TAR Palermo, sez. III, sentenza breve 2017-05-11, n. 201701295

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza breve 2017-05-11, n. 201701295
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201701295
Data del deposito : 11 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/05/2017

N. 01295/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00573/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 573 del 2015, proposto da:
G F, rappresentato e difeso dagli avvocati M B M e M S, con domicilio eletto presso lo studio Miceli in Palermo, via N. Morello, 40;

contro

Università degli Studi di Palermo, Università degli Studi di Palermo - Area Risorse Umane, Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Ministero dell'Economia e delle Finanze Dip. della Ragioneria Gen. dello Stato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Palermo, via A. De Gasperi, 81;

per l'annullamento

a) del decreto del Rettore dell'Università di Palermo n. 4252 del 1° dicembre 2014, comunicato per raccomandata A/R il successivo 4 dicembre, con cui:

1) si è rideterminato, a decorrere dal 1° febbraio 2014 il trattamento giuridico ed economico del ricorrente, con la conseguenza che non compete più l'assegno ad personam di € 7.119,16 e continuerà ad essere corrisposto esclusivamente il trattamento economico del collega di pari anzianità;

2) si è disposto di procedere al recupero delle mensilità dell'assegno ad personam già trasferitogli dal 1° febbraio 2014 al 31 ottobre 2014;

b) del provvedimento dirigenziale n.1738 del 9 gennaio 2015, pervenuto il successivo 13 gennaio, con cui si comunica che, a decorrere dal corrente mese di gennaio, sulla retribuzione di competenza sarà operata una trattenuta, pari a un quinto dello stipendio, fino alla concorrenza del debito scaturito dalle somme percepite a titolo di assegno ad personam dal 1° febbraio al 31 ottobre 2014 e (asseritamente) non dovute, nonchè

c) ove occorra e per quanto di ragione, della comunicazione rettorale di avvio del procedimento del 22 ottobre 2014, n. 75408 pervenuta il 27 ottobre 2014;

d) ove occorra e per quanto di ragione, della nota prot. n. 49968 del 9 giugno 2014 del Ministero dell'economia e delle finanze - dipartimento della ragioneria generale dello Stato, espressamente richiamata, nel provvedimento impugnato sub a), a sostegno della decisione assunta;

e) ove occorra e per quanto di ragione, delle deduzioni del MIUR, anch'esse richiamate nel provvedimento impugnato e che non sono note al ricorrente;

f) di ogni ulteriore atto presupposto, connesso o consequenziale dal quale sia potuto derivare pregiudizio al ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per le Amministrazioni intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2017 la dott.ssa Caterina Criscenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1. Con ricorso, notificato il 30 gennaio 2015 e depositato il 16 febbraio successivo, il prof. G F, titolare della cattedra di diritto penale presso l’Università di Palermo, esponeva di essere stato eletto dal Parlamento, quale membro del Consiglio superiore della magistratura, per il quadriennio 31 luglio 1994 – 31 luglio 1998 e di essere stato, conseguentemente, collocato fuori ruolo.

Cessato dalla carica, era stato ricollocato nel ruolo organico ed era stato determinato il suo trattamento economico comprensivo dell’assegno di cui all’art. 3 della l. 3 maggio 1971, n. 312, pari a quello mensile goduto, ex art. 40 della l. n. 195/1958, durante la carica presso il CSM.

Con nota del 22 ottobre 2014, l’Università gli comunicava l’avvio del procedimento per l’adeguamento stipendiale e il conseguente recupero delle somme corrisposte, ai sensi dei commi 458 e 459 dell’art. 1 l. 27 dicembre 2013, n. 147.

Con decreto rettorale n. 4253 del 1° dicembre 2014, era rideterminato, a decorrere dal 1° febbraio 2014, il trattamento giuridico ed economico del ricorrente, prevedendosi, in particolare, che non competeva più l'assegno ad personam, e che sarebbe stato corrisposto esclusivamente il trattamento economico del collega di pari anzianità;
era, altresì, previsto il recupero delle mensilità dell'assegno ad personam già corrisposte nel periodo 1° febbraio - 31 ottobre 2014.

Con provvedimento dirigenziale n. 1735 del 9 gennaio 2015, veniva, poi, comunicato che, a decorrere dal mese di gennaio, sulla retribuzione di competenza sarebbe stata operata una trattenuta, pari a un quinto dello stipendio, fino alla concorrenza del debito scaturito dalle somme percepite a titolo di assegno ad personam dal 1° febbraio al 31 ottobre 2014, “in quanto non dovute”.

Concludeva il ricorrente per l’annullamento degli atti impugnati, la condanna dell’amministrazione alla reintegrazione del trattamento economico, nonché al risarcimento del danno morale.

In data 10 marzo 2015 si costituiva l’amministrazione intimata, con atto di mera forma.

2. Con istanza di prelievo depositata il 7 novembre 2016 la parte ricorrente segnalava che analogo ricorso era già stato definito, con sentenza ex art. 60 c.p.a., in esito alla camera di consiglio del 27 febbraio 2015;
in data 30 dicembre 2016 presentava nuova istanza di prelievo, espressamente formulata anche ai sensi dell’art. 71 bis c.p.a., cui conseguiva la fissazione della camera di consiglio per il giorno 6 marzo 2017, in cui la causa è stata chiamata e posta in decisione.

3. Sussistono i presupposti per la definizione in camera di consiglio e con sentenza in forma semplificata della presente controversia ex art. 71 bis c.p.a., data l’esistenza di un precedente specifico della Sezione, ossia la sentenza n. 744 del 26 marzo 2015, peraltro già confermata in appello dal CGA, con la sentenza n. 89 del 14 aprile 2016.

4. È sufficiente, quindi, ai sensi dell’art. 74 c.p.a., richiamare i principali passaggi motivazionali della predetta pronuncia, relativi al terzo motivo di ricorso, che il Collegio condivide e fa propri.

L’art. 3, comma 1, della l. n. 312/1971 statuisce che: “Ai componenti” (del Consiglio superiore della magistratura) “che fruiscono del trattamento previsto dall'articolo 40, comma terzo, della legge 24 marzo 1958, n. 195” (i.e. indennità spettante a coloro che percepiscono stipendio o assegni a carico del bilancio dello Stato) “l’assegno mensile a carico del Consiglio superiore della magistratura verrà tramutato, all'atto della cessazione dalla carica per decorso del quadriennio, in assegno personale agli effetti e nei limiti stabiliti dall'articolo 202 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n.

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