TAR Bari, sez. II, sentenza 2012-03-01, n. 201200482

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2012-03-01, n. 201200482
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201200482
Data del deposito : 1 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01938/2011 REG.RIC.

N. 00482/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01938/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1938 del 2011, proposto da:
D F, rappresentata e difesa dall'avv. G G, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Argiro n.117;

contro

Regione Puglia, in persona del Presidente della G.R. p.t., rappresentata e difesa dall'avv. V T, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla piazza Garibaldi n.23;

nei confronti di

G C, M A;

per la declaratoria d’illegittimità dell’inerzia opposta dalla Regione Puglia alla tempestiva e corretta attuazione del dispositivo di cui alla sentenza della Corte Costituzionale, n. 354 del 15.12.2010, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, I^ Serie Speciale, n. 51 del 22.12.2010, con cui si è dichiarata l’incostituzionalità della legge regionale della Puglia n. 14 del 4 agosto 2004, art. 59, comma 3;

-con ogni statuizione conseguenziale anche in merito alla declaratoria dell’obbligo di ripristino della pregressa situazione sotto il profilo giuridico ed economico del personale indebitamente promosso e per la conseguente indizione dei pubblici concorsi relativi alla copertura dei posti resisi vacanti;

nonché per il risarcimento di tutti i danni

derivati alla ricorrente dalla colpevole inerzia della Regione, ex art. 30, comma 4°, cod.proc.amm.;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2012 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. G. Gallo e avv. V. Triggiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;

FATTO e DIRITTO

1.- Con il gravame in epigrafe la dott.ssa Ficco ha inteso censurare l’asserita inerzia dell’Amministrazione regionale rispetto all’obbligo di retrocedere i dipendenti inquadrati in categoria “D” in virtù di disposizioni regionali colpite da pronunzia di incostituzionalità, giusta sentenza della Consulta n.354/2010;
inerzia che inciderebbe sulla legittima aspettativa della ricorrente a partecipare alle procedure concorsuali che dovrebbero successivamente essere esperite per la copertura dei posti resisi vacanti per effetto della retrocessione.

La dott.ssa Ficco lamenta altresì l’incostituzionalità delle norme varate dalla Regione per regolamentare la fase transitoria, successiva alla richiamata sentenza della Corte costituzionale (in particolare l’articolo unico della l.r. n.28/2011 e l’art.47 della l.r. n.38/2011).

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio con atto depositato in data 30.11.2011, ha eccepito l’inammissibilità dell’azione proposta sotto distinti profili, oltre all’infondatezza della stessa.

Alla Camera di consiglio del 16 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2.- Deve preliminarmente osservarsi che l’interesse azionato nel presente giudizio si collega solo indirettamente all’asserita mancata retrocessione dei dipendenti colpiti dalla richiamata pronunzia della Consulta;
inerzia che –nella costruzione di parte ricorrente- interferirebbe con la sua legittima aspettativa a veder banditi i concorsi per la copertura dei posti di categoria “D” che si renderebbero conseguentemente vacanti.

Orbene, come fa correttamente rilevare la difesa regionale, sulla consistenza di tale aspettativa possono essere avanzati plausibili dubbi. Sia sotto il profilo della sussistenza in capo alla ricorrente di tutti i requisiti necessari al fine della partecipazione a tali eventuali e future procedure (allo stato assolutamente indimostrata), sia sotto un distinto profilo. La ricorrente ha invero partecipato a ben due concorsi di recente espletati per la copertura di posti regionali di pari qualifica (si ribadisce “D”);
in un caso non superando le prove pre-selettive, nell’altro caso non superando le prove scritte e non accedendo quindi alla prova orale. Rispetto a questa seconda procedura pende gravame innanzi a questo Tar secondo le coincidenti ricostruzioni di ambedue le parti processuali.

Allo stato, dunque, non pare che il dato quantitativo dei posti messi a concorso dalla Regione possa in qualche modo risultare influente rispetto alle dichiarate aspettative di parte ricorrente.

3.- In ogni caso il gravame è infondato.

L’asserita inerzia dell’Amministrazione resistente rispetto all’esecuzione delle statuizioni della Corte costituzionale risulta di fatto smentita proprio dalle norme regionali che parte ricorrente fa oggetto di censura. La prima di tali disposizioni (articolo unico della l.r. n.28 del 2.11.2011) infatti dispone, soltanto “ nelle more dell’esperimento delle procedure concorsuali per la copertura dei posti resisi vacanti per effetto della sentenza della Corte costituzionale 15 dicembre 2010 n.354 ”, l’assegnazione “funzionale” alle mansioni proprie di quei posti in favore dei dipendenti il cui avanzamento è stato colpito dalla dichiarazione di incostituzionalità;
non incide cioè sullo status dei dipendenti stessi, i cui inquadramenti nella categoria “D” sono nulli di diritto in virtù della diretta applicazione dell’art.16, comma 8 del D.L. n.98/2011 (nullità di cui è evidentemente consapevole –per quanto si dirà tra breve- anche l’Amministrazione regionale).

La ratio si percepisce con chiarezza. Considerato il numero elevato di soggetti colpiti dalla retrocessione (n.561 unità secondo la ricognizione effettuata dalla stessa Regione e confluita nel documento n.20 agli atti del giudizio) si è inteso evitare la paralisi della macchina amministrativa fino a copertura dei relativi posti a regime. Del resto, i presupposti e gli obiettivi della norma sono stati ben esplicitati nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge da cui emerge con pari nitidezza quale sia lo scopo della norma (disporre “ l’attribuzione temporanea di mansioni superiori nelle more della copertura a regime dei posti vacanti mediante procedure di reclutamento su base concorsuale ”;
cfr. par.5 doc.21) nonché il presupposto da cui la stessa muova (“ immediata applicazione di quanto disposto dall’art.16, comma 8, l.n.111/2011, e dunque delle pronunce della Corte costituzionale…” ;
cfr. sempre lo stesso par.5 ).

Che non si tratti di elusione “sostanziale” della pronunzia di incostituzionalità lo si ricava non soltanto dal nitido tenore della norma che dispone –si ribadisce- solo l’assegnazione temporanea alle mansioni –superiori- correlate ai posti per i quali dovrà necessariamente essere esperita la procedura concorsuale, ma anche dalle concrete iniziative assunte dall’Amministrazione regionale prima ancora della proposizione del presente gravame (risalente al 21 ottobre 2011) e dell’approvazione della contestata norma legislativa (risalente al 2 novembre successivo).

Già in data 3/5 ottobre aveva infatti provveduto ad avviare i procedimenti di retrocessione con note assunte agli atti del presente giudizio, in dichiarata applicazione dell’art.16 sopravvenuto, nell’interpretazione suggerita dalla Corte dei conti per la Puglia, Sezione regionale di controllo, reso nell’adunanza del 14.9.2011 e dichiaratamente fatta propria dall’Amministrazione.

In siffatto parere la Corte dei conti ha escluso il carattere innovativo dell’art.16 stesso collegandovi –con efficacia ex tunc - l’effetto automatico della nullità dei contratti stipulati sulla base di norme -per quel che qui rileva- dichiarate incostituzionali;
ergo dei contratti di categoria “D” stipulati con i dipendenti regionali colpiti dalla più volte richiamata sentenza della Consulta.

Le conclusioni attinte non possono essere poste in discussione dall’altra norma regionale censurata: l’art.47 della l.r. n.38 del 30.12.2001. Anche in questo caso, stante il tenore della disposizione, non può dubitarsi della transitorietà della disciplina dettata per mere esigenze organizzative collegate alla funzionalità dell’apparato amministrativo regionale;
né può ragionevolmente ritenersi –alla luce di un’interpretazione della norma costituzionalmente orientata- che il rinvio della “formalizzazione” di quanto previsto dal più volte richiamato art.16 del D.L. n.98/2011 all’esito di un procedimento contemplato dalla norma stessa (cfr. comma 4 dell’art.47 in esame), incida sulla nullità dei rapporti di lavoro in questione, discendente –si ribadisce ancora una volta- direttamente dall’art.16 suddetto. Tale norma, infatti, la disposizione regionale fa espressamente salva anche quanto alla necessità di comunicare agli interessati la “nullità ivi prescritta” (cfr. art.47 in esame, comma 1).

E’ evidente che l’imprescindibile passo successivo debba essere rappresentato dall’indizione dei concorsi per la copertura a regime di quegli stessi posti le cui correlative mansioni sono state temporaneamente attribuite ai dipendenti retrocessi, quali mansioni “superiori”;
ma –allo stato- essendo trascorso un intervallo di tempo ragionevolmente breve rispetto alla definizione del quadro normativo di riferimento, cui è seguito –si ribadisce- l’avvio delle complesse procedure di retrocessione prodromiche alla copertura dei posti stessi a mezzo concorso, non è dato rinvenire elementi sintomatici di illegittima inerzia.

4.- Per le stesse considerazioni che precedono deve poi essere dichiarata irrilevante, ai fini della decisione del presente gravame, la prospettata questione di costituzionalità dell’esaminata normativa regionale transitoria di cui alle leggi regionali n.28/2011 e n.38/2011.

Il presente giudizio è infatti incentrato sulla richiesta di accertamento dell’illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione regionale rispetto all’obbligo di retrocessione e il tenore delle norme censurate –secondo la suggerita lettura delle stesse- non può giustificare nè supportare un’eventuale condotta dell’Ente sostanzialmente elusiva della sentenza dichiarativa di incostituzionalità, della quale si chiede –in questa sede- esecuzione. Una corretta interpretazione di entrambe le disposizioni -lo si ribadisce- conduce alla conclusione che si sia inteso regolare la necessaria fase transitoria. L’unico passaggio normativo discutibile è contenuto nel comma 4 dell’art.47, recante rinvio temporale di quella che viene definita atecnicamente “ formalizzazione di quanto previsto dall’art.16, comma 8, del d.l.98/2011, convertito con modificazioni, dalla l.11/2011”. Tale inciso deve tuttavia essere interpretato in combinato disposto sia con il comma 1° della stessa disposizione (che inequivocabilmente prende atto dell’effetto caducatorio automatico collegato all’art.16 stesso) sia con l’articolo unico della l.r. n.28/2011 su esaminato (che –si ribadisce- attribuisce un mero valore funzionale alla predetta conservazione di mansioni).

Così interpretato anche l’art.47 in esame appare conforme a Costituzione.

5.- Veniamo infine all’azione risarcitoria per i danni asseritamente subiti in dipendenza del comportamento omissivo e dilatorio tenuto dalla Regione, formulata contestualmente al ricorso.

Anche tale domanda va respinta sia in conseguenza della dimostrata inconfigurabilità di un silenzio colpevole (ciò che esclude simultaneamente sia il requisito dell’ingiustizia del danno sia la sussistenza dell’elemento soggettivo), sia in considerazione della totale assenza di prova in relazione al concreto pregiudizio subito.

6.- Il ricorso deve pertanto essere respinto. Considerato tuttavia che parte ricorrente ha potuto prendere visione di tutta la documentazione comprovante le iniziative regionali in corso preordinate a dare esecuzione proprio alla decisione della Consulta per cui è causa, il Collegio ritiene di compensare le spese di giudizio.

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