TAR Lecce, sez. II, sentenza 2012-09-12, n. 201201504
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Testo completo
N. 01504/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01636/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1636 del 2010, proposto da:
C R, A L, R M, Z J, S Anna, M A, P M, tutte rappresentate e difese dall'avv. E B, con domicilio eletto presso Gianluigi Bidetti in Lecce, via 95° Rgt. Fanteria, n. 1;
contro
Comune di Taranto, rappresentato e difeso dagli avv. I M F e G P, con domicilio eletto presso T F in Lecce, piazzetta Montale, n. 2;
Provincia di Taranto;
Regione Puglia;
per l'annullamento
dell'illegittimità del silenzio inadempimento o silenzio rifiuto serbato dal Comune di Taranto e dalla Provincia di Taranto in ordine all'adozione dei provvedimenti necessari alla concessione del sussidio di cui al R.D.L. 8.05.1927, n. 798, modificato dalla legge 13 aprile 1933. n. 3128 e dalla legge 8 giugno 1942, n. 826 ( c.d. "baliatico") nonchè ai sensi della Legge n. 2277 del 10.12.1925 ex OMNI così come reinterpretata dalla Legge n. 241 del 07.08.1990 all'art. 12, richiesti a mezzo domanda amministrativa notificata agli Enti di cui sopra;
della fondatezza delle pretese di cui alle istanze a provvedere avanzate dalle parti ricorrenti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Taranto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 luglio 2012 il dott. L C e udito per la parte ricorrente l'avv.to T. Fazio, in sostituzione dell'avv.to G. Pignatelli.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Le ricorrenti, madri di minori nati fuori del matrimonio che assumono trovarsi in “stato di povertà” e di provvedere direttamente all’allevamento dei propri figli, presentavano istanza (e successiva diffida) alla Regione Puglia, alla Provincia di Taranto ed al Comune di Taranto (nell’incertezza di quale sia l’Ente pubblico tenuto all’erogazione della misura) tendente ad ottenere la concessione del sussidio c.d. baliatico di cui al R.D.L. 8 maggio 1927 n. 798 e ss.mm.
Non avendo l’Amministrazione assunto alcun provvedimento in merito, le stesse propongono il ricorso in esame e, nel formulare le richieste specificate in epigrafe, deducono:
Violazione dei principi costituzionali e segnatamente degli artt. 29 e 30 Cost.;
Violazione di legge, R.D.L. 8.5.1927 n. 728, modificato dalla legge 13 aprile 1933 n. 3128 e dalla legge 8 giugno 1942 n. 826 (cd. “baliatico”);
Eccesso di potere, manifesta illogicità e ragionevolezza, violazione di legge, violazione della convenzione di New York sui diritti del fanciullo fatta il 20.11.1989 e ratificata con L. 27.5.1991 n. 176;
Si è costituito in giudizio per resistere al ricorso il Comune di Taranto e alla pubblica udienza del 26 luglio 2012, sulle conclusioni dei difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale Amministrativo Regionale.
E’ necessario premettere che il R.D.L. 8 maggio 1927 n. 798 e ss.mm. dispone, all’articolo 1, che: “In ogni provincia il servizio d’assistenza dei fanciulli illegittimi abbandonati o esposti all’abbandono è affidato, sotto le direttive e il controllo dell’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia (soppressa, però, dalla Legge 23 dicembre 1975 n. 698), alla Amministrazione Provinciale la quale vi provvede o mediante la concessione di adeguati sussidi alle madri che allattino o allevino i rispettivi figli, o col ricovero e mantenimento dei fanciulli nei brefotrofi e in altri congeneri istituti, curando di ricoverarli, per quanto sia possibile, insieme alle madri, quando sono poppanti, o mercé il collocamento dei medesimi a baliatico e in allevamento esterno….”.
Nei successivi articoli 4 e 5 è previsto (per quanto rileva in questa sede) che: “Sono ammessi all’assistenza, a norma dell’art. 1 del presente decreto: ………….. c) ogni fanciullo nato da unione illegittima, riconosciuto dalla sola madre, quando questa possa dimostrare di trovarsi in stato di povertà e provveda inoltre direttamente all’allattamento o allevamento del proprio figlio, salvo i casi in cui sia riconosciuta fisicamente incapace di allattare o si oppongano ragioni d’indole igienico-sanitaria, o gravi motivi d’ordine morale. L’amministrazione incaricata del servizio di assistenza dei fanciulli abbandonati o esposti all’abbandono provvede, d’intesa con l’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia (soppressa, però, dalla Legge 23 dicembre 1975 n. 698), all’assistenza dei fanciulli di cui alla lettera c) del presente articolo……..”. “Nei casi in cui è obbligatoria, a termini del primo comma (lettera a, b e c) del precedente articolo, l’assistenza è dovuta, sin dal giorno della nascita, a tutti indistintamente i fanciulli che per essa abbiano titolo, senza riguardo al luogo di nascita o di domicilio, all’età, allo stato civile, al numero dei precedenti parti, ed alle condizioni morali ed economiche della madre…”.
Rammentato ciò, e sottolineato che il rapporto dedotto in giudizio non rientra in alcuna delle “particolari materie” per le quali le leggi vigenti (a seguito della pronuncia della Consulta n. 204 del 2004) prevedono la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, il Collegio rileva che il rapporto in questione non si ricollega nemmeno all’esercizio di una potestà autoritativo-discrezionale della Pubblica Amministrazione, poiché le ricorrenti hanno richiesto alle Amministrazioni intimate di adempiere ad una obbligazione, di natura assistenziale, ricollegata a presupposti interamente prefissati dalla legge, sicché la posizione giuridica soggettiva azionata con il ricorso introduttivo del presente giudizio non può essere qualificata come interesse legittimo, avendo invece consistenza di diritto soggettivo perfetto (Cfr: Corte di Cassazione Civile, Sezioni Unite, 23 marzo 2009 n. 6960).
Infatti, la disciplina normativa soprariportata configura il sussidio di che trattasi (c.d. baliatico) come oggetto di un diritto (fondamentale) di persone che si trovano in stato di bisogno economico e sociale, senza che la nascita di tale diritto sia condizionata alla emanazione di provvedimenti amministrativi.
A ben vedere, l’art. 5 del R.D.L. 8 maggio 1927 n. 798 e ss.mm., nel momento in cui statuisce la obbligatorietà dell’intervento assistenziale nell’ipotesi della sussistenza delle condizioni di fatto enucleate dagli artt. 1 e 4 della stessa normativa, rimanda concettualmente alla natura obbligatoria e non disponibile del sussidio in questione, comportando l’applicazione dell’art. 442 c.p.c., che richiama espressamente le ipotesi di previdenza ed assistenza obbligatorie.
Trattasi, dunque, di veri e propri diritti civili, che gli Enti pubblici competenti (anche ai sensi degli artt. 2 e 22 della Legge 8 novembre 2000 n. 328, attuativi degli artt. 30 terzo comma e 117 secondo comma lettera “m” della Costituzione) sono tenuti a garantire quale livello essenziale di prestazione di assistenza sociale, senza che sia possibile configurare l’esistenza di scelte decisionali di opportunità, espressive di discrezionalità amministrativa e della valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati coinvolti (in relazione all’interesse pubblico primario), ma solo di poteri vincolati attribuiti dalla legge nell’interesse diretto dei privati beneficiari delle misure di tutela sociale (norme di relazione), spettando alla Pubblica Amministrazione (tutt’al più) una discrezionalità tecnica per l’apprezzamento della effettiva presenza dei presupposti di fatto delineati dalla normativa in materia e per orientare l’opzione tra la concessione di adeguati sussidi alle madri che allevino i figli minori e il ricovero e il mantenimento diretto di questi ultimi negli appositi istituti pubblici.
D’altra parte, è pacifico tra le parti in causa che il “quantum”, il “quid” ed il “quomodo” dell’invocato contributo “baliatico” sono analiticamente specificati nel relativo regolamento provinciale del 1998 (che esplica una funzione normativo-integrativa delle predette disposizioni di legge e che deve considerarsi tutt’ora vigente), sicché in ordine alla istanza di attribuzione del sussidio c.d. baliatico presentata in via amministrativa dalle odierni ricorrenti non residua alcun potere discrezionale in capo alle Amministrazioni intimate (Cfr. in tal senso: Tribunale Civile di Taranto, 16 ottobre 2009 n. 7940).
A questo punto, solo per completezza espositiva (con riferimento alla questione della legittimazione passiva), si segnala sinteticamente che gli artt. 6, secondo comma, lettera b), della Legge 8 novembre 2000 n. 328 e 16 della Legge Regionale Pugliese 10 luglio 2006 n. 19 hanno statuito che compete ai Comuni l’erogazione delle attività assistenziali di che trattasi, già di competenza delle Province.
Per le ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di giurisdizione del Giudice Amministrativo, spettando all’A.G.O. (in funzione di Giudice del Lavoro) la cognizione della presente controversia.
Sussistono gravi ed eccezionali motivi (in considerazione anche delle disagiate condizioni sociali delle ricorrenti) per disporre la compensazione integrale tra tutte le parti delle spese processuali.
Infine, il Tribunale risultando insussistenti, in ragione della evidenziata manifesta inammissibilità della pretesa azionata, i presupposti di legge per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’art. 136 secondo comma del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e ss.mm., dispone la revoca (con effetto retroattivo) dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato riconosciuta alle ricorrenti (in data 20 dicembre 2010) dall’apposita Commissione istituita presso questo T.A.R. (Decreto n. 181/10).