TAR Salerno, sez. II, sentenza 2023-06-06, n. 202301320

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2023-06-06, n. 202301320
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202301320
Data del deposito : 6 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/06/2023

N. 01320/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00305/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 305 del 2023, proposto da
A L, D I, V L, P L, G L, M L, rappresentati e difesi dagli avvocati E C, A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Agropoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Agropoli, viale Europa 3;
Acer Campania, rappresentato e difeso dagli avvocati C C, V C, F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Iacp Salerno, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del silenzio formatosi su diffida per la restituzione di aree oggetto d'intervento edilizia residenziale pubblica.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Agropoli e di Acer Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2023 il dott. N D e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con nota del 09.11.2022, i ricorrenti hanno chiesto al Comune di Agropoli, all’Agenzia Campania per l’edilizia residenziale ed allo IACP di Salerno di determinarsi ai sensi dell’art. 42-bis D.P.R. n. 327/2001, sulla sorte delle particelle del fl. 43, numeri 522 di 120 mq., 429 di 3.698 mq. (oggi divisa nelle particelle 641 di 3.618 mq. e 642 di 80 mq.), 527 di 1.417 mq. (oggi divisa nelle particelle 643 di 1.157 mq. e 644 di 260 mq.) ed in parte della particella 428 di 362 mq. (oggi particella 560), a suo tempo occupate per la costruzione di edifici di edilizia residenziale pubblica e mai oggetto di un provvedimento formale di esproprio.

In carenza di risposta, chiedono la condanna degli enti intimati ad emettere un provvedimento espresso e motivato, con comminatoria della nomina di un commissario ad acta.

Resistono il Comune di Agropoli e l’Agenzia Campania per l’edilizia residenziale.

Eccepisce il Comune che l’intera area è già stata espropriata, poiché “da quanto emerso dalle ricerche effettuate negli archivi del Comune di Agropoli, risulta che l’area prescelta per la costruzione di alloggi di edilizia residenziale pubblica alla località via delle Taverne, era costituita dal fol. 43 particelle 213, 214, 412, 428, 429 e 430, con esclusione, dunque, delle particelle n. 522 e 527;
tale area era destinata a residenza e ad urbanizzazione primaria per una superficie complessiva di mq. 5854 oltre a mq. 1690 destinati solo a urbanizzazioni strada;
la suddetta area veniva assegnata con diritto di superficie all’I.A.C.P. di Salerno con delibera n. 52 dell’11.11.1977 e URB, delib. n. 3 del 29.01.1977 ed espropriata a cura dello stesso I.A.C.P. ai sensi dell’art.60 della L. 865/71;
tali informazioni si ricavano dalla relazione dell’I.A.C.P. della provincia di Salerno, servizio tecnico ufficio progetti, del 03.02.1978”.

Eccepisce, in subordine, il difetto di legittimazione passiva e l’intervenuta usucapione ventennale.

Alla camera di consiglio del 6 giugno 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e va accolto nei confronti del Comune di Agropoli, nella qualità di “autorità che utilizza il bene”, non avendo dato prova certa dell’esistenza di un decreto di esproprio o di un altro modo di acquisto della proprietà dei beni.

Per le altre parti evocate, va invece dichiarato il difetto di legittimazione passiva.

Nel merito, occorre premettere che, stante il divieto enunciato dal Primo Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, l’irreversibile trasformazione del suolo per effetto della realizzazione di un’opera pubblica non determina il trasferimento della proprietà del bene, dalla sfera giuridica del proprietario a quella della P.A.

Del resto, neppure la realizzazione di un’opera pubblica rappresenta un impedimento alla possibilità di restituire l’area illegittimamente appresa, e ciò indipendentemente dalle modalità - occupazione acquisitiva od usurpativa - di acquisizione (cfr. C. cost. 4 ottobre 2010, n. 293;
Cons. Stato, Sez. V, 2 novembre 2011, n. 5844).

Orbene, dirimente in materia è la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 9 febbraio 2016, secondo cui “quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), la condotta illecita dell’Amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c. - con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dalla proposizione della domanda basata sull’occupazione contra ius , ovvero, dalle singole annualità per quella basata sul mancato godimento del bene - che viene a cessare solo in conseguenza: a) della restituzione del fondo;
b) di un accordo transattivo;
c) della rinunzia abdicativa (e non traslativa, secondo una certa prospettazione delle SS.UU.) da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo;
d) di una compiuta usucapione.

Quest’ultima eventualità può tuttavia operare solo entro ristretti limiti, perspicuamente individuati dal Consiglio di Stato allo scopo di evitare che, sotto mentite spoglie (i.e. alleviare gli oneri finanziari altrimenti gravanti sull’amministrazione responsabile), si reintroduca una forma surrettizia di espropriazione indiretta in violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale della Cedu (Cons. Stato, Sez. IV, n. 3988 del 2015 e n. 3346 del 2014);
dunque a condizione che: I) sia effettivamente configurabile il carattere non violento della condotta;
II) si possa individuare il momento esatto della interversio possessionis ;
III) si faccia decorrere la prescrizione acquisitiva dalla data di entrata in vigore del T.U. espr. (30 giugno 2003), perché solo l’art. 43 del medesimo T.U. aveva sancito il superamento dell’istituto dell’occupazione acquisitiva e dunque solo da questo momento potrebbe ritenersi individuato, ex art. 2935 c.c., il giorno in cui il diritto può essere fatto valere;
e) di un provvedimento emanato ex art. 42- bis T.U.”.

Successivamente, con la sentenza n. 3 del 20 gennaio 2020, l’Adunanza Plenaria è tornata sull’argomento, precisando che, nelle fattispecie di occupazione espropriativa, l’illecito dell’Autorità è sempre permanente e viene meno solamente in caso di acquisizione formale del bene o di sua restituzione, fatta salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva;
non in caso di c.d. rinuncia abdicativa, la quale si pone al di fuori di ogni schema legale tipico.

Segue, pertanto, la condanna del Comune di Agropoli ad adottare, entro il termine di 120 giorni dalla notificazione della presente sentenza, una delibera di consiglio comunale ex art. 42- bis del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, col quale, alternativamente, riguardo agli immobili per cui è causa: a) si accerti che essi non sono stati oggetto di occupazione, sono stati restituiti o sono già stati acquisiti nel patrimonio dell’ente comunale;
b) li si acquisisca non retroattivamente, in tutto o in parte, nel patrimonio dell’ente comunale;
c) li si restituisca, in tutto o in parte, ai proprietari.

Nel secondo caso, il provvedimento di acquisizione dovrà:

- prevedere che, entro il termine di trenta giorni, sia corrisposto ai proprietari il valore venale del bene, nonché un indennizzo per il pregiudizio non patrimoniale, forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del medesimo valore venale;

- recare l’indicazione delle circostanze che hanno condotto all’indebita utilizzazione dell’area e la data dalla quale essa ha avuto inizio e dovrà specificamente motivare sulle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione;

- essere notificato ai proprietari, comportando il passaggio della proprietà sotto la condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute, ovvero del loro deposito ai sensi dell’art. 20, comma 14, del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327;

- se necessario, essere trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari a cura dell’amministrazione procedente e trasmesso in copia all’ufficio istituito ai sensi dell’art. 14, comma 2, del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, nonché comunicato, entro trenta giorni, alla Corte dei conti, mediante trasmissione di copia integrale.

Nelle ipotesi b) e c), il provvedimento dovrà contenere la liquidazione, in favore dei ricorrenti ed a titolo risarcitorio, di una somma in denaro pari all’applicazione del saggio di interesse del cinque per cento annuo sul detto valore venale per tutto il periodo di occupazione senza titolo, che decorre dalla scadenza del termine finale per l’espropriazione.

Si nomina sin da ora, quale commissario ad acta, il Prefetto di Salerno, o altro pubblico funzionario da lui delegato, perché, su semplice istanza di parte, si sostituisca all’amministrazione soccombente in caso di perdurante inottemperanza, determinandosene sin da ora il compenso in euro 2.000,00, oltre spese vive documentate, da porre a carico del Comune di Agropoli.

Le spese di lite a carico del Comune soccombente sono liquidate in dispositivo.

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