TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2018-07-17, n. 201800666

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2018-07-17, n. 201800666
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Cagliari
Numero : 201800666
Data del deposito : 17 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2018

N. 00666/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00010/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10 del 2018, proposto da:
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati S M e G C, con domicilio eletto presso lo studio S M in Cagliari, c/o Segreteria del Tar Sardegna;

contro

Ministero dell'Interno e Questura di Sassari, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, ivi domiciliataria in via Dante n. 23/25;

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia:

- del provvedimento del Questore della Provincia di Sassari di diniego di rilascio di rinnovo di permesso di soggiorno per di lavoro autonomo prot. N. 89/2017 A/12/2017/Imm/2°Sez. del 8.07.2017, notificato in data 9.10.2017.

Visti il ricorso e i relativi allegati.

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Sassari.

Viste le memorie difensive.

Visti tutti gli atti della causa.

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2018 il dott. A P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, cittadino senegalese in possesso di permesso di soggiorno per lavoro autonomo (vendita ambulante), in data 23 giugno 2017 ha presentato alla Questura di Sassari istanza di rilascio di rinnovo del suddetto titolo, allegando la dichiarazione fiscale relativa all’anno 2015, indicante un reddito di euro 7.410,00 euro, nonché documentazione relativa alla propria sistemazione alloggiativa.

Con il provvedimento in epigrafe descritto la Questura di Sassari ha respinto tale richiesta, evidenziando le seguenti ragioni ostative:

l’insufficienza del reddito dichiarato per l’anno 2015, in quanto inferiore al limite per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria;

l’inattendibilità dello stesso reddito 2015, in quanto non accompagnato dall’indicazione di costi sostenuti per l’acquisto delle merci;

difetto di dichiarazione di alcun reddito per gli anni 2016 e 2017;

mancato possesso di adeguata sistemazione alloggiativa, avendo l’interessato prodotto soltanto una dichiarazione del proprietario dell’immobile, priva di indicazioni circa il titolo giuridico e la durata del relativo rapporto di ospitalità, oltre al fatto che l’interessato è risultato “sconosciuto” presso il relativo indirizzo al momento della notifica del preavviso di diniego di cui all’art. 10 bis della legge n. 241/1990;

ripetute condotte di evasione fiscale, che renderebbero, comunque, “di provenienza illecita” il reddito dichiarato.

Con il ricorso in esame l’interessato chiede l’annullamento di tale provvedimento di diniego, sulla base di censure che saranno esaminate nella parte in diritto.

Con ordinanza di questa Sezione 26 gennaio 2018, n. 36, l’istanza cautelare proposta dal ricorrente è stata accolta sotto il profilo del periculum in mora .

È seguito il deposito di ulteriori memorie difensive.

Alla pubblica udienza del 20 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione ai fini del merito.

DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento, in quanto l’interessato non è riuscito a superare uno dei profili motivazionali su cui si fonda il provvedimento impugnato, in particolare quello relativo all’assenza di indicazione di costi sostenuti per l’acquisto delle merci.

Il ricorrente sostiene, al riguardo, che la mancata indicazione di tali costi non sia sufficiente a provare l’inesistenza del reddito dichiarato, dovendo, peraltro, la Questura, limitarsi alla verifica “solo formale” della documentazione tributaria prodotta dal richiedente, competendo quella sostanziale alla sola Agenzia delle Entrate.

Tali assunti, come anticipato, non colgono nel segno, per le seguenti ragioni:

- in termini generali, è logicamente corretto l’assunto dell’Ufficio secondo cui -non essendo concepibile alcuna attività commerciale senza costi, in particolare quelli per l’acquisto dei prodotti da rivendere- la mancata indicazione e documentazione degli stessi costituisce fattore presuntivo di inattendibilità del reddito dichiarato (cfr., tra le altre di questa stessa Sezione, la sentenza 19 aprile 2017, n. 913);

- tale elemento presuntivo -a differenza che in altri casi, proprio per questo, diversamente decisi da questa stessa Sezione- in quello ora in esame non trova smentita in alcun elemento indiziario di segno opposto, quale, ad esempio, avrebbero potuto essere il fatto che l’interessato avesse già ottenuto altri rinnovi del permesso di soggiorno per lavoro autonomo senza che gli fosse stata chiesta la dimostrazione dei costi sostenuti: quella di cui si discute è, infatti, la prima richiesta di rinnovo del titolo di soggiorno per lavoro autonomo presentata dal ricorrente.

Non vi sono, dunque, elementi che -pure in quell’ottica “sostanzialistica” propria della valutazione delle domande di rinnovo del titolo di soggiorno- depongano in senso contrario rispetto al ragionamento operato (correttamente, in questo caso) dalla Questura, per cui l’elemento indiziario che la stessa pone a base della propria decisione (id est la mancata documentazione dei costi sostenuti per l’acquisto delle merci) soddisfa pienamente i requisiti richiesti -ai fini della c.d. “prova logica”- dall’art. 2729 c.c., ove si fa, come noto, riferimento a elementi “gravi, precisi e concordanti” .

Né può condividersi l’assunto del ricorrente secondo cui la Questura sarebbe priva di autonomi poteri accertativi sulla dichiarazione dei redditi prodotta dallo straniero che aspira al rinnovo del permesso di soggiorno: questa Sezione ha, infatti, già più volte chiarito che la Questura, viceversa, dispone di tali poteri accertativi, riconducibili, nello specifico, all’art. 13, comma 2, del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, nonché ai principi generali dell’azione amministrativa.

Ugualmente infondata è la doglianza che fa leva sulla mancata notifica del preavviso di diniego, laddove il ricorrente sostiene che la Questura, una volta ricevuta indietro la relativa raccomandata con la dicitura “destinatario sconosciuto” , avrebbe dovuto attivare la speciale procedura di notificazione di cui all’art. 140 c.p.c.

Tale censura non merita di essere condivisa, per le ragioni che si passa a esporre.

Se è vero, da un lato, che la semplice attestazione dell’ufficiale postale “destinatario sconosciuto”, per la sua genericità, potrebbe non essere sufficiente ad attestare la non veridicità dell’indirizzo indicato dall’interessato come propria residenza, dall’altro, nel caso specifico risulta dirimente in senso opposto il fatto che la mancata ricezione del preavviso di diniego non ha concretamente influito, in alcun modo, sulle risultanze procedimentali: lo dimostra il fatto che l’interessato non ha, neppure nella presente sede processuale, indicato alcun costo per l’acquisto delle merci e tanto meno prodotto alcuna documentazione comprovante l’acquisto stesso, per cui la denunciata lacuna procedimentale si è dimostrata, senza alcun dubbio, “concretamente inoffensiva” e, come tale, incapace di influire sulla legittimità dell’atto impugnato (si veda, al riguardo, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 9 maggio 2017, n. 2117, secondo cui “La violazione dell'art. 10 bis l. 7 agosto 1990 n. 241 non è da sola idonea ad inficiare la legittimità del provvedimento se non è data in giudizio la prova circa l'utilità della partecipazione in sede procedimentale, che è invece mancata, così che il vizio di omessa comunicazione del preavviso di rigetto può assumere rilievo solo nelle ipotesi in cui dalla omessa interlocuzione del privato nell'ambito del procedimento il contenuto dell'atto finale sia diverso da quello che sarebbe potuto essere sulla base della valutazione degli ulteriori elementi, che il privato avrebbe potuto fornire all'Amministrazione al fine di superare i rilievi ostativi” );
al riguardo si sottolinea, inoltre, che neppure la dichiarazione dei redditi relativa al 2016 -versata in atti dal ricorrente sostenendo che la Questura avrebbe dovuto tenerne conto- rechi l’indicazione di alcun costo sostenuto per lo svolgimento dell’attività svolta dall’interessato, per cui neanche tale documento avrebbe potuto modificare il ragionamento presuntivo dell’Ufficio.

Infondata è anche la censura che fa leva sulla mancata traduzione dell’atto impugnato in lingua italiana, visto che la prolungata presenza in Italia e la stessa presentazione del presente ricorso dimostrano la concreta irrilevanza di tale profilo di mera irregolarità.

In tale contesto le altre censure dedotte in ricorso, che riguardano ulteriori profili della motivazione su cui si fonda l’atto impugnato -in particolare, quella relativa all’esatta individuazione della soglia reddituale minima richiesta per il soggiorno in Italia, quella che attiene alla prova del possesso di idonea sistemazione alloggiativa e quella che riguarda la rilevanza di eventuali condotte di evasione fiscale- risultano concretamente irrilevanti, giacché il provvedimento impugnato trova adeguato fondamento nel giù esaminato profilo della mancata indicazione dei costi di acquisto delle merci, il che conduce alla reiezione del ricorso, seppure con spese di lite integralmente compensate, sussistendo giusti motivi.

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