TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-07-04, n. 201807379

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-07-04, n. 201807379
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201807379
Data del deposito : 4 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/07/2018

N. 07379/2018 REG.PROV.COLL.

N. 07924/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7924 del 2017, proposto da:
Geca Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A L L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Toniolo 6;

contro

RAI – Radiotelevisione Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato prof. M C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi 32;

nei confronti

C.A.R.E.S. - Cooperativa Analisi e rilevazioni economiche e sociali S.c.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marzia Eoli, Agostino Vismara e Marco Selvaggi, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. Marco Selvaggi in Roma, via Nomentana 76;

per l'annullamento

previa adozione di ogni idonea misura cautelare

- della Determinazione del Direttore Generale di RAI S.p.a. n. 152 del 13 luglio 2017, comunicata con nota prot. A/D/4665/P in pari data a firma del Responsabile del procedimento, con la quale è stata disposta l'aggiudicazione definitiva della gara con “Procedura aperta ai sensi dell'art. 60 del d.lgs. n. 50/2016 per l'affidamento del servizio di rilevazione dei contenuti dei programmi televisivi trasmessi su canali Rai ed altre emittenti nazionali gara n. 6480093” in favore di C.A.R.E.S. Cooperativa analisi e rilevazioni economiche e sociali s.c.r.l. (di seguito anche “Cares”);

- di tutti i verbali di gara, sia in seduta pubblica che riservata, ancorché sconosciuti alla ricorrente;

- di tutte le note/comunicazioni inerenti il sub-procedimento di verifica di anomalia dell'offerta presentata da Cares;

- di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso, antecedente o successivo, ancorché sconosciuto alla Società ricorrente, ivi compresa la Determinazione del Direttore Generale n. 123/2016 recante la determina a contrarre e il contratto eventualmente stipulato nelle more della decisione

e per la dichiarazione di inefficacia

- del contratto eventualmente medio tempore stipulato tra la Stazione appaltante e la controinteressata Cares;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Cares S.c.r.l. e di Rai – Radiotelevisione Italiana S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2018 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori: Avv. A. L. Lacerenza, Avv. M. Clarich, Avv. M. Eoli, Avv. M. Selvaggi e Avv. A V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso spedito a notifica in data 11.8.2017 e depositato entro il termine di rito la società Geca Italia S.r.l. impugnava la Determina in epigrafe con cui la RAI – Radiotelevisione Italiana S.p.a. aveva disposto l'aggiudicazione definitiva della gara con “Procedura aperta ai sensi dell'art. 60 del d.lgs. n. 50/2016 per l'affidamento del servizio di rilevazione dei contenuti dei programmi televisivi trasmessi su canali Rai ed altre emittenti nazionali - gara n. 6480093”, in favore di C.A.R.E.S. Cooperativa analisi e rilevazioni economiche e sociali s.c.r.l. (di seguito anche “Cares”).

L’appalto, articolato in un lotto unico da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo, aveva durata di 36 mesi, per un importo complessivo stimato, in caso di esercizio dell’opzione di rinnovo di ulteriori 12 mesi, DI Euro 1.760.000,00, Iva esclusa (punto II.

1.4 del bando di gara, doc. 1 ric. e art. 5 del disciplinare di gara, doc. 2 ric.).

Più precisamente l’attività dedotta in appalto, come definita dal capitolato tecnico, consisteva nel servizio di c.d. “scalettatura”, termine con cui, in gergo tecnico, si designa la rilevazione dei contenuti delle trasmissioni televisive, con elaborazione delle “scalette” dei programmi, funzionale alla messa a punto di analisi di prodotto mirate sull’offerta televisiva della RAI (cfr. punti 2 e 4 del capitolato tecnico, doc. 3 ric.).

In particolare, la scalettatura fornita per ciascun tipo di programma sarebbe stata ricondotta a tre distinte tipologie, in funzione di quanto richiesto dal Direttore dell’esecuzione RAI:

a) “scalettatura sintetica”: con la quale, per ogni minuto di messa in onda, viene riportato solo il cambio di contenuto con relativa classificazione (video, sigla, studio, ecc) e viene ripetuta la classificazione del contenuto minuto per minuto;

b) “scalettatura completa + scalettatura sintetica”: con realizzazione di due tipi di scaletta sullo stesso programma televisivo: una scaletta completa nella quale viene riportato esattamente ciò che sta andando in onda minuto per minuto e una sintetica nella quale viene indicato solo il cambio di contenuto, ambedue accompagnate dalla relativa classificazione;

c) “scalettatura telegiornali”, avente ad oggetto i soli telegiornali: la peculiarità è data dal fatto che la descrizione sintetica minuto per minuto viene ridotta a un massimo di 3-4 parole (par. 5 del capitolato tecnico, doc. 3 ric.).

In esito allo scrutinio delle offerte tecniche ed economiche presentate dalle imprese partecipanti alla gara, la graduatoria vedeva in un primo momento come vincitrice la Knowmark, seguita dalla C.A.R.E.S. - Cooperativa Analisi e rilevazioni economiche e sociali S.c.r.l. (di seguito semplicemente “Cares”) e, al terzo posto dalla odierna ricorrente Geca Italia S.r.l. (di seguito semplicemente “Geca”).

Tuttavia, svoltosi il sub-procedimento di verifica dell’anomalia a cui venivano sottoposte con esito favorevole sia la prima che la seconda graduata, in data 10 aprile 2017 il RUP comunicava l’esclusione dalla gara della Kowmark per non avere comprovato il possesso del requisito di capacità tecnica prescritto dal bando di gara (vedi doc. 18 ric.). La legittimità dell’esclusione veniva confermata dal TAR Lazio con sentenza di questa Sezione n. 6436 del 31 maggio 2017.

Parte ricorrente sottolinea che, dopo l’esclusione della prima classificata, il seggio di gara, con nota del 20.4.2017 riapriva il subprocedimento di verifica di anomalia nei confronti della Cares, la cui offerta era già stata ritenuta congrua con precedente valutazione, chiedendo alla Cooperativa una precisazione sui costi della commessa, ovvero in che modo fosse presente un utile di impresa (doc. 15 ric.).

La Cares forniva una prima risposta con nota del 26 aprile e una successiva integrazione con nota del giorno successivo (vedi doc. 16 ric.). Il giorno 5.6.2017 si chiudeva il procedimento di verifica dell’anomalia con esito favorevole alla Cares, la cui offerta veniva ritenuta congrua.

Con determinazione del D.G. RAI n. 152 del 13.7.2017 la gara è stata definitivamente aggiudicata alla Cares s.c.r.l..

2. A seguito dell’esame della documentazione di gara, la Geca ha ritenuto di poter individuare quattro distinti motivi di impugnazione a cui affida il presente ricorso e che possono essere così sintenticamente descritti:

1) la valutazione di anomalia dell’offerta di Cares S.c.r.l. e il conseguente provvedimento di aggiudicazione sarebbero viziati perché mancherebbe l’utile di impresa;
in realtà la Cares non ha indicato alcun utile di impresa nelle proprie giustificazioni, tale non potendosi qualificare la voce “eventuali costi non previsti” per un importo pari a euro 17.640,00;
la Cares, peraltro, nel tentare di giustificare l’inesistente utile, nella nota indirizzata alla S.A. in data 27.4.2017 “tradisce” lo scopo mutualisitco che le è proprio (quale coop. a mutualità prevalente), laddove dichiara il suo obbiettivo di chiudere gli esercizi economici annuali in utile e di svolgere ogni attività lavorativa con la creazione di un margine operativo (doc. 16 ric.);
sarebbe peraltro del tutto contradditoria la pretestuosa sovrapposizione tra “utile di impresa” e “costi non previsti”, realtà economicamente del tutto differenti;

2) l’attività di scalettatura proposta da Cares S.c.r.l. non sarebbe sostenibile per i ridotti tempi di esecuzione stimati: la ricorrente descrive gli elementi caratteristici dell’attività di “scalettatura”, la quale comporta che, per ogni minuto di programmazione, si provveda alla rilevazione di numerosi dati in grado di identificare il contenuto trasmesso, momento per momento;
con ciò parte ricorrente intende provare che l’attività che la ditta appaltatrice dovrà svolgere è opera articolata che richiede un adeguato arco di tempo lavorativo;
viceversa dalle giustificazioni prodotte da Cares (vedi nota del 3.4.2017, doc. 14 ric.) risulta che l’attività di scalettatura verrà svolta soltanto da 4 analisti per 7 ore al giorno, quindi per 28 ore giornaliere e per un tutale annuo di 10.220 ore lavoro. Quest’ultima cifra, rapportata alle 17.000 ore annue di programmazione da lavorare, comporta una media di 36 secondi per ogni minuto di programmazione, tempo da ritenere irragionevole e insufficiente per lo svolgimento di un servizio puntuale e corretto;

3) il costo del personale da impiegare nella commessa sarebbe errato perché si tratterebbe, al contrario di quanto dichiarato dall’aggiudicataria, di un rapporto di lavoro non autonomo ma subordinato, con conseguente e ben diversa incidenza degli oneri previdenziali: parte ricorrente prende atto di quanto previsto dall’art. 3 del Regolamento di Cares (doc. 9 ric.), a mente del quale le prestazioni lavorative dei soci non sono caratterizzate da subordinazione bensì si identificano in prestazioni d’opera ai sensi dell’art. 1, comma 3, della Legge 142/2001, che godono di ampia autonomia e discrezionalità organizzativa;
tuttavia si contesta che sono plurimi gli indicatori di subordinazione nell’espletamento del servizio – quali il calendario dei turni di lavoro, le direttive specifiche impartite, il sistema dei controlli sul lavoro svolto, l’utilizzo di strumenti di proprietà dell’appaltatore, la formazione del personale – i quali inducono ad escludere che vi sia realmente prestazione di lavoro autonomo;
secondo la ricorrente da ciò si evince che, considerata la reale natura dei rapporti di lavoro che verranno impiegati nell’espletamento della commessa, il costo del lavoro deve essere notevolmente più alto con riguardo, in particolare, agli oneri sociali annuali (aliquota del 33,84% comprensiva dell’Irap) che Cares dovrebbe sostenere nella misura di euro 77.655,36 annui, contro i dichiarati 67.558,33, pari a euro 202.674,98 per il triennio;
tale illegittimo risparmio sarebbe stato determinante ai fini dell’aggiudicazione;

4) la procedura seguita per lo svolgimento del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non sarebbe corretta perché condotta dal Responsabile del procedimento e non dalla Commissione, mentre l’art. 16 del disciplinare di gara prevedeva il necessario supporto della Commissione.

Si sono costituite per resistere al ricorso RAI S.p.a. e la controinteressata Cares S.c.a.r.l. che hanno depositato le rispettive memorie corredate da documenti, insistendo entrambe per la reiezione del ricorso.

In esito alla camera di consiglio del 14.9.2017, la Sezione ha emesso l’ordinanza n. 4871/2017 con cui è stata sospesa l’efficacia e l’esecutività del provvedimento in quanto “ferma e impregiudicata restando ogni valutazione in rito e in merito, gli effetti potenzialmente irreversibili (e pregiudizievoli per la parte ricorrente) di un eventuale stipula del contratto in oggetto con l’attuale aggiudicataria definitiva - insieme alla considerazione dell’interesse della S.A., a che sia individuata con sicurezza l’affidataria del servizio, in esito alla emananda sentenza di merito di questo TAR – inducono il Collegio alla concessione della misura cautelare richiesta”.

In vista della pubblica udienza di merito tutte le parti costituite si sono scambiate memorie conclusionali e note di replica.

Quindi alla pubblica udienza del 21 febbraio 2018 la causa, dopo la discussione, è stata trattenuta in decisione.

3. Venendo ora all’esame dei motivi di ricorso a partire dal primo, il Collegio osserva in primo luogo che la Cares è società cooperativa a “mutualità prevalente” la quale ha ad oggetto la prestazione lavorativa da parte dei soci. Ad essa si applica quanto previsto dall’art. 3 della Legge n. 142 del 2001 a mente del quale:

“1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300, le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.

2. Trattamenti economici ulteriori possono essere deliberati dall'assemblea e possono essere erogati:

a) a titolo di maggiorazione retributiva, secondo le modalità stabilite in accordi stipulati ai sensi dell'articolo 2;

b) in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi di cui al comma 1 e alla lettera a), mediante integrazioni delle retribuzioni medesime, mediante aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato, in deroga ai limiti stabiliti dall'articolo 24 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, e successive modificazioni, ovvero mediante distribuzione gratuita dei titoli di cui all'articolo 5 della legge 31 gennaio 1992, n. 59”.

In conformità al proprio scopo mutualistico la Cares è chiamata a fornire lavoro e retribuzione adeguata ai propri lavoratori e calcola i costi di lavoro del personale, non allo scopo di massimizzare l’utile, bensì mirando a retribuzioni anche superiori rispetto ai minimi sindacali di settore, prevedendo un “utile congruo” in grado di coprire, eventualmente, i costi imprevisti (vedi quanto dichiarato dalla Cares nei chiarimenti forniti alla S.A., doc. 13 res.). I predetti profili (emersi negli scambi informativi con la RAI avvenuti in sede di subprocedimento di verifica dell’anomalia, vedi in part. docc. 13 e 14 res.), sono stati ritenuti convincenti dalla S.A. al fine di ritenere congrua l’offerta dell’aggiudicataria.

Con riferimento al nodo centrale costituito dai “costi non previsti” dichiarati in euro 17.640,00 i quali, secondo la ricostruzione critica di parte ricorrente, la Cares avrebbe successivamente riqualificato, contraddittoriamente, in “utile di esercizio” (v. nota indirizzata alla S.A. in data 27.4.2017), “tradendo” così lo scopo mutualistico, il Collegio osserva che la problematica è stata già affrontata con la sentenza di questa Sezione 21 gennaio 2015, n. 987 nella quale, in termini ampiamente sovrapponibili alle censure in esame si è osservato che: “quanto alla mancanza di un utile d’impresa nell’offerta presentata dalla controinteressata, appare evidente l’infondatezza della censura la quale non si attaglia alla natura di Cooperative sociali e ONLUS delle due compagini costituenti l’ATI aggiudicataria che, per definizione, non operano a scopo di lucro.

La (…omissis…), in particolare è una cooperativa sociale ONLUS la quale ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 460 del 1997 opera per esclusivi fini di utilità e solidarietà sociale, con divieto di distribuire, anche in modo indiretto utili e avanzi di gestione e l’obbligo di impiegarli per la realizzazione delle attività istituzionali.

In coerenza con tale natura non vi è, per la ONLUS, in quanto ente no-profit la necessità di produzione di utili come per le ordinarie società commerciali aventi come scopo imprescindibile quello della produzione di utili da dividere tra i soci (v. art. 2247 cod. civ.).

Deriva da ciò che un utile esiguo o, addirittura, assente non si riflette di per sé in una valutazione negativa sulla congruità dell’offerta, in quanto presentata da soggetto che può operare senza perseguire e conseguire necessariamente utili.

L’offerta va piuttosto verificata nel suo complesso, al fine di dimostrare la sua economicità e sostenibilità, in termini di copertura dei costi organizzativi e gestionali da sopportare per l’erogazione del servizio oggetto della gara, non essendo possibile (economicamente, prima ancora che giuridicamente) per nessun organismo economico, pur se non assoggettato allo statuto tipico dell’impresa e/o della società commerciale, svolgere attività a costi tali da sopravanzare la remunerazione dei fattori di produzione, a cominciare dal lavoro che, in servizi come quello all’odierno vaglio, incide per una quota largamente maggioritaria sui costi complessivi (vedi per analoghe considerazioni TAR Toscana, Sez. I., sent. 19.3.2013, n. 425).

Entro questo limite, pertanto, non è anomala l’offerta dell’ATI aggiudicataria sotto il profilo della mancata percezione di un utile, avendo la stessa attestato con quanto dedotto in sede di verifica di anomalia, l’integrale copertura dei costi di produzione ed in particolare dei costi per il lavoro complessivamente impiegato.

Va detto, invero, che il bilancio costi-corrispettivi dell’appalto in questione non appare a “utile zero” avendo la (omissis) ONLUS dimostrato che sotto la voce “altre spese” del prospetto di cui alla nota del 31.7.2014 (doc. 4 controint.) si indica un importo di Euro 17.118,00 che non rappresenta, in realtà, null’altro se non un “surplus” rispetto ai costi indicati, da utilizzare, secondo gli obblighi di legge gravanti sulle ONLUS, nelle proprie attività istituzionali e nelle iniziative di utilità sociale.

Peraltro è condivisibile, in quanto di intuitiva evidenza, la considerazione difensiva svolta dall’aggiudicataria circa la “convenienza” ad assumere un servizio assistenziale così importante e capillare (quale è quello in esame), anche a utile zero, nel settore dell’assistenza scolastica ai disabili uditivi, per una cooperativa sociale che opera proprio in tale settore e che ha tutto l’interesse a porsi in una posizione di primo piano, di collaborazione stabile con la p.A. per le finalità di utilità sociale da essa perseguite”. Anche nella pronuncia del Consiglio di Stato del 13 settembre 2016, n. 3855, si legge che “diversamente da quanto accade per gli enti a scopo di lucro, l'offerta senza utile presentata da un soggetto che tale utile non persegue non è, solo per questo, anomala o inaffidabile in quanto non impedisce il perseguimento efficiente di finalità istituzionali che prescindono da tale vantaggio stricto sensu economico (in tal senso: Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2015, n. 84)”.

In effetti, anche per la Cares non si può parlare, per le sua natura di cooperativa a mutualità prevalente, di un “utile” in senso tecnico ma di un surplus dei ricavi rispetto ai costi il quale, essenzialmente, è idoneo a dimostrare l’economicità e sostenibilità della gestione del servizio, profilo imprescindibile per qualsiasi forma imprenditoriale. Pertanto, ciò che rileva è che, in sede di sub-procedimento di verifica di anomalia, sia stato appurato che l’importo per “costi non previsti” corrisponde all’eccedenza preventivata tra i costi di esecuzione dell’appalto e quanto ricavato a titolo di corrispettivo, la quale potrà a seconda dei casi andare a coprire costi sopravvenuti oppure essere in tutto o in parte redistribuita tra i soci lavoratori nel rispetto dello spirito mutualistico e dell’art. 3 della legge n. 142 del 2001 sopra trascritto. L’impropria qualificazione dell’importo come utile è in realtà conseguente alla peculiarità della figura soggettiva in esame e comunque non inficia la attendibilità e serietà della proposta contrattuale, essendo stata comprovata l’economicità e sostenibilità della gestione dell’impresa.

Per le ragioni che precedono il primo motivo va respinto.

4. Con riguardo alle deduzioni di cui al secondo motivo, relativo alla sottostima dei tempi di esecuzione del servizio (in rapporto al numero dei lavoratori in esso impegnati), con conseguente sottovalutazione dei costi di impresa, il Collegio ritiene che la censura sia, prima ancora che infondata, inammissibile, stando al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudizio sull'anomalia delle offerte presentate nelle gare pubbliche di appalto è ampiamente discrezionale e il sindacato va limitato ai casi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza. Il vaglio del Giudice amministrativo, infatti, può riguardare le valutazioni della Stazione Appaltante unicamente sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell'istruttoria, ma non può consistere in una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, con conseguente invasione della sfera propria della P.A. (vedi, ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2016 n. 3855;
Cons. Stato, Sez. V, 13 giugno 2016, n. 2524 e Cons. Stato, Ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36. In senso analogo - ex multis - Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 211;
Sez. V, 25 gennaio 2016, n. 242, 21 settembre 2015, n. 4431, 15 giugno 2015, n. 2953, 9 aprile 2015, n. 1813, 16 febbraio 2015, n. 801;
Sez. VI, 5 giugno 2015, n. 2770, 26 maggio 2015, n. 2662).

La giustificazione presentata dall’aggiudicataria è stata ritenuta attendibile dalla Commissione di verifica e parte appellante non ha rappresentato censure che possano inficiare tale giudizio sul piano della ragionevolezza, sostenibilità economica e logicità.

In ogni caso la censura è anche infondata nel merito in quanto la resistente è stata in grado di dimostrare che il calcolo di Geca Italia è errato sotto diversi profili. In particolare:

- le risorse indicate da Cares nella propria offerta come concretamente impiegate nell’attività di scalettatura sono in numero di sei e non di quattro come asserito da parte ricorrente e cioè: n. 4 analisti (impiegati per 7 ore al giorno) e n. 2 coordinatori, impiegati per 8 ore al giorno (vedi doc. 14, pag. 3 ric.);
questi ultimi, oltre a coordinare il lavoro giornaliero degli analisti, sono anche tenuti, come prima mansione, alla “partecipazione all’attività di scalettatura e inserimento nel data base” (vedi offerta tecnica Cares, doc. 8 ric., pag. 35 e pag. 36);
ne consegue l’erroneità del calcolo svolto da Geca che parte da un’assunzione erronea e sottostimata del numero di addetti (e quindi anche delle ore lavoro) destinati alla scalettatura quotidiana;

- in secondo luogo è opinabile la modalità di calcolo dei tempi di lavorazione seguita da parte ricorrente, trattandosi di un “dato” che può dipendere da una serie di variabili costituite da fattori interni alla singola organizzazione aziendale e che possono portare anche ad una notevole riduzione dei tempi di esecuzione (si pensi ad es. a sistemi più evoluti per lo svolgimento dell’attività);

- la stessa complessità del servizio appare sovrastimata dalla Geca, dovendosi considerare i diversi livelli di impegno richiesti dalle scalettature semplici (che sono la maggioranza per un totale di 14.000 ore) rispetto a quelle complete (corrispondenti ad un monte ore di 3.000 ore): le prime richiedono una attività di compilazione assai più rapida in quanto se i contenuti del programma non mutano non c’è necessita di compilare alcunché;

- va inoltre considerato, in base all’“id quod plerumque accidit”, che l’offerta tecnica della Cares contempla una articolata attività di monitoraggio, verifica e controllo degli errori di esecuzione sia su base giornaliera che mensile, il che lascia presumere che, superata la fase di avvio, il servizio verrà reso sempre più efficiente anche sotto il profilo dei tempi.

Le ragioni che precedono inducono senz’altro alla reiezione del secondo motivo.

5. Non merita di essere accolto neanche il terzo motivo, nel quale Geca contesta che Cares avrebbe dovuto essere esclusa in ragione del carattere oggettivamente subordinato del lavoro svolto dai soci lavoratori nella commessa, dell’illegittima qualificazione del loro rapporto come contratto d’opera e dalla conseguente mancata assunzione degli oneri previdenziali connessi a prestazioni lavorative che devono avere il doveroso inquadramento proprio del lavoro subordinato, sulla base di norme imperative.

Invero, l’instaurazione esclusiva di rapporti di lavoro di tipo autonomo o professionale prevista dall’art. 3 del Regolamento interno della Cares non rappresenta di certo un’anomalia ma va ad integrare una fattispecie che trova un preciso e favorevole riscontro nell’art. 3 della Legge n. 142 del 2001 che al comma 3 prevede: “3. Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte”.

E’ pertanto la legge stessa che consente alla Cooperative di lavoratori di instaurare rapporti di tipo autonomo / professionale con i soci lavoratori, che si vanno a collegare in modo inscindibile con il rapporto associativo, secondo lo schema generale del collegamento negoziale.

La possibilità delle cooperative di ricorrere a forme di lavoro diverse da quello subordinato trova conferma nell’art. 6 della stessa Legge n. 142/2001, laddove si prevede che il regolamento interno, che la Cooperativa di lavoro è tenuta ad adottare, descriva, vicino agli altri contenuti previsti dalla norma: “….;
b) le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, in relazione all'organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie diverse da quella del lavoro subordinato;
c) il richiamo espresso alle normative di legge vigenti per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato;…”.

Pertanto, con la norma interna adottata e con l’instaurazione di rapporti di tipo non subordinato, la Cares non ha fatto altro che avvalersi legittimamente di una facoltà riconosciutale dalla legge che considera il ricorso a tipologie di lavoro diverse da quello subordinato (come il contratto d’opera o il rapporto parasubordinato) pienamente compatibile con l’organizzazione aziendale della cooperativa.

In secondo luogo va anche rilevato che nessuno degli indicatori di presunta subordinazione allegati da parte ricorrente (vedi pag. 11 ric.) costituiscono indici certi di lavoro subordinato, trattandosi – più che di elementi caratteristici dei rapporti lavorativi dei singoli soci impiegati nella commessa - di connotazioni afferenti alle modalità di organizzazione del servizio dedotto in contratto, per la realizzazione del quale non sarebbe possibile evitare il ricorso a forme di coordinamento, di controllo della qualità, di turnazione del lavoro settimanale, di formazione dei soci lavoratori ecc. senza che ciò si riveli in alcun modo incompatibile con il lavoro autonomo (e comunque non subordinato).

Gli stessi “richiami” in caso di carenze o errori individuali degli analisti coinvolti (vedi pag. 25 dell’offerta economica Cares), lungi dall’essere espressione di un potere disciplinare/gerarchico, mirano a rendere più efficiente ed ottimale il servizio di scalettatura come richiesto dalla RAI.

In ogni caso le prestazioni sono riferibili all’oggetto sociale e allo scopo proprio della Cooperativa di lavoro e sono svolte in adempimento del contratto sociale mutualistico. Peraltro sia lo Statuto che il Regolamento interno (vedi in particolare l’art. 9 di quest’ultimo) assicurano a tutti i soci, ivi compresi ovviamente quelli coinvolti nel servizio per cui è causa, i diritti e gli obblighi dei soci lavoratori ai quali è assicurata la piena partecipazione alla vita sociale.

Ne consegue che parte ricorrente non ha dimostrato la natura subordinata del rapporto lavorativo che vincolerebbe i soci lavoratori alla Cooperativa né ha provato che la tipologia di attività che gli stessi dovranno svolgere nell’esecuzione dell’appalto sia incompatibile con una tipologia di lavoro priva della subordinazione.

Va infine rilevato che il tipo di controllo demandato al seggio di gara in sede di verifica della congruità dell’offerta non sembra potersi spingere fino al punto di potere/dovere riqualificare il rapporto giuslavoristico e di applicare un regime giuridico alle prestazioni dei lavoratori impiegati, diverso rispetto a quello derivante dalle scelte aziendali di inquadramento del personale compiute dall’impresa.

Invero la verifica ex art. 97 d.lgs. n. 50 del 2016 è di tipo tecnico-economico, in quanto diretta ad accertare la sostenibilità del prezzo proposto, principalmente in rapporto ai costi aziendali (ivi compresi, ovviamente, quelli del fattore-lavoro). Non compete invece alla Commissione di verifica - una volta ritenute adeguate e accolte le spiegazioni sui prezzi e/o sui costi proposti nelle offerte (che, ad un primo esame, siano apparse anormalmente basse alla luce di uno dei criteri di cui al comma 2 dell’art. 97 cit.) - di spingersi a sindacare le scelte di merito compiute dall’impresa sul piano dell’organizzazione aziendale e del lavoro, svolgendo un sindacato che, nel caso di specie, sarebbe sovrapponibile, oggettivamente, a quello riservato dal Giudice del lavoro.

Per tutte le ragioni che precedono anche il terzo motivo va respinto, in quanto infondato.

6. Quanto alla doglianza (quarto ed ultimo motivo) relativa al fatto che la verifica dell’anomalia dell’offerta sia stata illegittimamente svolta dal solo RUP e non dalla Commissione, il Collegio rileva che la censura ha in realtà mera valenza formale-procedurale dal momento che non si allega nulla, da parte di Geca, per tentare di provare che dal supposto vizio di procedura sia dipeso l’esito della verifica e che tale esito sarebbe stato diverso in assenza del vizio stesso. Peraltro nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia la Commissione aveva soltanto un ruolo di supporto al RUP, che era il vero organo chiamato a provvedere, come chiaramente si evince dall’art. 16 del disciplinare di gara.

Il motivo non appare pertanto meritevole di accoglimento.

7. Conclusivamente il ricorso di Geca Italia S.r.l. è infondato e va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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