TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2023-07-13, n. 202301033

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza breve 2023-07-13, n. 202301033
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202301033
Data del deposito : 13 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/07/2023

N. 01033/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00687/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 687 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati P M R S, L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Venezia, piazza S. Marco, 63;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione, del provvedimento del Ministero dell'Interno – Ufficio Territoriale del Governo di -OMISSIS- del 27 marzo 2023, notificato in pari data, di rigetto della domanda di sanatoria ex art. 103, comma 1 del d.l. 34/2020, convertito in l. 77/2020, presentata il 5 agosto 2020 dal Sig. -OMISSIS-, con cui quest'ultimo dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare con il Sig. -OMISSIS- al fine di fare ottenere a quest'ultimo un permesso di soggiorno temporaneo e così regolarizzare la sua posizione lavorativa.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2023 il dott. Paolo Nasini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il datore di lavoro dell’odierno ricorrente in data 5 agosto 2020 ha presentato allo Sportello Unico per l’Immigrazione di -OMISSIS- istanza ex art. 103, comma 1, d.l. n. 34/2020, conv. con l. n. 77/2020, per regolarizzare il rapporto di lavoro.

In data 18 novembre 2022, l’Amministrazione ha comunicato il preavviso di rigetto ex art. 10 bis , l. n. 241 del 1990, al richiedente e all’odierno ricorrente, i quali, in data 24 novembre 2022, hanno presentato le proprie osservazioni.

Lo straniero ricorrente, quindi, con ricorso depositato in data ha impugnato l’atto di rigetto depositato in giudizio e indicato in epigrafe per i seguenti motivi:

1. la P.a. avrebbe violato l’art. 10 bis , l. n. 241 del 1990, non avendo adeguatamente motivato in ordine alle osservazioni presentate dai soggetti interessati;
la P.a., peraltro, avrebbe dovuto in maniera molto più puntuale indicare le ragioni a sostegno del rigetto della domanda, precisando gli elementi dai quali desumere la pericolosità attuale del ricorrente, tenendo conto del fatto che, dal momento della -OMISSIS- subita, lo stesso non è stato coinvolto in alcun illecito, non ha ricevuto un decreto di espulsione e non gli è più stata contestata alcuna infrazione;

2. il provvedimento violerebbe le norme ed i principi vigenti in materia, in particolare l’art. 103, comma 10, lett. c), perché la P.a. avrebbe dovuto svolgere un’attenta attività istruttoria e un’accorta valutazione e ponderazione degli interessi in gioco, che consistono, da un lato, nella sicurezza e nell’ordine pubblico dello Stato e, dall’altro lato, nell’interesse della persona a permanere sul territorio italiano;
l’Amministrazione avrebbe dovuto svolgere una valutazione più approfondita sulla situazione personale del richiedente, in modo tale da constatare che la -OMISSIS- a cui allude la motivazione del provvedimento era isolata e risalente nel tempo (-OMISSIS-) e relativa ad una pena irrogata “bassa” (-OMISSIS-con concessione delle attenuanti generiche e con beneficio della sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p.);
la Prefettura avrebbe omesso di valutare l’inserimento sociale e lavorativo del ricorrente successivo alla suddetta -OMISSIS-, che ulteriormente denoterebbe la mancanza di pericolosità sociale;
infine, il ricorrente sarebbe in possesso di tutti i requisiti per ottenere la riabilitazione ai sensi dell’art. 179 c.p., in relazione alla quale è stata presentata istanza al Tribunale di Sorveglianza -OMISSIS- in data 11 maggio 2023.

Si è costituita l’Amministrazione resistente contestando l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

All’esito dell’udienza del 12 luglio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione e viene decisa in forma semplificata sussistendone i presupposti, previo avviso come da verbale di causa.

1. In via preliminare.

L’Amministrazione resistente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per essere l’atto impugnato asseritamente inefficace, “ancorché validamente adottato”, in quanto non è stato comunicato al destinatario ex art. 21 bis , l. n. 241 del 1990;
peraltro, parte resistente sottolinea che l’atto in questione “è altresì privo della sottoscrizione del dirigente e, dunque, è evidente come lo stesso non sia stato ancora formalmente adottato dall’Amministrazione patrocinata”.

Parte ricorrente, ha contestato l’eccezione che precede, sotto entrambi i profili – peraltro in parte contraddittori, avendo parte resistente prima affermato la validità del provvedimento e poi sottolineato la mancanza di firma dello stesso – valorizzando, per quanto riguarda l’aspetto della mancata comunicazione individuale, che il risultato cui mira l’art. 21 bis , l. n. 241 del 1990, sarebbe stato raggiunto in conseguenza dell’avvenuto “caricamento” del provvedimento sul portale della P.a. e del fatto che il ricorrente ne è venuto a conoscenza;
per quanto riguarda la mancata sottoscrizione, ha sottolineato che, trattandosi di un provvedimento completo per tutti gli altri aspetti e chiaramente riferibile allo Sportello Unico dell’Immigrazione, si tratterebbe non di un vizio di nullità, ma di una irregolarità mera del provvedimento.

L’eccezione di inammissibilità sollevata da parte resistente non risulta fondata.

In primo luogo, infatti, per quanto riguarda la mancanza di sottoscrizione, va rammentato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale ‹‹”sebbene la firma apposta in calce ad un provvedimento o ad un atto amministrativo costituisca lo strumento per la sua concreta attribuibilità psichica e giuridica, all'agente amministrativo che risulta averlo formalmente adottato, è pur vero che, anche in omaggio al più generale principio di correttezza e buona fede cui debbono essere improntati i rapporti tra Pubblica amministrazione e cittadino, che non solo la non leggibilità della firma, ma anche la stessa autografia della sottoscrizione non possono costituire requisiti di validità dell'atto amministrativo, ove concorrano elementi testuali (indicazione dell'ente competente, qualifica, ufficio di appartenenza del funzionario che ha adottato la determinazione), emergenti anche dal complesso dei documenti che lo accompagnano, che permettono di individuare la sua sicura provenienza;
in conclusione l'atto amministrativo esiste come tale allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall'Amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l'autore secondo le norme positive" (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 8 novembre 2017 n. 5245). La mancanza di sottoscrizione di un atto non è, quindi, "idonea a metterne in discussione la validità e gli effetti le quante volte detta omissione non metta in dubbio la riferibilità dell'atto stesso all'organo competente" (ex multisT.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 21 ottobre 2010, n. 32942), posto che essa "costituisce solo una delle modalità mediante le quali è individuabile l'autore della scrittura e la paternità della stessa può essere ricavata aliunde , per cui l'inequivoca attribuibilità ai soggetti ivi chiaramente individuati non può essere messa in dubbio in assenza di indizi al riguardo" ( ex multis TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 23 febbraio 2021 n. 145)›› (T.A.R. Sicilia, sez. II, 03 febbraio 2023, n. 346).

Nel caso di specie, le indicazioni contenute nell’atto impugnato, unitamente al fatto che lo stesso è stato caricato sul portale della P.a. resistente, consentono di ricondurre con sufficiente grado di certezza il provvedimento medesimo non solo all’Amministrazione resistente, ma anche all’organo specifico competente per l’adozione del provvedimento.

Per altro verso, con riguardo, al problema della mancata comunicazione individuale ex art. 21 bis , l. n. 241 del 1990, va nuovamente valorizzato l’avvenuto caricamento sul portale in uno con la circostanza che il ricorrente è venuto a conoscenza diretta del provvedimento, in tal modo potendosi ritenere sostanzialmente raggiunto il medesimo risultato cui è finalizzata la previsione dell’art. 21 bis , l. n. 241 del 1990.

2. Nel merito.

I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente.

Come ricordato anche recentemente dal Consiglio di Stato, ‹‹l’articolo 103 del decreto legge 19-5-2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17-7-2020, n. 77, rubricato “ Emersione dei rapporti di lavoro ”, disciplina, “ al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla calamità derivante dalla diffusione del contagio da COVID-19 e favorire l’emersione di rapporti di lavoro irregolari ”, un peculiare procedimento finalizzato alla conclusione di contratti di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare in corso con cittadini italiani o stranieri. La norma, dopo aver individuato i settori di attività interessati (comma 3), i contenuti, i termini e le modalità di presentazione delle relative istanze (commi 4, 5, 6 e 7), disciplina le cause di inammissibilità e di rigetto delle stesse, alcune riferite a ragioni ostative inerenti il datore di lavoro (commi 8 e 9), altre relative, invece, alla condizione soggettiva dei cittadini stranieri (comma 10). In particolare, il comma 10 dell’articolo 103 dispone quanto segue: “ Non sono ammessi alle procedure previste dai commi 1 e 2 del presente articolo i cittadini stranieri: a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell’articolo 13, commi 1 e 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dell’articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 1444, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni;
b) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;
c) che risultino -OMISSIS-ti, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti gli -OMISSIS-, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’immigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;
…………La lettera c) prevede che la -OMISSIS- per determinati reati, anche non definitiva ed anche se pronunciata a seguito di “patteggiamento”, sia in via automatica ostativa all’utile esito della procedura di emersione. In tal caso, non è necessario un giudizio di pericolosità dello straniero in quanto il dato oggettivo della -OMISSIS- è a monte ritenuto dal legislatore espressione di pericolosità dello stesso, in termini di presunzione iuris et de iure , nell’ambito della discrezionalità ad esso spettante, con una valutazione che risulta non illogica né irragionevole, avuto riguardo ai titoli di reato ritenuti ostativi ed alle finalità generali di interesse pubblico e di sicurezza dello Stato e dei cittadini che la regolarizzazione della presenza dello straniero nel territorio nazionale deve comunque garantire. Venendo, poi, nello specifico al richiamo operato, nella suddetta lettera c), ai “ reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale ”, la Sezione osserva che la disposizione opera un rinvio generale e, dunque, omnicomprensivo a tali illeciti (che sono quelli per i quali il codice contempla l’arresto obbligatorio in flagranza) e, pertanto, la valenza ostativa della -OMISSIS- si rinviene in tutte le fattispecie da essa previste, sia quelle del primo comma sia quelle enucleate nel secondo comma. In particolare, il primo comma costituisce una disposizione generale, la quale individua i reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza non con riferimento allo specifico titolo del reato, ma avuto riguardo alla pena edittale per lo stesso prevista (“ delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni ”). E’ evidente che il riferimento espresso alla “ pena stabilita dalla legge ” correla l’individuazione del reato, ostativo alla emersione, non alla sanzione in concreto irrogata dal giudice penale, ma a quella edittale normativamente prevista per il delitto. Il secondo comma dell’articolo 380 del codice di procedura penale contempla, invece, l’arresto obbligatorio in flagranza (e, di conseguenza, la valenza ostativa della -OMISSIS- ai fini dell’emersione, ex art. 103 del d.l. n. 34/2020) con riferimento a specifiche fattispecie criminose, elencate dalla lettera a) alla lettera m) quinquies della disposizione. In tal caso, a configurare la valenza ostativa della -OMISSIS-, rileva unicamente la commissione dello specifico reato, senza che alcuna incidenza rivesta in proposito la pena edittale prevista ovvero quella in concreto irrogata dal giudice. L’irrilevanza della sanzione e della sua misura (che sono invece significative nella disposizione del comma 1) emerge in tutta evidenza dalla piena autonomia delle distinte ipotesi di arresto obbligatorio in flagranza previste dai commi 1 e 2 del richiamato articolo 380 del codice di procedura penale, espressamente ricavabile dalla lettera della legge, laddove l’ incipit del comma 2 dispone che “ Anche al di fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all’arresto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:… ”. Sotto il profilo motivazionale, osserva infine il Collegio che la portata automaticamente ostativa all’emersione della -OMISSIS- riportata per uno dei reati previsti dalla lettera c) dell’articolo 103 del d.l. n. 34/2020 qualifica la determinazione dell’Amministrazione sull’istanza del privato quale espressione di attività amministrativa vincolata ed incide, come tale, anche sui contenuti dell’obbligo motivazionale su di essa gravante. La motivazione, infatti, si palesa in tal caso sufficiente e risulta conforme alle previsioni dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990 quando si limiti a richiamare i soli precedenti -OMISSIS- del cittadino straniero e le condanne riportate e risulti dal provvedimento che la statuizione è assunta in applicazione dell’articolo 103 del citato decreto legge;
rilevandosi, altresì, che anche un richiamo non dettagliato, ma comunque generale, alle condanne riportate dal cittadino straniero può assolvere in termini di sufficienza all’obbligo motivazionale. Vi è, infatti, da considerare che la finalità della motivazione del provvedimento amministrativo è quella di rendere edotto il destinatario dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che sono poste a base del provvedimento e la sua sufficienza deve comunque essere valutata in termini non meramente formali, ma sostanziali con riferimento alla persona del destinatario ed alla sua capacità di comprendere, in relazione al suo stato ed alle sue conoscenze, l’ iter logico-giuridico che ha condotto l’amministrazione alla reiezione della sua domanda›› (Cons. Stato, sez. I, 4 maggio 2023, n. 661).

Inoltre si rammenta che ‹‹la -OMISSIS- riportata dall’interessato ha ad oggetto un reato “inerente gli -OMISSIS-” …… preclude la regolarizzazione della posizione dello straniero, indipendentemente dall’entità della pena irrogata e ciò per il grave disvalore che il legislatore (v. art. 103, comma 10, lett. c), d.l. 34/2020) attribuisce “a monte” ai reati in questione ai fini della tutela della sicurezza pubblica. Pertanto, in presenza di condanne per reati in materia di -OMISSIS- non residua alcuna sfera di discrezionalità in capo all’Amministrazione, che è obbligata a dare immediata applicazione al disposto normativo. Aggiungasi che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 277 del 2014, ha sottolineato - sia pur con considerazioni inerenti all’art. 4, comma 3, del T.U. sull’immigrazione ma che, stante l’identità testuale e della ratio sottesa, possono essere estese alle procedure di cui al d.l. n. 34/2020 - che “nel delineare le condizioni ostative collegate al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno in dipendenza di condanne -OMISSIS- (...) la scelta del legislatore è stata quella di dar vita ad un sistema “bipartito” basato sulla enucleazione di due criteri concorrenti di natura composita. Il primo, di tipo misto, riferito ai casi per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza;
(...) L’altro paradigma, del tutto peculiare, riferito non già ad una rassegna quantitativa, basata sulla pena, né ad una indicazione qualitativa fondata su specifiche fattispecie delittuose, ma calibrato in funzione di “tipologie” di reati, individuati ratione materiae e raggruppati, per così dire, all’interno di complessi normativi delineati solo attraverso il richiamo ai relativi “settori di criminalità”. La disamina delle “materie” evocate dalla normativa in questione (che riflette anche specifici impegni internazionali derivanti da convenzioni o trattati o normativa di rango comunitario) dimostra come sia evidente l’intendimento del legislatore di assumere a paradigma ostativo la specifica natura del reato, riposando la sua scelta su una esigenza di conformazione agli impegni di “inibitoria” riguardanti determinati settori reputati maggiormente sensibili. Ne deriva, quindi, che l’introduzione di un modello di tipo esclusivamente “quantitativo”, fondato, cioè, sulla gravità in concreto del fatto e sulla sanzione applicabile, si tradurrebbe non tanto in una pura e semplice deroga all’automatismo quanto nella creazione di un “sistema” del tutto nuovo – diverso e alternativo – rispetto a quello prefigurato dal legislatore”. Pertanto, ciò che risulta determinante nel caso di specie è che lo straniero sia stato raggiunto da -OMISSIS- per un -OMISSIS- e, dunque, trattandosi di ostatività per tipologia di reato e non per gravità del fatto, è del tutto irrilevante il richiamo dell’appellante all’art. 381 c.p.p., all’entità della pena effettivamente irrogata, nonché alle modalità di esecuzione di questa e ai benefici premiali accordati. L’automatismo previsto dal citato art. 103, comma 10, viene eccezionalmente meno solo ove si riscontrino legami familiari dello straniero nel nostro Paese;
in tal caso, l’Amministrazione ha il potere-dovere di accertare in concreto se sussistano i presupposti e i requisiti stabiliti all’art. 5, comma 5, del T.U. sull’immigrazione, in combinato disposto con l’art. 29 - ma applicabili anche alle procedure ex d.l. n. 34/2020 per la già richiamata identità di ratio - e, in caso positivo, deve operare un bilanciamento tra l’interesse pubblico all’ordine e alla pacifica convivenza dei cittadini e al diritto alla tutela familiare riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale e comunitaria (anche se non come assoluto), con l’avvertenza tuttavia che deve trattarsi di legami che danno titolo ad una domanda di ricongiungimento familiare;
deve quindi trattarsi di soggetti appartenenti alle categorie indicate al citato art. 29 e che versino nelle condizioni ivi previste e i rapporti devono risultare solidi, seri ed effettivi›› (Cons. Stato, sez. III, 29 dicembre 2022, n. 11543).

Applicando i suddetti principi al caso di specie ne consegue, quindi, che a nulla rileva, stante l’eccezionalità della procedura, la risalenza della -OMISSIS- – attesa altresì la gravità del reato commesso, ex art. 73, comma 1, d.p.r. n. 309 del 1990 -, né la misura della pena irrogata, né il fatto che la pena sia stata sospesa.

Parimenti non rileva la mera asserita maturazione dei presupposti per la riabilitazione e l’avvenuta presentazione della stessa: è stato infatti affermato che ‹‹il fatto di aver presentato un’istanza di riabilitazione (datata 18 dicembre 2014) al Tribunale di Sorveglianza non è un elemento rilevante, in grado di superare o inficiare la valutazione effettuata dall’Amministrazione (cfr. Cons. St, sez. III, 27 giugno 2022, n. 5318). Non può nemmeno considerarsi alla stregua di una sopravvenienza procedurale, poiché non costituisce fatto rilevante, passibile di valutazione, trattandosi di un atto proveniente dalla stessa parte interessata.›› (Cons. Stato, sez. III, 11 maggio 2023, n. 4768).

Infine, non avendo parte ricorrente dedotto, e nemmeno dimostrato, né in sede procedimentale, né nel presente giudizio, la presenza di specifici legami familiari rilevanti nel senso sopra ricordato dal Consiglio di Stato, il secondo motivo di ricorso non può essere accolto.

Parimenti, alla luce di quanto precede, nessun difetto di motivazione può essere riconosciuto con riguardo al provvedimento impugnato, il quale nemmeno si pone in violazione dell’art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, in quanto le circostanze e gli argomenti valorizzati dal ricorrente nella propria memoria procedimentale non sono idonei a superare l’ostatività del reato commesso, sì che la P.a. non aveva alcun obbligo di prendere gli stessi in esame in modo puntuale.

3. Conclusioni e spese.

Pertanto, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite devono essere integralmente compensate attesa la particolarità della controversia.

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