TAR Venezia, sez. II, sentenza 2017-01-18, n. 201700052

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2017-01-18, n. 201700052
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201700052
Data del deposito : 18 gennaio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/01/2017

N. 00052/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00673/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 673 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Rial S.r.l., Hard Rock Cafè (Italy) S.r.l. A .S.U., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati A P C.F. PVNNDR52R20L736X, C B C.F. BLDCLT80A52L736P, con domicilio eletto presso A P in Venezia, Dorsoduro, 3488/U - F.Ta Rio Novo;

contro

Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dagli avvocati G G C.F. GDNGLI49E13L736H, Antonio Iannotta C.F. NNTNTN60S07L736V, Maurizio Ballarin C.F. BLLMRZ52E21L736C, domiciliata in Venezia, S. Marco, 4091;
Soprintendenza Beni Archit. e Paes. e Patr. Stor. Art. Etn. di Venezia e Laguna non costituito in giudizio;
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrett. Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;

per l'annullamento

quanto al ricorso principale:

- del provvedimento prot. n. 92207 del 28 febbraio 2014 di diniego di permesso a costruire in sanatoria

quanto ai motivi aggiunti depositati il 3 luglio 2014:

- dell'ordine di demolizione prot. gen. 152953 del 9 aprile 2014;

quanto ai motivi aggiunti depositati 17 ottobre 2014:

- del provvedimento di diniego di sanatoria 13 giugno 2014 prot. gen. 247809 relativo all'istanza pg. 2014/0089571 del 27/2/2014;

quanto ai motivi aggiunti depositati l'11 febbraio 2015:

- dell'ordine di demolizione prot. 480481 del 18 novembre 2015;

- della nota di comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio prot. 2014/470149 dell'11/11/2014, del verbale di contestazione 15/7/2013 pg. 2013/315336, dell'ordine di demolizione prot. n. 152953 del 9/4/2014, del diniego di sanatoria pg. 2013/466416 e del provvedimento pg. 2014/247809 del13/6/2014;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 18 febbraio 2016:

- dell'ordinanza di irrogazione di sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione prot. n. 594970/2015 notificata il 28/12/2015 con la quale si intima il pagamento della somma di € 2.821.527,94;

- della relazione di stima dell'Agenzia delle Entrate del 23/12/2014 prot. n. 2014/533723;

- della richiesta del Comune di Venezia di stima per la determinazione della sanzione prot. 489250 del 25/11/2014 e prot. n. 522760 del 17/12/2014 e richiesta di prestazione prot. 8808 del 18/12/2014;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Venezia e di Agenzia delle Entrate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2016 il dott. M M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con il ricorso principale è stato impugnato il diniego di permesso di costruire in sanatoria in data 28 Febbraio 2014 prot. 92207.

L’istanza di sanatoria, presentata in data 25 Ottobre 2013 prot. 466416, faceva riferimento ad opere interne eseguite presso palazzo sito nel centro storico di Venezia (Bacino Orseolo, sede dell’Hard Rock Cafè) e censito al NCEU sez. Ve Fg 15 mapp. 1839 e consistenti riassuntivamente nell’eliminazione del volume unico del locale e nella creazione di due piani, di cui il piano terra destinato principalmente a negozio ed il piano primo destinato prevalentemente a cucina e ristorante.

La motivazione del diniego di sanatoria fa tra l’altro riferimento alla circostanza che l’intervento eseguito, configurandosi come costruzione di un nuovo solaio risulta in contrasto con l’art. 12 delle NTA della VPRG per la città antica relative all’unità edilizia novecentesca di complessivo pregio architettonico (tipo N) che prescrive al punto 2 la conservazione delle strutture portanti interne, orizzontali e verticali e al punto 3 la conservazione o ripristino degli ambienti interni architettonicamente significativi, con le loro rifiniture.

2.Parte ricorrente lamenta la lesione dell’affidamento con riferimento al lasso di tempo intercorso tra la presentazione delle dia e il provvedimento di annullamento dei loro effetti.

La censura è infondata perché essa attiene ai provvedimenti di annullamento degli effetti delle dia in considerazione del lasso di tempo intercorso rispetto alla data di presentazione delle dia e non invece al provvedimento di diniego di sanatoria, impugnato col presente ricorso. I provvedimenti di annullamento degli effetti delle dia non sono stati impugnati col presente ricorso.

Lamenta altresì la violazione dell’art. 38 del dpr 380 del 2001, che prevede la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria nel caso in cui non sia possibile la rimozione in pristino dopo l’annullamento del permesso di costruire.

La censura è infondata perché la rimozione degli effetti di quanto costruito non è oggetto del diniego di sanatoria, ma semmai della eventuale successiva ordinanza demolitoria.

3.Parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 13.14 delle NTA VPRG per la città antica ed in particolare ritiene che il manufatto costruito rientri nella nozione di soppalco inteso come “superficie ottenuta mediante l’interposizione parziale di una struttura orizzontale in uno spazio chiuso. Qualora tutta o parte della superficie soprastante o sottostante sia utilizzata per creare uno spazio chiuso, con esclusione del vano scala, il vano ottenuto è considerato a sé stante”.

La censura è infondata.

Infatti l’istruttoria e la documentazione fotografica depositata in giudizio dimostrano il contrasto delle opere con le norme urbanistiche, così come evidenziato nella documentazione depositata in giudizio. In particolare le opere hanno conferito all’immobile una nuova e non consentita connotazione, data dalla eliminazione del volume unico del locale (che può ammettere un soppalco inteso come architettura d’interni nell’unicità del volume) e dalla creazione di due piani, di cui il piano terra destinato principalmente a negozio ed il piano primo destinato prevalentemente a cucina e ristorante.

4. Parte ricorrente lamenta difetto di motivazione in relazione alla non riconducibilità di quanto costruito all’elemento di architettura d’interni e alla differenziazione con l’ambiente di inserimento.

La censura è infondata.

L’istruttoria e il verbale di sopralluogo contengono il sopra richiamato giudizio di non riconducibilità, che risulta confermato dalla documentazione fotografica.

5. Né esclude l’accertamento della tipologia di abuso la circostanza, evidenziata da parte ricorrente, che il manufatto è “posizionato a 40 cm dalle vetrate a sud, impattando sulle stesse visivamente dall’esterno”.

6. L’istruttoria e la documentazione fotografica hanno altresì congruamente evidenziato che è stato costruito un solaio e non un soppalco.

Risulta altresì che se il solaio non è consentito, non è consentita nemmeno la superficie riferibile al solaio, senza che al riguardo parte ricorrente possa invocare norme di piano che riguardano il calcolo della superficie di soppalchi e non di solai.

I motivi di diniego sono stati, contrariamente a quanto lamentato da parte ricorrente, oggetto di preavviso di diniego, anche per quanto attiene alla superficie non ammissibile, così come riportato a pagina 3 primo paragrafo del preavviso di diniego.

7. Sono infondate le censure che attengono alla descrizione di singoli manufatti o specifiche caratteristiche delle opere costruite, di cui ai punti da 6 a 9 del ricorso principale.

Risulta infatti la congruità della motivazione, col supporto della documentazione fotografica rispetto alla circostanza decisiva che le opere hanno conferito all’immobile una nuova e non consentita connotazione, data dall’eliminazione del volume unico del locale (che può ammettere un soppalco inteso come architettura d’interni nell’unicità del volume) e dalla creazione di due piani, di cui il piano terra destinato principalmente a negozio ed il piano primo destinato prevalentemente a cucina e ristorante.

Il diniego di sanatoria costituiva pertanto atto dovuto.

8.Il primo atto di motivi aggiunti di ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse.

Infatti l’ordinanza di demolizione impugnata (adottata in data 9 Aprile 2014) è stata annullata e sostituita dalla successiva ordinanza di demolizione in data 18 Novembre 2014 (impugnata con i terzi motivi aggiunti di ricorso).

9.Con secondo atto di motivi aggiunti di ricorso è stato impugnato il provvedimento in data 13 Giugno 2014 con cui è stato confermato il provvedimento di diniego di sanatoria adottato in data 28 Febbraio 2014 ed impugnato col ricorso principale.

Trattasi di atto meramente confermativo e dunque tale secondo atto di motivi aggiunti è inammissibile.

10.Col terzo atto di motivi aggiunti di ricorso è stata impugnata l’ordinanza di demolizione in data 18 Novembre 2014 prot. 470149.

Tale ordinanza di demolizione è stata tuttavia annullata dal comune di Venezia e sostituita con la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione, applicata con successivo provvedimento in data 28 Dicembre 2015.

Il terzo atto di motivi aggiunti di ricorso è dunque divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse.

11.Col quarto atto di motivi aggiunti di ricorso è stata impugnata l’ordinanza in data 28 Dicembre 2015 di applicazione della sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione ai sensi del secondo comma dell’art. 33 del dpr n° 380 del 2001, quantificata nella misura di Euro 2.821.527,94.

Parte ricorrente lamenta che la previsione sanzionatoria di cui al terzo comma dell’art. 33 sia alternativa alla previsione sanzionatoria di cui al secondo comma dello stesso articolo, che la soprintendenza aveva quantificato la sanzione in Euro 5.164 e che dunque il comune di Venezia non può applicare una sanzione ulteriore o di importo superiore.

La censura è infondata.

Infatti la sanzione quantificata dalla soprintendenza è quella prevista dal terzo comma dell’art. 33 sopra citato, che si applica per il solo fatto di avere commesso abusi su immobili vincolati.

Tale sanzione concorre con la sanzione che deve essere irrogata per abusi commessi su qualsiasi immobile, vincolato o non vincolato. Si tratta di distinti beni giuridici protetti, con la peculiarità che il bene vincolato assomma la tutela derivante dalla concorrente qualifica di bene immobile e di bene immobile vincolato.

Coerentemente il terzo comma dell’art. 33 del dpr n° 380 del 2001 stabilisce espressamente che sono fatte salve le altre sanzioni, tra cui appunto la sanzione edilizia prevista dal secondo comma citato.

12. Il quarto atto di motivi aggiunti di ricorso è invece fondato in relazione ai seguenti due distinti profili riguardanti la relazione di stima dell’agenzia del territorio:

a) a pagina 2 della relazione dell’agenzia del territorio si legge che, “considerata la particolare urgenza manifestata dalla committenza (il comune di Venezia), non è stato possibile eseguire il sopralluogo interno, limitando lo stesso a quello esterno”.

In realtà non è stato dimostrato in concreto quali fossero i motivi d’urgenza tali da dover richiedere l’omissione del sopralluogo interno.

Inoltre le esigenze istruttorie che inducono all’effettuazione di un sopralluogo esterno dovrebbero parimenti consigliare anche un sopralluogo interno, anche considerando che le opere che costituiscono l’oggetto della valutazione sono individuate sopprattutto all’interno del palazzo e non all’esterno.

Vi è stato pertanto un difetto d’istruttoria.

b) a pagina 7 della relazione di stima dell’agenzia delle entrate si legge che “occorre precisare che nel calcolo della consistenza dell’immobile nella situazione “ante” non è stato considerato l’intero soppalco al primo piano perché il comune di Venezia, con nota prot. 2014/522760 del 17 Dicembre 2014, ha specificato e chiarito che non costituisce in alcun modo proiezione ed integrazione.

Tale nota del comune di Venezia in data 17 Dicembre 2014, a firma del dott. urb. Maurizio Dorigo, ritiene di spiegare che la situazione antecedente l’abuso non può far riferimento all’esistenza del soppalco perché questo è stato eliminato per effetto della dia del 2008 prot. 465860.

Tuttavia tale nota dimentica che la dia del 2008 prot. 465860 è stata resa inefficace per effetto del provvedimento del comune di Venezia in data 8 Agosto 2013 prot. 352501 a firma del dott. urb. L C con la corretta motivazione che l’eliminazione del soppalco faceva proprio parte di un complesso abuso consistente nella creazione di un nuovo piano, non consentito, in sostituzione del soppalco

Il ricorso (n° 1732/2013) proposto avverso tale provvedimento in data 8 Agosto 2013 è stato respinto con sentenza pronunciata all’esito dell’odierna udienza pubblica.

È evidente dunque l’erroneità della sopra richiamata nota in data 17 Dicembre 2014 che ha indotto l’agenzia delle entrate nell’errore di non considerare il soppalco nello stato antecedente l’abuso.

Ne consegue che i motivi aggiunti di ricorso proposti avverso l’ordinanza di applicazione della sanzione pecuniaria devono essere accolti.

Tale accoglimento comporta l’annullamento della sanzione pecuniaria irrogata e l’obbligo per il comune di Venezia di riavviare il procedimento di applicazione della sanzione pecuniaria, previa nuova relazione di stima dell’agenzia del territorio.

In conclusione:

- il ricorso principale è infondato;

- il primo atto di motivi aggiunti di ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse;

- il secondo atto di motivi aggiunti di ricorso è inammissibile;

- il terzo atto di motivi aggiunti di ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse;

- il quarto atto di motivi aggiunti di ricorso è invece fondato.

La soccombenza reciproca impone di compensare le spese di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi