TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-02-20, n. 201801960

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-02-20, n. 201801960
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201801960
Data del deposito : 20 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/02/2018

N. 01960/2018 REG.PROV.COLL.

N. 09901/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9901 del 2004, proposto da:
Soc Rai Radiotelevisione Italiana Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato C P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Prefetti, 17, come da procura in atti;

contro

Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata con essa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comitato Appl Codice Autoregolamentazione Tv e Minori non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della sanzione amministrativa pecuniaria per violazione art. 15 co. 10 l. n.223/90 - (trasmissione telefilm Seven days del 29 luglo 2003).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorita' Per Le Garanzie Nelle Comunicazioni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2017 il consigliere Achille Sinatra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. – Con ricorso notificato il 2 ottobre 2004 e depositato il successivo giorno 18, la RAI – Radiotelevisione Italiana ha impugnato la delibera dell’Agcom n. 82\04\CSP, adottata su impulso del Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione TV e minori del 24 settembre 2003, recante l’irrogazione della sanzione amministrativa di 10.000 euro per violazione dell’art. 15 comma X della legge n. 223 del 1990, in relazione a scene ritenute particolarmente violente, e dunque dannose per l’equilibrio psicofisico dei minori, mandate in onda il 29 luglio 2003 alle ore 18,20 sul canale RAIDUE, nel corso del telefilm “Seven Days”.

2. – In particolare, la trasmissione in questione conteneva sequenze in cui alcuni personaggi venivano “sottoposti, per intenzionali manipolazioni, alla pratica dell’elettroshock”.

3. – Dopo avere dato conto delle fasi in cui si è articolato il procedimento sanzionatorio, l’emittente ricorrente svolge i seguenti motivi di ricorso:

1) Il provvedimento sarebbe, innanzitutto, viziato da incompetenza, in quanto l’avvio del procedimento sanzionatorio non è stato disposto dall’Autorità (come imporrebbe l’art. 1 della legge n. 249 del 1997), bensì da uno dei suoi uffici, ovvero dal Dipartimento delle garanzie del contenzioso.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 e dell’art. 18 della legge n. 689 del 1981, in quanto il provvedimento gravato non identificherebbe con certezza i fatti oggetto di contestazione e, quindi, di sanzione;
inoltre, la contestazione sarebbe stata sollevata solo il 26 gennaio 2004 per un fatto avvenuto il 29 luglio 2003, e, pertanto, sarebbe stato violato anche il principio dell’immediatezza della contestazione, che, anzi, sarebbe avvenuta oltre il termine di 90 giorni previsto dall’art. 14 citato;
mentre non rileverebbe il dies a quo come individuato dall’Agcom ai sensi dell’art. 4 del Regolamento delle procedure sanzionatorie vigente ratione temporis (“accertamento formale”), che, in tesi, sarebbe applicabile solo qualora la procedura non sia prevista dalla legge (mentre qui sarebbe disciplinata dal citato art. 14 della legge n. 689 del 1981);
in ogni caso, varrebbe il termine di 30 giorni allora vigente ai sensi dell’art. 2 comma terzo della legge n. 241 del 1990.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della legge n. 223 del 1990, in quanto le ritenute scene di “violenza gratuita” non sarebbero suscettibili di compromettere l’equilibrio psicofisico degli spettatori minori di età, in quanto inserite nell’ambito di una nota serie di telefilm di fantascienza, in cui i personaggi positivi ed “il bene” prevalgono sul “male”, ed al cospetto della quale –secondo studi scientifici citati dalla ricorrente- i minori dai 9 ai 13 anni sarebbero perfettamente in grado di percepire trattarsi di mera finzione, e non di scene reali (come, invece, al cospetto di notiziari che trasmettono scene o notizie relative ad atti di violenza);
e così, in particolare, nella puntata trasmessa il 29 luglio 2003 sarebbe presente una sola scena di finzione delle violenza, nella quale alcuni personaggi subiscono un elettroshock mediante un apparecchio simile alle cuffie utilizzato comunemente per ascoltare la musica;
peraltro, la violenza oggetto della scena non sarebbe “gratuita”, bensì giustificata dal contesto narrativo.

3. – L’Agcom si è costituta in giudizio contrastando il ricorso con una memoria, nella quale ha sostenuto l’infondatezza delle avverse censure.

4. –In occasione della pubblica udienza del 22 novembre 2017 il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

1. – Il ricorso è infondato, e va respinto.

Il primo motivo va disatteso, in quanto il Dipartimento, ai sensi dell’art. 20 del Regolamento di organizzazione dell’Agcom n. 316\02\Cons, ha, nel caso in esame, esercitato le competenze istruttorie che legittimamente potevano essere ad esso demandate (sottraendole alla competenza della Commissione per i servizi e i prodotti) a norma dell’art. 7 della legge n. 249 del 1997.

2. – Eguale sorte segue anche il secondo mezzo.

Premesso che dalla contestazione (così come dalle premesse dell’atto gravato) si evincono perfettamente gli addebiti mossi alla ricorrente, che, infatti, ha potuto agevolmente controdedurre per iscritto in ogni sede in cui è stata impegnata per i fatti di causa, osserva il Collegio che è stato rispettato il termine di contestazione di cui all’art. 14 della legge n. 689 del 1981 invocato dalla ricorrente, atteso che esso decorre non già dalla commissione del fatto (29 luglio 2003), bensì da quando di esso l’Agcom abbia ricevuto notizia da parte del Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e minori, ossia (come è pacifico) dal 10 novembre 2003: sicchè è tempestiva la contestazione notificata il 26 gennaio 2004.

Inoltre, quanto alla conclusione del procedimento, osserva il Collegio che in materia di procedimenti sanzionatori condotti dall’Agcom si fa applicazione dell’apposito regolamento sanzionatorio di cui è dotata l’Autorità, e non tout court della legge n. 689 del 1981 (della quale devono comunque essere rispettati i principi), sicchè deve applicarsi il termine di 150 giorni dalla data di notifica previsto dall’art. 4 bis del regolamento delle sanzioni di cui alla deliberazione n. 425\01\Cons del 7 novembre 2001, vigente all’epoca dei fatti.

Tale norma dispone espressamente, al secondo comma: “L’atto deve altresì contenere l’indicazione dei termini di conclusione del procedimento sanzionatorio decorrenti dalla notifica dell’atto di contestazione”.

Né si può convenire con la ricorrente là dove essa sostiene che il detto regolamento non si applicherebbe se non quando le procedure sanzionatorie non siano disciplinate da specifiche norme di legge, come recita l’art. 2 del regolamento medesimo: ed invero, a seguire tale ragionamento, si preverrebbe ad una interpretazione abrogatrice del regolamento stesso, atteso che la legge n. 689\1981 ha carattere generale, ed è in astratto in grado di fornire disciplina a qualsiasi procedimento sanzionatorio amministrativo.

Pertanto, considerato che la notifica dell’accertamento è avvenuta il 26 gennaio 2004, l’adozione della deliberazione impugnata, assunta il 25 maggio 2004, è avvenuta nel termine prescritto.

Peraltro, sotto la vigenza del nuovo regolamento sanzionatorio dell’Autorità, che ricalca le medesime previsioni di quello applicabile nella specie, la Sezione ha già ritenuto che “Quanto ai termini di adozione del provvedimento finale, occorre osservare che il Regolamento sanzioni dell’Autorità prescrive all'art. 6 ("Termine del procedimento"), comma 1, che il termine per l'adozione del provvedimento finale è di 150 giorni decorrenti dalla data di notificazione dell'atto di contestazione” (sentenza n. 9452\2017).

3. – Infine, deve essere respinto anche il terzo motivo.

Recitava l’art. 15 comma 10 delle legge n. 223 del 2010, di cui l’Agcom ha fatto applicazione nel caso di specie, che “É vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche, che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità”.

Secondo la giurisprudenza specifica della Corte di Cassazione (si veda la sentenza della Sezione Prima Civile n. 6760 del 2004) –del tutto condivisa dal Collegio- la pur breve disposizione prevede, sotto il profilo della anticipazioni della tutela dei minori, due differenti fattispecie astratte.

La prima di esse è di pericolo concreto, in quanto impone il divieto di trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori: con la conseguenza che, ai fini dell'integrazione dell'illecito, è richiesta l'effettiva sussistenza del pericolo stesso, desumibile da specifiche e rilevanti circostanze della fattispecie concreta (ad esempio, oggetto, contenuto, orario e/o modalità di trasmissione del programma).

La seconda, che viene in rilievo nel caso in esame per ragioni di specialità (in quanto è contestata alla RAI la trasmissione di una scena di violenza gratuita), anticipa ulteriormente la tutela, essendo di pericolo astratto o presunto, e riguarda la trasmissione di programmi che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche, o che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità.

Per quanto appena detto, attesa la finalità di tutelare in modo particolarmente pervasivo la psiche di persone in età evolutiva dalle scene di violenza, non appare condivisibile, in primo luogo, la distinzione operata dalla ricorrente tra violenza inserita in un contesto fantastico (come nella circostanza) e violenza inserita in programmi di informazione (e dunque riferita a fatti realmente accaduti), sia perché di tanto non vi è evidenza scientifica, sia perché qualche elemento della specifica scena in questione (elettroshock convulsionante inferto mediante una sorta di comune cuffia per ascoltare la musica) conferisce un certo carattere di verosimiglianza alla scena, che, soprattutto, perché –ove anche fossero fondate, sotto il profilo scientifico, le deduzioni della ricorrente- il legislatore non ha inteso indulgere nella suggerita distinzione tra contesti di fantasia e contesti reali, sanzionando la “violenza gratuita” a prescindere dal tipo di trasmissione che la contenesse.

In secondo luogo, non risulta fondata neppure la deduzione per cui la sanzione riguarderebbe soltanto la violenza “gratuita”, ossia avulsa dal contesto narrativo: in disparte, infatti, la intrinseca impossibilità –o, comunque, l’estrema difficoltà- di stabilire quale sia il “grado di violenza” utile al fluire della narrazione, e quale, invece, costituisca una sorta di “surplus” di violenza non consentito, ciò che più rileva è che, al cospetto di una fattispecie di tutela tanto anticipata dei minori da essere di “pericolo astratto o presunto”, non è dato di differenziare tra violenza consentita dalla narrazione e violenza non consentita dalla medesima, in quanto la valutazione riguarda unicamente la possibilità che la scienza trasmessa influisca negativamente sulla psiche di un minore;
e, d’altra parte, nulla vieterebbe che nel fluore della medesima narrazione si dia conto del fatto che un personaggio è stato oggetto di un atto di violenza, senza però necessariamente mostrare la scena relativa.

4. – In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese possono essere compensate.

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