TAR Bari, sez. III, sentenza 2021-03-22, n. 202100487
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Pubblicato il 22/03/2021
N. 00487/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00025/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 25 del 2020, proposto da:
-OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato C T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Ruvo di Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso l’avv. Fabrizio Lofoco in Bari, via P. Fiore, 14;
e con l'intervento di
ad adiuvandum :
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato C T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- dell’ordinanza di demolizione-OMISSIS-del 13.12.2019, notificata in data 16.12.2019, con cui è stata ordinata ai ricorrenti la demolizione di alcuni locali pertinenziali realizzati ante 67;
- ove necessario, del regolamento edilizio del 1955, approvato con delibera del Commissario prefettizio-OMISSIS-/1955;
- della comunicazione di avvio del procedimento prot. -OMISSIS-del 23.10.2019;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali ancorché non conosciuti dai ricorrenti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ruvo di Puglia;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica giorno 3 febbraio 2021, svolta in modalità da remoto, il dott. F C e dato atto della presenza, ai sensi di legge, dei difensori delle parti come da verbale dell’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. - Con la censurata ordinanza-OMISSIS-/2019 il Comune di Ruvo di Puglia ingiungeva ai ricorrenti la demolizione di opere asseritamente abusive.
Il provvedimento si fondava sulla constatazione della edificazione senza titolo abilitativo alcuno di fabbricati successivamente al 1967 (anno della data di approvazione ed entrata in vigore della legge ponte n. 765/1967 che ha imposto la licenza di costruire anche al di fuori dei centri abitati) e comunque in area “urbana” alla stregua dell’art. 21 del regolamento edilizio del 1955 secondo cui per “parte urbana” si intende anche l’area edificabile che si estende per 500 metri oltre il baricentro delle ultime case periferiche.
Con l’atto introduttivo del presente giudizio i ricorrenti -OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- (proprietari degli immobili de quibus ) impugnavano gli atti in epigrafe indicati, deducendo censure così riassumibili:
1) violazione dell’art. 36 legge n. 1150/1942;violazione dell’art. 31 legge n. 1150/1942;eccesso di potere;applicazione di una prassi contra legem; abrogazione per desuetudine: i locali oggetto della gravata ordinanza di demolizione sarebbero stati realizzati nel 1965 sotto la vigenza della legge urbanistica fondamentale n. 1150/1942 (che imponeva la necessità della richiesta di licenza di costruire unicamente per gli interventi da realizzare nei centri abitati), prima dell’entrata in vigore della legge ponte del 1967;viceversa, nelle zone esterne al centro abitato non sarebbe stato necessario acquisire alcun titolo abilitativo sino al 2 settembre 1967, data di entrata in vigore della legge n. 765/1967;nel caso di specie, l’Amministrazione avrebbe interpretato in modo errato un regolamento edilizio del 1955, il cui art. 21 (parimenti contestato con l’atto introduttivo) prevede che “Per parte urbana s’intende l’agglomerato cittadino e l’area edificabile che si estende per cinquecento metri oltre il baricentro delle ultime case periferiche. La parte rurale, invece, la rimanente area del territorio comunale”, imponendo la necessità del rilascio di titoli abilitativi oltre il centro abitato, in una fascia di 500 metri dal baricentro delle ultime case periferiche del centro abitato, in violazione degli artt. 31 e 7 della legge urbanistica fondamentale (che invece demandavano al PRG l’individuazione delle zone di espansione per le quali richiedere il rilascio della licenza di costruzione);inoltre, le zone di espansione potrebbero essere individuate dal piano regolatore su base cartografica e in maniera chiara;viceversa, nel caso di specie, il Comune di Ruvo di Puglia nel 1965 non sarebbe stato dotato di piano regolatore comunale, né di programma di fabbricazione, e pertanto non sarebbe esistita alcuna area di espansione individuata;conseguentemente, la licenza di costruzione sarebbe stata necessaria solo per gli interventi ricadenti nel centro abitato;la previsione di una zona di espansione da parte del regolamento edilizio si manifesterebbe illegittima in primo luogo poiché la zona di espansione doveva essere individuata nel piano regolatore o nel programma di fabbricazione (mai sarebbe potuto essere il regolamento edilizio a individuare zone di espansione), in secondo luogo poiché il regolamento edilizio non era dotato di alcun elaborato grafico, sicché tale zona risulta assolutamente vaga e incerta essendo determinata sulla base di un parametro non univoco;non esistendo una ricognizione ortografica dall’alto dell’edificato, il parametro metrico (500 metri dal baricentro delle ultime case) risulterebbe assai incerto, dovendo procedersi a misurazioni sulla base della via carrabile più breve;sarebbe, pertanto, illegittimo l’art. 21 del regolamento edilizio del 1955;inoltre, il censurato regolamento edilizio sarebbe stato approvato con una delibera del Commissario prefettizio (-OMISSIS-del 9 novembre 1955), senza l’acquisizione della necessaria approvazione del Ministro dei lavori pubblici di concerto con il Ministro dell’interno, in violazione dell’art. 36, comma 2 legge urbanistica del 1942;sarebbe stato altresì necessario acquisire i pareri della Sezione urbanistica compartimentale e del Consiglio provinciale di sanità, viceversa omessi;il citato regolamento edilizio sarebbe illegittimo giacché non approvato secondo le forme di legge e privo dei necessari pareri;a ben vedere tale regolamento, anziché costituire un vero e proprio regolamento edilizio, rappresenterebbe al più una prassi interna dell’Ufficio tecnico nell’esame delle pratiche, in quanto tale legittima solo se applicata secundum legem ;tuttavia, la previsione di cui al citato art. 21 del regolamento edilizio del 1955 risulterebbe in contrasto con l’art. 31 della legge urbanistica del 1942 che originariamente imponeva il rilascio di titoli abilitativi soltanto all’interno del centro abitato;infine, non vi sarebbe alcuna memoria di tale regolamento non essendo più applicato da decenni e non vi sarebbe prova che l’art. 21 abbia trovato applicazione anche prima dell’approvazione del regolamento edilizio del 1972, trattandosi di un provvedimento chiaramente desueto e, come tale, da ritenere abrogato per desuetudine;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del regolamento edilizio del 1955;eccesso di potere;erroneità dei presupposti;contraddittorietà manifesta;sviamento di potere: sarebbe errata l’affermazione dell’Amministrazione, contenuta nella comunicazione di avvio del procedimento del 23.10.2019, secondo cui i locali in oggetto, pur ricadendo in zona esterna all’abitato, erano siti nella fascia di 500 metri dal baricentro delle ultime case edificate e, quindi, ai sensi dell’art. 21 del regolamento edilizio del 1955 dovevano essere muniti di un titolo abilitativo;sarebbe evidente la debolezza delle argomentazioni comunali a sostegno della presunta abusività dei locali in oggetto e la loro palese contraddittorietà superabile sulla base delle risultanze catastali, rientrando tale suolo nel catasto terreni e trasferito nel 1967 nel catasto urbano soltanto a seguito dell’edificazione dell’immobile di proprietà dei ricorrenti;si tratterebbe, pertanto, di un suolo rurale e, quindi, non ricadente nel centro urbano;anche l’affermazione secondo cui “l’area di intervento era limitrofa ad altre costruzioni in corso di realizzazione” risulterebbe non provata e, comunque, assolutamente irrilevante per l’individuazione del centro abitato, considerato che per centro abitato si deve intendere, ai sensi della legge urbanistica, l’agglomerato cittadino esistente e non già le case in fase di realizzazione;
3) violazione dell’art. 8 CEDU;violazione dell’art. 1 legge n. 241/1990;violazione del principio del legittimo affidamento;violazione del principio di proporzionalità della sanzione: i ricorrenti avrebbero riposto un legittimo affidamento nella legittimità degli atti, essendo l’edificato ante 67 ricadente in zona agricola, e avendo l’Ufficio tecnico approvato nel 2016 il frazionamento catastale;inoltre, tali locali non sarebbero stati “sconosciuti”, bensì oggetto di specifica ricognizione senza alcuna contestazione, essendosi i tecnici comunali ai fini dell’approvazione del frazionamento catastale recati sul posto e avendo richiesto la demolizione delle porzioni di immobile post 67 pena altrimenti la mancata approvazione del frazionamento;tale condotta avrebbe indotto gli acquirenti a ritenere, legittimamente, che la restante parte di immobili non avesse alcuna problematica, altrimenti non avrebbe avuto alcun senso imporre la demolizione delle porzioni di immobili post 67 e non di quelle ante 67;inoltre, non sarebbe dato comprendere quale sia l’interesse pubblico alla demolizione di alcuni piccoli locali pertinenziali all’abitazione principale, stante la previsione di cui all’art. 8 CEDU che sancisce l’inviolabilità dell’abitazione, quale diritto primario dell’uomo;nel caso di specie, la sanzione della demolizione sarebbe sproporzionata in quanto rivolta verso un bene primario, senza che vi sia alcun corrispondente interesse pubblico e tenuto conto che i locali per cui è causa esistono da sessant’anni e sono stati oggetto di ricognizione da parte dell’Ufficio tecnico, senza che mai nessuno abbia rilevato alcuna abusività;
4) violazione dell’art. 11 del regolamento edilizio del 1955;violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del regolamento edilizio del 1955;violazione dell’art. 1 legge 689/1981;eccesso di potere;difetto d’istruttoria;erroneità dei presupposti: in forza del regolamento del 1955 la realizzazione in zona esterna all’abitato di alcuni piccoli locali pertinenziali nel 1965, in assenza di un titolo abilitativo, non era ritenuto un abuso edilizio in quanto variante di minima entità e, comunque, opera non in contrasto con le norme regolamentari;l’ordinanza di demolizione in oggetto sarebbe macroscopicamente illegittima in quanto l’intervento edilizio non ritenuto abusivo all’epoca di realizzazione non sarebbe stato sanzionato, con consequenziale violazione del principio di legalità sancito dall’art. 1 legge n. 689/1981;non esistendo alcun registro in ordine ai nullaosta sindacali, non è possibile procedere ad alcuna verifica, né avere alcuna certezza in ordine alla inesistenza di un nullaosta relativo ai vani pertinenziali per cui è causa;risultando tuttavia che la parte istante a suo tempo ha corrisposto un bollo per l’istanza di nulla osta, si devono ritenere sussistenti validi indizi in ordine alla esistenza di un nullaosta che dimostra la legittimità degli immobili in esame, ricadendo all’opposto sull’Amministrazione l’onere della prova della certezza della abusività, prova che nel caso di specie non è stata fornita;
5) violazione dell’art. 27 d.p.r. n. 380/2001;eccesso di potere per sviamento: l’Amministrazione resistente avrebbe proceduto a un accertamento / verifica di conformità urbanistica con finalità esplorative / repressive non contemplata dall’art. 27 d.p.r. n. 380/2001;
6) violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.p.r. n. 380/2001;violazione dell’art. 37 d.p.r. n. 380/2001;eccesso di potere;difetto d’istruttoria;erroneità dei presupposti: in via subordinata, l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere anziché con l’ordine di demolizione dei locali, con l’irrogazione di una sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 37 d.p.r. n. 380/2001, venendo in rilievo locali non costituenti autonome unità immobiliari.
2. - Si costituiva in giudizio il Comune di Ruvo di Puglia, resistendo al gravame.
Interveniva ad adiuvandum -OMISSIS-, in quanto destinataria della contestata ordinanza di demolizione-OMISSIS-del 13.12.2019.
3. - Con ordinanza collegiale -OMISSIS-/2020 questo T.A.R. disponeva verificazione al fine di accertare:
«… a) se le opere oggetto dell’ordinanza di demolizione gravata siano, o meno, realizzate antecedentemente all’anno 1967, precisando che tale dato possa essere stabilito mediante qualunque elemento utile;
b) se le opere interessate dall’ordinanza di demolizione risultino conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie vigenti al momento della loro realizzazione;
c) se in particolare i predetti manufatti siano stati costruiti in area già ricompresa, all’atto della loro realizzazione, nel centro abitato;
d) se sussistano ulteriori elementi ritenuti dal Verificatore utili ai fini della definizione della controversia;…».
In data 1° settembre 2020 il verificatore depositava la relazione tecnica.
4. - Le parti svolgevano difese in vista della pubblica udienza del 3 febbraio 2021, tenutasi in modalità da remoto, nel corso della quale la causa passava in decisione.
5. - Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso debba essere accolto in quanto fondato.
Invero, dalle risultanze della verificazione emerge che nel 1954 l’area in esame (v. foto aerea IGM del 1954) non aveva le caratteristiche ubicazionali per poter essere inserita in una perimetrazione di “centro abitato” (cfr. pag. 8 della relazione).
Il verificatore incaricato ritiene, infatti, verosimile che le opere siano state realizzate in epoca antecedente al 1° settembre 1967 (cfr. pag. 7 della relazione), ossia in epoca precedente all’introduzione ex legge ponte 6 agosto 1967 n. 765 dell’obbligo di ottenere la licenza edilizia anche per immobili siti al di fuori dei centri abitati.
Ciò premesso, si rileva che secondo la giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Liguria, Genova, Sez. I, 2.3.2017, n. 164;T.A.R. Liguria, Genova, Sez. I, 27.1.2015, n. 137) è illegittima l’ingiunzione di demolizione emessa in relazione ad un manufatto - quale quello per cui è causa - di cui è stata fornita prova non contestata della sua realizzazione in data antecedente al settembre 1967, ossia in epoca precedente all’introduzione con legge n. 765/1967 dell’obbligo di ottenere la licenza edilizia anche per immobili siti al di fuori dei centri abitati.
Non può considerarsi attualmente valida la previsione di cui all’art. 21 del regolamento edilizio del 1955 (analoghe considerazioni in tema di invalidità del regolamento operano con riferimento all’epoca in cui il medesimo regolamento venne adottato) che equipara aree esterne al centro abitato (nei limiti dei 500 metri oltre il baricentro delle ultime case periferiche) ad aree urbane, venendo in rilievo un regolamento edilizio approvato - come correttamente evidenziato dai ricorrenti a pag. 9 e 10 dell’atto introduttivo - in violazione della normativa primaria ratione temporis vigente, non risultando essere stati acquisiti ai fini dell’adozione del citato regolamento la necessaria approvazione del Ministro dei lavori pubblici di concerto con il Ministro dell’interno, né il parere della Sezione urbanistica compartimentale, né il parere del Consiglio provinciale di sanità (cfr. formulazione originaria dell’art. 36 legge n. 1150/1942: “I regolamenti edilizi dei comuni compresi negli elenchi di cui all’art. 8 sono deliberati dal podestà ed approvati con decreto del ministro per i lavori pubblici, di concerto col ministro per l’interno, uditi i pareri del consiglio superiore dei lavori pubblici e del consiglio superiore di sanità. I regolamenti edilizi degli altri comuni sono deliberati dal podestà ed approvati con decreto del ministro per i lavori pubblici di concerto col ministro per l’interno, previo esame della sezione urbanistica compartimentale e del consiglio provinciale di sanità.”).
La verificazione ha, quindi, dimostrato che tali locali erano esterni al centro abitato, precedenti al 1967 e palesato, conseguentemente, la contraddittorietà estrinseca del provvedimento impugnato e l’erroneità dei presupposti dell’ordinanza di demolizione.
Alla luce dell’esito della verificazione risultano fondati il primo e il secondo motivo di gravame.
6. - In conclusione, dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento dell’ordinanza-OMISSIS-/2019, con assorbimento di ogni altra doglianza.
7. - In considerazione della peculiarità della controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.