TAR Roma, sez. II, sentenza 2009-10-06, n. 200909767

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2009-10-06, n. 200909767
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 200909767
Data del deposito : 6 ottobre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09141/2004 REG.RIC.

N. 09767/2009 REG.SEN.

N. 09141/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 9141 del 2004, proposto da:
P G, rappresentato e difeso dagli avv. F M, L M, con domicilio eletto presso Paolo Giordano Orsini in Roma, via Montasio, 67;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

della determinazione dirigenziale n. 175 del 19.4.2004, notificata in data 11.6.2004, con la quale è stata respinta l’istanza del ricorrente volta al conseguimento dell’equo indennizzo e del pregresso parere obbligatorio del Comitato di verifica per le cause di servizio n. 15856/2002 del 17.6.2003.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2009 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con istanza in data 21.10.2008 il ricorrente ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “glomerulo nefrite rapidamente progressiva”.

La Commissione Medico ospedaliera di Palermo, con verbale del 26.7.2001, riconosceva come dipendente da causa di servizio l’infermità “esiti di trapianto renale per insufficienza renale da glomerulo nefrite rapidamente progressiva con in atto segni di insufficienza renale ed epatica” in considerazione del fatto che l’interessato era stato esposto a disagi vari, strapazzi, stress fisici e psichici, alimentazione incongrua, freddo, umidità in diverse circostanze ed in condizioni di ambiante di lavoro a volte particolarmente sfavorevoli, e ascriveva tale infermità, ai fini dell’equo indennizzo, alla terza categoria della tabella A.

Con il parere indicato in epigrafe, in data 17.6.2003, il Comitato di verifica per le cause di servizio, già Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, riteneva la predetta infermità renale dovuta a fattori diversi sui quali nessuna influenza, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante, può riconoscersi agli asseriti fattori di disagio connessi all’attività di servizio prestata dal Palazzolo.

Conseguentemente con determinazione in data 19.4.2004 veniva rigettata la domanda volta al conseguimento dell’equo indennizzo.

Con ricorso notificato il 17.9.2004 il sig. P G ha impugnato gli atti citati, assumendone l’illegittimità per difetto di motivazione ed istruttoria, manifesta illogicità, violazione degli artt. 2 legge n. 241/90, 10 co. 11 e 18 co. 3 del d.p.r. n. 461/01 e dell’art. 178 del d.p.r. n. 1092/73.

Si è costituito in giudizio l’intimato Ministero per resistere al gravame.

Alla pubblica udienza del giorno 10 giugno 2009 la causa è stata rimessa in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo il ricorrente deduce sotto vari profili il difetto di motivazione e di istruttoria che vizia il parere del Comitato, al quale l'Amministrazione ha ritenuto di doversi pedissequamente adeguare.

Il mezzo non può trovare accoglimento.

In via preliminare, deve ricordarsi che - per costante giurisprudenza - gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti da parte delle commissioni mediche ospedaliere e del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (ora comitato per la verifica per le cause di servizio ai sensi dell'art. 10, d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461), anche in relazione all'equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica di tali organi, che pervengono alle relative conclusioni assumendo a base le cognizioni della scienza medica e specialistica.

Da ciò consegue che il sindacato sui detti giudizi è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di evidenti vizi logici, desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi l'inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l'Amministrazione.

Per quanto poi riguarda specificamente l'equo indennizzo e l'ipotesi ricorrente di contrasto tra i giudizi dei due organi tecnici, è però doveroso rilevare che i predetti pareri non sono da considerare pari ordinati in quanto la normativa di settore impone all'Amministrazione di seguire il giudizio del Comitato, costituendo questo - anche per la particolare e qualificata composizione di tale organo - un momento di sintesi finale della intera complessa procedura.

In pratica ciò comporta che da un lato, in caso di contrasto tra i due pareri, l'Amministrazione non deve esternare le ragioni in base alle quali aderisce al giudizio finale del Comitato, al quale la stessa deve necessariamente adeguarsi;
dall'altro il Comitato non ha l'obbligo di confutare analiticamente le argomentazioni della Commissione, dovendo solo tenerle presenti ai fini della formulazione del giudizio conclusivo.

Ciò premesso, e venendo al nucleo centrale della controversia, si ricorda che il Comitato ha negato la dipendenza della patologia dalla quale è affetto l'interessato sul rilievo che trattasi di affezione dovuta a fattori vari (vascolari, dismetabolici, post-infettivi, litiasici, diabete e anomalie anatomiche) su cui nessuna influenza, neppure di tipo concausale, può essere riconosciuta all’attività di servizio espletata.

Deduce il ricorrente che tale statuizione è intrinsecamente inattendibile, producendo ampia documentazione, volta a comprovare il rilievo almeno concausale dello stress lavorativo cui l'interessato è stato sottoposto in ragione delle condizioni e dell’ambiente di lavoro.

Anche questo mezzo deve essere disatteso in primo luogo perché effettivamente la documentazione acquisita nel procedimento non comprova - a giudizio di questo Collegio - che il servizio prestato dal ricorrente, pur nella sua obiettiva gravosità, si sia effettivamente distinto come generatore di uno stress o affaticamento eccedente i limiti di tollerabilità normali in relazione ad analoghe esperienze professionali.

Ma anche a prescindere da tali considerazioni, resta al fondo che il giudizio del Comitato non sembra esibire profili di inattendibilità percepibili in questa sede.

Non sussistono quindi i presupposti per l'espletamento della richiesta consulenza tecnica, tenuto conto dei limiti che - per costante giurisprudenza della Sezione - l'utilizzo di questo mezzo istruttorio incontra nel processo amministrativo, specialmente al cospetto di valutazioni, quali quelle sulla dipendenza da causa di servizio, che la legge riserva in via tendenzialmente esclusiva a determinati organi.

In effetti, nel processo amministrativo di legittimità la possibilità per il giudice di controllare la tenuta delle valutazioni tecniche formulate in sede amministrativa non comporta che egli possa sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'amministrazione, nemmeno avvalendosi della consulenza tecnica, dovendosi in sede giurisdizionale solo appurare, in base alle deduzioni di parte, se il criterio tecnico concretamente valorizzato in sede procedimentale risulti o meno attendibile. (ad es. Cons. Stato IV Sez. n. 3380 del 2008).

In senso conforme si pone la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha avuto modo ripetutamente di osservare che, come nel precedente sistema, in cui il compito di accertare la dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti era svolto dalle C.M.O. e, in caso di richiesta di equo indennizzo, dal C.P.P.O., - ai sensi dell'art. 5 bis, d.l. 21 settembre 1987 n. 387, convertito in l. 10 novembre 1987 n. 472 che aveva esplicitamente abrogato l'art. 63, t.u. 29 dicembre 1973 n. 1092 - anche nell'attuale sistema delineato dall'art. 10, d.P.R. n. 461 del 2001, in cui tale compito è stato riconosciuto nei confronti del Comitato di Verifica, gli accertamenti svolti rientrano nella discrezionalità tecnica di detto organo consultivo, le cui valutazioni conclusive sono assunte sulla base delle cognizioni della scienza medica e specialistica, sicché il sindacato di merito sulle stesse resta precluso al giudice amministrativo, mentre quello di legittimità è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di evidenti e macroscopici vizi logici, desumibili dalla motivazione degli atti impugnati (Consiglio Stato , sez. VI, 31 marzo 2009 , n. 1889);
ipotesi queste che, come rilevato, non sussistono nel caso di specie, in quanto il Comitato ha svolto nel modo più esauriente possibile la sua indagine istruttoria, giungendo ad adeguata dimostrazione del fatto che i disagi subiti dal sig. Palazzolo, durante lo svolgimento del servizio, non sono configurabili quali fattori concausali, efficienti e determinanti nell’insorgenza e nel decorso dell’infermità riscontrata.

Per queste ragioni il ricorso va rigettato.

Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite, considerata la natura della controversia.

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