TAR Firenze, sez. II, sentenza 2016-01-25, n. 201600106
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N. 00106/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01743/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1743 del 2015, proposto da:
A S, rappresentato e difeso dall'avv. V G, con domicilio eletto presso Mauro Montini in Firenze, Via dei Rondinelli, 2;
contro
Ministero della Salute in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'ottemperanza
alla sentenza n. 71/2012 del 5 gennaio 2012, resa dal Tribunale di Firenze (R.G. n. 15747/2003), pubblicata in pari data, munita di formula esecutiva il 14 febbraio 2014 e notificata dall'odierno ricorrente, ai fini del passaggio in giudicato, al Ministero della Salute presso la relativa sede legale mediante plico raccomandato AR spedito il 18 febbraio 2012 e ricevuto il 24 febbraio 2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2016 il dott. Luigi Viola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con sentenza 5 gennaio 2012 n. 71, il Tribunale di Firenze condannava il Ministero della Salute alla corresponsione al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale per aver contratto infezione HCV a seguito di trasfusioni di sangue infetto, della somma di € 74.940,51 da maggiorarsi degli interessi legali sulla somma devalutata, con detrazione di quanto già percepito ai sensi della l. 210 del 1992 (pari ad € 546,76 mensili) ed oltre agli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo;condannava altresì l’Amministrazione convenuta alla corresponsione delle spese di giudizio, liquidate in € 687,58 per spese, € 2.941,60 per diritti ed € 12.600,00 per onorari, oltre ad IVA, CAP e spese generali ed alle spese di CTU definitivamente poste a carico di parte convenuta.
La sentenza passava in giudicato (come da attestazione 15 luglio 2015 del Cancelliere del Tribunale di Firenze) ed era notificata all’Amministrazione, in forma esecutiva, in data 24 febbraio 2012;l’Amministrazione non eseguiva però il giudicato, determinando la necessità della proposizione del ricorso per ottemperanza.
Con il presente ricorso, il ricorrente chiede pertanto alla Sezione di ordinare al Ministero della Salute di ottemperare al giudicato formatosi sulla sentenza 5 gennaio 2012 n. 71 del Tribunale di Firenze;chiede altresì l’adozione di tutte le misure attuative del giudicato, compresa la nomina del Commissario ad acta e la concessione delle cd. penalità di mora ex art. 114, 4° comma lett. e) del c.p.a.
Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.
Nel caso di specie, la sentenza di cui si chiede l'adempimento è regolarmente passata in giudicato (come da attestazione 15 luglio 2015 del Cancelliere del Tribunale di Firenze, apposta in calce alla sentenza passata in giudicato).
Sussiste poi la competenza del T.A.R. adito, ai sensi della previsione dell’art. 113, 2° comma c.p.a. che, nel caso di ricorsi per ottemperanza a provvedimenti dell’A.G.O., attribuisce la competenza territoriale <<al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza.>>.
La sentenza è poi stata notificata in forma esecutiva al Ministero della salute in data 24 febbraio 2012 ed è pertanto ormai ampiamente decorso il termine di 120 giorni previsto dall’art. 14, 1° comma del d.l. 31 dicembre 1996 n. 669 (conv. in l. 28 febbraio 1997, n. 30 e modificato dall’art. 44, 3° comma del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, conv. in l. 24 novembre 2003, n. 326).
Il ricorso per ottemperanza deve pertanto essere accolto e deve essere dichiarato l’obbligo del Ministero della Salute di dare esecuzione a quanto stabilito dal Tribunale di Firenze con la sentenza 5 gennaio 2012 n. 71, corrispondendo al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale per aver contratto infezione HCV a seguito di trasfusioni di sangue infetto, la somma di € 74.940,51 da maggiorarsi degli interessi legali sulla somma devalutata, con detrazione di quanto già percepito ai sensi della l. 210 del 1992 (pari ad € 546,76 mensili) ed oltre agli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo ed alle spese di giudizio, liquidate in € 687,58 per spese, € 2.941,60 per diritti ed € 12.600,00 per onorari, oltre ad IVA, CAP e spese generali ed alle spese di CTU, se corrisposte dalla ricorrente, definitivamente poste a carico di parte convenuta.
Al Ministero della Salute va assegnato il termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della presente decisione per provvedere alla corresponsione al ricorrente della somma sopra indicata.
Al tempo stesso, il Collegio nomina il Prefetto di Firenze (o un suo sostituto) affinché ove l'indicato termine di 30 (trenta) giorni decorra infruttuosamente, provveda, in qualità di Commissario ad acta, a tutti gli adempimenti occorrenti per l'ottemperanza alla presente decisione nel successivo termine di 60 (sessanta) giorni.
Per quello che riguarda la corresponsione delle cd. penalità di mora di cui all’art. 114, 4° comma lett. e) del c.p.a., la Sezione ritiene di poter condividere e fare proprio l’orientamento giurisprudenziale dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che ha affermato la possibilità di applicare il particolare istituto previsto dal codice del processo amministrativo <<anche alle sentenze di condanna pecuniarie della p.a., trattandosi di un modello normativo caratterizzato da importanti differenze rispetto alla previsione di cui all’art. 614-bis c.p.c.>>(Cons. Stato, ad plen. 25 giugno 2014 n. 15;sez. IV, 2 marzo 2012, n. 1214;T.A.R. Puglia, Bari, sez. I 24 gennaio 2013 n. 79;27 giugno 2012 n. 1299).
Il contrario orientamento spesso seguito dalla giurisprudenza (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis 21 gennaio 2013, n. 640;T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV 9 novembre 2012, n. 4553;T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater, 31 gennaio 2012, n. 1080;sez. I, 29 dicembre 2011, n. 10305;T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 15 aprile 2011 n. 2162) si basa, infatti, su due argomentazioni che non appaiono condivisibili alla Sezione.
In particolare, non appare certo condivisibile il sostanziale parallelo istituito dall’orientamento restrittivo sopra richiamato tra la previsione dell’art. 114, 4° comma lett. e) c.p.a. e l’art. 614-bis del c.p.c. (che, nel diritto processuale civile, prevede la concessione delle penalità di mora solo con riferimento alle sentenze relative ad <<obblighi di fare infungibile o di non fare>>), con conseguenziale esclusione della possibilità di applicare le astreintes ai ricorsi aventi ad oggetto l’ottemperanza a sentenze di condanna attinenti ad obbligazioni meramente pecuniarie della p.a.;l’orientamento in discorso non tiene, infatti, conto della strutturale diversità del giudizio di ottemperanza rispetto al procedimento di esecuzione civile ed in particolare, della natura pienamente fungibile e coercibile di ogni comportamento dell’amministrazione attuativo del giudicato che deriva dalla previsione normativa del potere del Giudice amministrativo di sostituirsi all’amministrazione, tramite soprattutto lo strumento costituito dal Commissario ad acta;non ha, pertanto, alcun senso, prospettare la limitazione della possibilità per il Giudice amministrativo di concedere le astreintes solo alle ipotesi di obblighi di fare infungibile, quando il giudizio di ottemperanza è caratterizzato solo da obblighi attuativi del giudicato pienamente fungibili e coercibili dal Giudice e non da obblighi di diversa natura.
Anche il secondo argomento posto a base dell’orientamento giurisprudenziale più restrittivo (la necessità di non attribuire tutela eccessiva al creditore, già adeguatamente ristorato dal riconoscimento dell’obbligazione degli interessi sulla somma dovuta dalla p.a.) non merita poi adesione;le cd. penalità di mora sono, infatti, caratterizzate dalla natura sanzionatoria del comportamento non attuativo del giudicato e dalla stretta attinenza alla tutela in forma indiretta dell’interesse dell’ordinamento all’esecuzione delle decisioni giurisdizionali (secondo quella strutturazione riportata alla categoria dell’esecuzione processuale indiretta) e non hanno pertanto nulla a che fare con il ristoro del danno derivante alla mancata disponibilità del denaro che è alla base dell’istituto degli interessi.
In considerazione dell’ammontare della somma dovuta dall’Amministrazione intimata, la Sezione ritiene poi equo determinare la somma dovuta a titolo di penalità di mora nella misura di € 30,00 (trenta/00), per giorno di ritardo;il giorno iniziale di decorrenza dell’obbligazione deve essere individuato nella notificazione o comunicazione della presente sentenza, mentre il giorno finale nell’integrale pagamento della somma dovuta dalla p.a. o nel momento dell’insediamento del Commissario ad acta <<che determina un definitivo trasferimento del munus, rimanendo precluso all’amministrazione ogni margine di ulteriore intervento>>(in questo senso, si veda Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2012, n. 2547).
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e devono essere liquidate, in mancanza di nota spese, in € 2.000,00 (duemila/00), oltre ad IVA e CAP.