TAR Torino, sez. II, sentenza 2023-05-02, n. 202300399

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2023-05-02, n. 202300399
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202300399
Data del deposito : 2 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2023

N. 00399/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00139/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 139 del 2022, proposto da
Azienda Agricola Cagnassi Giovanni, rappresentata e difesa dagli avvocati P B e C A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agea Agenzia Erogazioni Agricole e Ader Agenzia Entrate Riscossione, rappresentate e difese dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino e domiciliate ex lege presso la stessa in Torino, via dell'Arsenale, 21;

per l'annullamento

- dell'intimazione di pagamento 037 2021 90005374 82/000 dell'importo di € 240.324,31 con riferimento all'annata lattiero casearia 2002/2003 notificata il 14.12.2021;

- di ogni ulteriore atto antecedente, presupposto, conseguente o comunque connesso;

e per l'accertamento

dell'intervenuto annullamento della cartella di pagamento 30020180000011203000 con sentenza del TAR Piemonte n. 1221/2019 nel giudizio n. 188/2019 nonché dell'intervenuto annullamento del prelievo supplementare relativo all'annata 2002/2003 da parte dell'autorità giudiziaria con la sentenza n. 646/2002, cron. n. 12351, del 20.12.2002 del Tribunale di Cuneo,

e in ogni caso per l'accertamento

dell'intervenuta prescrizione dell'eventuale debito residuo a titolo di prelievo supplementare in capo all'azienda agricola ricorrente con riferimento alle annate 2002/2003.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agea Agenzia Erogazioni Agricole e di Ader Agenzia Entrate Riscossione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2023 il dott. G B e udita la difesa della ricorrente come specificato nel verbale;


Rilevato che l’impugnata intimazione (notificata il 14.12.2021) assume a presupposto la cartella di pagamento asseritamente notificata il 12.12.2018, riguardante il prelievo sulle quote latte riferito all’anno 2002 (all’annata casearia 2002/2003, secondo quanto indicato nel ricorso);

Atteso che la ricorrente, con la prima censura, sostiene che il Tribunale di Cuneo, con sentenza n. 646 del 20.12.2002 passata in giudicato, ha definitivamente accertato la non debenza dell’importo richiesto con l’intimazione adesso impugnata;

Considerato che, dopo tale sentenza, Agea ha notificato alla ricorrente, in data 30.9.2014, la richiesta di pagamento dell’importo di euro 159.231,54 (coincidente con l’importo richiesto mediante l’intimazione oggetto del ricorso in esame), oltre interessi moratori;

Considerato che la stessa costituisce una particolare forma di intimazione, introdotta dall’art. 8 quinquies, commi 1 e 2, del d.l. n. 5/2009, convertito nella legge n. 33/2009;

Rilevato che il signor Cagnassi ha impugnato la suddetta richiesta di pagamento innanzi a questo TAR, con ricorso n. 1534/2014 (avente a oggetto la “richiesta intimazione di versamento del prelievo esigibile ex art. 8 quinquies della legge n. 33/2009”), in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile con sentenza n. 1562 del 12.11.2015, non appellata e passata in giudicato;

Considerato che l’invocata sentenza del Tribunale di Cuneo n. 12351 (rectius: n. 646) del 20.12.2002 è superata dalla sopra citata sentenza di questo TAR n. 1562 del 12.11.2015, tanto che la successiva sentenza di questo TAR n. 1221 dell’11.12.2019 (pagina 3), richiamata dalla ricorrente, ha puntualizzato che “ La notifica della cartella esattoriale ha fatto seguito alla notifica delle relative intimazioni di pagamento ex L. 33/09 da parte di Agea (n. 147472276809 del 23 giugno 2014 per le annate 1995 e 1996, e n. 151005834286 25 settembre 2014 per l’annata 2002), già impugnate dall’azienda intimata dinanzi a questo TAR con ricorso R.G. 1534/2014 definito con sentenza di questa Sezione n. 1562 del 12 novembre 2015, passata in giudicato, con cui il ricorso è stato dichiarato in parte inammissibile e in parte respinto ”, e l’ordinanza cautelare relativa al ricorso n. 188/2019 ha ritenuto “ fermo e impregiudicato l’intervenuto accertamento del debito in quanto oggetto di plurimi giudicati successivi a quello invocato in ricorso, da ritenersi recessivo ”;

Considerato che la sentenza del Tribunale di Cuneo, emessa in relazione a ricorso del 2001 e riferita ai pagamenti dovuti “a partire dall’annata casearia 2000/2001”, non fa diretto riferimento all’annata 2002/2003, oggetto del ricorso in epigrafe, né risulta comprovato un discostamento dell’intimazione notificata nel 2021 e della cartella notificata nel 2018 dalla citata sentenza del giudice ordinario;

Ritenuto che il giudicato della sentenza del TAR n. 1562/2015 prevalga sul giudicato della pronuncia del Tribunale di Cuneo in quanto “ Ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo ” (Cass. civ., VI, 31.5.2018, n. 13804);

Considerato che gli atti impugnati innanzi al Tribunale di Cuneo (il quale si è pronunciato con l’invocata sentenza n. 12351 –rectius: n. 646- del 20.12.2002, su ricorso n. 910/2001) sono superati dall’intimazione di pagamento del prelievo notificata il 30.9.2014 (costituente presupposto degli atti oggetto dell’impugnativa adesso in esame) e impugnata con il sopra citato ricorso n. 1534/2014, che, come visto, in parte è stato respinto e in parte è stato dichiarato inammissibile da questo TAR con pronuncia n. 1562 del 12.11.2015;

Atteso che la ricorrente, con la prima censura, invoca la sentenza n. 1221 dell’11.12.2019, con cui questo TAR ha annullato la cartella esattoriale cui fa diretto riferimento l’intimazione impugnata con il ricorso adesso in esame;

Considerato che tale pronuncia ha accolto il ricorso per un vizio formale della cartella (“ mancata indicazione del responsabile del procedimento di emissione e notifica della cartella ”), il quale non può ritenersi emendato dall’intimazione di pagamento oggetto del ricorso in epigrafe, laddove viene specificato che “ il responsabile del procedimento di emissione e notifica del presente avviso di intimazione è Leonardo Arrigoni ”, giacché la cartella e l’intimazione di pagamento costituiscono due atti distinti, appartenenti ad una sequenza procedimentale in cui la prima deve necessariamente precedere la seconda, qualora l’espropriazione forzata non inizi entro un anno dalla notifica della cartella (art. 50, comma 2, del d.p.r. n. 602/1973);

Atteso, pertanto, che l’intimazione di pagamento è inidonea a sanare i vizi formali della precedente richiesta di pagamento, nonostante entrambi i provvedimenti siano ascrivibili agli atti di precetto, costituendo intimazioni ad adempiere con cui viene esercitato il diritto di credito e preannunciata l’esecuzione forzata;

Ritenuto che l’intimazione di pagamento emessa ai sensi dell’art. 50 del d.p.r. n. 602/1973 svolge il compito di sopperire al venir meno degli effetti della cartella esattoriale (che durano un anno) e quindi la presuppone necessariamente, ancorché entrambe assolvano alle funzioni che, nell’espropriazione forzata codicistica, sono svolte, ex art. 479 c.p.c., dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto;

Considerato, pertanto, che l’impugnata intimazione di pagamento è inficiata da invalidità derivata caducante, stante la nullità della presupposta cartella (dichiarata da questo TAR con sentenza n. 1221/19);

Atteso che la richiamata sentenza di questo TAR, n. 1221/2019, nell’annullare soltanto per un vizio formale la cartella presupposta dall’intimazione oggetto del ricorso adesso in esame, ha lasciato intatti gli aspetti che attengono all’accertamento e alla quantificazione dell’importo, coperti dal precedente giudicato del giudice amministrativo, formatosi nel 2016;

Considerato che gli importi dovuti a titolo di prelievo supplementare e i relativi interessi non sono debiti da pagarsi periodicamente, ma misure a carattere patrimoniale imposte per salvaguardare il sistema delle quote latte, e applicate sul presupposto dello sforamento delle quote individuali, talché la prescrizione rilevante è quella decennale ((ex multis: TAR Lombardia, Milano, II, 2.11.2022, n. 2432;
TAR Lombardia, Brescia, II, 19.5.2020, n. 379;
TAR Puglia, Lecce, III, 16.1.2023, n. 60);

Considerato che è consolidato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui non può essere invocata la prescrizione quinquennale ex art. 2948 cod. civ., giacché il prelievo supplementare non costituisce una prestazione periodica (Cons. Stato, Sez. II 28 dicembre 2021 n. 8659;
TAR Piemonte, II, 30.3.2023, n. 288);

Ritenuto che nel caso di specie il credito non sia prescritto, in quanto la richiesta di versamento del prelievo risulta notificata nell’anno 2014, talché l’atto immediatamente presupposto dalla cartella di pagamento vale a interrompere la prescrizione decennale, e in quanto tra la richiesta di pagamento del 2014 e l’adesso impugnata intimazione non sono decorsi dieci anni;

Atteso che la terza e la quarta censura sono inammissibili, in quanto attengono al merito della pretesa creditoria di Agea, sulla quale si è formato il giudicato di cui alla sentenza di questo TAR n. 1562 del 12.11.2015;

Ritenuti, in particolare, inammissibili i motivi di gravame incentrate sul contrasto tra normativa interna e normativa comunitaria in relazione al quantum del prelievo supplementare, sulle anomalie della banca dati dell’anagrafe bovina e sulla natura erronea dei dati posti a fondamento del regime delle quote latte (terzo e quarto motivo di gravame), giacché trattasi di questioni attinenti alla fase accertativa, coperta dalla richiesta di pagamento del 2014, costituente atto definitivo a seguito del passaggio in giudicato della sopra citata sentenza del TAR n. 1562/2015;

Ritenuto che le stesse considerazioni si attagliano al quinto motivo di ricorso, con la precisazione che la dedotta, subita compensazione con i contributi comunitari non risulta dimostrata dalla ricorrente, talché non risulta se e in quali termini l’importo detratto dai contributi avrebbe dovuto incidere sul quantum richiesto con l’atto adesso impugnato (incombe alla parte ricorrente l’onere di comprovare la subita compensazione, secondo il principio della disponibilità dei mezzi di prova);

Considerato che non può sostenersi che la contrarietà del sistema nazionale dei prelievi al diritto euro-unitario imponga la disapplicazione di tutti gli atti impositivi e della riscossione o ne determini la nullità, giacché da un lato la disapplicazione è un regime proprio delle norme e non dei provvedimenti amministrativi, dall'altro lato la violazione del diritto europeo non rientra tra le ipotesi tipiche di nullità di cui all'art. 21 septies l. 241/1990 (Cons. Stato, II, 4.3.2022, n. 1560;
id., III, 26.4.2022, n. 3177;
TAR Piemonte, II, 30.3.2023, n. 287);

Considerato che da un lato l’impugnata intimazione opera un puntuale riferimento ai presupposti dell’emissione della presupposta cartella, indicando il titolo della pretesa e l’anno di riferimento e distinguendo gli importi dovuti per capitale e interessi, dall’altro la ricorrente è ben a conoscenza dell’antefatto e dei presupposti giuridici della richiesta di pagamento, come si evince dalle articolate precedenti vicende giudiziarie aventi a oggetto il prelievo in questione, cosicché è infondata anche la doglianza incentrata sul difetto di motivazione;

Ritenuta priva di pregio la tesi della ricorrente secondo cui il difetto di motivazione riguarderebbe anche il computo degli interessi, in quanto il criterio di calcolo è rigidamente prestabilito dalla normativa vigente, con la conseguenza che la quantificazione degli interessi costituisce attività vincolata, come tale non richiedente la specificazione dei criteri seguiti;

Considerato, quanto al computo degli interessi, che la parte istante non può limitarsi a dedurre vizi formali, ma è onerata di opporre alla determinazione dell’Ente un proprio calcolo di quanto dovuto a titolo di interessi moratori, che porti ad un importo inferiore a quello quantificato nella contestata intimazione di pagamento;

Rilevato che l’interessata non ha opposto un proprio calcolo degli interessi, tale da dimostrare l’inesattezza della determinazione condotta dall’Ente;

Considerato comunque che, trovando la quantificazione degli interessi, quanto a decorrenza e modalità di calcolo, la sua fonte negli atti prodromici, l’obbligo motivazionale al riguardo è soddisfatto dall'esposizione dell’atto presupposto e dell'entità del debito distinto per capitale ed interessi (Cass., sez. trib., 9.2.2023, n. 4035);

Considerato, in conclusione, che il ricorso deve essere in parte accolto (quanto alla domanda di caducazione dell’impugnata intimazione di pagamento) e in parte respinto (in relazione alla domanda di accertamento della prescrizione e dell’avvenuto annullamento del prelievo supplementare), prescindendosi dall’inammissibilità dell’azione di accertamento propugnata dall’azienda Cagnassi, la quale azione non può trovare ingresso nei casi in cui, come nella vicenda in esame, è o era possibile la proposizione della domanda di annullamento in relazione ad atti attualmente lesivi o ad atti pregressi presupposti (TAR Veneto, III, 1.4.2021, n. 426;
TAR Lombardia, Brescia, II, 20.8.2019, n. 762).

Ritenuto che sussistano giusti motivi per compensare le spese di lite, stante la reciproca soccombenza parziale.

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