TAR Lecce, sez. II, sentenza 2020-12-01, n. 202001353

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. II, sentenza 2020-12-01, n. 202001353
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 202001353
Data del deposito : 1 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/12/2020

N. 01353/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00301/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 301 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso, ex lege , dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, presso la medesima per legge domiciliato;

per l'annullamento

dell'atto avente protocollo M_D GMIL REG2019 n. -OMISSIS- datato 9 dicembre 2019 del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il personale militare e notificato al ricorrente in data 16 dicembre 2019, recante l'irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione disciplinare dall'impiego per mesi 1 ai sensi dell'articolo 1357, lettera a) D. Lgs. 66/2010.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2020 il dott. Andrea Vitucci e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25, comma 2, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1) Il ricorrente è stato componente, unitamente ad altri 7 militari e al Capo Team (quest’ultimo non ricorrente in questa sede), del Nucleo Militare di Protezione (NMP) a bordo della Nave mercantile “-OMISSIS-” dal 6 dicembre 2012 al 10 dicembre 2012, per svolgere attività di contrasto alla pirateria.

2) Durante tale servizio si è verificato un episodio per il quale è stata poi attivata un’azione penale militare nei confronti dei componenti di quel NMP, per il reato di “ violata consegna pluriaggravata in concorso ” (art. 110 c.p. nonché art. 47 nn. 2, 3, 4 e 5 e art. 120 co. 1 e 2 c.p.m.p.).

3) Il processo penale militare traeva origine dal fatto che i componenti del NMP posavano per svariate fotografie, unitamente ad alcuni membri dell’equipaggio della predetta nave mercantile, consentendo a questi ultimi di maneggiare le armi in dotazione.

4) Il processo penale militare si concludeva in senso assolutorio, “ per non aver commesso il fatto ”, per il ricorrente e gli altri 7 coimputati – mentre sorte diversa riceveva il Capo Team – con sentenza della Corte Militare di Appello n. -OMISSIS- del 23-30 gennaio 2019, divenuta irrevocabile il 9 aprile 2019, nella quale si afferma che:

- a) “ non risulta sufficientemente provato il requisito soggettivo dell’essere stati i militari oggi imputati di servizio o di guardia. Dalla complessa ed articolata istruttoria dibattimentale non emerge con certezza l’organizzazione dei turni con cui si doveva svolgere il servizio di vigilanza e controllo della Nave mercantile <<-OMISSIS->>
e quindi quali fossero i soggetti chiamati a svolgere la vigilanza sulla sicurezza della nave
[…]. Il Capo [Team] era responsabile del citato servizio che doveva modularsi con intensità diversa a seconda del tipo di acque attraversate nel corso della navigazione […]. Naturalmente questo compito spettava al [Capo Team]” (pag. 15 sentenza);

- b) “[…] le modalità di svolgimento del servizio armato di vigilanza, così come previste dal [Capo Team] erano il risultato di decisioni discrezionali che sicuramente gli competevano anche da un punto di vista regolamentare, non essendo in atto alcuna criticità ” (pag. 16 sentenza);

- c) “ Nel corso dell’istruttoria dibattimentale non è stato appurato né quali componenti del Team fossero incaricati della sorveglianza dei tre radar presenti in plancia, né a chi appartenessero le armi lunghe raffigurate nelle fotografie. In altri termini, non si è potuto accertare, con riferimento a quest’ultima notazione, se le armi di cui era stato consentito il maneggio a terzi erano in dotazione ai due militari di guardia ovvero ad altri fucilieri. A giudizio della Corte, la semplice presenza di tutti i marò al momento conviviale di saluto organizzato dal loro Capo [Team] e dal Comandante [della nave mercantile] e l’essere stati ripresi nelle fotografie acquisite agli atti processuali non può, al di là di ogni ragionevole dubbio, costituire una prova piena di una responsabilità penale in capo a tutti gli imputati . Infatti, le violazioni contestate potevano essere ragionevolmente imputate solo ai due militari che in quell’arco di tempo erano specificatamente preposti alla vigilanza. Non appare corretto, infatti, attribuire un significato troppo ampio alla nozione di “servizio”, che non può essere inteso in modo generico. Non sarebbe realistico pensare ad una attività lavorativa svolta professionalmente e con l’uso di armi senza limiti spazio-temporali predeterminati . L’organizzazione di turni prestabiliti del personale è quindi una modalità indispensabile per assicurare un servizio efficiente nel tempo. Proprio per tale motivo gli odierni imputati non operavano mai congiuntamente, ma operavano in dispositivi formati da due uomini in base ad una turnazione, salvo situazioni di emergenza che potevano necessitare l’intervento anche di tutti gli uomini del team ” (pag. 17 sentenza);

- d) “ Da nessun documento acquisito emerge una turnazione scritta, né la stessa era inserita nei report giornalieri che il [Capo Team] redigeva ed inviava ai suoi superiori ” (pag. 18 sentenza);

- e) “ Alla luce delle considerazioni sopra esposte non può che giungersi ad un giudizio assolutorio nei riguardi di tutti gli odierni prevenuti, non essendo stata raggiunta piena prova in ordine alla commissione da parte loro del fatto criminoso addebitato ” (pag. 18 sentenza).

5) Conclusosi il procedimento penale nei suddetti termini, la Marina Militare avviava, nei confronti dei suddetti militari, il procedimento disciplinare per i fatti sopra esposti e irrogava loro la sanzione disciplinare della sospensione di 1 mese dall’impiego, con la seguente motivazione:

- a) per aver posato in alcune fotografie , “unitamente ad alcuni membri dell’equipaggio della [nave mercantile], consentendo agli stessi di maneggiare le armi in dotazione […]. Fatto commesso nel pomeriggio del 9 dicembre 2012 a bordo della Nave mercantile -OMISSIS- in navigazione nelle acque internazionali prospicienti il Sultanato dell’Oman” ;

- b) “ Tale comportamento, ancorché non sanzionato penalmente, è comunque censurabile sotto l’aspetto disciplinare in quanto in netto contrasto con i doveri attinenti al grado rivestito, al senso di responsabilità, al rispetto verso colui che ha il dovere di far osservare una consegna e all’agevolazione dello stesso nell’assolvimento del compito, nonché con il contegno esemplare che ciascun militare deve tenere in ogni circostanza a salvaguardia del prestigio dell’Istituzione cui appartiene ”.

6) Nelle premesse del provvedimento impugnato si legge, tra l’altro, che:

- a) pur non risultando la commissione del fatto criminoso, “ risulta comunque pacifico che gli imputati siano stati ritratti in fotografia, insieme al personale della nave mercantile che maneggiava in maniera indebita le armi in possesso ai militari e dall’altro, sebbene la condotta fu posta in essere asseritamente in esecuzione dell’ordine impartito dal Capo Team, non risulta che il militare abbia agito come prescritto dall’articolo 729 comma 2 del T.U.O.M. [Testo Unico dell’Ordinamento Militare, di cui al D.P.R. n. 90/2010]. Tale norma prevede infatti che di fronte a un ordine che non venga ritenuto conforme alle norme in vigore si faccia presente tale circostanza a colui che lo ha emanato, e solo se l’ordine viene riconfermato lo si esegue, mentre nel caso che l’ordine sia manifestamente reato ci si astenga dall’eseguirlo informandone i superiori ”;

- b) “ il disdoro all’immagine della Forza Armata non è stato solo potenziale, come peraltro prevede la norma, ma si è effettivamente verificato in quanto la vicenda, oltre ad aver avuto una certa risonanza mediatica, ha pure originato un procedimento penale, definitosi peraltro in due gradi di giudizio, e, quindi, risulta lesiva del prestigio dell’Istituzione, ai sensi dell’articolo 713 del T.U.O.M .”

7) Di tale provvedimento sanzionatorio si duole il ricorrente con il gravame in esame.

DIRITTO

1) Col primo motivo di ricorso (con cui si denuncia errata valutazione dei fatti, mancanza di prova della responsabilità/coinvolgimento del ricorrente negli eventi ascrittigli, mancanza dei presupposti sanzionatori in relazione all’assoluzione in sede penale, eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, per arbitrarietà, incoerenza e incongruità manifeste, nonché eccesso di potere per contraddittorietà ed erronea valutazione e/o travisamento della situazione di fatto, assenza e/o carenza dei presupposti, disparità di trattamento, violazione degli artt. 24 e 97 della Costituzione), si sostiene che:

- a) sarebbe stato violato l’art. 653, comma 1, c.p.p., secondo cui “ La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso ”;

- b) nel caso di specie, la sentenza penale irrevocabile della Corte Militare di Appello ha affermato che gli imputati non hanno commesso il fatto, per cui la Marina non avrebbe potuto procedere alla contestazione disciplinare per i medesimi fatti per i quali vi è il giudicato penale assolutorio;

- c) anche l’ufficiale inquirente, nella relazione finale (conclusiva dell’istruttoria disciplinare) dell’11 settembre 2019, ha concluso per l’assenza di addebiti a carico del ricorrente, mentre la P.A., nel provvedimento conclusivo, non ha affatto motivato la decisione di irrogare la sanzione;

- d) non si comprende come l’Amministrazione abbia potuto ritenere lesa l’immagine della Forza Armata, allorquando, anche in sede penale, tali fatti sono stati sminuiti tanto da far venire meno qualsiasi disvalore e lesività degli stessi, in quanto ritenuti occorsi in un momento conviviale di saluto;

- e) l’Amministrazione ha quindi emanato un provvedimento sanzionatorio del tutto infondato, poiché non conforme alle risultanze istruttorie emerse in sede penale e in contraddizione con le risultanze istruttorie disciplinari e con la proposta del Comandante in Capo della Squadra Navale (del 16 aprile 2019), nelle quali si era ritenuto che nessun addebito si potesse configurare a carico del ricorrente.

2) Col secondo motivo di ricorso (con cui si denuncia contraddittorietà del provvedimento sanzionatorio in relazione ai fatti nonché agli atti endoprocedimentali, carenza di motivazione, violazione e falsa applicazione di legge, dell’art. 3, L. 241/1990, dell’art. 1370 D. Lgs. 66/2010, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, genericità, contraddittorietà, irrazionalità manifeste, violazione degli artt. 24 e 97 Cost.), si sostiene che:

- a) oltre a quanto evidenziato nel primo motivo, il provvedimento sanzionatorio è generico, in quanto, nello stesso, si afferma esclusivamente che i comportamenti in oggetto sarebbero contrari a generiche norme di comportamento, principî di moralità e rettitudine che devono improntare l’agire di ogni appartenente alle Forze Armate, senza però specificare oltre in merito alle specifiche norme che si ritengono essere state violate;

- b) comunque, l’ufficiale inquirente, nella sua relazione, aveva escluso che vi fosse stata la violazione dei doveri inerenti al grado rivestito, che non fosse stato rispettato il senso di responsabilità, che fosse mancato il rispetto verso colui che ha il dovere di far osservare una consegna o che fosse mancata l’agevolazione dello stesso nell’assolvimento del compito di far osservare la consegna, che fossero stati violati i doveri attinenti al contegno che ogni militare deve tenere a salvaguardia del prestigio dell’Istituzione cui appartiene.

3) Col terzo motivo di ricorso (con cui si denuncia violazione dell’art. 1355, D. Lgs. 66/2010, eccesso di potere per arbitrarietà, incoerenza e incongruità manifeste, nonché eccesso di potere per contraddittorietà ed erronea valutazione e/o travisamento della situazione di fatto, assenza e/o carenza dei presupposti, sproporzione nell'azione disciplinare, violazione degli artt. 24 e 97 Costituzione), si sostiene che la P.A. ha immotivatamente inflitto una sanzione di stato, senza considerare che, prima di allora, il ricorrente non aveva ricevuto sanzioni di stato e che la misura della sanzione sarebbe sproporzionata in eccesso (1 mese di sospensione) se confrontata con quella dell’unico responsabile, il capo team, che ha ricevuto 2 mesi di sospensione.

4) Da ultimo, parte ricorrente chiede anche la liquidazione del danno esistenziale in via equitativa.

5) Osserva il Collegio quanto segue.

5.1) Dall’atto formale di apertura di inchiesta disciplinare (v. decreto 409312 del 4 luglio 2019, depositato dalla difesa erariale l’8 aprile 2020) emerge che il relativo procedimento è stato avviato per i seguenti addebiti: il ricorrente e gli altri militari componenti del “ Nucleo Militare di Protezione a bordo di una nave mercantile, violavano le disposizioni operative ricevute in merito allo specifico servizio, posando per svariate fotografie unitamente ad alcuni membri dell’equipaggio della predetta nave, consentendo agli stessi di maneggiare le armi in dotazione, agendo in concorso tra loro e con il loro Capo Team. Fatto commesso nel pomeriggio del 9 dicembre 2012 a bordo della Nave mercantile -OMISSIS- in navigazione nelle acque prospicienti il Sultanato dell’Oman. Tale condotta risulta fortemente in contrasto con i doveri inerenti al grado rivestito, al senso di responsabilità, al rispetto verso colui che ha dovere di far osservare una consegna e all’agevolazione dello stesso nell’assolvimento del compito, nonché con i doveri attinenti al contegno che ogni Militare deve tenere a salvaguardia del prestigio dell’Istituzione a cui appartiene ”.

5.2) Dal raffronto tra la suddetta contestazione e il testo della sentenza della Corte militare penale di Appello è evidente che il procedimento disciplinare sia stato avviato sulla base del medesimo nucleo fattuale all’origine del procedimento penale, nucleo dato dalla circostanza che, il 9 dicembre 2012, i componenti del NMP sono stati ritratti in fotografie (una delle quali poi diffusa su internet) insieme a membri dell’equipaggio del mercantile, alcuni dei quali imbracciavano le armi che erano in dotazione ai militari.

5.3) Per quanto emerge dagli atti, risulta che il processo penale militare ha avuto esito assolutorio per quanto riguarda il reato di violazione delle consegne, in quanto l’illecito penale avrebbe potuto configurarsi solo a carico di chi, al momento dei fatti, era in turno di guardia. Poiché, nel caso di specie, non era stato possibile appurare chi fosse di guardia, il giudice penale militare ha assolto tutti gli imputati. Il procedimento disciplinare è stato orientato in un senso diverso, cioè per il fatto che i militari avrebbero comunque consentito che i civili imbracciassero le armi in dotazione al momento della foto. La legittimità del procedimento disciplinare va quindi scrutinata non già per violazione dell’art. 653 c.p.p., ma alla luce delle risultanze della relativa istruttoria.

5.4) Ebbene, dalla relazione finale dell’ufficiale inquirente dell’11 settembre 2019 (v. doc. 5 ricorso), emerge che:

- a) il militare “ risulta aver posato per una unica foto di gruppo dove non vi sono armi in braccio/mano. Inoltre, dalla lettura della sentenza [della Corte militare di Appello] si evince che il [militare] non ha consegnato armi né fatto maneggiare armi all’equipaggio né all’ospite presente in plancia nel momento della foto. Si legge anzi, confermato da tutti i testi che in quel momento erano in plancia, che l’inquisito avesse un atteggiamento distaccato da ciò che accadeva ”;

- b) dall’esame della sentenza della Corte militare di Appello emerge che il militare non ha “ agito d’iniziativa né in accordo con i militari facenti parte del Nucleo Militare di Protezione, in quanto, rispettoso degli obblighi che un operatore ha nei confronti del proprio capo team, ha eseguito l’ordine che quest’ultimo gli ha dato, posando per la foto di gruppo in divisa” ;

- c) il militare, eseguendo un ordine impartitogli da un suo superiore e considerandolo legittimo, ha dimostrato di conoscere e rispettare: “ - i doveri inerenti al grado rivestito (art. 713 comma 2 T.U.O.M. );
il senso di responsabilità (art. 717
T.U.O.M. );
- il rispetto verso colui che ha il dovere di far osservare una consegna e
[il dovere di] agevolazione dello stesso nell’assolvimento del compito (art. 730 T.U.O.M. );
- i doveri attinenti al contegno che ogni Militare deve tenere a salvaguardia del prestigio dell’Istituzione cui appartiene (art. 732 comma 1
T.U.O.M. ), perché in quel momento, considerando prioritaria l’esigenza della foto ricordo, ha agito affinché anche questa attività venisse svolta regolarmente ”.

5.5) In conclusione, secondo l’ufficiale inquirente, gli addebiti disciplinari non sono fondati perché il militare:

- a) ha eseguito un ordine (posare in plancia per una foto ricordo) che era “ apparso legittimo e non nuovo (in altre occasioni si è proceduto in modo analogo poco prima dello sbarco) ”;

- b) non risulta aver mai preso né passato armi al personale civile che era sul mercantile.

5.6) Dagli atti dell’istruttoria disciplinare emerge quindi che il ricorrente non ha fatto altro che posare per una fotografia, nella quale nemmeno figuravano le armi in mano o in braccio ai civili presenti. Né vi è prova del fatto che il militare abbia in qualche modo acconsentito a che i civili presenti in quella sede imbracciassero le armi.

5.7) Alla luce di tali risultanze è quindi del tutto illegittimo il provvedimento sanzionatorio impugnato, in quanto gli addebiti sono da considerarsi del tutto insussistenti, perché non provati.

6) La domanda risarcitoria presentata dal ricorrente è invece infondata, in quanto non vi è la minima allegazione di un danno.

7) Il ricorso va quindi accolto per la parte impugnatoria e, per l’effetto, vanno annullati gli atti impugnati. Il ricorso va invece respinto per la parte in cui contiene la domanda risarcitoria.

8) Le spese di lite possono essere compensate, considerata la fattispecie nel suo complesso.

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