TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2022-11-10, n. 202214604

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2022-11-10, n. 202214604
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202214604
Data del deposito : 10 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/11/2022

N. 14604/2022 REG.PROV.COLL.

N. 06363/2022 REG.RIC.

N. 05970/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6363 del 2022, proposto da
L S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F M e G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Fara in Sabina, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Cellnex Italia S.p.A., Domenico D'A, non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 5970 del 2022, proposto da
Cellnex Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Bellante, Luigi Ammirati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Fara in Sabina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

L S.p.A., non costituito in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

quanto al ricorso n. 6363 del 2022:

- della Determinazione n. 327 del Registro Generale di data 21.3.2022 del Comune di Fara in Sabina, di annullamento in autotutela ai sensi dell'art. 21-nonies, comma 2-bis, L.241/1990, dell'autorizzazione, resa ai sensi dell'art.87, d.lgs.259/2003, n. 619/2021 di R.G.

- e, per quanto occorrer possa, della Nota prot. n. 9713 del 19.04.22, recante “comunicazione di avvio procedimento ai sensi della Legge n. 241 del 07/08/90 e s.m.i. finalizzato all'emissione di ordinanza di demolizione per il ripristino dello stato dei luoghi a seguito di annullamento in autotutela del provvedimento autorizzativo n. RG 619/2021”;

quanto al ricorso n. 5970 del 2022:

- della Determinazione del Responsabile di Settore - Registro di Settore n. 78 del 18/3/2022 - Registro Generale n. 327 del 21/3/2022, recante oggetto «Autorizzazione ai sensi dell'art. 87 del D.lgs. 259/03 per la realizzazione di un'infrastruttura a servizio delle reti di comunicazioni elettroniche da effettuarsi nel Comune di Fara in Sabina, via Benedetto Croce 18, foglio n. 8, particella n. 390-396. Codice impianto L: RI0024B-Fara in Sabina – Codice impianto Cellnex: IT-RI-012528-Cantalupo in Sabina - Conclusione conferenza di servizi decisoria ex art. 14 quater, co 2, legge n. 241/1990. Annullamento in autotutela del provvedimento autorizzativo n. rg 619/2021 ai sensi dell'art. 21 nonies comma 2 bis della legge», comunicata in data 22/3/2022 (prot. part. n. 7361), nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o comunque consequenziale, ancorché non conosciuto, ovvero, se del caso, delle norme regolamentari ivi richiamate ed assunte a fondamento del medesimo provvedimento;


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fara in Sabina;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2022 la dott.ssa F S C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con istanza congiunta acquisita al protocollo del Comune di Fara in Sabina (RI) in data 30.12.2020, le Società Cellnex Italia S.p.a. e L s.p.a. chiedevano il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 87 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (di seguito anche “Codice delle comunicazione elettroniche”), nella formulazione vigente ratione temporis , per l’installazione di un’infrastruttura a servizio delle reti di comunicazioni elettroniche (di seguito anche stazione radio base o “S.R.B.”), da realizzarsi su area individuata catastalmente al Foglio n. 8, Particelle n. 390-396.

L’Amministrazione comunale rilasciava la richiesta autorizzazione con la determinazione n. 619 del 15.05.2021, adottata all’esito di apposita conferenza di servizi decisoria indetta ai sensi dell’art. 14, co. 2, l. n. 241/1990, svoltasi in forma semplificata ed in modalità asincrona.

Con la nota prot. n. 24855 del 10.11.2021, il medesimo Comune indiceva una nuova conferenza di servizi decisoria per l’annullamento in autotutela del citato provvedimento autorizzatorio, preso atto: i) della nota prot. n. 24240/2021, con la quale il Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia (SUE) dello stesso Ente comunicava che, a seguito di verifiche effettuate sulla comunicazione di inizio lavori, era emerso che le due particelle oggetto di intervento erano parte di un più ampio fondo, di proprietà del Sig. Domenico D’A e costituente superficie aziendale dell’omonima impresa individuale, per il quale era stato approvato un Piano di Utilizzazione Aziendale (di seguito P.U.A.) ai sensi della L.R. n. 38/1999 e presentata (dal medesimo proprietario) richiesta di rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato ad uso civile abitazione di conduzione aziendale e di un annesso agricolo (istanza del 22 giugno 2009, prot. n. 14789), con sottoscrizione di un atto unilaterale d’obbligo (in data 12.11.2013 e Rep. n. 510/342); ii) dell’ulteriore nota prot. n. 24735/2021, con la quale lo stesso SUE chiedeva l’indizione di una nuova conferenza di servizi in quanto, dal punto di vista urbanistico-edilizio, “ i due distinti interventi (Permesso di costruire per la costruzione di fabbricati asserviti ad azienda agricola e autorizzazioni per la realizzazione di infrastruttura a servizio delle reti di comunicazione elettroniche), così come proposti, NON possono coesistere ”.

Con la determina conclusiva n. 327 del 21 marzo 2022, trasmessa alle Società con pec del 22 marzo 2022, il Comune annullava in autotutela, ai sensi dell’art. 21 nonies l. n. 241/1990, il menzionato titolo autorizzatorio, preso atto del parere espresso in seno alla citata conferenza di servizi dal SUE (con nota prot. 3365 del 8 febbraio 2022 e ulteriore nota di riscontro prot. n. 5686/2022). In particolare, tale Ufficio ribadiva l’incompatibilità dei due distinti interventi, atteso che all’atto del rilascio del P.U.A. (la cui realizzazione era garantita dall’atto unilaterale d’obbligo redatto ai sensi dell’art. 57, co. 4 e ss. L.R. n. 38/1999) era stato istituito un vincolo di non edificazione, trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari, sul fondo di pertinenza dell’edificio per cui era stata richiesta la concessione edilizia, tale da esaurirne la relativa attitudine edificatoria, precisando che, laddove le Società istanti avessero menzionato il suddetto atto d’obbligo, sarebbe stato espresso un parere sfavorevole al rilascio del titolo autorizzatorio, subordinando l’intervento alla preventiva rinuncia, da parte del Sig. D’A, al permesso di costruire. Tanto premesso, considerato che nell’istanza di autorizzazione ex art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche era stata invece chiaramente resa l’indicazione “ nessun vincolo presente ” (come comprovato anche dal contratto di locazione sottoscritto con il Sig. D’A), l’Amministrazione riteneva integrata l’ipotesi di “falsa o erronea rappresentazione della realtà” ai sensi e per gli effetti di cui al co. 2 bis del citato art. 21 nonies.

2. Con distinti ricorsi, tempestivamente notificati (rispettivamente in data 23 e 21 maggio 2022) e depositati (nelle date 29 maggio e 6 giugno 2022), le Società Cellnex e L impugnavano la citata determina n. 327/2022.

2.1. Cellnex (cfr. ricorso sub R.G. n. 5970/2022) lamenta: 1) “ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 44 (già art. 87) d.lvo. 259/2003 – Difetto di istruttoria – Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto – Perplessità – Manifesta illogicità ”, in ragione dell’erroneità del presupposto evocato a base dell’autotutela (ossia esaurimento dell’attitudine edificatoria dell’area in virtù del vincolo di non edificazione di cui all’atto d’obbligo unilaterale del 2013), in quanto le S.R.B. non sarebbero assimilabili alle normali costruzioni edilizie, non sviluppando le stesse volumetria o cubatura (come da consolidata giurisprudenza, anche recente), trattandosi di opere di urbanizzazione primaria di preminente interesse generale, da considerarsi compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica, e rappresentando in ogni caso che “ il permesso di costruire (…) non è mai stato richiesto, né il fabbricato realizzato ”, né risulterebbe essere stata mai sottoscritta la Convenzione di realizzazione del P.U.A.;
2) “ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 nonies l. 241/1990 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 44 (già art. 87) d.lvo. 259/2003 – Sviamento – Eccesso di potere ”, difettando tutti i requisiti previsti per l’esercizio dell’autotutela, dovendosi ritenere insussistente il vincolo di inedificabilità (in considerazione del mancato rilascio sia del P.U.A., sia del premesso di costruire), non essendo stato allegato un interesse concreto e attuale alla rimozione del titolo autorizzatorio ed essendo stata totalmente omessa la considerazione degli interessi dei destinatari.

2.2. L (cfr. ricorso sub R.G. n. 6363/2022) deduce: 1) “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 58 L.R. 38/1999. Eccesso di potere per travisamento di fatti e sviamento ”, in quanto, giusta il disposto degli artt. 57, co. 6, e 58, co. 1, L.R. n. 38/1999 (nella formulazione vigente ratione temporis ), nessun vincolo di non edificazione può considerarsi istituito sul terreno, atteso che il permesso di costruire (come peraltro esplicitamente ammesso anche dall’Amministrazione comunale) non è stato mai rilasciato, né potrebbe rilevare in tal senso l’atto unilaterale d’obbligo del 2013, divenuto oltretutto inefficace, ed avendo semmai dovuto il Comune chiedere al proprietario dell’area (Sig. D’A) la rinuncia all’istanza di cui al P.U.A. Precisa altresì che le infrastrutture di comunicazione elettronica non sono assimilabili alle normali costruzioni edilizie;
2) “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-nonies, commi 1 e 2-bis, Legge 241/1990. Eccesso di potere per sviamento e irragionevolezza manifesta ”, per insussistenza dei presupposti per l’annullamento in autotutela dell’autorizzazione già rilasciata, non esistendo sull’area alcun vincolo di non edificabilità né potendosi ritenere “falsa” la dichiarazione resa dal progettista circa l’assenza di vincoli, in quanto questa era riferibile ai “ consueti vincoli urbanistico/edilizi ”, quali quelli paesaggistici, archeologici, ecc., e rilevato comunque che l’Amministrazione era già a conoscenza del menzionato atto d’obbligo (da essa ricevuto in data 2.4.2014 e peraltro trascritto nei registri immobiliari). Precisa in ogni caso che il Sig. D’A non avrebbe potuto rinunciare ad un titolo che in realtà non è stato mai conseguito;
3) “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-nonies, comma 1, L. 241/1990 – Insussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento ”, in quanto, considerata la già dedotta insussistenza di una falsa o erronea rappresentazione della realtà, l’Amministrazione non aveva esplicitato le ragioni di interesse pubblico sottese all’annullamento, contemperandole con quelle della Società (anch’esse dotate di rilievo pubblicistico).

3. Il Comune di Fara in Sabina si è costituito in entrambi i giudizi, eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso proposto da Cellnex sotto un duplice profilo, attinente alla: i) mancata notifica dello stesso al Sig. D’A, dovendosi questo considerare “diretto controinteressato” in ragione della sottoscrizione dell’atto d’obbligo; ii) omessa impugnazione di atti “rilevanti e presupposti”, quali i pareri resi in sede di conferenza di servizi (segnatamente, quelli espressi dal SUE). In punto di merito chiede il rigetto di entrambi i ricorsi.

4. Con ordinanza n. 3788/2022 del 15.06.2022, il Collegio ha accolto la domanda cautelare proposta da Cellnex, fissando l'udienza pubblica dell’11 ottobre 2022, anche per la trattazione congiunta con il ricorso proposto da L.

5. In vista della pubblica udienza sono state depositate memorie illustrative e repliche.

6. Alla pubblica udienza dell’11 ottobre 2022 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi di Cellnex e L, in quanto legati da un nesso di connessione oggettiva, essendo stati esperiti avverso il medesimo atto.

2. In via pregiudiziale, come già sinteticamente evidenziato nell’ordinanza cautelare n. 3788/2022, vanno rigettate entrambe le eccezioni in rito dedotte dalla difesa comunale in relazione al ricorso presentato da Cellnex.

2.1. Quanto alla mancata notifica del gravame al Sig. D’A in qualità di controinteressato, essendo egli titolare del fondo su cui le opere insistono e dell’omonima azienda agricola, nonché sottoscrittore dell’atto d’obbligo menzionato dall’Amministrazione, e dunque asseritamente portatore “ di un interesse contrario alla realizzazione delle opere ”, in disparte la considerazione che il medesimo soggetto risulta comunque evocato in giudizio da L, si osserva quanto segue.

Per controinteressato s’intende, com’è noto, il soggetto, contemplato nell’atto impugnato ovvero facilmente individuabile dalla lettura dello stesso, che per effetto diretto ed immediato del provvedimento impugnato abbia ottenuto una posizione giuridicamente qualificata alla conservazione dell’atto impugnato e che perciò ha un interesse sostanziale antitetico e di segno contrario rispetto all’interesse del ricorrente. In particolare, è consolidato nella giurisprudenza (anche di questa Sezione) l’orientamento secondo cui “ nel processo amministrativo la nozione di controinteressato al ricorso si fonda sulla simultanea sussistenza di due elementi: a) quello formale, rappresentato dalla contemplazione nominativa del soggetto nel provvedimento impugnato, tale da consentirne alla parte ricorrente l’agevole individuazione;
b) quello sostanziale, derivante dall’esistenza in capo a tale soggetto di un interesse legittimo uguale e contrario a quello fatto valere attraverso l’azione impugnatoria, e cioè di un interesse al mantenimento della situazione esistente - messa in forse dal ricorso avversario - fonte di una posizione qualificata meritevole di tutela conservativa
” (cfr. T.A.R. Lazio, II quater, 14.10.2022, n. 13124, nonché Cons. St., Sez. V, 15 giugno 2022, n. 4891).

In altri termini, l’elemento “sostanziale” vale a circoscrivere la qualifica di controinteressato solo a chi riceva dal provvedimento impugnato un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica.

Tanto precisato, la determinazione caducatoria adottata dal Comune non arreca al Sig. D’A alcun vantaggio concreto, diretto e immediato, in quanto non attribuisce allo stesso alcuna utilità concreta e giuridicamente apprezzabile, per almeno due ordini di considerazioni.

In primo luogo, il medesimo soggetto aveva concesso in locazione alla Cellnex il proprio terreno al precipuo scopo di consentire “ l’installazione e l’esercizio di impianti di comunicazione ” (cfr. artt. 1 e 3 del contratto del 26 ottobre 2020, versato in atti dalla Società), accordando altresì alla parte conduttrice “ la facoltà di presentare istanze e domande alle competenti autorità per le autorizzazioni eventualmente necessarie all'esecuzione dei lavori summenzionati ”, con la precisazione che Qualora però fosse necessario, la Locatrice si impegna a richiedere, in via diretta, e per quanto di sua competenza, le autorizzazioni in questione ”, a spese dalla Società (così esplicitamente recita la clausola di cui all’art. 3 del medesimo contratto). Ne consegue che non è predicabile (sul piano logico, prima ancora che giuridico) un interesse giuridicamente qualificato del Sig. D’A alla conservazione del provvedimento di autotutela, ossia, in ultima analisi, alla rimozione dell’autorizzazione di cui all’art. 87 Codice delle comunicazioni elettroniche.

In secondo luogo, un interesse di tale consistenza nemmeno potrebbe derivare dall’atto d’obbligo dal medesimo soggetto precedentemente sottoscritto, che (stando alla prospettazione dell’Amministrazione resistente) avrebbe asservito il terreno di sua proprietà alla realizzazione della costruzione da porre al servizio del P.U.A., vietandone ogni altro impiego edificatorio: anticipando le considerazioni che saranno più articolatamente sviluppate infra , infatti, si osserva che, da un lato, l’impianto di telecomunicazione elettronica non è di per sé incompatibile con l’eventuale destinazione impressa al fondo, mentre, in secondo luogo, nessun effettivo “vincolo di non edificazione” discende dall’atto d’obbligo di cui trattasi.

Ne consegue che non è dato rinvenire in capo al Sig. D’A la qualifica di controinteressato ai sensi e per gli effetti dell’art. 41, co. 2 cod. proc. amm.

2.2. Quanto, poi, alla mancata impugnativa delle comunicazioni e dei pareri (peraltro non vincolanti) resi dal SUE del Comune resistente in sede di conferenza di servizi e qualificati dalla difesa dell’Ente quali “atti rilevanti e presupposti”, è sufficiente osservare che si tratta di meri atti endoprocedimentali privi di contenuto decisorio e dunque del tutto inidonei a determinare, autonomamente ed immediatamente, una lesione diretta e attuale in capo al ricorrente, con la conseguenza che non sussisteva alcun onere di immediata impugnazione, la quale si è invece correttamente e tempestivamente indirizzata esclusivamente contro la determina conclusiva della citata conferenza di servizi.

3. Nel merito, entrambi i ricorsi sono fondati e vanno conseguentemente accolti.

4. In particolare, coglie nel segno la doglianza (proposta da entrambe le Società con il primo mezzo) secondo cui le infrastrutture di comunicazione elettronica sono espressamente assimilate dal legislatore alle opere di urbanizzazione primaria (cfr. l’art. 43, co. 4 del d. lgs. n. 259/2003, in cui è stata trasfusa – per effetto delle modifiche apportate dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 207 – la disposizione precedentemente dettata dall’art. 86 del Codice delle comunicazioni elettroniche).

Da tale assimilazione il consolidato indirizzo giurisprudenziale ha tratto la conclusione che agli impianti di cui trattasi non sono applicabili le norme e i limiti relativi alle “costruzioni in generale”, bensì unicamente le disposizioni concernenti specificamente le opere di urbanizzazione primaria: ne consegue che esse debbono considerarsi compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica, posto che le opere di urbanizzazione primaria “ sono ovunque realizzabili, proprio in quanto essenziali per le fondamentali esigenze della collettività” (Cons. Stato, sez. IV, n. 4445 del 4 settembre 2013);
ha inoltre desunto il principio della necessaria capillarità della distribuzione di detti impianti, capillarità che, a sua volta, è connessa all’esigenza di assicurare la diffusione del servizio sull’intero territorio nazionale, come affermato nella sentenza della Corte Costituzionale n. 331 del 7 novembre 2003. Dunque, se è vero che le infrastrutture per telecomunicazioni sono qualificabili quali “nuove costruzioni” e necessitano come tali di un titolo edilizio, la loro assimilazione alle opere di urbanizzazione primaria, cioè ad opere che si presumono juris et de jure preordinate ad assicurare un servizio pubblico essenziale per la collettività, implica che il predetto titolo edilizio non può essere negato in applicazione di norme dettate per disciplinare costruzioni non ascrivibili alla tipologia delle opere di urbanizzazione primaria. Il controllo esercitabile dai comuni nel momento in cui viene loro richiesta l’autorizzazione alla collocazione di un nuovo impianto di telecomunicazione, soggetto agli artt. 43 e segg. del D. L.vo 259/2003 (nella versione attualmente vigente) attiene, per quanto riguarda il profilo strettamente edilizio, al rispetto di eventuali regolamenti adottati ai sensi dell’art. 8, u.c., della L. n. 36/2001 o delle eventuali norme, contenute nei regolamenti edilizi locali o negli strumenti urbanistici, che si riferiscano specificamente alle opere di urbanizzazione primarie (…)
” (cfr. ex multis Cons. St., Sez. VI, 2 marzo 2022, n. 1504).

Tali principi sono stati già ampiamente condivisi da questa Sezione, la quale ha già avuto modo di chiarire che la natura di opera pubblica/di interesse pubblico espressamente attribuita dal legislatore agli impianti in parola, e la loro esplicita assimilazione “ad ogni effetto” alle opere di urbanizzazione primaria, comportano che gli stessi “ in quanto tali, risultano, dunque, in generale compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e con ogni zona del territorio comunale, poiché dall'articolo 86, comma 3, del D.Lgs. n. 259 del 1993 si desume il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni (Cons. St., sez. VI, n. 206 del 7.01.2021;
n. 3891 del 2017;
Sez. III, 5 dicembre 2013, n. 687;
Cons. St., Sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6961;
id. n. 1592/18)
” (cfr. T.A.R. Lazio, II quater, 7.02.2022, n. 1954), e tanto giustifica il particolare favor che la normativa di settore esprime per la realizzazione di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico (cfr. ex multis T.A.R. Lazio, II quater, 8.08.2022, n. 11096;
id., 4.07.2022, n. 9075).

Ne consegue che la gravata determina, nella misura in cui ravvisa, sul terreno sul quale sorge l’impianto, un vincolo di non edificazione tale da comportare “ l’esaurimento dell’attitudine edificatoria dell’area ”, è illegittima, non potendosi ritenere che tale vincolo sia di per sé ostativo al rilascio del titolo autorizzatorio di cui all’art. 87 del d. lgs. n. 269/2003.

Sul punto l’Amministrazione procedente si è limitata a recepire acriticamente l’avviso espresso, in seno alla nuova conferenza di servizi, dal SUE, che aveva appunto ritenuto che “ i due distinti interventi (Permesso di costruire per la costruzione di fabbricati asserviti ad azienda agricola e autorizzazione per la realizzazione di infrastruttura a servizio delle reti di comunicazione elettroniche) non possono coesistere ” (cfr. nota prot. n. 3365 dell’8 febbraio 2022), con l’ulteriore precisazione che “ le due particelle di terreno n. 390 e n. 396 interessate dalla realizzazione della infrastruttura a servizio delle reti di comunicazioni elettroniche costituiscono una parte della superficie aziendale vincolata al rilascio del Permesso di Costruire anche in considerazione del fatto che l’infrastruttura, così come rappresentata sulla planimetria allegata al contratto di locazione, viene posizionata su parte dell’area di sedime del fabbricato che si intende costruire con la richiesta di Permesso di Costruire di cui al PUA ” (cfr. ulteriore nota prot. n. 6428 del 14 marzo 2022).

Tale motivazione, in disparte un profilo di palese “perplessità” (nella misura in cui dapprima evoca un “permesso di costruire” che tuttavia non è mai stato rilasciato dall’Amministrazione, con la conseguenza che, in concreto, nessun intervento edilizio era mai stato precedentemente assentito sull’area, per poi invece specificare che trattasi, appunto, di un titolo solo richiesto), non illustra compiutamente le ragioni per le quali la destinazione del terreno al servizio del P.U.A. (oltretutto mai divenuto operativo – come meglio si dirà – proprio in ragione del mancato rilascio del medesimo permesso) precluda di per sé e in modo assoluto la realizzazione del progettato impianto di comunicazione elettronica (che peraltro è destinato ad occupare solo una porzione di tale terreno), alla luce delle precisazioni sopra evidenziate in merito alla natura di tali opere.

5. In ogni caso, come dedotto da entrambe le Società ricorrenti con argomentazioni sostanzialmente analoghe, nemmeno è ravvisabile, nella fattispecie in esame, un vero e proprio “vincolo di non edificazione” ai sensi della normativa regionale invocata dall’Amministrazione.

In particolare, soccorre il combinato disposto di cui agli artt. 57 (“ Piani di utilizzazione aziendale ”) e 58 della Legge Regionale del Lazio 22 dicembre 1999, n. 38, nella formulazione vigente ratione temporis (alla data di approvazione del piano – 20 novembre 2010) ai sensi del quale: “ Il PUA (…) si realizza tramite convenzione che, oltre a quanto previsto 76, stabilisce in particolare l’obbligo per il richiedente di (…) b) non modificare la destinazione d’uso agricola delle costruzioni esistenti o recuperate necessarie allo svolgimento delle attività agricole e di quelle connesse per il periodo di validità del piano;
c) non modificare la destinazione d'uso agricola delle nuove costruzioni rurali eventualmente da realizzare per almeno dieci anni dall’ultimazione della costruzione;
d) non alienare separatamente dalle costruzioni il fondo alla cui capacità produttiva sono riferite le costruzioni stesse;
e) asservire le edificazioni ai terreni alla cui capacità produttiva esse si riferiscono
” (cfr. art. 57, co. 5);
Il vincolo di destinazione d'uso di cui al comma 5, lettere b) e c), è trascritto a cura e a carico del beneficiario presso la competente conservatoria dei registri immobiliari ” (cfr. art. 57, co. 6);
All’atto del rilascio della concessione edilizia per le costruzioni da realizzare ai sensi degli articoli 55, 56 e 57, viene istituito un vincolo di non edificazione, trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari, sul fondo di pertinenza dell’edificio per cui si è richiesta la concessione ” (cfr. art. 58, co. 1).

La normativa sopra citata, dunque, prevede sia un “vincolo di destinazione d’uso” agricolo per le costruzioni (sia esistenti sia di nuova realizzazione), peraltro con durata temporalmente limitata, derivante da apposita convenzione e trascritto nei registri immobiliari, sia un “vincolo di non edificazione” sul fondo di pertinenza dell’edificio da costruire, istituito “ all’atto del rilascio della concessione edilizia ” e anch’esso soggetto a trascrizione: ebbene, nel caso di specie è pacifico (in quanto mai contestato dal Comune) che non solo la convenzione di cui trattasi non risulta essere mai stata sottoscritta (cfr. nota del SUE prot. n. 24735 del 9.11.2021, versata in atti da Cellnex), ma (soprattutto) ad oggi non è stato rilasciato il permesso di costruire (richiesto dal Sig. D’A con istanza del 22 giugno 2009) relativo al fabbricato ad uso civile abitazione e correlato annesso agricolo (costruzioni funzionali alla conduzione dell’azienda agricola, come previsto dal citato P.U.A.).

Sicché è del tutto erronea l’affermazione (che si legge nel preambolo della gravata determina) secondo cui “ all’atto del rilascio del P.U.A. per le costruzioni o ristrutturazioni previste dal P.U.A., viene istituito un vincolo di non edificazione, trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari, sul fondo di pertinenza dell’edificio per cui si è richiesta la concessione ”, in quanto chiaramente smentita nella normativa sopra richiamata, che per l’appunto àncora il suddetto vincolo al rilascio del titolo ad aedificandum .

Ne consegue, ulteriormente, che non ha alcun pregio il richiamo alla pretesa incompatibilità dei due “titoli edilizi” (permesso di costruire, da un lato, e autorizzazione all’istallazione di una S.R.B., dall’altro), motivata in ragione del fatto che gli stessi non possono coesistere sull’area: in disparte quanto argomentato al precedente punto 4 della presente pronuncia, in ogni caso il permesso di costruire relativo alla edificazione da realizzare sul fondo e da porre al servizio del P.U.A. non è mai venuto ad esistenza.

È poi sfornito di fondamento anche l’ulteriore assunto (avanzato dalla difesa comunale) secondo cui il permesso di costruire potrebbe “ sempre essere richiesto e rilasciato ” in “ vigenza della previsione urbanistica (che per sua natura è illimitata) ”, con l’ulteriore corollario che l’autorizzazione ex art. 87 d. lgs. n. 259/2003 potrebbe essere rilasciata solo previa rinuncia, da parte del Sig. D’A, alla sua richiesta (presentata nel 2009): il punto semmai sarebbe non già la mera e astratta possibilità di conseguire il titolo edilizio richiesto, bensì piuttosto il suo effettivo rilascio da parte dell’Amministrazione comunale in conformità alle previsioni del P.U.A. e al progetto che sarebbe stato preliminarmente assentito dal Comune.

Né rileva la presenza dell’atto d’obbligo del 12.11.2013, con cui il proprietario, in via unilaterale ed oltretutto senza predeterminazione di alcun termine finale, avrebbe “asservito” l’area alla realizzazione del P.U.A. (ivi compresa l’edificazione del progettato manufatto ad uso abitativo e relativo annesso agricolo), non trovando alcun appiglio normativo la tesi comunale secondo cui l’atto de quo avrebbe determinato un vincolo di inedificabilità “autonomamente operante”.

6. Da tali considerazioni ovviamente discende (concordemente con quanto dedotto dalle parti con il secondo mezzo di gravame) l’erroneità dell’ulteriore assunto secondo il quale, nel caso di specie, la determinazione iniziale sulla richiesta di rilascio del titolo autorizzatorio sarebbe stata viziata da una “falsa rappresentazione della realtà”, tale da legittimare di per sé sola la rimozione (“doverosa”) dell’atto ampliativo precedentemente adottato sulla scorta di una motivazione “affievolita”, supportata dal solo interesse ( in re ipsa ) al ripristino della legalità violata e senza necessità di comparazione con l’interesse privato (assunto che la difesa comunale qualifica in termini di autonoma motivazione della determina oggi gravata, ma che in realtà va considerato piuttosto come “corollario” della circostanza fattuale – esistenza di un “vincolo di non edificazione” sull’area – rilevata ex post dall’Amministrazione e asseritamente omessa dalle società istanti in sede procedimentale).

La particolare natura dell’infrastruttura di cui trattasi, unitamente all’assenza, allo stato, di un vincolo di non edificazione sul terreno di pertinenza, rende infatti del tutto sfornito di fondamento l’unico presupposto fattuale in base al quale l’Amministrazione si è determinata ad esercitare il suo potere caducatorio ai sensi dell’art. 21 nonies l. n. 241/1990: in altri termini, proprio alla luce di tutto quanto sopra evidenziato, non è dato ravvisare alcuna erronea o travisata rappresentazione della realtà imputabile alle società istanti e tale da “inquinare” la legittimità del provvedimento autorizzatorio precedentemente rilasciato.

7. In conclusione, entrambi i ricorsi vanno accolti, con annullamento della gravata determina e assorbimento delle ulteriori doglianze proposte dalle parti ricorrenti.

8. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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