TAR Brescia, sez. I, sentenza 2012-07-02, n. 201201226
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N. 01226/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00576/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 576 del 2011, proposto da:
S S, rappresentato e difeso dall'avv. D A, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6;
per l’annullamento, previa sospensione,
del provvedimento 21 settembre 2010 prot. n°0104463 e 0106340 Emersione, con il quale la Prefettura della Provincia di Mantova ha disposto il rigetto della istanza di legalizzazione presentata da B V nell’interesse del ricorrente;
di qualsiasi altro atto presupposto, consequenziale o correlato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2012 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
- che l’art. 1 ter del d.l. 1 luglio 2009 n°78, convertito con modificazioni nella l. 3 agosto 2009 n°102, prevede l’istituto della cd. “emersione”, detta altrimenti anche “legalizzazione”, ovvero una sanatoria straordinaria, a date condizioni, degli stranieri non appartenenti all’Unione Europea i quali fossero irregolarmente presenti sul territorio nazionale e alla data del 30 giugno 2009 fossero impiegati da almeno tre mesi in attività di lavoro domestico ovvero di assistenza familiare alle dipendenze di datori di lavoro cittadini dell’Unione, ovvero anche non appartenenti alla stessa, purché in tale ultimo caso in possesso dello status di lungosoggiornante;la stessa norma prevede poi, per accordare il beneficio, che il datore di lavoro si presenti con date modalità a perfezionare la pratica presso l’ufficio;
- che con il provvedimento impugnato, meglio indicato in epigrafe, è stata di conseguenza respinta la domanda di emersione presentata nell’interesse del ricorrente da certa B V, per la asserita irreperibilità di quest’ultima, mai presentatasi presso gli uffici competenti a perfezionare la pratica (v. doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato);
- che avverso tale provvedimento, S S propone impugnazione con ricorso articolato in unico motivo di violazione di legge, nel senso che la surriferita circostanza sarebbe non ostativa alla sanatoria;
- che l’amministrazione resiste, con atto 29 aprile e relazione 17 maggio 2011, nonché memoria del 23 aprile 2012, e domanda la reiezione del ricorso.
- che con ordinanza 26 maggio 2011 n°521, confermata da C.d.S. sez. III 30 settembre 2011 n°4329, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare e all’udienza del giorno 30 maggio 2012 ha poi trattenuto il ricorso in decisione;
- che il ricorso, nell’unico motivo di cui consta, è infondato e va respinto. Il comma 7 terzultimo paragrafo del citato art. 1 ter d.l. 78/2010, per il caso in cui il lavoratore ovvero il datore di lavoro non si presentino presso l’ufficio competente a definire la procedura, prevede testualmente che “la mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l’archiviazione del procedimento”, con formula che, malgrado la lettera della legge, allude ad un provvedimento di diniego, se non altro perché esso non accorda il beneficio richiesto. La lettera della norma citata, ciò posto, non è incompatibile con l’interpretazione sostenuta per implicito dal ricorrente, secondo la quale sarebbe possibile nondimeno accordare la regolarizzazione anche nel caso in cui il datore di lavoro non si presenti all’ufficio. Tale interpretazione postula però che, in assenza del datore di lavoro medesimo, il quale secondo logica vi supplirebbe con la propria dichiarazione, altro soggetto, in ispecie il lavoratore, dia prova rigorosa dei presupposti della legalizzazione stessa, dimostrando che il rapporto di lavoro sottostante sussisteva, con i requisiti richiesti. Ciò anzitutto in base al principio generale dell’onere della prova, per cui colui il quale reclama per se un diritto deve provarne i fatti costitutivi, ma anche in base al principio ulteriore della cd. vicinanza della prova – per tutte sul punto Cass. sez. lav. 25 luglio 2008 n°20484- per cui un soggetto ha l’onere di provare i fatti dei quali, in forza della propria posizione è a conoscenza esclusiva. In proposito è infatti indubbio che, escludendo per ipotesi il datore di lavoro, solo il lavoratore è in grado di dare la prova delle concrete modalità di svolgimento del rapporto. Tutto ciò nella specie è mancato, in quanto il ricorrente si è limitato a deduzioni del tutto generiche, insufficienti anche ad attivare il potere istruttorio officioso di questo Giudice;
- che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;