TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-08-02, n. 201801164

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-08-02, n. 201801164
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201801164
Data del deposito : 2 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/08/2018

N. 01164/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00143/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 143 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Wind Farm Manfredonia Guado Guarnieri S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi D'Ambrosio, E P, con domicilio eletto presso lo studio Luigi D'Ambrosio in Bari, piazza Garibaldi, n.23;

contro

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato T T C, con domicilio eletto presso lo studio Tiziana T. Colelli in Bari, Lungomare Nazario Sauro, n.31/33;

Per:

(chiesto con il ricorso principale)

-l’accertamento dell’obbligo della Regione Puglia di provvedere sull’istanza, presentata in data 25.11.2008, per il rilascio dell’autorizzazione unica alla realizzazione di un impianto eolico nel territorio del Comune di Manfredonia, località “Guado Guarnieri”, di potenza pari a circa 18 Mw (successivamente ridotti a 10 Mw in sede di verifica di assoggettabilità a VIA);

(chiesto con il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 30.4.2012)

- l’annullamento previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento di cui alla nota prot. n. AOO_159 27/02/2012 - 0001865 del 27.2.2012, successivamente pervenuta, a firma del Dirigente dell’Ufficio Area Politiche per lo Sviluppo, il Lavoro, e l’Innovazione - Servizio Energia, Reti e Infrastrutture Materiali per lo Sviluppo, avente ad oggetto il diniego di autorizzazione unica;

in parte qua, della presupposta deliberazione di G.R. Puglia n. 3029 del 30.12.2010 recante “Approvazione della disciplina del procedimento unico di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica”, con particolare riferimento alla disciplina di cui all’art. 3 “Avvio e svolgimento del procedimento unico”, punto 3.5;

di ogni atto alla predetta presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto, ivi compreso, ove occorra, il preavviso di improcedibilità e invito al completamento della documentazione di cui alla nota prot. n. 159/08/06/2011/007440U in data 8.6.2011 e il preavviso di rigetto prot. n. 1409 del 14.2.2012, trasmessi dal Servizio Energia della Regione Puglia;

-la condanna della Regione Puglia al risarcimento del danno ingiusto conseguente all’illegittimo provvedimento impugnato;
nonché per quello cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di durata del procedimento ex art. 14.16, D.M. Sviluppo Economico 10.9.2010 e dell’art. 2 bis legge n. 241/1990;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 4 luglio 2018 la dott.ssa D Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso principale la società odierna ricorrente ha contestato l’inerzia della Regione Puglia nel concludere il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica (chiesta in data 25.11.2008) per la realizzazione di un parco eolico nel Comune di Manfredonia.

L’Amministrazione regionale, in data 27.2.2012 (e, quindi, in un momento successivo rispetto alla notifica ed al deposito del ricorso, avvenuti rispettivamente in data 19.1.2012 e 2.2.2012) ha respinto la predetta istanza riscontrando plurime mancanze documentali.

Con ricorso per motivi aggiunti, assistito da istanza cautelare (notificato il 13.4.2012 e depositato il successivo 30.12.2012), la società ricorrente ha impugnato il predetto provvedimento di diniego, affidando le sue doglianze a molteplici censure e formulando, altresì, domanda risarcitoria per il ritardo nel rilascio del provvedimento di autorizzazione, pari sia ai costi di sviluppo sostenuti, sia alla perdita dei benefici economici.

Accolta l’istanza cautelare con ordinanza di questa Sezione n. 441/2012 del 28.6.2012, motivata in ragione della ritenuta illegittimità del comportamento della Regione che, dopo essere rimasta inerte per lungo tempo, ha ritenuto di concludere definitivamente ed in modo negativo il procedimento de quo nel volgere di poco tempo, l’Ente, come evidenziato con memoria depositata digitalmente il 1.6.2018, ha concesso termine alla società odierna ricorrente per depositare la documentazione ritenuta mancante.

La richiesta è rimasta inottemperata e, pertanto, l’Ente ha adottato nuovo provvedimento di diniego (nota n. 261 dell’11.1.2013), rimasto inoppugnato.

In vista dell’udienza del 4.7.2018, le parti hanno depositato memorie e, alla predetta udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

Attesa l’adozione di un provvedimento esplicito di diniego sull’istanza di autorizzazione unica presentata dalla società odierna ricorrente, va dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine al ricorso principale, essendo stata pienamente soddisfatta la pretesa azionata con il rimedio giudiziale a tal fine proposto.

Quanto al ricorso per motivi aggiunti, la domanda impugnatoria con esso formulata va dichiarata improcedibile, in considerazione dell’adozione di un nuovo provvedimento di diniego (non meramente confermativo in quanto reso all’esito di rinnovata istruttoria e, peraltro, rimasto inoppugnato), che priva di interesse all’annullamento del precedente, atteso che la pronuncia invocata non sarebbe comunque idonea a superare l’ultimo diniego dell’11.1.2013 che preclude in modo definitivo, alla ricorrente, di ottenere il bene della vita reclamato con il ricorso per motivi aggiunti.

Infondata è anche la domanda risarcitoria.

Essa, per come specificata in ricorso, ricollega il danno in questione “al ritardo nell’incasso dei flussi di cassa generati dall’impianto” e nella percezione degli interessi attivi derivanti dall’investimento, cui la ricorrente aggiunge i costi di progettazione e gestione inutilmente sostenuti.

Il danno viene configurato, pertanto, come detrimento causato dal tardivo ottenimento del bene della vita (e non come danno da mero ritardo per la situazione di incertezza ingeneratasi a causa della tardiva adozione di un provvedimento definitorio del procedimento, indipendentemente dal suo contenuto).

La richiesta risarcitoria, dunque, muove dall’assunto che il danno sia stato determinato dal tardivo rilascio del provvedimento (positivo) di autorizzazione unica, in tesi, spettante alla ricorrente.

L’assunto da cui muove la società istante è, invece, confutato dall’esito dell’istruttoria amministrativa.

Deve, infatti, rilevarsi che la Regione ha condivisibilmente negato l’autorizzazione reclamata.

Entrambi i dinieghi espressi in ordine all’istanza dell’odierna ricorrente sono stati determinati dalle plurime carenze documentali relative all’impianto da realizzarsi.

Nel secondo si aggiunga che la Regione ha evidenziato, con specifica motivazione rimasta inconfutata, che difettava anche un valida soluzione di connessione dell’impianto alla rete di Terna spa (essendo decaduta quella originariamente proposta per mancata accettazione del preventivo di connessione), rendendo così l’impianto privo di un requisito essenziale di funzionalità e concreta operatività.

A fronte delle mancanze documentali e strutturali del progetto certamente va esclusa la effettiva realizzabilità dell’impianto oggetto del contendere, sicchè non possono ritenersi imputabili all’Ente convenuto sia la perdita dei benefici economici sia i costi di progettazione e sviluppo, in quanto le carenze progettuali (imputabili alla società stessa) hanno necessariamente condotto ai dinieghi relativi all’istanza presentata.

Né nel caso di specie può ritenersi che sia stata la sopravvenuta disciplina amministrativa (D.G.R. Puglia n. 3029 del 30.12.2010) o normativa ad aver determinato il diniego, in quanto le carenze evidenziate si caratterizzano per essere originarie.

Difetta, dunque, nel caso di specie, in primo luogo l’illegittimità dell’atto conclusivo del procedimento autorizzatorio che esclude la possibilità di ottenere il bene della vita e determina, sotto altro punto di vista, la imputabilità alla sola danneggiata delle perdite economiche reclamate.

La conclusione tempestiva del procedimento, attese le mancanze strutturali e documentali riscontrate, dunque, non avrebbe potuto che essere negativa, così elidendo in radice il carattere contra ius del comportamento denunciato dalla ricorrente.

In altri termini, escluso che la ricorrente potesse legittimamente reclamare l’autorizzazione unica, il danno connesso alla ritardata realizzazione dell’impianto risulta privo del presupposto indefettibile rappresentato dalla spettanza del bene della vita.

La tardiva conclusione del procedimento, dunque, piuttosto che causare un danno ha consentito

alla ricorrente di fruire di un più ampio margine temporale per le produzioni documentali integrative mai presentate nella fase istruttoria.

Esso, pertanto, risponde a logiche comportamentali di buona fede dell’Ente regionale che, pur dovendo ab inizio rilevare l’incompletezza del progetto proposto, non ha concluso negativamente il relativo procedimento.

Alle considerazioni sin qui svolte deve aggiungersene un’altra rilevante ai sensi dell’art. 30, co 3, cpa.

Deve, infatti, porsi in evidenza che la ricorrente, pur avendo a disposizione il rimedio giustiziale di cui all’art. 117 cpa (ovvero di cui all’art. 21 bis L. n. 1034/71, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 104/2010) ha omesso qualsivoglia forma di tempestiva reazione all’inerzia regionale, proponendo il ricorso principale solo a distanza di svariati anni dallo spiera del termine di conclusione del procedimento.

Tale comportamento viene in rilievo, dunque, perché evidenzia che la società ha omesso di esercitare una condotta ordinariamente diligente (attraverso l’esperimento del previsto rimedio giurisdizionale) tesa ad evitare il prodursi del danno.

I ricorsi, pertanto, vanno definiti con la pronuncia indicata in dispositivo.

Le spese, in ragione dell’andamento complessivo della controversia, vengono integralmente compensate.

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