TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-05-24, n. 202400625

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Il provvedimento analizzato è una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, pubblicata il 24 maggio 2024, che respinge il ricorso di un ex dipendente del Ministero della Giustizia contro il decreto di destituzione emesso dal Ministero stesso. Il ricorrente contestava la legittimità della destituzione, sostenendo l'assenza di presupposti legittimi, violazioni procedurali e carenze motivazionali. In particolare, il ricorrente argomentava che il procedimento disciplinare fosse stato avviato oltre i termini previsti dalla legge e che l'Amministrazione non avesse condotto un'adeguata istruttoria, basandosi esclusivamente sulla sentenza di primo grado.

Il giudice ha rigettato tali argomentazioni, affermando che il termine per l'avvio del procedimento decorre dalla comunicazione ufficiale della sentenza penale irrevocabile, non dalla sua pubblicazione. Ha inoltre sottolineato che l'Amministrazione aveva valutato autonomamente la gravità dei fatti, ritenendo che la condotta del ricorrente fosse incompatibile con i doveri di un pubblico ufficiale. La sentenza ha confermato la legittimità della destituzione, evidenziando che la gravità delle condotte emerse giustificava la sanzione disciplinare, in linea con i principi di proporzionalità e gradualismo.

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-05-24, n. 202400625
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202400625
Data del deposito : 24 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/05/2024

N. 00625/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01112/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1112 del 2023, proposto da
-OISSIS- -OISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, n. 4;

per l'annullamento

- del decreto di destituzione n. -OISSIS- - 2023 / -OISSIS-/ -OISSIS- del 14.09.2023 emesso dal Ministero della Giustizia, notificato in data 15.09.2023;

- della deliberazione del Consiglio Centrale di disciplina del 03.07.2023 -OISSIS-;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2024 la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente veniva sottoposto a procedimento penale dinanzi al Tribunale di -OISSIS-, che, mediante sentenza n. -OISSIS- del 14 dicembre 2016 irrogava la pena della reclusione di anni 3 e mesi 8.

La predetta pena veniva inflitta per il reato di danneggiamento mediante incendio (art. 424 c.p. capo di imputazione a) e per il reato di estorsione (art. 629 cp capo di imputazione b) modificato in luogo dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni) nella forma del tentativo.

Avverso tale sentenza, il ricorrente proponeva appello innanzi la Corte di Appello di Firenze, la quale, con la sentenza n. -OISSIS- del -OISSIS-, divenuta irrevocabile il 15 dicembre 2022, dichiarava non doversi procedere per il reato di cui agli artt. 81, 110, 56, 393 c.p. (esercizio arbitrario delle proprie ragioni), previa riqualificazione del reato non più considerato quale estorsione, e art. 424 c.p. (Danneggiamento seguito da incendio) perché estinti per prescrizione.

In data 1° dicembre 2022, la Direzione Circondariale di -OISSIS- trasmetteva la predetta sentenza, in forma integrale, al Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - ed al Provveditorato Regionale.

In data 22 marzo 2023, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria emetteva il provvedimento di comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, ossia la contestazione degli addebiti, finalizzato alla cessazione dal servizio per destituzione ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. a), b) c) e d), cui seguiva la notifica, in data 15 settembre 2023, del decreto di destituzione.

Con il ricorso indicato in epigrafe, il ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di destituzione emesso dal Ministero della Giustizia, ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. a), b) e d) e comma 3, lett. a) d.lgs.30 ottobre 1992, n. 449.

Avverso il provvedimento di destituzione il ricorrente ha dedotto l’illegittimità per: I. Assenza di presupposti legittimi per la cessazione dal servizio, violazione dei termini perentori previsti per il procedimento di destituzione, violazione di legge, violazione dei termini procedimentali di cui all’art. 6 del d.lgs. 30 ottobre 1992 n. 449, l. n. 97 del 2001, violazione della circolare n. 3635/6085 del 2012, eccesso di potere per violazione delle disposizioni interne relative alla procedura di destituzione, violazione dell’art. 97 Costituzione;
II. Vizio di motivazione, carenza di istruttoria, eccesso di potere per assoluta carenza di istruttoria, per difetto di motivazione, illogicità, arbitrarietà, incoerenza, incongruità e contraddittorietà manifeste, nonché eccesso di potere per erronea valutazione e/o travisamento della situazione di fatto e violazione dell’art. 97 Cost.;
III. Proporzionalità e gradualismo sanzionatorio, criteri per irrogazione della sanzione disciplinare ex art. 1 d.lgs. n. 449 del 1992 e artt. 1 e 3 l. 241 del 1990.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria;
Con ordinanza n. 493 del 9 novembre 2023, questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare ai soli fini della fissazione dell’udienza di merito per il 4 aprile 2024.

All’udienza pubblica del 4 aprile 2024 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. – Con il primo motivo di ricorso, in sintesi, il ricorrente sostiene che, nonostante l’Amministrazione avesse conoscenza della sentenza penale emessa nei suoi confronti già in data 1° dicembre 2022 (poiché la Direzione Circondariale di -OISSIS- aveva trasmesso in tale data la predetta sentenza, in forma integrale, al Ministero della Giustizia – Dipartimento Amministrazione Penitenziaria - ed al Provveditorato Regionale) e dell’intervenuta sua irrevocabilità (facilmente riscontrabile dopo il decorso del termine di quindici giorni ex lege previsto) questa, solo mediante richiesta del successivo 20 febbraio 2023, oltre due mesi dopo, aveva chiesto copia del provvedimento irrevocabile. Secondo la difesa del ricorrente, pertanto, nel caso in esame, si sarebbe concretizzata una grave violazione del principio di tempestività dell’azione amministrativa e, nello specifico, dell’art. 6, comma 4 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449.

Il ricorrente, dunque, richiama l’art. 6 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 (richiamato anche nel provvedimento di destituzione), rubricato “ Destituzione ” il quale recita: “ 1. La destituzione consiste nella cancellazione dai ruoli dell'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio.

2. La destituzione è inflitta: a) per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale;
b) per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento;
c) per grave abuso di autorità o di fiducia;
d) per dolosa violazione dei doveri, che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione penitenziaria, ad enti pubblici o a privati;
e) per gravi atti di insubordinazione commessi pubblicamente o per istigazione all'insubordinazione;
f) per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari;
g) per omessa riassunzione del servizio, senza giustificato motivo, dopo cinque giorni di assenza arbitraria.

3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, come modificato dall'articolo 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16, l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria può altresì essere destituito all'esito del procedimento disciplinare di cui al comma 4, nei seguenti casi: a) condanna passata in giudicato per i delitti contro la personalità dello Stato;
per i delitti contro la pubblica Amministrazione;
per i delitti contro l'Amministrazione della giustizia;
per i delitti contro la fede pubblica, escluso quello di cui all'articolo 457 del codice penale;
per i delitti contro la moralità pubblica ed il buoncostume previsti dagli articoli 519, 520, 521 e 537 del codice penale e per i delitti previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 20 febbraio 1958, n. 75;
per i delitti di rapina, estorsione, millantato credito, furto, truffa, appropriazione indebita, sequestro di persona a scopo di estorsione, circonvenzione di persone incapaci, usura, ricettazione;
per qualsiasi delitto avente finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale;
per i delitti previsti dalla legge 15 dicembre 1990, n. 395, sul nuovo ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria;
per qualsiasi altro delitto non colposo per il quale sia stata irrogata una pena non inferiore ad un anno di reclusione;
b) condanna, passata in giudicato, che importi l'interdizione perpetua dai pubblici uffici;
c) applicazione di una misura di sicurezza personale di cui all'articolo 215 del codice penale, ovvero di una misura di prevenzione a norma dell'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, dell'articolo 19 della legge 22 maggio 1975, n. 152 e dell'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55
”.

Al comma 4 dell’art. 6 è previsto che “ La destituzione per le cause di cui al comma 3 è inflitta all'esito del procedimento disciplinare, che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l'Amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna ovvero del provvedimento con cui è stata applicata in via definitiva la misura di sicurezza o di prevenzione e concluso nei successivi novanta giorni .

Sull’applicazione di tale norma, il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che “ l’Amministrazione procedente è tenuta a concludere il procedimento disciplinare nel termine di complessivi duecentosettanta (270) giorni da quando ha avuto notizia della sentenza penale a carico del dipendente incolpato, e tale termine complessivo, che si ricava sommando al termine di 180 giorni imposto per l’inizio del procedimento disciplinare, e decorrente dalla suddetta notizia, quello di successivi 90 giorni imposto per la conclusione del procedimento disciplinare, trova applicazione sia che la sentenza penale sia di condanna che di proscioglimento per prescrizione del reato ” (Cons. Stato, sez. II, 16 febbraio 2022 n. 1157, che richiama Cons. Stato, sez. IV, 13 maggio 2011, n. 2941).

Ebbene, secondo la difesa del ricorrente i centottanta giorni (cui si debbono aggiungere gli ulteriori novanta giorni, per un totale massimo di duecentosettanta giorni) di cui all’art. 6, comma 4 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 debbono farsi decorrere dal 15 dicembre 2022, data in cui la sentenza era diventata irrevocabile (di cui il Dipartimento sarebbe stato a conoscenza poiché la Direzione Circondariale di -OISSIS- aveva trasmesso la predetta sentenza, in forma integrale, al Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ed al Provveditorato Regionale in data 1° dicembre 2022), mentre, nel caso in esame, il provvedimento sanzionatorio di destituzione a carico del ricorrente risultava essere stato adottato il 14 settembre 2023, ossia oltre 273 giorni e, quindi, in evidente violazione dell’art. 6, comma 4 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 che dispone invece un arco temporale di complessivi 270 giorni per l’inizio e la conclusione del procedimento.

L’Amministrazione avrebbe peraltro formulato la richiesta di copia integrale del provvedimento solo il 20 febbraio 2023, e cioè, ben oltre due mesi dopo dall’intervenuta irrevocabilità della sentenza.

In via preliminare, si osserva che non sussiste un espresso termine perentorio per l’acquisizione della sentenza da parte dell’amministrazione.

Ciò posto, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, il Collegio ritiene che l’art. 6, comma 4 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 debba essere interpretato nel senso che i centottanta giorni debbano essere fatti decorrere dalla data di comunicazione ufficiale della sentenza penale irrevocabile e non dalla data di pubblicazione della stessa.

E’ giurisprudenza pacifica che “ ai sensi dell'art. 6, comma 4, d.lgs. n. 449 del 1992, il procedimento volto all'irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione nei confronti di agenti della polizia penitenziaria deve essere proseguito o promosso entro 180 giorni decorrenti dalla data in cui l'Amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna per poi essere definito nei successivi novanta giorni, con la conseguenza che la sanzione disciplinare in parola deve essere inflitta entro 270 giorni dalla predetta notizia ” (Cons. Stato, sez. V, 1° febbraio 2023, n. 1808 che richiama Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 2013, n.4456;
T.A.R. Campania, sez. VII , 29 dicembre 2018, n. 7428 e T.A.R. Lazio, sez. I , 9 marzo 2017, n. 3260.

Sul punto, si richiama anche quanto evidenziato dalla Corte Costituzionale: “ Tuttavia, con la sentenza n. 186 del 2004, intervenuta dopo una consolidata attuazione, anche nel procedimento disciplinare, dei principi sul procedimento amministrativo, la Corte ha operato un diverso bilanciamento degli interessi, ritenendo irragionevole e contrario al principio di buon andamento dell'amministrazione il far decorrere il termine per instaurare il procedimento dalla conclusione del giudizio penale con sentenza irrevocabile, anziché dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione. E ciò in considerazione del fatto che, non prevedendosi che l'amministrazione sia posta a conoscenza del termine iniziale (sentenza penale irrevocabile di condanna) per l'instaurazione del procedimento, ed imponendosi lo svolgimento di un'attività per la conoscenza di questo dato, si espone l'amministrazione stessa al rischio dell'infruttuoso decorso del termine decadenziale, rendendo così più difficoltosa ed incerta la stessa applicazione delle sanzioni Al contrario, stabilizzata nell'ordinamento la riconduzione di tutte le sanzioni disciplinari, compresa la destituzione, nell'alveo del relativo procedimento amministrativo, in una prospettiva di autonomia dal processo penale, il buon andamento dell'azione amministrativa sollecita un'interpretazione che valorizzi l'intervenuta conoscenza da parte dell'amministrazione della sentenza di non doversi procedere. Solo in tal modo, infatti, è possibile assicurare un corretto bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti che vengono in rilievo nel procedimento. Dunque, proprio in considerazione delle ragioni indicate dal rimettente con riferimento al caso della sentenza di improcedibilità dell'azione in forza di estinzione del reato per prescrizione, sussiste l'esigenza che il dies a quo per l'amministrazione decorra dalla conoscenza effettiva, così come effettive sono le garanzie procedimentali di cui si avvale il dipendente ” (Corte cost. 21 marzo 2014, n. 51).

Tale termine, nel caso in esame, coincide con il 6 marzo 2023, corrispondente al momento in cui la Casa circondariale di -OISSIS- (dopo aver ricevuto, dietro sua richiesta del 20 febbraio 2023, in data 1° marzo 2023, la comunicazione da parte della Corte di Appello di Firenze dell’intervenuta irrevocabilità) aveva trasmesso al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria la sentenza con la comunicazione dell’avvenuta irrevocabilità, intervenuta in data 15 dicembre 2022. Ne consegue che il procedimento di destituzione ha avuto una durata pari a 192 giorni sui 270 disponibili previsti dall’art. 6, comma 4 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449.

Nessuna violazione dell’art. 6, comma 4 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449 è pertanto ravvisabile nel caso in esame.

La prima censura pertanto è priva di pregio.

2. – Con la seconda censura il ricorrente sostiene che il decreto di destituzione sarebbe illegittimo, stanti le gravi carenze istruttorie che inficiano il procedimento di adozione dell’atto stesso e la carenza di motivazione del provvedimento stesso.

Più nello specifico, secondo la difesa del ricorrente, l’Amministrazione avrebbe emesso un provvedimento basandosi solamente sulla sentenza di primo grado, deducendo così una “ assenza di autonoma attività istruttoria da parte dell’Amministrazione: omessa valutazione delle risultanze di indagine penali, erronea formulazione della contestazione di addebiti disciplinare ”, tenuto conto non solo che vi era stata la riqualificazione della fattispecie di reato in grado di appello, molto meno grave, ma anche che dagli esiti del processo penale emergeva la chiara estraneità del ricorrente rispetto a quanto commesso dai fratelli.

Il Collegio ritiene di poter valutare contestualmente alla seconda censura anche la terza censura con la quale la difesa del ricorrente deduce la violazione del principio di proporzionalità e di gradualismo sanzionatorio.

Sul punto, in via generale, si osserva che il non aver riportato alcuna sentenza penale di condanna, oltre al mutamento del capo di accusa da delitto di estorsione a esercizio arbitrario delle proprie ragioni non influiscono sul giudizio operato dall’Amministrazione nel procedimento disciplinare, né automaticamente rendono il ricorrente del tutto estraneo alle condotte riportate nella sentenza del Tribunale di -OISSIS-, né impediscono che, valutata in concreto la gravità dei comportamenti rispetto agli obblighi connessi alla qualità di poliziotto penitenziario, si possa giungere, in sede disciplinare, ad irrogare la sanzione della destituzione.

Sulla possibilità di valutare in modo autonomo in sede disciplinare i fatti emersi in sede penale, a prescindere dall’esito del processo, si richiama quanto condivisibilmente evidenziato dal Consiglio di Stato “ E' pacifico in giurisprudenza che le sentenze penali di proscioglimento non impediscono all'Amministrazione di sottoporre il dipendente a procedimento disciplinare per gli stessi fatti che avevano formato oggetto dell'azione penale (Cons. St., VI, n. 1500 del 3.11.1998;

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