2019;
b) per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati il 19 marzo 2020,
- del verbale della Polizia locale, in data 19 dicembre 2019, di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza n. -OMISSIS-/2019.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio e uditi all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 16 marzo 2023 per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con dell’ordinanza epigrafata, impugnata con il ricorso introduttivo, il Comune di Barano d’Ischia ha ingiunto ai ricorrenti - proprietari di un appezzamento di terreno distinto in catasto al foglio -OMISSIS-, p.lla -OMISSIS- - di provvedere alla demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/01 delle seguenti opere abusive realizzate sulla loro proprietà: «Manufatto su due livelli di cui uno seminterrato ed uno a piano terra. Il piano seminterrato è costituito da una struttura in muratura e copertura in c.a., occupante una superficie utile di circa mq. 46,00 per un’altezza (dal piano di calpestio all’intradosso del solaio di copertura) di circa mt. 2,40. Si precisa che detto piano è completo e rifinito in tutte le sue parti con la messa in opera degli infissi, degli intonaci, delle piastrelle e rivestimenti, degli impianti tecnologici ecc… Si precisa inoltre che all’interno di detto piano risulta realizzata una scala in c.a. che dà accesso al cortile lato ovest antistante il piano terra. Retrostante detto piano risulta realizzato un locale cantina occupante una superficie di circa mq. 9,00 per un’altezza interna di circa mt. 2,50;alla stessa vi si accede tramite una scala in muratura lunga circa mt. 4,50 e larga circa mt. 1,50, realizzata sul lato ovest. Il piano terra è costituito da una struttura portante in tubolari metallici e copertura in pali di legno con sovrastanti lamiere coibentate tipo coppo poste a falda. Lo stesso occupa una superficie lorda di circa mq. 46,00 per una altezza (dal piano di calpestio all’intradosso della copertura) di circa mq 3,00 nella parte centrale e circa mt. 2,60 nei laterali. Lo stesso si presenta chiuso con muratura in celloblok sul lato ovest e chiuso parzialmente sul lato sud con mattoni in tufo, sul lato est risulta aperto, mentre il lato nord è addossato al terrapieno. Antistante il lato sud risulta realizzato un balcone a sbalzo in c.a., occupante una superficie di circa mq 8,00. Si precisa che detto piano si presenta allo stato grezzo e che all’interno dello stesso risulta realizzato un locale wc ed una cucina in muratura».
Avverso il prefato atto sono insorti i ricorrenti che deducono, a sostegno del ricorso, quattro articolati motivi in diritto, così rubricati:
I) “erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, violazione dell’art. 21 septies L. n. 241/90”. Secondo i ricorrenti l’attività repressiva sarebbe affetta da radicale nullità, per avere la stessa ad oggetto un comando impossibile, in conseguenza della perdurante operatività del sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p., successivamente convalidato dal G.I.P.;
II) “violazione dell’art. 23 ter del D.P.R. n. 380/01;eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti di fatto e di diritto, travisamento, omessa ponderazione della situazione contemplata, contraddittorietà, violazione dell’art. 27 del D.P.R. n. 380/01, difetto di motivazione e di istruttoria, violazione della L.R. n. 19/01”. Il provvedimento, nella prospettiva ricorsuale, non darebbe contezza né dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla adozione ed esecuzione della sanzione più grave della demolizione, né del presunto contrasto delle opere realizzate con la normativa urbanistica vigente, né, infine, dell’istruttoria svolta in ordine alla esistenza di cause ostative all’esercizio del potere sanzionatorio;
III) “violazione dell’art. 27 del d.p.r. n. 380/2001;carenza dei presupposti sotto altro profilo”. In tesi, mancherebbero i presupposti per poter ordinare il ripristino dello stato dei luoghi, poiché sull'area oggetto dell'intervento sussisterebbe solo un vincolo di inedificabilità in senso relativo e non assoluto, per la cui rimozione è prevista l'autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela paesistica;
IV) “violazione dell'art. 7 della legge n. 241/90;violazione del principio del giusto procedimento”, in quanto il provvedimento sanzionatorio, obliterando le regole di partecipazione procedimentale, non sarebbe stato preceduto da una valida comunicazione di avvio del procedimento.
2. Con successivi motivi aggiunti, parte ricorrente ha impugnato il verbale della locale P.M., recante l’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, stante l’asserita lesività, derivante, in tesi, dalla sua idoneità a costituire titolo per la immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/01. I ricorrenti hanno a tal fine riprodotto, in via derivata, censure analoghe a quelle dedotte avverso l’atto impugnato con il ricorso introduttivo.
3. Nella mancata costituzione del Comune intimato, all’udienza di smaltimento del 16 marzo 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso introduttivo è infondato, risultando fuori centro tutte le censure dedotte.
4.1 Con il primo motivo si asserisce l’illegittimità della controversa ordinanza, per non aver il Comune tenuto conto dell’impossibilità per i ricorrenti di ottemperare a quanto imposto, stante la sottoposizione a sequestro delle aree.
Il motivo è infondato.
Secondo la costante giurisprudenza, la sottoposizione a sequestro penale preventivo di un’opera abusiva da parte della competente autorità giudiziaria non esime il destinatario dell'ingiunzione demolitoria dall'ottemperanza alla stessa, ben potendo essere richiesto in sede penale il dissequestro del bene al solo fine di provvedere alla demolizione, così da evitare la sanzione che, in mancanza, ne consegue. In questi casi, costituisce onere del responsabile dell'abuso motivatamente domandare all'autorità giudiziaria il dissequestro dell'immobile, secondo la procedura prevista dall'art. 85, disp. att. c.p.p. (in materia di restituzione delle cose sequestrate con imposizione di prescrizioni), al fine di ottemperare all'ingiunzione a demolire ( cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 10 novembre 2022, n. 6963).
4.2 Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono della mancanza di adeguata motivazione in ordine all’interesse pubblico alla rimozione del manufatto abusivo.
Anche tale motivo è infondato.
4.2.a E invero per consolidata giurisprudenza, anche della Sezione ( cfr. da ultimo, TAR Campania, sez. VI, 10 marzo 2021, n. 1625 e giurisprudenza ivi citata), il provvedimento che ingiunge la demolizione in conseguenza della rilevata abusività delle opere è atto che per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongano la rimozione dell'abuso: l’interesse pubblico all’ordinato svolgimento dell’attività urbanistico-edilizia e all’armonico sviluppo del territorio è “in re ipsa” e non può trovare limite nell’interesse al mantenimento di opere abusive da parte di chi le abbia realizzate;né può parlarsi di tutela dell’affidamento, dato che non è meritevole un affidamento che si basi su un’attività illecita ( cfr. per tutte Consiglio di Stato, sez. VI, 26 ottobre 2020, n. 6498).
4.2.b Nella specie i ricorrenti hanno realizzato, in violazione della normativa urbanistica ed edilizia puntualmente indicata nelle premesse dell’atto impugnato, opere comportanti aumento di volumetria in assenza di titolo abilitativo a realizzarle, peraltro in zona paesaggisticamente vincolata.
Inoltre, a prescindere dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l’intervento edilizio in zona vincolata (DIA, Scia o permesso di costruire), ciò che rileva è il fatto che lo stesso intervento è stato posto in essere in assoluta carenza di titolo abilitativo e, pertanto, ai sensi dell’art. 27 comma 2, DPR 380/2001, deve essere sanzionato attraverso il provvedimento sanzionatorio nella specie correttamente adottato dall’amministrazione ( cfr . C.d.S., sez. VI, 9 gennaio 2013, n. 62).
Ed infatti, il richiamato art. 27 comma 2, DPR n. 380/2001 riconosce all’Amministrazione comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l’attività urbanistica ed edilizia, imponendo l’adozione di provvedimenti di demolizione in presenza di opere realizzate in zone vincolate, in assenza dei necessari titoli abilitativi – come nella specie – al fine di ripristinare la legalità violata dall’intervento edilizio non autorizzato, a prescindere dall’entità e dalla asserita natura pertinenziale dell’intervento realizzato. E ciò mediante l’esercizio di un potere-dovere del tutto privo di margini di discrezionalità in quanto rivolto solo a reprimere gli abusi accertati (cfr. TAR Campania - Napoli, sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 310). In presenza di opere edificate senza titolo edilizio e, a maggior ragione, in zona vincolata, l’ordinanza di demolizione è da ritenersi provvedimento rigidamente vincolato.
4.2.c Ad ogni modo, le opere in parola si inseriscono in un contesto territoriale protetto.
Per giurisprudenza costante (da ultimo, Consiglio di Stato, 8.11.2021 n. 7426), in caso di vincolo paesaggistico, qualsiasi intervento idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica (con conseguente sanzione demolitoria in caso di titolo carente);infatti l’articolo 27 del DPR n. 380 del 2001 (applicato dal Comune intimato) impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano comunque costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico ( cfr. Tar Campania - Napoli, sez. VI, 11 giugno 2021 n. 3940), a prescindere dalla classificazione degli abusi valevole nel diverso contesto dei titoli edilizi.
4.3 Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 27 T.U. Edilizia, atteso che l’amministrazione non avrebbe adeguatamente considerato che il vincolo paesistico insistente sull’area oggetto di realizzazione delle opere abusive, in ragione della sua natura, relativa e non assoluta, poteva essere superato con il rilascio di parere favorevole sulla compatibilità paesaggistica dell'intervento.
Il motivo è infondato.
Ritiene il Collegio che nella specie sia irrilevante quanto sostenuto in ordine alla natura (relativa) del vincolo in questione, posto che, ai fini della disciplina in esame e per l'effetto, dell'individuazione delle aree vincolate, è sostanzialmente indifferente la natura (assoluta o relativa) del vincolo (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. VI, 3 gennaio 2023, n. 34).
Difatti, per costante giurisprudenza, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, tra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni - e cioè che le opere siano realizzate prima dell'imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo - siano opere minori, senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato.
Tanto premesso, si rileva che gli interventi effettuati, come sopra descritti e complessivamente valutati, non sono certo riconducibili alle cd. "opere minori" né ad interventi di ristrutturazione edilizia avendo comportato aumento di superficie e di volume in zona paesaggisticamente vincolata e una durevole trasformazione del territorio in zona paesaggisticamente protetta. Se si considera il complesso degli interventi che il comune di Barano ha sanzionato, appare evidente, infatti, che si tratta complessivamente di opere che determinano una permanente trasformazione del territorio, oltretutto in area paesaggisticamente tutelata, con aumento di superficie utile e di volumetria a fini abitativi.
Se ci si pone nell'ottica di una valutazione complessiva degli interventi e si considera la descrizione complessiva delle opere accertate dal comune, ne deriva, invero, la qualificazione del complesso delle opere nei termini di intervento di "nuova costruzione" con tutte le relative implicazioni sul piano sanzionatorio ( cfr . Consiglio di Stato, sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6191, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, -OMISSIS- novembre 2019, n. 13055, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 28 agosto 20-OMISSIS-, n. 5285).
4.4 È infondato il quarto motivo, in quanto la violazione delle regole poste nel richiamato art. 7 della legge 241 del 1990 assume rilievo meramente formale in presenza di una attività vincolata quale quella di repressione degli abusi edilizi. La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che, in presenza di abuso edilizio, l'ordinanza di demolizione deve essere emanata senza indugio e, inoltre, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, costituendo una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata ( cfr . T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 17 gennaio 2022, n. 92).
5. È infine inammissibile l’impugnativa proposta con motivi aggiunti, avente ad oggetto il verbale redatto dai Vigili urbani in data 19 dicembre 2019, a seguito dell’accertamento della mancata ottemperanza all’ordine demolitorio.
Difatti, anche se che l'acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio indisponibile del Comune opera di diritto, a seguito dell'inottemperanza dell'ordine di demolizione ai sensi dell'art. 31, comma 4, d.P.R. n. 380/2001, il titolo per l'immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei RR.II. è costituito dall'inottemperanza all'ingiunzione a demolire il manufatto abusivo.
Per tale atto deve intendersi non il mero verbale di constatazione di inadempienza, atteso il suo carattere endoprocedimentale, ma solo il formale accertamento compiuto dall'organo dell'ente dotato della relativa potestà provvedimentale.
In altre parole, il mero verbale di accertamento redatto dai vigili ha valenza endoprocedimentale ed efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate durante l'accesso ai luoghi, costituendo, in definitiva, il presupposto per l'adozione di ulteriori provvedimenti lesivi (sanzioni, acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune);al contrario, è il formale atto di accertamento adottato dalla competente autorità amministrativa, ai sensi dell'art. 31, comma 4, d.P.R. n. 380/2001, che facendo propri gli esiti del mero verbale, sancisce l'effetto acquisitivo e costituisce, previa notifica all'interessato, titolo per l'immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei registri immobiliari. Solo a seguito di quest'ultimo atto formale di accertamento di inottemperanza ed acquisizione dell'area avviene il trasferimento della proprietà dell'area (T.A.R. Campania, sez. VIII, Sent. n. 6466 del -OMISSIS- ottobre 2021).
Ne consegue il difetto d’interesse all’impugnativa del precitato verbale, in ragione della precisata natura endoprocedimentale e, dunque, della carenza del requisito dell’attualità della lesione che deve pur sempre essere sotteso all’interesse al ricorso.
6. Da quanto precede il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato, mentre i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili per difetto di interesse all’impugnativa.
7. Nulla per le spese, stante la mancata costituzione del Comune intimato.