TAR Torino, sez. I, sentenza 2017-08-09, n. 201700960

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2017-08-09, n. 201700960
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201700960
Data del deposito : 9 agosto 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/08/2017

N. 00960/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00946/2016 REG.RIC.

N. 00947/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 946 del 2016, proposto da:
Societa' Europam S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M R, C B, G C, con domicilio eletto presso lo studio M R in Torino, c.so Duca degli Abruzzi, 42;

contro

Provincia di Asti, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati J G, P S, con domicilio eletto presso lo studio P S in Torino, via S. Francesco D'Assisi, 14;
Arpa - Agenzia Regionale Protezione Ambientale - Piemonte, Comune di Asti non costituiti in giudizio;

nei confronti di

Societa' F.lli A di A Dario e C. S.n.c., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Merani, Roberto Serventi, con domicilio eletto presso lo studio Carlo Merani in Torino, Galleria Enzo Tortora, 21;



sul ricorso numero di registro generale 947 del 2016, proposto da:
Europam S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati C B, M R, G C, con domicilio eletto presso lo studio M R in Torino, c.so Duca degli Abruzzi, 42;

contro

Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Piemonte non costituita in giudizio;
Provincia di Asti, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati J G, P S, con domicilio eletto presso lo studio P S in Torino, via S. Francesco D'Assisi, 14;

nei confronti di

Societa' Fratelli A S.n.c., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Serventi, Carlo Merani, con domicilio eletto presso lo studio Carlo Merani in Torino, Galleria Enzo Tortora, 21;

Per:

A) A) quanto al ricorso n. 946 del 2016:

- - l'annullamento della determina dirigenziale 21 giugno 2016 n. 1594, trasmessa con nota 29 giugno 2016 - diffida ad effettuare bonifica del deposito di prodotti petroliferi, sito nel Comune di Asti, per contaminazione di idrocarburi e BTEX e di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e/o connessi, ed in particolare della Relazione dell'Arpa 12 maggio 2016 ;

- - il risarcimento dei danni;.

B) B) quanto al ricorso n. 947 del 2016:

- - l'annullamento della determina dirigenziale 21 giugno 2016 n. 1595, trasmessa con nota 29 giugno 2016 - diffida ad effettuare bonifica del punto di vendita carburanti, sito nel Comune di Asti, per contaminazione di idrocarburi e BTEX e di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e/o connessi, ed in particolare della Relazione dell'Arpa 19 maggio - 3 giugno 2016, prot. 4749;

- - per il risarcimento dei danni.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Asti e della Societa' F.lli A di A Dario e C. S.n.c.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2017 la dott.ssa R R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società F.lli A s.n.c. è titolare di azienda che dal 1961 esercita l’attività di commercio di prodotti petroliferi per riscaldamento, autotrazione ed uso agricolo, ed a tal fine si avvale di impianti, di sua proprietà ubicati in Asti.

2. Con atto del 12 febbraio 2000 detta società ha stipulato con la ricorrente un contratto d’affitto di ramo d’azienda avente ad oggetto, tra l’altro: l’impianto adibito alla distribuzione di carburanti sito in Asti, Corso Alessandria 486;
altro impianto adibito a distribuzione carburanti sito in Asti, Corso Savona n. 657 (ora n. 256). Nel contratto d’affitto si specifica che “ sono a carico della società conduttrice tutte le manutenzioni e riparazioni ordinarie relative agli immobili, agli impianti ed alle attrezzature indicate negli allegati sotto le lettere “G” ed “F”, mentre quelle di natura straordinaria restano a carico della società affittante. In caso di inerzia di quest’ultima la società conduttrice potrà sostituirsi alla società affittante medesima ed il relativo costo dovrà essergli (sic) rimborsato entro 60 (sessanta) giorni dalla avvenuta riparazione. In particolare sono a carico della società affittante le spese di straordinaria manutenzione e riparazione della componente immobiliare del complesso aziendale affittato nonché gli interventi di natura straordinaria richiesti dalla legge o dalla Amministrazione per rendere idonei locali, impianti ed attrezzature per l’esercizio dell’attività svolta nel medesimo complesso. La società affittante è altresì autorizzata ad eseguire riparazioni e manutenzioni, anche non urgenti, sugli immobili facenti parte del ramo aziendale concesso in affitto, giusta disposto dell’art. 1583 del codice civile ……”.

3. La società A s.n.c. ha dunque fatto eseguire gli interventi necessari ad assicurarsi che gli impianti oggetto del contratto fossero idonei all’utilizzo, ed a tale fine nel novembre 2000 ha incaricato una ditta specializzata di sottoporre i serbatoi interrati dell’impianto di Corso Alessandria a trattamento di “vetrificazione” ed a successivo collaudo in pressione, mentre le tubazioni ed i serbatoi dell’impianto di erogazione di Corso Savona 657 sono stati sottoposti a collaudo in pressione nel 2001.

4. Il contratto di cui sopra è stato risolto consensualmente e sostituito da un nuovo contratto, stipulato il 4 febbraio 2005 per la durata di anni 9, a mezzo del quale la ricorrente si assumeva l’obbligo di effettuare la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti, rimanendo tuttavia a carico della affittante A s.n.c. l’obbligo di effettuare la manutenzione straordinaria e le riparazioni relative alla componente immobiliare.

5. Il contratto, giunto a scadenza nel febbraio 2014, non è stato rinnovato, ed Europam ha dovuto procedere alla restituzione degli impianti.

6. Rientratane in possesso, nel novembre 2015, la A s.n.c. ha constatato che gli impianti si trovavano in pessimo stato d’uso e che nel terreno pertinenziale ai due impianti v’era superamento delle CSC previste dal D. L.vo 152/2006.

7. La A s.n.c. ha quindi effettuato, in qualità di proprietaria, le comunicazioni di cui all’art. 245 D.L.vo 152/2006.

8. Di seguito a ciò ARPA è stata incaricata di effettuare i rilievi del caso.

9. Relativamente all’impianto di Corso Alessandria 486, composto da 11 cisterne interrate di capacità variabile tra i 30 e i 90 mc, oltre che da due cisterne fuori terra di 850 e 1400 mc, ARPA ha riferito che i serbatoi interrati erano stati lasciati vuoti ma non bonificati, che i pozzetti di contenimento dei passi d’uomo per l’accesso ai serbatoi mostravano la presenza di acqua con iridescenza e odore di sostanza idrocarburica, che la superficie del piazzale evidenziava segni di usura, rottura del manto, impermeabilità compromessa ed eventuali perdite;
ARPA ha quindi effettuato carotaggi e prelevato campioni a profondità variabile, dipoi ha anche eseguito prelievi dell’acqua in falda. L’analisi di tali campioni ha evidenziato nel terreno il superamento delle CSC per benzene, etilbenzene, idrocarburi leggeri e pesanti, con valori decisamente più elevati nei campionamenti effettuati a maggiore profondità;
il superamento delle CSC è stato rilevato anche in falda in corrispondenza di un piezometro.

10. Relativamente all’impianto di Corso Savona, invece, va precisato che ARPA è intervenuta dopo che la F.lli A aveva già provveduto a rimuovere le cisterne interrate e le relative tubazioni, constatando in tale circostanza che una delle tubazioni adducenti il carburante ad una delle colonnine presentava un evidente foro. Al momento dell’intervento ARPA ha prelevato dei campioni dal fondo dello scavo aperto a seguito della rimozione dei serbatoi, dalla cui analisi è emerso nel terreno il superamento della CSC di riferimento per varie sostanze.

11. Avviato il procedimento di bonifica, datane comunicazione alle parti, la Provincia di Asti, con Determinazioni Dirigenziali nn. 1594 e 1595 del 21 giugno 2016 ha ordinato ad Europam di procedere, entro i successivi 30 giorni, alla bonifica ambientale, rispettivamente, del deposito di Corso Alessandria 486 e del deposito di Corso Savona n. 256, nonché di provvedere a realizzare ulteriori piezometri (1 nel deposito di Corso Alessandria 486 e 3 nel deposito di Corso Savona 256) al fine di individuare meglio la direzione del flusso di falda;
per il deposito di Corso Alessandria n. 486 ha anche ordinato di effettuare monitoraggi periodici sui piezometri con frequenza indicativa trimestrale.

12. Con il ricorso n. 946/2016 R.G. A s.n.c. ha impugnato la Determina Dirigenziale n. 1594/2016 deducendone la illegittimità per:

I) violazione e falsa applicazione degli articoli 244-245 D. L.vo 152/2006, difetto di presupposto, difetto di istruttoria e motivazione, illogicità e perplessità, contraddittorietà, genericità: il provvedimento impugnato non considera che A ha utilizzato gli impianti per 39 anni prima che li prendesse in consegna la ricorrente e che la relazione di ARPA afferma che allo stato attuale non è possibile stabilire se l’inquinamento sia storico o meno, i danni ai serbatoi rilevabili dalla superficie non giustificano l’inquinamento della matrice ambientale, e la natura del terreno è di ostacolo alla infiltrazione degli agenti inquinanti, sicché le maggiori concentrazioni soglia rilevate in profondità non si spiegano con i suddetti danni superficiali;
l’inquinamento della matrice ambientale è stata rilevata in prossimità a serbatoi la cui tenuta era stata verificata nell’anno 2000, e l’inquinamento ivi rilevato, piombo, non è addebitabile ad Europam, che non ha mai utilizzato quei serbatoi per collocarvi benzina con piombo;

II) violazione degli artt. 244 e 245 D. L.vo 152/2006, difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione: la ricorrente osserva che la determina Dirigenziale impugnata ha errato nel non voler considerare la natura dei rapporti giuridici intercorrenti tra le parti, tenuto conto del fatto che A s.n.c. avrebbe dovuto eseguire la manutenzione straordinaria degli impianti;

III) violazione degli artt. 244, 245, 253 del D. L.vo 152/2006, difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione: le verifiche sono state effettuate senza instaurare un contraddittorio con Europam, che non ha potuto collaborare con alcun contributo;
le analisi sono dunque inutilizzabili, inattendibili e incomplete, anche perché non hanno verificato la presenza in falda di piombo, la cui presenza sarebbe indicativa di un inquinamento storico, stante che la benzina a piombo era commercializzata solo da A e non anche dalla ricorrente;

IV) in subordine, violazione degli artt. 244, 245, 253 del D. L.vo 152/2006, difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione: la Provincia ha di fatto addossato la responsabilità dell’inquinamento ambientale alla sola Europam in mancanza di prove certe, mentre invece, in mancanza di prove sicure, avrebbe dovuto procedere d’ufficio alla bonifica addossando i costi ad A in qualità di proprietaria;

V) in ulteriore subordine violazione degli artt. 244, 245, 253 del D. L.vo 152/2006, difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione: il provvedimento impugnato risulta illegittimo anche perché non risulta essere stato sentito il Comune.

13. Con il ricorso n. 947/2018 Europam ha invece impugnato la Determina Dirigenziale n. 1595/2016 deducendone la illegittimità per:

I) violazione e falsa applicazione degli articoli 244-245 D. L.vo 152/2006, difetto di presupposto, difetto di istruttoria e motivazione, illogicità e perplessità, contraddittorietà, genericità: la provincia di Asti non ha considerato che in base agli obblighi contrattuali che A s.n.c. si era assunto, essa, e non la ricorrente, avrebbe dovuto effettuare la manutenzione degli impianti;
ARPA si è poi fondata solo sulle risultanze di documenti, e su una dichiarazione della ditta incaricata dal A di eseguire la rimozione delle vecchie cisterne interrate e delle relative linee di adduzione;
ha omesso di considerare che i depositi interrati dell’impianto di Corso Savona non sono mai stati vetrificati;
i campionamenti sono stati eseguiti solo da un lato dello scavo;
non esiste una correlazione diretta tra lo stato di abbandono del punto vendita, constatato in superficie, e la presenza di inquinamento ambientale;

II) violazione e falsa applicazione degli articoli 244-245 D. L.vo 152/2006, difetto di presupposto, difetto di istruttoria e motivazione: il provvedimento si fonda sulla relazione di ARPA, che afferma chiaramente di non entrare nel merito della valutazione delle questioni di tipo contrattuale e/o legale;

III) violazione degli artt. 244, 245, 253 del D. L.vo 152/2006, difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione: le verifiche sono state effettuate senza instaurare un contraddittorio con Europam, che non ha potuto collaborare con alcun contributo;
le analisi sono dunque inutilizzabili, inattendibili e incomplete;

IV) in subordine, violazione degli artt. 244, 245, 253 del D. L.vo 152/2006, difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione: la Provincia ha di fatto addossato la responsabilità dell’inquinamento ambientale alla sola Europam in mancanza di prove certe, mentre invece, in mancanza di prove sicure, avrebbe dovuto procedere d’ufficio alla bonifica addossando i costi ad A in qualità di proprietaria;

V) in ulteriore subordine violazione degli artt. 244, 245, 253 del D. L.vo 152/2006, difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione: il provvedimento impugnato risulta illegittimo anche perché non risulta essere stato sentito il Comune.

14. Si sono costituiti in giudizio per resistere ai due ricorsi sia la Provincia di Asti che la A s.n.cl.

15. Alla udienza in camera di consiglio del 16 novembre 2016 la ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare relativamente al ricorso n. 947/2016 R.G., insistendo invece nella istanza di sospensione della Determina Dirigenziale n. 1594/2016, oggetto del ricorso n. 946/2016 R.G.

16. Con ordinanza n. 418/2016 il Collegio ha respinto detta istanza “ considerato che l’istruttoria sino ad ora espletata dalla Provincia di Asti, ai fini di individuare il soggetto responsabile dell’inquinamento da idrocarburi rilevato nel deposito di carburanti sito in Asti, Corso Alessandria 486, appare effettivamente bisognosa di ulteriori approfondimenti a fronte dei pertinenti rilievi rappresentanti dalla ricorrente;
…..tali rilievi non sono, almeno allo stato, di per sé idonei ad escludere la responsabilità, concorrente od esclusiva, della ricorrente, che ha comunque gestito il deposito di carburanti negli ultimi quindici anni lasciandolo in uno stato di degrado che depone per una gestione non rispondente a criteri di diligenza;……la natura degli interessi tutelati con l’atto impugnato non tollera interruzioni del procedimento di bonifica, già di per sé lungo ed articolato, e che pertanto in esito ad una valutazione comparativa dei contrapposti interessi deve ritenersi recessivo quello della ricorrente, tendente ad evitare la anticipazione degli esborsi afferenti la individuazione ed implementazione delle idonee azioni di bonifica, e tanto anche in considerazione del fatto che è comunque facoltà della ricorrente quella di richiedere alla competente Autorità Giudiziaria, in contraddittorio con la Provincia di Asti e con la F.lli A, un Accertamento Tecnico Preventivo in modo da assicurare che tutte le indagini necessarie ad individuare il soggetto responsabile dell’inquinamento siano espletate prima che lo stato dei luoghi subisca un mutamento
”.

I due ricorsi sono infine stati chiamati per la discussione sul merito alla pubblica udienza del 7 giugno 2017, allorchè sono stati introitati a decisione.

DIRITTO

18. Preliminarmente il Collegio dispone la riunione dei ricorsi in epigrafe indicati, connessi in ragione della identità delle parti in causa, e dell’attività oggetto dei due atti impugnati.

19. Sul merito dei ricorsi il Collegio osserva che le censure poste a fondamento dei due ricorsi sostanzialmente ruotano tutte intorno ai seguenti argomenti:

a) le indagini effettuate da ARPA in entrambi i casi sono state parziali e non esaustive, e tra l’altro non hanno coinvolto in alcun modo la ricorrente;

b) la ricorrente ha gestito l’attività di commercio e distribuzione di carburanti sui siti oggetto degli atti impugnati solo dal 2000 al 2014;
per i 39 anni precedenti la medesima attività è stata svolta da A s.n.c., pertanto è ben possibile che l’inquinamento rilevato sia ascrivibile alla attività di questa ultima;

c) gli accordi stipulati inter partes prevedevano l’obbligo di A s.n.c. di effettuare la manutenzione straordinaria degli impianti o, comunque, della “componente immobiliare”, pertanto è ad essa che si deve eventualmente ascrivere la responsabilità per l’inquinamento rilevato nella matrice ambientale dei due terreni, nonché nella falda acquifera sottostante l’impianto di Corso Alessandria.

20. Il Collegio ritiene che le censure dedotte sostanzialmente siano almeno parzialmente fondate e che, tuttavia, ciò, allo stato, non consente di affermare la estraneità della ricorrente in relazione all’inquinamento rilevato in sito, ragione per cui le Determine impugnate non possono essere annullate.

21. L’istruttoria effettuata dalla Provincia e da ARPA appare effettivamente manchevole.

21.1. Relativamente all’impianto di Corso Alessandria, caratterizzato dalla presenza di numerosi serbatoi interrati, è pur vero che l’analisi di alcuni campioni ha rilevato la presenza di sostanze inquinanti in misura superiore alle CSC, ma non è affatto chiaro come tali sostanze nel terreno e nella falda ci siano arrivate, ossìa: non si sa se e quali dei serbatoi interrati fossero perdenti e che grado di compromissione avessero;
né, peraltro, si deduce o è stato dimostrato che le sostanze inquinanti siano penetrate nel terreno non per perdita dai serbatoi o da tubazioni interrate ma perché, a causa di una non corretta movimentazione del carburante in superficie, vi sarebbero stati veri e propri fenomeni di dispersione.

21.2. Tale considerazione potrebbe non rivestire soverchia rilevanza se Europam fosse stata l’unico soggetto, nel corso del tempo, ad utilizzare quell’area per il deposito ed il commercio dei carburanti: ancorchè la responsabilità dell’inquinatore debba essere sempre verificata dal punto di vista causale - in applicazione del noto principio “ chi inquina paga ” - e non possa pertanto essere data per scontata, il fatto che su un certo sito sia rilevato un inquinamento ambientale ascrivibile ad una determinata attività, che in concreto consta essere stata ivi svolta solo da un soggetto, consente di stabilire un nesso di causalità tra l’inquinamento stesso e l’attività di quel soggetto, che in tal caso rappresenta l’unica causa nota. Ma nel caso portato alla attenzione del Tribunale la situazione è ben differente, perché gli impianti di Corso Alessandria e Corso Savona esistono dai primi anni Sessanta e per 39 anni sono stati gestiti, nella medesima consistenza strutturale, dalla F.lli A s.n.c., tra l’altro in un’epoca in cui la legislazione non imponeva ai gestori degli impianti di commercializzazione di carburanti la adozione di tutte le misure di tutela dell’ambiente che oggi sono invece vigenti.

21.3. Appare dunque sorprendente che sia ARPA che la Provincia di Asti non si siano poste minimamente il problema, che non traspare dalla motivazione dei due provvedimenti impugnati, di verificare ed affermare una eventuale responsabilità concorrente o esclusiva della F.lli A s.n.c., la cui posizione sembra essere stata sic et simpliciter equiparata a quella del proprietario incolpevole, solo perché proprietaria dell’area.

21.4. Dal punto di vista fattuale, inoltre, occorre rilevare che la stessa ordinanza n. 1594/2016 cita dei particolari che avrebbero dovuto indurre ad ipotizzare una responsabilità quantomeno concorrente della A. Si allude, in particolare, al fatto che questa ultima ha commissionato, nel gennaio 2016, delle prove di tenuta dei serbatoi interrati, rinvenendone 6 bucati, dei quali solo 2 sottoposti a trattamento di vetrificazione prima che l’impianto fosse consegnato ad Europam. Ebbene: se 4 dei serbatoi sono risultati bucati e mai sottoposti a vetrificazione prima che fossero consegnati ad Europam, è possibile che essi fossero perdenti, o comunque compromessi, già da prima che la ricorrente e la A stipulassero il contratto d’affitto d’azienda. Per il resto l’ordinanza n. 1594/2016 si limita ad effettuare una cronistoria, dà atto della documentazione pervenuta e delle risultanze di essa, ma non spiega perché l’inquinamento rilevato debba essere ascritto solo ad Europam, comunicando così l’impressione che tale responsabilità sia stata data per scontata in ragione del cattivo stato di manutenzione dell’area a livello superficiale ed in ragione del fatto che Europam è stata l’ultimo soggetto ad utilizzare l’impianto.

22. Considerazioni analoghe valgono per l’ordinanza n. 1595/2016, avente ad oggetto l’impianto di Corso Savona. In questo caso, tra l’altro, ARPA è intervenuta quando la A s.n.c. aveva già provveduto alla rimozione dei depositi interrati presenti su quell’area e delle relative linee di adduzione. Essendo stata rilevata, nel corso di tale operazione, la presenza di una tubazione bucata, l’inquinamento è stato attribuito a tale circostanza;
e pur dando atto, l’ordinanza in parola, che l’impianto è stato attivato nel 1977 dalla A s.n.c., anche in questo caso la Provincia e l’ARPA non si pongono il problema di stabilire se l’inquinamento rilevato sia o meno recente, e ciò malgrado che alcun trattamento di vetrificazione delle cisterne e delle tubazioni risulta essere mai stato effettuato, dando adìto al dubbio che la compromissione possa essere iniziata anche in epoca precedente al momento in cui è subentrata Europam. Il provvedimento, dunque, non si pone affatto il problema di identificare il momento in cui la tubazione ha iniziato a perdere, e proprio per questa ragione il fatto che una eventuale corresponsabilità della A s.n.c. non venga neppure chiamata in causa risulta immotivata ed illogica.

23. Una eventuale corresponsabilità della A s.n.c. deve poi essere ipotizzata, nel caso di specie, non solo per il fatto che essa pure ha esercitato una attività che verosimilmente è all’origine dell’inquinamento rilevato in sito – la stessa identica attività esercitata dalla ricorrente –, ma anche per la ragione che essa é proprietaria non solo dell’area ma anche degli impianti, di cui essa ben conosceva l’epoca di realizzazione e la vetustà, e di cui, ad ogni buon conto, contrattualmente si era riservata la vigilanza e la manutenzione.

23.1. Si deve infatti constatare che nelle previsioni contrattuali, oltre all’obbligo di provvedere alla riparazione ed alla manutenzione straordinaria degli immobili (art. 12 del contratto d’affitto di ramo d’azienda del 4 febbraio 2005) , figurano inserite la clausola secondo cui “ la società affittante è altresì autorizzata ad eseguire riparazioni e manutenzioni, anche non urgenti, sugli immobili facenti parte del ramo aziendale concesso in affitto, giusta il disposto dell’art. 1583 c.c .” (articolo 12 comma 3 del contratto 4 febbraio 2005), nonché la clausola secondo cui “ La società affittante ha diritto , ai sensi dell’art. 1619 c.c., di controllare la corretta gestione dell’azienda affittata e all’uopo effettuare, previo preavviso di almeno dieci giorni alla società conduttrice, sopralluoghi anche a mezzo di propri rappresentanti ed incaricati ” (art. 15 del contratto già citato). Dalle ricordate previsioni contrattuali discende, ad avviso del Collegio, che la A s.n.c., pur concedendo la gestione degli impianti alla ricorrente mediante il contratto d’affitto di ramo d’azienda, non si è mai spogliata completamente della custodia dei beni, sui quali, all’esatto opposto, la affittante ha chiaramente inteso mantenere il potere di vigilanza e controllo, assicurandosi a livello contrattuale di poter entrare nella proprietà per ispezionarla e per poter effettuare i lavori necessari.

Segue dalla dianzi esposte considerazioni che, contrariamente a quanto sostengono la Provincia e la stessa A s.n.c., le pattuizioni contrattuali, almeno su questo punto, non assumono affatto una rilevanza meramente interna: infatti, nella misura in cui mantengono in capo alla A s.n.c. la custodia e la vigilanza sui beni oggetto dell’affitto di ramo d’azienda nonché sulla gestione di essa, innestano pure, sulla medesima, in via diretta e non in sostituzione della affittuaria, l’obbligo di assicurare la vigilanza nonché quello di effettuare le opere necessarie per mantenere i beni in buono stato d’uso e, più in generale, per assicurare la corretta gestione della azienda. Ed anche a voler ritenere che le cisterne interrate non facessero parte del compendio immobiliare la cui manutenzione straordinaria e le cui riparazioni rimanevano, in base al contratto d’affitto d’azienda, a carico della A s.n.c., non si sposterebbero i termini della questione, poiché relativamente a detti beni la A s.n.c. era comunque obbligata a sollecitare in tempo utile eventuali interventi manutentivi da parte di Europam.

23.3. L’eventuale omessa vigilanza, da parte della A s.n.c., sulla corretta gestione degli impianti e, più in generale, sullo stato di manutenzione dei beni aziendali, unitamente alla constatazione che tale vigilanza é prevista dal contratto e si giustifica, oggettivamente, con la natura pericolosa della attività, che comporta la continua movimentazione di carburanti, induce ad affermare che tale condotta omissiva sarebbe anche connotata, nella specie, da un coefficiente psicologico di colpevolezza: non si tratterebbe, quindi di una fattispecie di responsabilità ex art. 2051 c.c.

23.4. Una responsabilità della A s.n.c. per l’inquinamento rilevato negli impianti oggetto degli atti impugnati, ove ascrivibile ad omessa vigilanza, sarebbe alla stessa addebitabile, in conclusione a titolo di responsabilità per condotta omissiva colpevole che ha determinato il l’inquinamento ambientale agendo, quantomeno, quale concausa.

25.5. Del resto, che la responsabilità per danno ambientale possa essere integrata da una condotta omissiva è già stato chiarito dalla giurisprudenza: si veda al proposito la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4099/2016, secondo la quale” “ Ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244, comma 2, del Testo Unico dell'ambiente, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica Amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell'inquinamento, quindi ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità;
risulta, pertanto, necessario un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell'inquinamento, nonché del nesso di causalità che lega il comportamento del responsabile all'effetto consistente nella contaminazione, accertamento che presuppone un'adeguata istruttoria non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità (nella specie, difetta il necessario e preventivo accertamento della qualità di soggetto responsabile dell'inquinamento in capo alla società appellata, con la conseguenza che gli obblighi imposti risultano derivare dalla mera qualifica di proprietario o possessore dell'area e, dunque, dal mero collegamento materiale con essa, a prescindere dalla preliminare e necessaria verifica della qualità del soggetto responsabile dell'inquinamento)
”. Nel senso della rilevanza di una condotta anche solo negligente, v. Consiglio di Stato, sez. V, 17/07/2014, n. 3786;
nello stesso senso anche Consiglio di Stato, sez. VI, 05/10/2016, n. 4119, e più recentemente T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna), sez. II, 15/02/2017, n. 125, che ha affermato che “ L 'obbligo di messa in sicurezza e di successiva bonifica è la semplice conseguenza oggettiva dell'aver cagionato l'inquinamento e il complesso delle norme in tema di bonifica non sono altro che l'applicazione alla materia in esame (si potrebbe dire, la procedimentalizzazione nella materia in esame) della norma generale dell'art. 2043 c.c., secondo cui ogni soggetto è tenuto a reintegrare il danno che abbia cagionato con il proprio comportamento, che, d'altronde, è a sua volta espressione del principio, ancor più generale, di responsabilità, in base al quale ciascuno risponde delle proprie azioni ed omissioni, risultando dunque il c.d. principio comunitario del chi inquina paga un'ulteriore specificazione in materia ambientale, con la conseguenza che laddove il danno sia scoperto a distanza di anni o decenni ciò non impedisce di attivare la norma dell'art. 2043 c.c. né evita l'applicazione del principio di responsabilità .”

23.6. A stretto rigore, dunque, gli obblighi di bonifica ambientale non richiedono che sia ravvisabile in capo al responsabile dell’inquinamento un coefficiente soggettivo di colpevolezza, che è invece richiesto dall’art. 192 del D.L.vo 152/2006 al fine di ordinare al proprietario del sito interessato dall’abbandono incontrollato di rifiuti la rimozione degli stessi. La differenza sussistente tra tale situazione e quella divisata dagli articoli 242 e 244 del D. L.vo 152/2006 è che in questo secondo caso si è in presenza di una contaminazione ambientale (con o senza presenza di rifiuti da asportare), la quale giustifica l’inasprimento della responsabilità, che scatta in presenza del mero riscontro di una condotta attiva od omissiva causativa del danno ambientale, e prescindere dal riscontro di un coefficiente di colpevolezza.

24 Tutto quanto sopra esposto dimostra che ARPA, ma soprattutto la Provincia, avrebbero dovuto esaminare la situazione e le responsabilità senza escludere a priori una responsabilità, esclusiva o concorrente della A s.n.c., che invece sembra non essere stata presa in minima considerazione.

25. Colgono quindi nel segno le doglianze poste a fondamento del ricorso, di guisa che le Determinazioni impugnate possono effettivamente ritenersi illegittime nella parte in cui non considerano la possibile responsabilità, concorrente od esclusiva, della A s.n.c.: la Provincia dovrà quindi riesaminare la situazione allo scopo di verificare ed accertare con maggior precisione quali eventi hanno favorito l’inquinamento rilevato in sito, se A s.n.c. abbia, nel corso degli anni, esercitato sugli impianti la vigilanza ed il controllo discendente dall’esserne proprietaria e custode, e se essa sia soggettivamente rimproverabile per una omissione di vigilanza.

25.1. Vero è che alla attualità sarà ben difficile comprendere esattamente da dove sia scaturito l’inquinamento (se dalla perdita di un particolare serbatoio, o di una tubazione o da condotte scorrette) dal momento che la A s.n.c. sembrerebbe aver già rimosso tutti i serbatoi ed impianti vari, sia dal sito di Corso Alessandria che da quello di Corso Savona: ciò non può comunque determinare un automatico esonero da responsabilità “ per mancanza di prove ”: la Provincia dovrà invece valutare la posizione di A s.n.c. alla luce delle statuizioni che precedono e tenendo conto della documentazione (attendibile) che essa riuscirà a recuperare a ricostruzione dello stato di fatto rinvenuto nel momento in cui è stata effettuata la rimozione dei serbatoi e degli impianti.

26. Quanto sopra esposto non può però comportare l’annullamento delle ordinanze impugnate nei confronti della ricorrente, la quale non ha affatto dimostrato, sino ad ora, di essere totalmente estranea all’inquinamento verificatosi: il Collegio osserva, a tale proposito, che l’art. 244 del D. L.vo 152/2006 non impone di indirizzare l’ordinanza di bonifica contestualmente nei confronti di tutti i responsabili, essendo peraltro evidente, anche in applicazione del principio di precauzione, che é preferibile procedere nei confronti dei responsabili di cui già sia certa l’identità, piuttosto che mantenere ferma una bonifica. Da qui la legittimità, in parte qua, delle Determinazioni impugnate, che alla attualità si giustificano comunque sulla considerazione che nei confronti della ricorrente esiste indubbiamente un fumus di responsabilità e che, come già precisato, una ordinanza di bonifica non può essere tenuta ferma sine die solo perché non é certo se non siano coinvolti altri responsabili.

27. Il Collegio rammenta che il Consiglio di Stato, con la sentenza della sez. VI, 10/05/2011, n. 2755, ha affermato chiaramente che seppure l’accoglimento del ricorso determini normalmente l’annullamento dell’atto “ l'applicazione di tale regola può, in alcuni casi, risultare incongrua e manifestamente ingiusta, ovvero in contrasto col principio di effettività della tutela giurisdizionale. Allorché ciò accada, la regola dell'annullamento con effetti "ex tunc" dell'atto impugnato può essere derogata, a seconda delle circostanze, o con la limitazione parziale della retroattività degli effetti, ovvero con la loro decorrenza "ex nunc", ovvero ancora escludendo del tutto gli effetti dell'annullamento e disponendo esclusivamente gli effetti conformativi. La vigente legislazione, d'altra parte, non preclude al g.a. l'esercizio del potere di determinare gli effetti delle proprie sentenze di accoglimento. Da un lato, infatti, la normativa sostanziale e quella processuale non dispongono l'inevitabilità della retroattività degli effetti dell'annullamento di un atto in sede amministrativa o giurisdizionale (cfr. l'art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990 e l'art. 34, comma 1, lett. a), c. proc. amm.). D'altro lato, dagli art. 121 e 122 c. proc. amm. emerge che la rilevata fondatezza di un ricorso d'annullamento può comportare l'esercizio di un potere valutativo del giudice, sulla determinazione dei concreti effetti della propria pronuncia. Tale potere valutativo, attribuito per determinare la perduranza o meno degli effetti di un contratto, va riconosciuto al g.a. in termini generali, quando si tratti di determinare la perduranza o meno degli effetti di un provvedimento. Inoltre, in base alla giurisprudenza comunitaria - la quale ha da tempo affermato che il principio dell'efficacia "ex tunc" dell'annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e che la Corte di Giustizia Ue può dichiarare che l'annullamento di un atto (sia esso parziale o totale) abbia effetto "ex nunc" o che, addirittura, l'atto medesimo conservi i propri effetti sino a che l'istituzione modifichi o sostituisca l'atto impugnato - si deve ritenere, analogamente, che il g.a. abbia pure il potere di statuire la perduranza, in tutto o in parte, degli effetti dell'atto risultato illegittimo, per un periodo di tempo che può tenere conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da considerare rilevante .”

28. Il Collegio ritiene che nel caso di specie, nel quale vengono in considerazione atti illegittimi nella sola misura in cui non indagano con maggior profondità la responsabilità ambientale della controinteressata, ed in relazione ai quali esiste indubbiamente un interesse pubblico a non disporne la caducazione degli effetti nei confronti della ricorrente, onde consentire il sollecito avvio della procedura di bonifica, possa trovare applicazione il ricordato precedente del Consiglio di Stato, precisamente nella misura in cui esso ammette che il giudice amministrativo possa anche escludere in toto l’annullamento dell’atto oggetto di sindacato nonostante la rilevata illegittimità di esso, impartendo tuttavia alla Amministrazione delle misure conformative.

29. I ricorsi in epigrafe indicati vanno dunque parzialmente accolti, sia pure nei sensi di cui in motivazione, conseguendo da ciò l’obbligo della Provincia di Asti di riattivare il procedimento onde valutare la posizione di A s.n.c. , escludendosi invece l’annullamento degli atti impugnati.

30. La particolarità della vicenda e delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese dei due giudizi.

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