TAR Catania, sez. III, sentenza 2021-09-20, n. 202102837
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 20/09/2021
N. 02837/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02054/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2054 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
F I e C B, rappresentati e difesi dall'avvocato Gianpiero D'Alia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina, in persona dell’Assessore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina 149;
Comune di Castelmola, non costituito in giudizio;
avverso
del silenzio delle Amministrazione intimate sull’istanza dei ricorrenti in data 20 luglio 2019;
nonché per l’annullamento
del sopraggiunto provvedimento n. 0000155 in data 21 gennaio 2020 della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina, con cui è stato disposto il rigetto dell’istanza di condono edilizio.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 settembre 2021 il dott. Daniele Burzichelli;
Viste le conclusioni scritte od orali delle parti come in atti e da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con sentenza n. 1355/2020 in data 12 giugno 2020 è stato dichiarato improcedibile il gravame proposto dai ricorrenti sul silenzio delle Amministrazioni intimate sulla loro istanza in data 30 luglio 2019, volta alla definizione di un procedimento di condono edilizio avviato con istanza in data 10 dicembre 2004 e relativo a lavori di ristrutturazione, risanamento conservativo e parziale ricostruzione di un immobile principale e delle pertinenze del fabbricato sito in Castelmola, Contrada Grimaudo, foglio 11, particelle 634 e 635.
Il Tribunale, con tale decisione, ha anche disposto la remissione sul ruolo ordinario dei motivi aggiunti, notificati in data 5 febbraio 2020, con cui i ricorrenti avevano impugnato il sopraggiunto provvedimento n. 0000155 in data 21 gennaio 2020 della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina, che aveva disposto il rigetto dell’istanza di condono edilizio.
In punto di fatto, nei motivi aggiunti si rappresenta, per quanto in questa sede interessa, quanto segue: a) l’intervento soggetto a condono consiste in un’opera di risanamento conservativo, con parziale ricostruzione e ampliamento di metri quadri 33,00, di una vecchia abitazione rurale e nella realizzazione di una pertinenza di metri quadri 24,00, adibita a forno, lavanderia e deposito attrezzi, e ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico “relativo” e non “assoluto”, b) si tratta, quindi, di un intervento condonabile ai sensi del combinato disposto dell’art. 32 del decreto legge n. 269/2003 e dell’art. 23 della legge regionale n. 37/1985, perché realizzato nell’anno 1998 e rifinito prima del 31 marzo 2003, con l’impiego di una modesta volumetria;c) nel provvedimento impugnato si afferma che le opere in questione “si aggiungono alle opere sopra descritte in premessa o viceversa”, cioè ad interventi di natura pertinenziale realizzati quasi dieci anni dopo e per i quali era stata presentata nell’anno 2017 istanza di autorizzazione ex artt. 36 del D.P.R. n. 380/2001, 14 della legge regionale n. 16/2016 e 20 della legge regionale n. 4/2003;d) la Soprintendenza aveva opposto il proprio diniego sull’istanza appena menzionata e il relativo provvedimento è stato impugnato con il ricorso n. 1936/2018 - respinto con sentenza di questo Tribunale n. 220/2021 del 25 gennaio 2021 - nonché con ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, tuttora pendente.
Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) l’Amministrazione ha omesso di comunicare il preavviso di diniego;b) inoltre, neppure è stato comunicato agli interessati il provvedimento finale di rigetto;c) venendo in rilievo un procedimento volto ad accertate l’eventuale “grave pregiudizio” dal punto di vista delle esigenze di tutela paesaggistica, il coinvolgimento dei ricorrenti avrebbe sicuramente determinato l’adozione di un differente provvedimento finale;d) le opere oggetto dell’istanza sono condonabili perché realizzate in zona soggetta a “vincolo relativo” e rientrano nell’ambito dei limiti di volumetria che può essere assentita, trattandosi di un intervento di risanamento conservativo con un modesto ampliamento di una vecchia abitazione rurale e la realizzazione di opere pertinenziali consistenti in un forno, una lavanderia e un deposito attrezzi di modeste dimensioni;e) la motivazione del rigetto dell’istanza di condono si fonda sull’affermazione indimostrata che le opere realizzate nell’anno 1998 non siano condonabili perché in continuità “spazio-temporale” con altre opere pertinenziali realizzate dopo quasi dieci anni, cioè nell’anno 2007, e perché esse costituirebbero un unico “illecito permanente”;f) a parte l’erroneità di tali affermazioni, l’Amministrazione era tenuta a valutare, in concreto, se le opere di cui si tratta risultassero compatibili o meno sotto il profilo paesaggistico;g) il provvedimento non è provvisto di congrua motivazione ed è stato adottato all’esito di un’incompleta istruttoria, oltre a risultare in contrasto con le valutazioni di natura urbanistico-edilizia espresse dal Comune;h) la Soprintendenza, poi, si è espressa su profili - urbanistici ed edilizi - non di sua competenza e ha omesso di considerare che l’ordine di rimessione in pristino può essere adottato solo qualora non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano di rendere compatibile da un punto di vista paesaggistico l’intervento e le opere cui la domanda si riferisce;i) ai sensi, poi, del combinato disposto degli artt. 23 della legge regionale n. 37/1985 e 17, comma 6, della legge regionale n. 4/2003, il parere sull’istanza di condono “deve intendersi favorevolmente reso” una volta decorsi centoottanta giorni dalla ricezione della richiesta e ciò anche nel caso in cui si volesse considerare tempestiva la richiesta di integrazione documentale della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali in data 1 luglio 2014 (indirizzata solo al Comune di Castelmola e protocollata in data 28 luglio 2017, al n. 3759, ma, comunque, riscontrata dagli interessati in data 23 maggio 2018);l) il provvedimento della Soprintendenza, inoltre, non distingue tra opere che devono essere demolite, opere che non devono essere demolite e opere che non possono essere demolite senza pregiudicare l’assetto dell’immobile, rendendo di fatto impossibile l’eventuale ottemperanza all’ordine di rimessione in pristino.
L’Amministrazione Regionale, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame, osservando, in sintesi, quanto segue: a) alla data dell’istanza di sanatoria, ai sensi dell’art. 167 del decreto legislativo n. 42/2004, era già in vigore il Piano Paesaggistico, Ambito 9, approvato con decreto assessoriale n. 6682 del 29 dicembre 2016;b) pertanto, la Soprintendenza ha correttamente applicato l'art. 167 del decreto legislativo n. 42/2004, esprimendo parere contrario in quanto l'autorizzazione paesaggistica “ex post” può essere rilasciata soltanto per “piccoli abusi” soggetti a sanzione pecuniaria ai sensi del citato art. 164, quarto comma, e precisamente: - lavori che non abbiano determinato la realizzazione di nuove superfici utili o volumi ovvero di quelli legittimamente realizzati, e cioè quelli assentiti da parte della Soprintendenza;-’impiego di materiali in difformità all'autorizzazione paesaggistica;- lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria;c) a sostegno di quanto enunciato, devono menzionarsi le pronunce del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 6904/2018;n. 3289/2015;n. 4079/2013;n. 3578/2012;d) a decorrere, inoltre, dall’1 maggio 2004 (data di entrata in vigore del Codice dei Beni Culturali), il trasgressore degli obblighi previsti dall'art. 146 è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese e ciò è stato confermato mediante l'introduzione dell'art. 182, quarto comma, che impone l'assoluto divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria.
Con memoria in data 20 agosto 2021 i ricorrenti, nel ribadire le loro difese, hanno osservato, in sintesi, quanto segue: a) è stata data esecuzione alla citata sentenza di questo Tribunale n. 220/2021, provvedendosi alla demolizione delle opere che secondo il giudice amministrativo non possono essere rese compatibili attraverso l’autorizzazione paesaggistica postuma, come risulta dal verbale di accertamento del Comune di Castelmola del giugno-luglio 2021 e dalla comunicazione dell’Avvocatura dello Stato versata in atti;b) ciò anche al fine di rendere evidente l’assenza di qualsivoglia continuità dell’abuso, erroneamente considerato alla stregua di un illecito permanente dall’Amministrazione intimata;c) occorre anche evidenziare che il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con sentenza n. 681/2020 del 27 luglio 2020, ha confermato l’interpretazione favorevole all’operatività della norma sul silenzio-assenso anche per la gestione dei vincoli elencati dal primitivo art. 23, comma 10, della legge regionale n. 37/1985.
Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Il Collegio osserva quanto segue.
La Soprintendenza ha affermato che l’illecito, come ritenuto dalla giurisprudenza, deve essere considerato unitariamente e ha fatto espresso riferimento al precedente provvedimento n. 0005937 in data 9 ottobre 2017, con cui tale Amministrazione aveva già negato l’autorizzazione per opere abusive ricadenti nell’area.
Nel rigettare l’impugnazione avverso tale provvedimento il Tribunale, con sentenza n. 220/2021 del 25 gennaio 2021, ha osservato, in particolare, quanto segue: a) l’intero territorio del Comune di Castelmola è sottoposto a vincolo di notevole interesse pubblico in forza del decreto del Presidente della Regione. n. 2976 in data 22 dicembre 1978;b) nelle aree soggette al livello di tutela 2 in forza del Piano Paesaggistico è prevista, tra l'altro, la “mitigazione degli impatti dei detrattori visivi da sottoporre a studi ed interventi di progettazione paesaggistico ambientale”, nonché “l’obbligo di previsione nell’ambito degli strumenti urbanistici di specifiche norme volte ad evitare usi del territorio, forme dell’edificato e dell’insediamento e per infrastrutturali incompatibili con la tutela dei valori paesaggistico-percettivi o che comportino varianti di destinazione urbanistica delle aree interessate” (art. 9);c) non è ammissibile il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria allorquando l’intervento abbia determinato la creazione di nuovi volumi e superfici (art. 167, quarto comma, lettera a, del decreto legislativo n. 42/2004);d) l’art. 9 del Piano Paesaggistico stabilisce che, nelle aree soggette a livello di tutela 2, possono essere realizzati interventi solo previo apposito studio di progettazione paesaggistico-ambientale volto alla mitigazione degli impatti dei detrattori visivi. Occorre, però, considerare che il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la citata sentenza n. 681/2020 del 27 luglio 2020, ha effettivamente affermato che, decorso il termine di 180 giorni, il parere della Soprintendenza ai fini delle sanatorie edilizie si intende reso favorevolmente (come disposto dall’art. 17, sesto comma, della legge regionale n. 4/2003), in continuità, peraltro, con quanto già ritenuto in precedenti pronunce del giudice d’appello.
Ne consegue che nel caso di specie la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali sarebbe dovuta, semmai, intervenire in autotutela, nel rispetto della procedura e delle prescrizioni che regolano l’esercizio di tale potere.
E’ anche opportuno aggiungere che, come risulta dalla produzione documentale in data 20 agosto 2021, è stata eseguita la demolizione delle opere oggetto della sentenza di questo Tribunale n. 220/2021 del 25 gennaio 2021 (sebbene erroneamente indicata in tali atti con il numero di ricorso 1938/2018).
Può, quindi, dubitarsi in ordine alla inscindibile “unitarietà” dell’intervento, pur predicata dalla Soprintendenza nel provvedimento in questa sede impugnato.
Per le considerazioni che precedono il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato, restando salvi e riservati gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Tenuto conto del complessivo svolgimento della vicenda, le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate.