TAR Roma, sez. I, sentenza 2011-05-19, n. 201104367
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N. 04367/2011 REG.PROV.COLL.
N. 09402/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9402 del 2010, proposto da:
M A Z D P, F L, E P, rappresentati e difesi dall’avv. A C, con domicilio eletto presso A C in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
Consob - Commissione Nazionale per le società e la borsa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti F B, M L E, Antonella Valente, con domicilio eletto presso la sede della Consob in Roma, via G.B. Martini n.3;
per l'annullamento
- della delibera CONSOB n. 17516 del 30 settembre 2010 “Applicazione di sanzione amministrative pecuniarie nei confronti di esponenti aziendali di Independent Global Managers SGR S.p.A. in Liquidazione Coatta Amministrativa e, in qualità di responsabile in solido, della medesima società ai sensi degli artt. 190 e 195, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58”;
- nonché di tutti gli atti interni, presupposti, conseguenti e consequenziali, ancorché non conosciuti e conoscibili.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Consob;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 6 aprile 2011 la d.ssa Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti di cui al verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. I ricorrenti sono membri effettivi del Collegio sindacale della IGM, società di gestione del risparmio, vittima anch’essa della c.d. truffa M.
La società è stata sottoposta ad amministrazione straordinaria, e, poi, a liquidazione coatta amministrativa, con successive sanzioni agli esponenti aziendali, a seguito di una verifica ispettiva disposta nel dicembre 2008 dalla Consob, sulla base di una segnalazione della stessa IGM all’Autorità di vigilanza.
La struttura dei controlli della società, nel periodo di interesse, era articolata su quattro livelli, di cui i primi tre interni alla stessa SGR, secondo quanto richiesto dall’art. 12 del Regolamento congiunto Banca d’Italia - Consob del 29 ottobre 2007 (di attuazione dell’art. 6, comma 2 – bis, d.lgs. n. 58 del 1998, c.d. TUF – Testo unico della Finanza), rappresentati dalla funzione di Gestione del rischio ( risk manager ), dalla funzione di revisione interna ( internal audit ), dalla funzione di conformità ( compliance ), ed, infine, dalla funzione svolta dal Collegio sindacale, ai sensi dell’art. 2403 c.c..
In particolare, nell’ambito del sistema finanziario, il ruolo del Collegio sindacale è specificato nella “Istruzioni di vigilanza” della Banca d’Italia e nelle “Disposizioni di vigilanza” in materia di organizzazione e governo societario delle banche del 4 marzo 2008 della medesima Banca d’Italia, secondo le quali, il collegio sindacale verifica, in particolare, la correttezza delle procedure contabili, valuta il grado di efficienza e adeguatezza del sistema dei controlli interni, vigila sulla funzionalità del complessivo sistema dei controlli interni, promuove gli interventi correttivi delle carenze e delle irregolarità rilevate.
I ricorrenti sottolineano che non compete al Collegio sindacale entrare nel merito delle scelte gestorie. Non può, quindi, essere ritenuto responsabile per omissione di verifiche di singoli atti adottati dagli amministratori.
Nello specifico, il sistema dei controlli interni della IGM era organizzato secondo le modalità descritte nella “Relazione sulla struttura” del 28 marzo 2007, in maniera perfettamente rispondente alla normativa di settore, e comunque approvate dalla Banca d’Italia in sede di trasformazione della SIM in SGR avvenuta il 17 dicembre 2007.
Come noto, nel 2008, i mercati finanziari hanno attraversato una profonda crisi, descritta nitidamente nella Relazione del Governatore della Banca d’Italia del 31 maggio 2009.
In questo quadro va inserito il “caso M” che rappresenta la più rilevante frode, di livello mondiale, mai avvenuta nel settore finanziario.
Essa ha coinvolto moltissimi operatori, anche professionali e di grandi dimensioni a livello internazionale, con un ammontare di assett oggetto della truffa stessa pari a circa 50 miliardi di dollari.
Fin dal 2000 IGM ha investito parte del suo patrimonio nella azioni della SICAV Thema di diritto irlandese, e nel fondo Kingate, domiciliato alla British Virgin Islands.
Al dicembre 2008, aveva investito in questi due strumenti finanziari per circa 26 milioni di euro.
Nel 2008 IGM ha poi investio nel fondo speculativo italiano Helm Growt Premium e nella SICAV lussemburghese Dynamic Decisions SIF, per un controvalore di circa 5,5 milioni di euro.
Quando si sono cominciate a diffondere sul mercato notizie circa la possibile insolvenza del gruppo M e degli strumenti finanziari legati a tale gruppo, è stato lo stesso CdA di IGM, d’intesa con il Collegio sindacale, ad informare immediatamente le Autorità di vigilanza.
Sulla base di tali segnalazioni, la Consob ha avviato una verifica ispettiva, al fine di valutare il corretto svolgimento dell’attività gestoria, in relazione agli investimenti di SGR in asset collegati alla vicenda M.
Nel frattempo, il CdA e gli organi di controllo interni, sotto la vigilanza del Collegio sindacale, hanno proseguito nell’attività di monitoraggio circa l’evoluzione degli strumenti finanziari in questione.
Ciononostante, il Presidente della Consob, ritenuta la sussistenza di una serie di violazioni relative alla gestione dei fondi di investimento, e alla gestione dei portafogli su base individuale, sentito il Governatore della Banca d’Italia, con provvedimento n. 9/2009, ha disposto la sospensione amministrativa in via d’urgenza degli organi amministrativi della IGM, e la nomina di un Commissario incaricato della gestione, ai sensi dell’art. 53, comma 6, d.lgs. n. 58 del 1998.
I ricorrenti pongono in evidenza che in tale fase di commissariamento il Collegio sindacale è rimasto in carica ed ha proficuamente collaborato con il Commissario incaricato.
Sulla base delle risultanze della gestione commissariale, il MEF, accogliendo la proposta della Consob, con decreto n. 46488 del 5 giugno 2009, ha comunque sottoposto la IGM alla procedura di amministrazione straordinaria.
Infine, in data 21 giugno 2010, la IGM è stata posta in liquidazione coatta amministrativa.
Nel frattempo, il 15 ottobre 2009, la Consob aveva dato l’avvio al procedimento sanzionatorio nei confronti di 9 esponenti aziendali di IGM, tra cui gli attuali ricorrenti.
Essi presentavano le loro controdeduzioni, rispettivamente, in data 16.11.2009 (L), 25.11.2009 (P) e 26.11.2009 (Z).
Con relazione istruttoria del 13 maggio 2010 (dai ricorrenti ritenuta, nella parte di interesse, eccessivamente sbrigativa) i competenti Uffici della Consob trasmettevano il fascicolo all’Ufficio Sanzioni amministrative della stessa Consob.
Si apriva così la fase decisoria finale, in esito alla quale (nonostante le ulteriori deduzioni difensive, in particolare della d.ssa Z), veniva adottato il provvedimento impugnato, il quale accertava, nei confronti degli esponenti aziendali, le seguenti violazioni:
1) “art. 21, comma 1, lett. a) e 40, comma 1, lett. a) d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e 65, comma 1, lett. c) e 66, comma 1, lett. d) del Regolamento Consob 29 ottobre 2007, n. 16190, per avere tenuto un comportamento non diligente né corretto in merito all’operatività sugli OICR connessi alla vicenda M, sul fondo speculativo italiano Helm Growth Premium e sulla SICAVa hedge Dynamics Decisions SIF per conto dei fondi comuni e dei portafogli gestiti su base individuale, a motivo della mancata acquisizione di una conoscenza adeguata degli strumenti finanziari oggetto di investimento – necessaria al fine di assumere scelte gestorie consapevoli – e in ragione dell’incoerenza e contraddittorietà delle scelte di investimento poste in essere”;
2) “art. 15 del Regolamento congiunto Banca d’Italia – Consob del 29 ottobre 2007 ed artt. 39 e 40 del Regolamento Consob del 29 ottobre 2007, n. 161990, e allegato n. 3 al predetto Regolamento, per l’assenza di una procedura idonea ad assolvere gli obblighi imposti dalla normativa vigente in tema di profilatura dei clienti e di valutazione di adeguatezza”;
3) “art. 21, comma 1, lett. a) d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in tema di diligenza correttezza e trasparenza nella prestazione del servizio di gestione di portafogli su base individuale ed artt. 27, 29, comma 2, 31 e 38, comma 1, lett. d) del Regolamento Consob 29 ottobre 2007, n. 16190, per l’inadeguatezza della rappresentazione al cliente della natura e dell’entità dei rischi realmente connessi alla gestione dei mandati con conseguente condotta esecutiva dei contratti di gestione di portafogli, non diligente né corretta, perché difforme dal contenuto della prestazione gestoria che la SGR si era impegnata a rendere al cliente in relazione al profilo di rischio/rendimento espresso dai benchmark prescelti”;
4) “art. 16 del Regolamento congiunto Banca d’Italia – Consob del 29 ottobre 2007, a causa dell’inadeguatezza e insufficienza dell’attività di controllo di conformità alle norme”.
Per quanto qui interessa, al sig. P è stata irrogata una sanzione complessiva pari a euro 31.900,00 quale somma delle sanzioni di euro 12.700,00 per la violazione sub 1), euro 9.600,00 per la sanzione sub 2) ed euro 9.600,00 per la violazione sub 3);
Al sig. L è stata inflitta una sanzione pari, complessivamente, ad euro 23.900,00, quale somma delle sanzioni di euro 9.500,00 per la sanzione sub 1), euro 7.200,00 per la violazione sub 2) ed euro 7.200,00 per la sanzione sub 3).
Alla s.ra Z de Pignier è stata inflitta una sanzione complessiva pari ad euro 23.900,00 quale somma delle sanzioni di euro 9.500,00 per la violazione sub 1), euro 7.200,00 per la violazione sub 2) ed euro 7.200,00 per la violazione sub 3).
Le prime tre fattispecie sanzionatorie, come già accennato, sono state contestate non solo agli amministratori esecutivi e agli amministratori privi di deleghe, ma anche ai membri del Collegio sindacale.
Relativamente alla prima fattispecie, agli amministratori è stato imputato di avere preso decisioni gestorie in assenza di adeguata conoscenza degli strumenti finanziari, e di adeguata due diligence , di avere seguito un iter decisionale secondo modalità difformi da quelle formalizzate nelle procedure interne, di aver posto in essere scelte di investimento incoerenti e contraddittorie in concomitanza con l’acuirsi della crisi finanziaria.
La seconda fattispecie riguarda l’assenza di una procedura idonea ad assolvere gli obblighi imposti dalla normativa vigente in materia di profilatura dei clienti e di valutazione di adeguatezza, ulteriormente specificandosi che una procedura di questo genere, per quanto non del tutto idonea, è stata adottata solo in data 26 febbraio 2009.
La terza violazione riguarda la mancanza di diligenza e trasparenza nella prestazione del servizio di gestione di portafogli su base individuale e l’inadeguatezza della rappresentazione al cliente della natura e dell’entità dei rischi realmente connessi alla gestione dei mandati con conseguente condotta esecutiva dei contratti di gestione dei portafogli non diligente né corretta perché difforme dal contenuto della prestazione gestoria che la SGR si era impegnata a rendere al cliente in relazione al profilo di rischio/rendimento espresso dai benchmark prescelti.
Ai sindaci è stato, a dire dei ricorrenti, genericamente addebitato di essere rimasti “ sostanzialmente inattivi, essendosi affidati interamente alle verifiche che avrebbero dovuto porre in essere gli altri organi aziendali di controllo ”, aggiungendosi che “ i componenti del Collegio sindacale si sono limitati a generiche richieste di verifica ai suddetti organi di controllo ”.
In sostanza, ai componenti del Collegio sindacale viene sostanziamente ascritta una “ culpa in vigilando con riferimento all’opera degli amministratori ”.
Avverso gli atti in precedenza descritta, i ricorrenti sono dunque insorti, in particolare deducendo:
1) Violazione dell’art. 10 della l. n. 241/90 – Incompleta e inadeguata valutazione delle deduzioni prodotte dagli interessati.
Le deduzioni dei ricorrenti, non adeguatamente considerate da Consob, hanno in particolare riguardato, relativamente al primo profilo di violazione:
- la presenza di un articolato sistema di controlli all’interno della IGM;
- il ruolo sempre propulsivo mantenuto dall’intero Collegio sindacale, che ha intensificato le proprie attività di controllo dopo l’emersione della vicenda M;
- la mancanza di ogni elemento a sostegno della colposità del comportamento del Collegio sindacale;
- l’imprevedibilità della vicenda M sul mercato internazionale;
- una circostanziata e specifica ricostruzione delle scelte di investimento degli amministratori, peraltro secondo procedure approvate della Autorità di vigilanza in sede di trasformazione in SGR;
- l’atteggiamento estremamente collaborativo mantenuto nel corso dell’ispezione, e del successivo periodo di commissariamento da parte del Collegio sindacale, a differenza di altri esponenti aziendali.
Ai sindaci, viene sostanzialmente imputato di avere tenuto una condotta passiva, senza tuttavia controdedurre in merito al rispetto delle procedure da parte degli amministratori nelle scelte di investimento, sulla non imputabilità al Collegio sindacale delle scelte di acquisizione dei Fondi connessi a M, nonché sulla imprevedibilità della crisi M.
Relativamente al secondo profilo di violazione, i sindaci hanno posto in rilievo:
- che il C.d.A. della IGM aveva approvato, nella seduta del 26 febbraio 2008, i questionari per la clientela richiesti dalla normativa vigente;
- che le eventuali violazioni delle procedura contrattuali erano addebitabili agli amministratori e che il Collegio sindacale non poteva venirne a conoscenza in quanto mai nessun rilievo era stato mosso, al riguardo, dalle funzioni interne di controllo.
La Commissione, al riguardo, si è limitata a rinviare alle valutazioni espresse in ordine alle deduzioni degli amministratori.
Riguardo alla terza violazione (relativa alla inadeguata rappresentazione al cliente della natura e dell’entità dei rischi realmente connessi alla gestione dei mandati), i componenti del Collegio sindacale hanno dedotto:
- la sussistenza nel contratto di gestione patrimoniale di articoli specifici circa la tipologia di gestione della società e la rischiosità degli investimenti;
- l’avvenuta verifica da parte dei controlli interni della adeguatezza di tali informazioni (secondo quanto riferito nella relazione della funzioni di compliance del 31 marzo, riportata in stralcio nelle deduzioni Z).
Anche in questo caso la Consob si limita a richiamare, per relationem , le valutazioni delle deduzioni degli amministratori, omettendo di valutare la specificità del ruolo del Collegio sindacale.
Dinanzi all’Ufficio sanzioni amministrative, la s.ra Z ha poi presentato deduzioni integrative, con le quali ha contestato, in particolare, l’omesso coinvolgimento nel procedimento sanzionatorio dei titolari delle funzioni di risk management e di internal audit nonché la presunzione di colpa posta a circo dei sindaci.
Anche queste deduzioni, sono state valutate con generici richiami ob relationem , alle considerazioni svolte dalla Divisione Intermediari.
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 21, comma 1, lett. a) e 40, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 58 del 1998;degli artt. 27, 29, comma 2, 31, 38, comma 1, lett. d), 39, 40, 65, comma 1, lett. c) e 66 comma 1, lett. a) del Regolamento Consob n. 16190 del 2007;dell’art. 15 del Regolamento congiunto Banca d’Italia – Consob 29 ottobre 2007 – Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, data la insussistenza dei fatti addebitati.
I ricorrenti sottolineano che IGM è stata essa stessa vittima della truffa M, riguardo all’acquisizione dei Fondi Thema e Kingate.
Nel disporre la sanzione, Consob dimentica, inoltre, la sussistenza di un sistema di controlli interni che non hanno mai condotto alla rilevazione di particolari anomalie operative.
Il Collegio sindacale ha fatto pieno affidamento sugli esiti delle verifiche svolte dalle funzioni di compliance , revisione interna e risk management .
Vi è, comunque, ampia prova circa l’attività di vigilanza svolta dal Collegio sindacale, specie dopo l’emersione della “vicenda M”, in particolare, attraverso la costituzione di un “comitato di crisi” e la sollecitazione in ordine all’adozione di un programma di rafforzamento patrimoniale da sottoporre all’attenzione degli azionisti.
Richiamano i ricorrenti i verbali del 26 maggio 2008 (in cui, in particolare, si suggeriva di formalizzare i flussi di reporting ), del 23 giugno 2008, del 20 agosto 2008 (in cui si dà atto che il Sindaco Z richiedeva di rendere tracciabili le attività di monitoraggio e verifica previste in capo alla funzione di “ risk management ”9, del 2 ottobre 2008 (con la richiesta di intensificare l’attività di compliance ).
Ritengono, pertanto, di avere dato prova di avere agito in assenza di colpa.
3) Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e manifesta sproporzione tra i fatti contestati e le sanzioni inflitte ai diversi esponenti aziendali.
Non vi è corrispondenza tra le disposizioni di cui si contesta la violazione nella delibera sanzionatoria e quelle richiamate nel corso dell’istruttoria.
Tanto, con particolare riguardo alla disposizione di cui all’art. 21, comma 1, lett. a) del TUF, la quale, richiamata nelle premesse della delibera, non viene però ripresa nella parte argomentativa e motivazionale.
Vi sarebbe, infine, una manifesta sproporzione tra le sanzioni inflitte ai diversi esponenti aziendali.
Infatti, proseguono i ricorrenti, agli amministratori esecutivi è stato addebitato poco più del 50% della responsabilità, mentre ai sindaci, che svolgevano solo una funzioni di IV livello, viene addebitato il 25%.
In sintesi, la Consob ha applicato la sanzione dopo avere svolto istruttoria solo parziale, senza tenere conto delle deduzioni degli interessati, senza considerare la peculiare situazione di crisi finanziaria in cui si inseriscono i fatti contestati, e senza differenziare la posizione degli amministratori esecutivi rispetto a quella degli altri esponenti aziendali.
Si costituiva, per resistere, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa.
Le parti hanno depositato articolate memorie.
Il ricorso è stato assunto per la decisione, alla pubblica udienza del 6 aprile 2011.
DIRITTO
1. In via preliminare, il Collegio – sia pure rilevando che la Corte d’Appello di Torino, Sezione I Civile, con ordinanza pronunciata all’udienza del 25 marzo 2011, ha proposto la questione di legittimità costituzionale in relazione eventualmente all’art. 44 l. 69/2009 nonché agli artt. 133, co. 1, lett. l), 135, co. 1, lett. c), 134, co. 1, lett. c), d.lgs. 104/2010, nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva amministrativa le controversie relative alle sanzioni amministrative irrogate dalla Consob, ed ancora dell’art. 4, co. 1, n. 19 dell’allegato n. 4 d.lgs. 104/2010, nella parte in cui abroga l’art. 187 septies, co. 4, d.lgs. 58/1998, in quanto apparentemente confliggenti con gli artt. 3, 76, 103, co. 1, 113, co. 1, 111, co. 2, 7, 8 Cost. - ritiene che la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla Consob sia manifestamente infondata, con riferimento all’art. 133, co. 1, lett. l), all’art. 134, comma 1, lett. c) ed all’art. 4, co. 1, n. 19 dell’allegato 4 d.lgs. 104/2010, ed in parte irrilevante ai fini della decisione della controversia, con riferimento all’art. 135, co. 1, lett. c).
1.1. L’amministrazione resistente, nell’evidenziare che il d.lgs. 104/2010, recante l’approvazione del codice del processo amministrativo, ha attribuito alla cognitio del giudice amministrativo le azioni impugnatorie della specie, ha prospettato la lesione:
- dell’art. 76 Cost. (eccesso di delega) in quanto l’art. 44 l. 69/2009 ha delegato il Governo ad adottare norme “per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali” fissando, tra i principi ed i criteri direttivi, quello di un riordino delle “norme vigenti sulla giurisdizione”, per cui le norme delegate avrebbero dovuto afferire al processo e non alla giurisdizione e nessun ampliamento della giurisdizione amministrativa sarebbe giustificabile in base alla norma di delega anche in assenza dell’indicazione circa i contorni ed i limiti di “nuove” materie da sottrarre al giudice ordinario;
- degli artt. 3, 24, 25, 102, 103 e 113 Cost. (principi dettati dalla Corte costituzionale in tema di riparto di giurisdizione) in quanto l’applicazione delle sanzioni amministrative, a differenza del potere di vigilanza, costituirebbe il frutto di un’attività vincolata, non residuando alcun margine di discrezionalità amministrativa, sicché, in assenza di posizioni qualificabili come interessi legittimi, non sarebbe giustificabile una norma che attribuisca la giurisdizione al giudice amministrativo.
1.2. L’art. 44 l. 69/2009 – recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo - ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele.
I decreti legislativi, ai sensi del secondo comma, oltre che ai principi e criteri direttivi di cui all’art. 20, co. 3, l. 59/1997 in quanto applicabili, avrebbero dovuto attenersi, tra gli altri, ai seguenti principi e criteri direttivi:
- assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo;
- disciplinare le azioni e le funzioni del giudice riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni.
L’art. 76 della Costituzione stabilisce che l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
Il Collegio rileva in via preliminare che il sindacato di costituzionalità sulla delega legislativa si esplica attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l’uno relativo alle norme che determinano l’oggetto, i principi ed i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e si individuano le ragioni e le finalità poste a fondamento della legge di delegazione;l’altro, relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega ( ex multis : Corte Costituzionale nn. 112/2008;170/2007;54/2007;280/2004;199/2003).
Inoltre, quando la delega abbia ad oggetto il riassetto di norme preesistenti, questa finalità giustifica l’introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente soltanto se siano stabiliti principi e criteri direttivi volti a definire in tal senso l’oggetto della delega ed a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato (cfr. Corte Costituzionale nn. 170/2007;239/2003;354/1998).
In altri termini, la delega avente ad oggetto il riassetto di norme preesistenti postula l’introduzione di norme nuove rispetto al precedente sistema legislativo a condizione però che siano stabiliti principi e criteri direttivi volti a definire in tal senso l’oggetto della delega ed a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato.
Nel caso di specie, non sussiste dubbio che, come espressamente indicato nella rubrica del’art. 44 l. 69/2009, la delega al Governo sia stata conferita per il “riordino” della disciplina del processo amministrativo, sicché la stessa certamente postula la possibilità che il legislatore delegato introduca soluzioni innovative rispetto al sistema legislativo previgente.
Tra i principi fissati dal legislatore delegante, come rilevato, è previsto, da un lato, quello di assicurare la concentrazione della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, dall’altro, la disciplina delle funzioni del giudice ed in tale ottica è stato, tra gli altri, individuato il criterio di riordinare le norme vigenti sulla giurisdizione amministrativa, anche rispetto ad altre giurisdizioni.
Pertanto, occorre ritenere che siano stati stabiliti principi e criteri direttivi aventi senz’altro ad oggetto anche la possibilità di innovare le materie di giurisdizione amministrativa esclusiva, attraverso l’ampliamento delle “particolari materie” in cui, ai sensi dell’art. 103 Cost., il giudice amministrativo ha giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione anche dei diritti soggettivi, atteso che, diversamente opinando, non si comprende in cosa potrebbe consistere il riordino delle norme vigenti di cui alla legge delega, nonché idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato in quanto la facoltà per il legislatore delegato di prevedere nuove materie in giurisdizione esclusiva richiede che tale previsione debba essere funzionale al perseguimento di uno o più principi stabiliti dal legislatore delegante.
Nel caso di specie, non può rinvenirsi eccesso di delega e, quindi, contrasto con l’art. 76 Cost. in quanto il legislatore delegato, con l’art. 133, co. 1, lett. l), del codice del processo amministrativo, nell’estendere la giurisdizione amministrativa esclusiva alle controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati anche dalla Consob - per la quale Autorità, nel regime previgente, ai sensi degli artt. 195 e 187 septies d.lgs. 58/1998, erano devolute alla giurisdizione ordinaria – ha evidentemente voluto radicare la giurisdizione amministrativa esclusiva in ragione della stretta connessione tra potere di vigilanza, costituente già servizio pubblico nei settori di cui all’art. 33 d.lgs. 80/1998, e potere sanzionatorio.
Di talché, la previsione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tale materia è finalizzata proprio alla realizzazione della concentrazione della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, che costituisce uno dei principi espressamente indicati dalla legge delega.
Coerente con tale impostazione, appare, inoltre, anche l’attribuzione al giudice amministrativo, contenuta nell’art. 134, lett. c), del c.p.a., della giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie applicate dalle Autorità amministrative indipendenti. Nella materia in esame, infatti, la giurisdizione del giudice ordinario aveva la stessa latitudine oggi contestata (cfr., al riguardo, l’art. 23 della l. n. 689/81), di talché appare logico che, nel traslare la giurisdizione, siano stati attribuiti al plesso giurisdizionale amministrativo gli stessi poteri che, in precedenza, caratterizzavano la cognizione del giudice ordinario.
1.2. Parimenti, si rivela manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3, 24, 25, 102, 103 e 113 Cost..
L’art. 7, co. 1, del codice del processo amministrativo, nel prevedere la possibile devoluzione al giudice amministrativo di materie in giurisdizione esclusiva, specifica che la devoluzione ope legis alla giurisdizione amministrativa delle controversie nelle quali si faccia riferimento di diritti soggettivi può riguardare particolari materie concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere posti in essere da pubbliche amministrazioni.
Tale disposizione recepisce le indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale, in particolare con le sentenze 6 luglio 2004 n. 204, 11 maggio 2006 n. 191, 27 aprile 2007, n. 140 e, più di recente, con sentenza 5 febbraio 2010, n. 35, sulla questione dei limiti che il legislatore ordinario deve rispettare nel disciplinare, ampliandola, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
La Corte Costituzionale ha tra l’altro evidenziato come debba escludersi che dalla Costituzione non si desumano i confini entro i quali il legislatore ordinario, esercitando il potere discrezionale suo proprio, deve contenere i suoi interventi volti a ridistribuire le funzioni giurisdizionali tra i due ordini di giudici.
In particolare, ha rilevato che il vigente art. 103, primo comma, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali "la tutela nei confronti della pubblica amministrazione" investe "anche" diritti soggettivi: un potere, quindi, del quale può dirsi, al negativo, che non è né assoluto né incondizionato, e del quale, in positivo, va detto che deve considerare la natura delle situazioni soggettive coinvolte, e non fondarsi esclusivamente sul dato, oggettivo, delle materie.
Tale necessario collegamento delle "materie" assoggettabili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con la natura delle situazioni soggettive - e cioè con il parametro adottato dal Costituente come ordinario discrimine tra le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa - è espresso dall'art. 103 laddove statuisce che quelle materie devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità: e cioè devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo.
Il legislatore ordinario, pertanto, ben può ampliare l'area della giurisdizione esclusiva purché lo faccia con riguardo a materie (in tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità, per cui, da un lato, è escluso che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo (il quale davvero assumerebbe le sembianze di giudice "della" pubblica amministrazione: con violazione degli artt. 25 e 102, secondo comma, Cost.), dall'altro lato, è escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo.
In definitiva, il supremo giudice delle leggi ha escluso che la giurisdizione esclusiva possa radicarsi sul dato, puramente oggettivo, della mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio o del normale coinvolgimento nelle controversie di un generico pubblico interesse, mentre può estendersi solo a controversie nelle quali la pubblica amministrazione esercita – sia pure mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - un pubblico potere.
Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, sussistano i presupposti individuati dalla Corte Costituzionale, affinché la materia delle controversie relative ai provvedimenti sanzionatori applicati dalla Consob potesse essere devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Infatti, si tratta di una “particolare” materia caratterizzata dall’esercizio di pubblici poteri nonché dall’intreccio tra posizioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo.
Occorre in particolare considerare che il procedimento in esito al quale l’Autorità procedente infligge la sanzione amministrativa pecuniaria è caratterizzato dalla c.d. discrezionalità tecnica, vale a dire che postula l’accertamento di un fatto complesso, id est il compimento dell’illecito, sulla base di parametri tecnici non certi ma opinabili, e che tale procedimento, come in precedenza evidenziato, da un lato, viene in genere attivato contestualmente a quello inerente l’esercizio dei poteri di vigilanza, dall’altro comporta la concreta verifica circa l’osservanza, da parte degli esponenti aziendali, dell’assetto regolatorio prescritto dalle Autorità di vigilanza.
In definitiva, il Collegio ritiene che, in ragione della natura soggettivamente ed oggettivamente amministrativa degli atti sanzionatori e, quindi, del loro carattere provvedimentale, sia da escludere un problema di compatibilità costituzionale della norma.
D’altra parte, con riferimento al potere di vigilanza, al quale, come evidenziato, il potere sanzionatorio è intrinsecamente connesso, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con ordinanza 29 luglio 2005, n. 15916, hanno già avuto modo di chiarire che la vigilanza sul mercato mobiliare si esplica mediante l’esercizio di una serie di poteri nei confronti dei soggetti abilitati, diretti ad assicurare che i loro comportamenti siano trasparenti e corretti e che la loro gestione sia sana e prudente, ed hanno evidenziato che la posizione di tali soggetti, rispetto all’Autorità di vigilanza, si puntualizza in situazioni soggettive correlate all’esercizio dei poteri di vigilanza che si configurano, in linea di massima, come interessi legittimi.
Di qui, la conseguente giurisdizione del giudice amministrativo quale giudice “naturale” del legittimo esercizio della funzione pubblica.
1.3 Sulla base di tutto quanto esposto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 133, co. 1, lett. l), del c.p.a., 134, comma 1, lett. c) e dell’art. 4, co. 1, n. 19 dell’allegato 4 al d.lgs. 104/2010 (che ha abrogato gli artt. 187 septies, commi da 4 a 8, e 195, commi da 4 a 8, d.lgs. 58/1998) si rivela manifestamente infondata.
1.4 Irrilevante è, poi, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, co. 1, lett. c), del c.p.a. che ha devoluto alla competenza inderogabile del TAR Lazio, Sede di Roma, le controversie di cui all’art. 133, co. 1, lett. l), atteso che, avendo la Consob sede a Roma, la controversia rientrerebbe comunque nella competenza di questo Tribunale ai sensi dell’art. 13 dello stesso codice.
2. Ciò posto, il ricorso è infondato nel merito e deve essere respinto.
2.1. I ricorrenti si sono in primo luogo lamentati del fatto che le deduzioni presentate nel corso del procedimento, non abbiano formato oggetto di adeguata, esplicita e puntuale confutazione da parte degli Uffici.
2.1.1. La motivazione del provvedimento amministrativo è finalizzata a consentire la ricostruzione dell’ iter logico e giuridico con il quale l’amministrazione si è determinata ad adottare un dato provvedimento. Pertanto, “la garanzia di adeguata tutela delle ragioni del privato non viene meno per il fatto che nel provvedimento amministrativo finale non risultino chiaramente e compiutamente rese comprensibili le ragioni sottese alla scelta fatta dalla Pubblica amministrazione, allorché le stesse possano essere agevolmente colte dalla lettura degli atti afferenti alle varie fasi in cui si articola il procedimento, e ciò in omaggio ad una visione non meramente formale dell'obbligo di motivazione, ma coerente con i principi di trasparenza e di lealtà desumibili dall'art. 97 cost.” (Cons. Stato , sez. IV, 14 aprile 2010 , n. 2084),
Con particolare riguardo ai procedimenti di competenza dell’Autorità Antitrust (ma estensibili anche alle altre Autorità indipenenti) è stato poi più volte affermato che “l'obbligo di esame delle memorie e dei documenti difensivi non impone un'analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle parti stesse, essendo sufficiente un iter motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del non adeguamento alle traiettorie difensive e ne attesti la relativa consapevolezza.”(Cons. Stato , sez. VI, 16 marzo 2006 , n. 1397).
Nel caso di specie, è bene precisare che le valutazioni della Consob in ordine alle deduzioni dei ricorrenti, non sono soltanto quelle dell’Ufficio sanzioni amministrative, dagli stessi esplicitamente richiamate e contenute nelle pagg. 138 e ss. del provvedimento impugnato, ma sono costituite anche dalle argomentazioni della Divisione intermediari, “condivise e richiamate” dall’Ufficio in questione (cfr., in particolare, la pag. 139 del provvedimento impugnato).
2.2. Il “cuore” delle difese svolte dai ricorrenti, sia nell’ambito del procedimento che del presente gravame, è costituito dall’affermazione secondo cui compito del Collegio sindacale non è quello di effettuare verifiche puntuali e specifiche, né entrare nel merito delle scelte gestorie, bensì quello di “assicurarsi che le procedure poste in essere siano valide per realizzare la finalità perseguita” (cfr. pag. 89, provvedimento impugnato).
In relazione alla prima violazione contestata, con specifico riferimento all’operatività sugli OICR riconducibili a M, sul fondo speculativo Helm e sulla