TAR Torino, sez. II, sentenza 2018-01-03, n. 201800012
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Pubblicato il 03/01/2018
N. 00012/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00709/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 709 del 2015, proposto da:
VITTORIO SANINO, rappresentato e difeso dall'avvocato E M, domiciliato ex art. 25 cpa presso T.A.R. Piemonte Segreteria in Torino, via Confienza, 10;
contro
COMUNE DI BENE VAGIENNA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati P P G, A G e G M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G M in Torino, via Giuseppe Giusti, 3;
per l'annullamento
- del diniego di permesso di costruire per la realizzazione di opere di urbanizzazione a servizio di fabbricato di civile abitazione in futura realizzazione in Bene Vagienna;
- di ogni altro provvedimento connesso, consequenziale e presupposto a quello impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bene Vagienna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con istanza del 22 marzo 2012, il sig. Sanino Vittorio, proprietario di un terreno edificabile nel Comune di Bene Vagienna, in zona residenziale R5.12 (identificato in catasto terreni al Foglio 30 mappale 325), chiedeva all’amministrazione comunale il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato tri-familiare di civile abitazione.
L’istanza otteneva in data 24 aprile 2012 il parere favorevole della Commissione Edilizia, subordinatamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 7 commi 2 e 3 delle N.T.A del vigente PRGC, vale a dire: a) sistema viario per il collegamento e l’accesso all’edificio;b) impianto municipale o privato di distribuzione idrica con caratteristiche idonee a sopportare le utenze dell’insediamento;c) impianto municipale o privato di smaltimento dei rifiuti liquidi con caratteristiche idonee a smaltire i carichi indotti dall’insediamento.
In data 21 maggio 2014, il sig. Sanino presentava la richiesta per il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria a servizio del fabbricato di civile abitazione di futura realizzazione, allegando gli elaborati grafici di progetto, la relazione tecnica descrittiva dell’intervento, la documentazione fotografica dei luoghi e il titolo di proprietà del terreno.
Riceveva un primo preavviso di diniego in data 16 luglio 2014, motivato in relazione alla carenza della documentazione progettuale in ordine alle modalità di accesso alla pubblica via e alla mancanza della dichiarazione del progettista abilitato in ordine alla conformità del progetto alla normativa urbanistico-edilizia.
Il proponente integrava quindi la documentazione in data 24 luglio 2014, allegando nuovi elaborati e la dichiarazione del tecnico progettista.
Il 7 agosto 2014 l’amministrazione richiedeva un’ulteriore integrazione documentale in relazione alle richieste pervenute dal gestore del servizio idrico integrato, a cui era stata trasmessa la richiesta dell’interessato per la formulazione del prescritto parere con riferimento agli allacciamenti idrici e fognari.
Il gestore rendeva il proprio parere in data 25 settembre 2014, ipotizzando, in particolare, quattro ipotesi progettuali per l’allacciamento alla rete idrica con l’indicazione di quattro diversi “punti di consegna” , e, quanto all’impianto fognario, richiamando l’obbligo di legge (ex L.R. 13/1990, Regolamento del S.I.I.) di allaccio degli scarichi domestici alla rete fognaria pubblica, nel caso di specie ubicata nel sedime della S.P. Bene Vagienna-Lequio Tanaro, mentre invece il progetto del ricorrente prevedeva la realizzazione di una “fossa imhoff” per la raccolta delle acque nere, in luogo dell’allaccio al collettore pubblico.
Il 24 ottobre 2014 l’amministrazione comunale comunicava all’interessato di ritenere percorribili tre delle quattro soluzioni proposte dal gestore, in sostanza scartando la prima, corrispondente a quella formulata dal proponente, sulla quale, peraltro, lo stesso gestore aveva “fatta salva la “regolarità” circa la messa a dimora di una rete per il trasporto dell’acqua potabile in un’area adibita a discarica” .
Ne seguiva uno scambio di corrispondenza tra l’interessato - che contestava l’illegittimità della pretesa - e l’amministrazione comunale, da cui sortiva un secondo preavviso di diniego in data 10 marzo 2015, nel quale l’amministrazione indicava tre distinti (e autonomi) profili ritenuti ostativi all’accoglimento dell’istanza: a) la mancanza di un accesso del costruendo edificio alla pubblica via (quella indicata in progetto essendo di proprietà di terzi, con servitù di passaggio costituita in favore di terzi);b) la mancanza di allacciamento dello scarico fognario al collettore pubblico e l’inammissibilità della fossa imhoff ;c) la difformità del progetto rispetto alle tre ipotesi progettuali indicate dall’amministrazione in ordine all’approvvigionamento idrico.
L’interessato presentava osservazioni a mezzo del proprio legale, che il Comune, tuttavia, riteneva non condividibili;sicchè, con provvedimento del 9 aprile 2015 notificato il 10 aprile successivo, il responsabile del servizio respingeva definitivamente l’istanza del ricorrente, con articolata motivazione sostanzialmente riproduttiva dei motivi ostativi comunicati con il secondo preavviso di diniego.
2. Con ricorso notificato il 5 giugno 2015, il sig. Sanino impugnava il predetto diniego dinanzi a questo TAR e ne chiedeva l’annullamento sulla base di cinque motivi, con i quali deduceva, in particolare:
1) l’intervenuta formazione del silenzio-assenso sull’istanza di permesso di costruire del 21 maggio 2014, secondo quanto previsto dall’art. 20 del D.P.R. n. 380 del 2001;
2) la violazione delle forme procedimentali previste dallo stesso art. 20, sotto plurimi profili;
3-4-5) l’illegittimità delle valutazioni compiute dall’amministrazione in ordine ai tre profili posti a fondamento del diniego: accesso alla pubblica via, scarichi fognari e allacciamento idrico.
3. Il Comune di Bene Vagienna si costituiva in giudizio depositando documentazione e resistendo al gravame con atto di stile.
4. In prossimità dell’udienza di merito, entrambe le parti integravano la propria documentazione e depositavano memorie conclusive e di replica nei termini di rito.
5. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2017, la causa era assunta in decisione.
Il collegio osserva quanto segue.
6. Con il primo motivo, il ricorrente ha eccepito l’intervenuta formazione del silenzio-assenso sull’istanza di permesso di costruire presentata il 21 maggio 2014, essendo il provvedimento espresso di diniego intervenuto in data 9 aprile 2015, dopo il decorso del termine di 90 giorni prescritto dall’art. 20 del D.P.R. 380 del 2001, sia assumendo come dies a quo quello di presentazione dell’istanza, sia assumendo quello della successiva integrazione documentale operata dal ricorrente in data 24 luglio 2014, su richiesta dell’amministrazione.
La censura è infondata.
6.1. Secondo noti principi, la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire postula che l'istanza sia assistita da tutti i presupposti per l'accoglimento, il quale non si verifica ogni qualvolta manchino i requisiti di fatto e di diritto richiesti dalla legge, tenendo presente che il silenzio-assenso non può formarsi in mancanza della documentazione completa prescritta dalle norme in materia per il rilascio del titolo edilizio (Consiglio di Stato, sez. IV 05 settembre 2016 n. 3805;T.A.R. Napoli, sez. VIII, 03 aprile 2017 n. 1776;T.A.R. Salerno, sez. II, 22 agosto 2016 n. 1909;T.A.R. Bari, sez. III, 14 gennaio 2016 n. 37).
In particolare, è stato affermato che “Se il decorso del tempo senza che l'amministrazione abbia provveduto rende possibile l'esistenza di un provvedimento implicito di accoglimento dell'istanza presentata dal privato, nondimeno perché tale provvedimento sia legittimo occorre che sussistano tutte le condizioni, normativamente previste per la sua emanazione, non potendosi ipotizzare che, per silenzio, possa ottenersi ciò che non sarebbe altrimenti possibile mediante l'esercizio espresso del potere da parte dell'amministrazione. Diversamente opinando, si determinerebbe una situazione di sostanziale disparità tra ipotesi sostanzialmente identiche, dipendente solo dal sollecito (o meno) esercizio del potere amministrativo e, dove non fosse ipotizzabile l'intervento in via di autotutela dell'amministrazione, si verrebbe a configurare una “disapplicazione” di norme per mero (e casuale) decorso del tempo” (Consiglio di Stato sez. IV 05 settembre 2016 n. 3805).
6.2. Nel caso di specie, per le ragioni evidenziate dall’amministrazione nel provvedimento espresso di diniego del 9 aprile 2015 – ragioni che, come si dirà, resistono nel complesso alle censure formulate dal ricorrente - il progetto di opere di urbanizzazione sottoposto all’esame dell’amministrazione è risultato carente ab origine di requisiti essenziali relativi al sistema viario di accesso al costruendo fabbricato e agli allacciamenti idrico e fognario, prescritti dall’art. 7 commi 2 e 3 delle NTA del vigente PRGC del Comune di Bene Vagienna;sicchè, alla stregua dei principi sopra affermati, in mancanza di tali presupposti essenziali per l’assentibilità del progetto, nessun silenzio-assenso si è potuto formare sull’istanza di permesso di costruire.
La censura va quindi disattesa.
7. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione delle forme e dei termini procedimentali prescritti dall’art. 20 del TUE in relazione: a) alla comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento (entro 10 giorni dalla presentazione della domanda);b) alla richiesta di integrazione documentale (entro 30 giorni dal deposito della domanda);c) all’acquisizione del parere della Commissione Edilizia (entro 60 giorni dalla presentazione della domanda);d) all’acquisizione del parere del gestore del servizio idrico-integrato (entro 60 giorni dalla presentazione della domanda). Inoltre, l’istruttoria della pratica sarebbe stata effettuata in modo lacunoso e superficiale, attraverso richieste di integrazioni documentali e di modifiche progettuali giunte in tempi diversi, anziché essere svolte contemporaneamente.
Anche tale censura non può essere condivisa.
7.1. I termini intermedi previsti dall’art. 20 TUE, in mancanza di espressa previsione di perentorietà, hanno carattere meramente ordinatorio e acceleratorio, e dunque il loro decorso non produce effetti sostanziali sull’esito del procedimento, tanto più in assenza dei presupposti sostanziali per l’assentibilità dell’istanza.
7.2. Le plurime richieste di integrazione documentale formulate dall’amministrazione, correlate ad esigenze sostanziali (soprattutto quelle afferenti ai profili evidenziati dal gestore del servizio idrico-integrato) non sono sintomo di superficialità dell’istruttoria, ma se mai del suo contrario.
8. Con il terzo motivo, il ricorrente ha contestato la legittimità delle valutazioni formulate dall’amministrazione sul sistema viario di accesso al costruendo fabbricato. Ha osservato il ricorrente che l’accesso alla pubblica via del costruendo fabbricato sarebbe garantito dalla strada privata che attraversa il mappale 107 del foglio 30, di proprietà delle sig.re Capellero, le quali, non a caso, hanno sottoscritto la documentazione integrativa presentata dopo il primo preavviso di diniego;d’altra parte, se le sig.re Capellero non fossero proprietarie della strada in questione, non si spiegherebbe la ragione per la quale l’amministrazione abbia comunicato anche a loro il preavviso di diniego;l’amministrazione, contraddittoriamente, solo nel provvedimento conclusivo avrebbe rilevato l’assenza di un titolo formale attestante la proprietà Capellero, senza però aver mai richiesto la produzione di tale titolo in oltre dieci mesi di istruttoria procedimentale;l’amministrazione ha fondato il proprio diniego su aspetti formalistici, come l’esistenza di una servitù di passaggio in favore (non del ricorrente, ma) di un terzo soggetto;infine, la superficialità dell’istruttoria sarebbe confermata dal fatto che nel preavviso di diniego l’amministrazione ha lamentato che il progetto della strada prevedesse la demolizione dello spigolo di un fabbricato di proprietà di terzi, in assenza di titoli da parte del proponente, senza tuttavia considerare che tale spigolo era già stato demolito alla data di presentazione dell’istanza di permesso di costruire, come era possibile evincere dalla documentazione fotografica allegata all’istanza.
Osserva il collegio che l’articolata cesura è infondata.
8.1. L’assenso delle sig.re Capellero alla costituzione di una servitù di passaggio in favore del ricorrente non risulta da atti formali. La mera sottoscrizione (non autenticata) degli elaborati progettuali prodotti dal ricorrente dopo il primo preavviso di diniego non è stata ritenuta sufficiente dell’amministrazione ai fini della dimostrazione dell’esistenza di un diritto di passaggio del ricorrente, tant’è che nel secondo preavviso di diniego l’amministrazione ha rilevato l’assenza di alcun “elemento probatorio utile nella specie” , senza che tuttavia il proponente abbia successivamente colmato tale lacuna con la produzione della documentazione formale richiesta dagli uffici. Né il ricorrente ha fornito alcun chiarimento sul punto segnalato dall’amministrazione nel secondo preavviso di diniego in ordine all’indicazione nella tavola 2 di progetto della dicitura “strada privata con servitù di passaggio a favore della sig.ra B…persona terza di cui non è comprensibile la condizione…” .
8.2. La sussistenza in capo al proponente di un titolo giuridico per disporre del terreno di proprietà di terzi per potere accedere al costruendo edificio non costituisce un aspetto formalistico, ma un aspetto sostanziale per integrare l’osservanza dei presupposti di cui all’art. 7 comma 3 lett. a) delle NTA del PRGC (esistenza di un “sistema viario per il collegamento e l’accesso agli edifici” ).
8.3. La completezza dell’istruttoria procedimentale è confermata proprio dal fatto che la questione della demolizione dello spigolo, dopo le osservazioni del proponente, non è stata riprodotta nel provvedimento conclusivo.
9. Con il quarto motivo, il ricorrente ha contestato la legittimità delle valutazioni formulate dall’amministrazione sull’inammissibilità dello scarico fognario progettato dal ricorrente, consistente in una fossa imhoff per la raccolta delle acque nere, in luogo dell’allacciamento al collettore fognario pubblico. Ha osservato il ricorrente che tale soluzione progettuale si sarebbe resa necessaria perché il punto di allaccio al collettore pubblico indicato dall’amministrazione comunale disterebbe più di 100 metri dagli scarichi del nuovo insediamento (laddove l’art. 8 comma 2 della L.R. n. 13/1990 prescrive che “tutti gli scarichi civili devono essere collegati alla pubblica rete fognaria se canalizzabili in meno di 100 metri dall’apposito punto di allacciamento” ), e inoltre tale punto di allaccio risulta posto in contropendenza;ha osservato il ricorrente che, nel silenzio della legge regionale sulla modalità di misurazione dei 100 metri, è ragionevole ritenere che le due estremità da considerare siano da un lato il “punto di allacciamento” e dall’altro il “punto di convergenza degli scarichi del nuovo fabbricato” e non, invece, il limite estremo del confine di proprietà;anche perché la ratio della norma è quella di limitare l’obbligo di allaccio alla fognatura pubblica ai casi in cui esso sia facilmente realizzabile;nel caso di specie, la planimetria allegata sub doc. 19 dimostrerebbe che la distanza tra i due punti indicati è superiore a 200 metri;inoltre, tutto il tratto di condotta sarebbe in contropendenza, il che, benchè superabile tecnicamente, lo sarebbe solo a costi decisamente maggiori;infine, il ricorrente ha lamentato la disparità di trattamento rispetto ai fabbricati privati antistanti la strada provinciale, nessuno dei quali risulta collegato alla fognatura pubblica, ma ai quali sarebbe stato ugualmente consentito di riversare i propri scarichi nel Rio Rocchetta, che scorre nelle vicinanze.
9.1. La difesa del Comune ha replicato richiamando il parere reso in sede procedimentale dal gestore del servizio idrico-integrato, secondo cui per gli scarichi “domestici” è imposto per legge l’allaccio alla rete pubblica, la quale, nel caso di specie, “è ubicata nel sedime della Strada Provinciale Bene Vagienna-Lequio Tanaro” ;ha osservato la difesa comunale che la tavola grafica n. 2 delle integrazione documentali prodotte dal ricorrente in data 24 luglio 2014 (“Planimetria reti”, doc. 11 ricorrente) rappresenta tale strada “ e, inevitabilmente, la colloca a distanza ben inferiore a cento metri dagli scarichi “domestici” di cui dianzi” . Quanto alla contropendenza, il provvedimento impugnato ne ha dato atto, ma nel contempo ha rilevato che “ non mancherebbero strumenti e soluzioni tecniche di uso ordinario a superamento” di tale contropendenza.
9.2. Il ricorrente ha replicato a sua volta, nella memoria conclusiva, che la distanza sarebbe certamente superiore a 100 metri, richiamando il proprio doc. 23, costituito da due rilievi fotografici estratti da Google Maps, nei quali si ipotizzano due diversi tracciati del tratto fognario: il primo (meno lineare) di metri 188,43, l’altro (più diretto) di mt 112,25;ha inoltre ribadito la disparità di trattamento rispetto ai fabbricati antistanti quelli in progetto, i quali sarebbero stati autorizzati a riversare i propri scarichi in fosse imhoff sebbene siano certamente più vicini al punto di allacciamento al collettore fognario pubblico;la risoluzione tecnica della contropendenza sarebbe poi estremamente gravosa per il ricorrente sotto il profilo economico.
9.3. Il collegio rileva che, tra le due tesi contrapposte, quella dedotta dal ricorrente ha quanto meno il pregio di essere supportata da riscontri documentali, per quanto non dirimenti;laddove quella esposta dalla difesa comunale appare affidata a mere petizioni di principio e ad asserzioni non riscontrate e non riscontrabili.
Ne consegue che, limitatamente al capo di motivazione qui in esame, il provvedimento impugnato appare affetto dai vizi di illegittimità dedotti dal ricorrente, quanto meno, allo stato degli atti, sotto i profili del difetto di istruttoria e di motivazione.
Tuttavia, va precisato, nel contempo, che venendo in considerazione un provvedimento amministrativo fondato su capi di motivazione distinti e autonomi, ciascuno dei quali in grado di sorreggere da solo la legittimità del provvedimento, l’accertata illegittimità di uno solo di essi non è sufficiente a consentire l’annullamento del provvedimento stesso, anche perché un annullamento solo parziale, limitato al capo di motivazione illegittimo, non arrecherebbe al ricorrente alcuna utilità, visto che il provvedimento continuerebbe a sostenersi sui capi di motivazione residui, non intaccati da vizi di illegittimità.
9.4. Per quanto invece riguarda l’asserita disparità di trattamento dedotta dal ricorrente, osserva il collegio che a sostegno della censura sono state prodotte in giudizio soltanto alcune fotografie dei fabbricati in questione e di una tubazione seminterrata (non meglio identificabile), ma non è dato comprendere da cosa dovrebbe desumersi che tali fabbricati non sarebbero allacciati alla fognatura pubblica e riverserebbero i propri scarichi nel Rio Rocchetta, come sostenuto dal ricorrente.
Questa parte della censura in esame va quindi respinta perché non sufficientemente documentata.
10. Con il quinto motivo, infine, il ricorrente ha contestato la legittimità delle valutazioni formulate dall’amministrazione sul progetto di approvvigionamento idrico del costruendo edificio, lamentando in particolare che l’amministrazione abbia escluso, delle quattro ipotesi progettuali indicate dal gestore del servizio idrico integrato, proprio la soluzione A corrispondente a quella proposta dal ricorrente, che non solo sarebbe tecnicamente realizzabile, ma sarebbe pure meno gravosa economicamente delle altre tre;inoltre, l’amministrazione avrebbe escluso la soluzione A senza alcuna motivazione (“L’Amministrazione comunale ritiene che le ipotesi possibili siano la B), C) D)” , così la nota del 24 ottobre 2014, doc. 8 Comune). Tra l’altro, le tre soluzioni proposte dall’amministrazione sarebbero palesemente sovradimensionate rispetto al progetto edificatorio del ricorrente, imponendo la realizzazione di opere infrastrutturali che sarebbero di competenza della P.A.
10.1. La difesa del Comune ha replicato osservando che la soluzione A è stata esclusa perché comportava “il trasporto di acqua potabile” , cioè l’attraversamento con condutture di conduzione dell’acqua potabile, attraversando “un’area adibita a discarica” , come evidenziato dallo stesso gestore del servizio idrico integrato nel parere del 25 settembre 2014;la scelta dell’amministrazione sarebbe, quindi, una scelta di merito, che il ricorrente non ha dimostrato essere irragionevole.
10.2. Il collegio condivide le osservazioni svolte dalla difesa del Comune.
Sebbene l’esclusione della soluzione A indicata dal gestore sia stata motivata dall’amministrazione comunale in modo piuttosto sintetico, è però evidente che l’amministrazione ha valorizzato l’inciso apposto dal gestore alla soluzione A (“…salva la “regolarità” circa la messa a dimora di una rete per il trasporto dell’acqua potabile in un’area adibita a discarica” ).
In sostanza, è evidente che l’amministrazione non ha inteso autorizzare il passaggio di una conduttura di acqua potabile al di sotto di una discarica, per l’evidente pericolo di contaminazione dell’acqua che ne potrebbe conseguire;il che non appare affetto da profili di illogicità o di irragionevolezza, alla luce di considerazioni intuitive e in applicazione del “principio di precauzione” , di derivazione comunitaria, che governa le scelte dell’Amministrazione in materia di tutela dell’ambiente da possibili fonti di inquinamento.
11. In definitiva, benchè appaia fondato il quarto motivo di ricorso (ma solo sotto i profili del difetto di istruttoria e di motivazione in relazione ai profili concernenti lo scarico di acque nere), l’infondatezza delle residue censure non consente di pronunciare l’annullamento del provvedimento impugnato, che continua a sorreggersi sugli ulteriori capi di motivazione non intaccati dai vizi di illegittimità denunciati dal ricorrente.
12. Il ricorso va quindi respinto, con onere a carico del ricorrente di rifondere all’amministrazione resistente le spese di lite, in forza del principio generale di soccombenza, nella misura indicata in dispositivo.