TAR Roma, sez. I, sentenza 2014-12-05, n. 201412290

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2014-12-05, n. 201412290
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201412290
Data del deposito : 5 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08859/2012 REG.RIC.

N. 12290/2014 REG.PROV.COLL.

N. 08859/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8859 del 2012, proposto da:
V T, rappresentato e difeso dall'avv. V D V, presso il cui studio in Roma, Via di S. Maria Ausiliatrice, 63, è elettivamente domiciliato;

contro

La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Scuola superiore della pubblica amministrazione - in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

della nota 6 settembre 2012 prot.SSPA-U -01 0011737 che recepisce il parere 9 agosto 2012 prot DiPRU 0031380 P-3 2.1 del Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri che nega al ricorrente la corresponsione dell'indennità di presidenza di cui all'art. 8, comma 1, I. 8 agosto 1985 n. 455, ed ex art. 32 della legge n. 400/1988 e degli atti presupposti, consequenziali e connessi.

- per l'accertamento del diritto del ricorrente alla corresponsione dell'indennità mensile non pensionabile (c.d. di Presidenza) di cui all'art. 8, comma 1, I. 8 agosto 1985 n. 455, ed ex art. 32 della legge n. 400/88;

- per la condanna dell’amministrazione convenuta al pagamento della suddetta somma, con rivalutazione ed interessi sino al concreto soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2014 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente, magistrato della Corte dei conti in posizione di fuori ruolo quale docente stabile presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione (di seguito anche Scuola o SSPA), con istanza del 13 luglio 2012, ha chiesto alla Scuola l’erogazione, nel suo importo massimo, della indennità di Presidenza di cui agli artt. 8, comma 1, della legge 8 agosto 1985, n. 455 e 32 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

La Scuola, condiviso il parere espresso dal Dipartimento per le politiche di gestione e di sviluppo delle risorse umane della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha respinto l’istanza.

Tale ultimo provvedimento, unitamente al citato parere del Dipartimento, è stato impugnato dal ricorrente, che ha affidato il gravame alle censure di violazione di legge ed eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto e per motivazione incongrua e contraddittoria.

L’amministrazione intimata, costituita in giudizio, ha chiesto la reiezione del gravame.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 19 novembre 2014

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Va anzitutto precisato che, vertendosi in tema di diritti patrimoniali del pubblico dipendente, oggetto del giudizio è direttamente l’accertamento del diritto del ricorrente a conseguire, in applicazione delle previsioni normative, la prestazione patrimoniale richiesta all’amministrazione.

Il parere del Dipartimento per le politiche di gestione e di sviluppo delle risorse umane della Presidenza del Consiglio dei Ministri, recepito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione nell’impugnato provvedimento di diniego, afferma la non spettanza di quanto richiesto sulla base di due ordini di ragioni:

il combinato disposto dell’art. 8, comma 2, della legge n. 455/1985 e dell’art. 3, comma 63, della legge n. 537/1993, vieterebbe la corresponsione dell’indennità di Presidenza, nel caso in cui il richiedente risulti già percettore di altro compenso, comunque denominato, presso l’amministrazione di appartenenza, nel rispetto del divieto di cumulo tra compensi;

il ricorrente, che già percepisce l’indennità mensile di cui alle leggi n. 27/1981 e n. 425/1984, avrebbe accettato di svolgere l’incarico presso la Scuola superiore a titolo gratuito.

A giudizio del ricorrente, invece, sia il testo del citato articolo 8, che il successivo articolo. 32 della legge n. 400/1988 stabilirebbero l’incondizionato diritto alla spettanza dell’indennità a chiunque presti servizio presso la Presidenza del Consiglio, anche se in posizione di fuori ruolo, con conservazione del diritto al trattamento economico a carico dell’amministrazione di appartenenza.

La previsione sarebbe ribadita dall’art. 10, comma 2, del d.lgs. 1° dicembre 2009, n. 178 e la correttezza dell’interpretazione da lui propugnata sarebbe confermata dalla giurisprudenza in materia.

La dichiarata gratuità dell’incarico, inoltre, non verrebbe meno, a giudizio del ricorrente, a seguito del percepimento dell’indennità richiesta, collegata allo “ status ” di professore della scuola e non alla retribuzione dell’attività didattica.

Ove poi si dovesse ritenere che l’accettazione dell’incarico a titolo gratuito abbia integrato una rinuncia al conseguimento dell’indennità, la stessa dovrebbe ritenersi nulla, in quanto, essendo l’emolumento correlato ad uno status , esso sarebbe irrinunciabile e indisponibile.

La prospettazione non può essere condivisa.

L’art. 8 della legge n. 455/1985, dopo aver stabilito, al primo comma, che “ al personale civile e militare comunque in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è attribuita una indennità mensile non pensionabile, stabilita per ciascuna qualifica con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri d'intesa con il Ministro del tesoro. Tale indennità è fissata in una misura non superiore all'importo massimo delle indennità erogate dalle amministrazioni dello Stato al personale dipendente in base alle norme vigenti ”, ai successivi commi 2 e 3, stabilisce che “ l’'indennità di cui al precedente comma sostituisce ogni altra indennità o compenso dovuti in relazione all'espletamento delle effettive prestazioni ordinarie di servizio o comunque connessi all'espletamento di compiti di istituto. È fatta salva la facoltà di opzione per le indennità o compensi spettanti presso l'amministrazione di appartenenza” .

La norma stabilisce chiaramente che l’indennità spettante al personale di altre amministrazioni che presta servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e la cui finalità è quella di evitare che, a parità di funzioni, ai dipendenti in posizione di comando e di fuori ruolo presso la Presidenza sia attribuito un trattamento retributivo complessivo inferiore a quello dei dipendenti di ruolo della Presidenza in corrispondente posizione organico-retributiva, è posta in un regime di alternatività con eventuali altre indennità spettanti ai dipendenti in posizione di comando o di fuori ruolo presso l’amministrazione di appartenenza.

L’operatività di un divieto di cumulo tra l’indennità di cui all’art. 8 della legge n. 455/1985 e quelle di cui siano titolari i docenti stabili presso la Scuola è stata espressamente affermata in giurisprudenza, con specifico riferimento, ai professori universitari, agli avvocati dello Stato e, per quanto qui rileva, ai magistrati (così Consiglio di Stato, sez. IV, 4 dicembre 2008, n. 5992).

La non cumulabilità tra le diverse indennità, inoltre, trova conferma nell’art. 3, comma 63, della legge n. 537/1993, pure richiamato nel provvedimenti della SSPA, a norma del quale “ I pubblici dipendenti in posizione di comando, di fuori ruolo o in altre analoghe posizioni non possono cumulare indennità, compensi o emolumenti, comunque denominati, anche se pensionabili, corrisposti dall'amministrazione di appartenenza con altri analoghi trattamenti economici accessori previsti da specifiche disposizioni di legge a favore del personale dell'amministrazione presso la quale i predetti pubblici dipendenti prestano servizio ”.

Al risultato della assoluta cumulabilità dell’indennità di Presidenza e di quella erogata dall’amministrazione di appartenenza non conduce neppure l’applicazione, invocata dal ricorrente, dell’art. 32 della legge n. 400/1988.

La disposizione, infatti, dopo aver previsto che “ L'indennità di cui all'articolo 8 della legge 8 agosto 1985, n. 455, spetta al personale in ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri ”, stabilisce che “ I dipendenti da amministrazioni diverse dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed in servizio presso di essa in posizione di comando o fuori ruolo conservano il trattamento economico dell'amministrazione di appartenenza e ad essi viene attribuita una indennità mensile non pensionabile stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri d'intesa con il ministro del tesoro ai fini di perequazione del rispettivo trattamento economico complessivo con quello spettante al personale di qualifica pari od equiparata di cui al comma di cui al comma 1” stabilisce pure che “ Tale indennità, spettante anche al personale dei Gabinetti e delle segreterie particolari dei ministri senza portafoglio e dei sottosegretari di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, non può comunque superare il limite massimo previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge 8 agosto 1985, n. 455, e ad essa si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo ”.

Proprio il richiamo che tale ultima norma fa alla funzione perequativa dell’indennità di Presidenza individua, infatti, il limite della eventuale compatibilità tra la conservazione del trattamento economico presso l’amministrazione di provenienza e quello corrisposto dalla Presidenza, atteso che, oltre l’equivalenza tra i due trattamenti, ritorna operativo il suddetto divieto di cumulo (cfr., con riferimento a fattispecie relativa all’indennità spettante agli appartenenti alla Polizia di Stato, Consiglio di Stato, sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3385, nel senso che il cumulo sia consentito nei limiti di cui all’art. 32 e, con riferimento a domanda avanza da un magistrato della Corte dei conti, pure Consiglio di Stato, sez. IV, 10 aprile 2001, n. 4747).

L’insuperabilità del limite di equivalenza non è affatto smentita dal comma 2 dell’art. 10 del d.lgs. n. 178/2009 il quale, nello stabilire che “ I docenti a tempo pieno della Scuola, in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo, per il tempo dell'incarico conservano il trattamento economico in godimento ”, nulla dice in ordine alla pretesa cumulabilità di tale trattamento economico con l’indennità di Presidenza.

L’approdo interpretativo raggiunto, infine, rende irrilevante l’orientamento giurisprudenziale richiamato in atti in ordine alla natura stipendiale e non propriamente indennitaria della indennità giudiziaria, peraltro formatosi in relazione a fattispecie in cui il magistrato istante non era in posizione di fuori ruolo, tanto più che il ricorrente non ha in alcun modo ancorato la sua pretesa patrimoniale alla ritenuta inferiorità del trattamento da lui percepito dall’amministrazione di appartenenza rispetto a quello in astratto corrispondente alla funzione da lui svolta presso un’articolazione della Presidenza del Consiglio, essendosi egli limitato invece a sostenere la piena e illimitata cumulabilità delle corresponsioni indicate.

Quanto osservato vale pure a superare le affermazioni del ricorrente relative all’inerenza della indennità reclamata allo status di professore presso la SSPA e all’irrinunciabilità della medesima, in considerazione del fatto che, a prescindere dalla terminologia usata in sede di accettazione dell’incarico, risulta smentito l’assunto di base secondo il quale l’indennità di cui all’art. 8 della legge n. 455/1985 si cumuli in ogni caso e senza limiti quantitativi al trattamento già conseguito dal dipendente pubblico a carico dell’amministrazione di appartenenza.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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