TAR Bari, sez. II, sentenza 2009-05-15, n. 200901181

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2009-05-15, n. 200901181
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 200901181
Data del deposito : 15 maggio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01280/2008 REG.RIC.

N. 01181/2009 REG.SEN.

N. 01280/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1280 del 2008, proposto da:
M D, rappresentato e difeso dall'avv. F L, con domicilio eletto presso F L in Bari, via Pasquale Fiore, 14;

contro

Ministero della Giustizia in Persona del Ministro P.T., Commissione Esami Avvocato c/o Ministero Giustizia, Sottocommissione Esami Avvocato c/o C.A. Bari, Sottocommissione Esami Avvocato c/o C.A. Milano, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distr.le Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- del verbale di adunanza del giorno 04.03.2008, della sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Milano per la sessione 2007 nella parte in cui ha attribuito alle prove scritte del ricorrente il punteggio complessivo di 85, inferiore a quello di punti 90 necessario per l’ammissione alle prove orali;

- dell’atto di esclusione del ricorrente dalle prove orali dell’esame d’avvocato, non conosciuto e con espressa riserva di proporre motivi aggiunti;

- dell’atto di ammissione alle prove orali dei candidati, pubblicato per affissione in data 11.06.2008 presso la Corte di Appello di Bari, nella parte in cui non contiene il nominativo della ricorrente;

- della scheda afferente il giudizio sugli elaborati scritti della ricorrente;

- nonché per l’accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere l’attribuzione di maggior punteggio previo riesame di tutte le prove scritte, alla luce dei motivi di ricorso, così da ottenere un punteggio non inferiore a 90;

- del diritto della ricorrente ad essere ammessa, con riserva, alle prove orali dell’esame –sessione 2007- per l’iscrizione nell’Albo degli Avvocati..

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia in Persona del Ministro P.T.;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Commissione Esami Avvocato c/o Ministero Giustizia;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sottocommissione Esami Avvocato c/o C.A. Bari;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sottocommissione Esami Avvocato c/o C.A. Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16/04/2009 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso in esame il ricorrente impugna i provvedimenti di cui in epigrafe - relativi al mancato superamento della prova scritta nella procedura volta conseguimento dell’abilitazione professionale di avvocato - e ne chiede l’annullamento.

Il ricorrente, compiuto il periodo di praticantato, ha partecipato alla sessione 2007 degli esami avvocato sostenendo le prove scritte presso la Corte d’Appello di Bari.

Il ricorrente – i cui elaborati sono stati corretti dalla sottocommissione insediata presso la Corte d’Appello di Milano - avendo ottenuto nella I^ prova 25, nella II^ 28 e nella III^ 32, per un punteggio complessivo di 85, non ha conseguito l’ammissione alla prova orale.

Il ricorrente, ha quindi proposto il ricorso in esame, deducendo i seguenti motivi di censura:

1)violazione ed erronea applicazione degli art 17 bis e 23 RD n.37/1934;
violazione art 22 legge n.36/1934 c.m. dall’art 3 l.180/2003;
violazione art 3 l.241/90;

2) violazione dei principi in materia di discrezionalità tecnica, applicati alla fattispecie delle valutazioni concorsuali;

3) eccesso di potere per difetto di congrua ed adeguata motivazione, illogicità, irragionevolezza, travisamento dei presupposti, manifesta ingiustizia;

4) violazione dei principi di buon andamento e buona amministrazione;
eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta, sviamento ed erronea presupposizione di fatto.

Con ordinanza di questo Tribunale n. 578/2008 è stata accolta l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente.

Avverso tale decisione le Amministrazioni costituite hanno proposto appello al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato Sezione IV, con ordinanza n. 6381/08, in accoglimento del gravame, ha respinto definitivamente l’istanza cautelare di che trattasi.

Le parti hanno depositato varia documentazione e, all’udienza del 16 aprile 2009, il ricorso è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento per le ragioni già sinteticamente espresse nell’ordinanza cautelare e, successivamente, ulteriormente ed esaustivamente evidenziate in numerose sentenze in forma breve adottate da questa Sezione con riferimento a fattispecie sostanzialmente identiche a quella in esame (ex multis T.A.R. Puglia Bari Sez. II n. 2398/08 del 28.10.08 e da ultimo n 928/09 del 20.04.2009), secondo un orientamento che il Collegio condivide.

Ed invero, nella citata sentenza l’accoglimento del ricorso risulta chiaramente sopportato da due significative e assorbenti profili motivazionali.

Il primo profilo attiene all’evidente violazione del chiaro disposto di cui all’art. 23 co. 3 del R.D. 37/1934 e successive modificazioni.

Tale norma, con specifico e puntuale riferimento all’esame di avvocato, prevede una articolazione del procedimento in due fasi: una prima fase di lettura e correzione ed una seconda e distinta fase di giudizio e valutazione.

Tali fasi, logicamente distinte, devono necessariamente trovare riscontro nell’ambito dell’attività di verbalizzazione da parte della commissione esaminatrice.

Proprio nella verbalizzazione risiede l’unica possibile prova del rispetto delle fasi del procedimento così come delineato dal citato art. 23 co. 3 R.D. n. 37/1934.

Nelle citate sentenza si legge in particolare: “Deve evidenziarsi che le fasi anzidette, imposte per legge, sono autonome, distinte e non sovrapponibili, investendo la prima un’operazione di stretta rilevazione di errori, difetti, inesattezze, quale risultante della correzione (v. dizionario della lingua italiana);
riguardando, invece, la seconda fase, un’operazione di vera e propria attribuzione del punteggio, quale risultante del giudizio.

Più in particolare, mentre l’operazione di correzione rappresenta uno strumento tipico ed essenziale di emersione dei profili di criticità/carenza/positività delle tesi esposte, l’operazione di giudizio costituisce più propriamente l’attribuzione del punteggio”.

Ciò premesso, nel caso in esame e alla stregua della documentazione in atti, si evince, invece, che il verbale di correzione riporta semplicemente i punteggi attribuiti al candidato nelle tre prove scritte, punteggi che compaiono, poi, in ripetizione nel verbale di giudizio, sicchè l’operazione di correzione risulta pretermessa e/o comunque assorbita in quella di giudizio, nel senso che nell’una e nell’altra ricorre il medesimo contenuto tralaticio, consistente unicamente e semplicemente nella reiterata indicazione di punteggi numerici attribuiti a ciascuna delle prove, con evidente violazione della norma di legge richiamata.

La Commissione esaminatrice, in tal modo, ha posto in essere un’attività difforme dal paradigma legale, omettendo di svolgere l’operazione preliminare di correzione degli elaborati che, costituisce la fase più importante dell’attività valutativa, sia in quanto necessario presupposto di essa, sia per l’esigenza di rispetto del principio della trasparenza.

Nella citata sentenza di questa Sezione veniva inoltre, ad abundantiam, evidenziato che il profilo di illegittimità di cui trattasi nulla ha a che vedere con la solita questione della idoneità del voto numerico ad integrare sufficiente motivazione, questione sulla quale – com’è noto – si registra in via generale un contrapposto orientamento nella giurisprudenza dei TT.AA.RR. e, viceversa, in quella espressa dal Consiglio di Stato, sia pure con taluni temperamenti.

Nella predetta sentenza si legge infatti: “occorre, per ragioni di estrema chiarezza, quindi rilevare che, nella specie, si fa questione di profili di violazione di legge (art. art. 23 co. 3 R.D. 37/1934 e successive modificazioni) che investono, come s’è detto, la fase della correzione degli elaborati, e non, invece, la fase del giudizio che, ancorchè sintetico (per attribuzione di punteggio numerico), si attesta come eloquente e, quindi, idoneo ad esprimere la professionalità di ogni singolo candidato (in tal senso questa Sezione è allineata alla giurisprudenza costante e ferma del Consiglio di Stato)”.

Tale sentenza, gravata di appello da parte dell’Amministrazione è stata quindi riformata dal Consiglio di Stato con decisione Sez. IV n. 1229/2009, sulla base di una motivazione che il Collegio tuttavia non condivide.

Con riferimento a tale profilo infatti il Giudice di secondo grado si è limitato ad evidenziare che “… i provvedimenti della commissione esaminatrice – che rilevano l’inidoneità delle prove scritte e non ammettono all’esame orale il partecipante agli esami per l’abilitazione all’esame di avvocato – vanno di per sé considerati adeguatamente motivati, quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa (o comunque dalla competente commissione istituita presso il Ministero della Giustizia) predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti”;
ed ancora: “siffatti voti, aggiunge il Collegio, rappresentano la compiuta esternazione dell’unica attività, non altrimenti segmentabile in fasi in qualche modo formalizzabili, di verifica della idoneità del candidato a seguito della lettura dei suoi lavori, demandata alla sottocommissione”;
ed infine : “la circostanza, dunque, che sugli elaborati non sia stato nel caso all’esame apposto alcun segno grafico di correzione non è elemento significativo, da cui possa desumersi un qualche vizio di violazione di legge, perché essa non può significare che la prova sia stata oggetto di correzione, che non è di per sé isolabile nel contesto della dovuta attività di giudizio di cui si è detto”.

In buona sostanza la motivazione espressa dalla IV Sezione del Consiglio di Stato tende a riportare il thema decidendi nell’ambito della solita questione attinente alla motivazione espressa con il solo voto numerico, questione che viceversa nulla ha a che vedere con la motivazione che supporta la sentenza di I° grado;
quanto invece al profilo specifico, la sentenza d’appello si limita in sostanza ad affermare apoditticamente che l’attività di correzione debba implicitamente desumersi dalla successiva attività di valutazione, alla quale risulterebbe inscindibilmente connessa e “non isolabile”.

Orbene, che l’attività di valutazione logicamente e normalmente presupponga un’attività di lettura e di correzione è un dato incontrovertibile e – deve immaginarsi – che tale semplice considerazione non sia stata estranea al Legislatore del R. D. 37/1934, il quale pure tuttavia ha ritenuto l’esigenza di precisare espressamente la duplice articolazione del procedimento nelle due distinte fasi, con l’evidente finalità di garantire – anche attraverso la trasparenza connessa alla verbalizzazione – il rispetto di un paradigma legale considerato come necessario ed imprescindibile.

Ogni diversa lettura della norma si pone in contrasto con il chiaro tenore letterale della stessa ed integra una violazione della ratio legis.

Tale considerazione non ha alcuna attinenza neanche con la apposizione di segni grafici sull’elaborato, i quali costituirebbero pur sempre – ai fini che qui rilevano - un mero indice sintomatico di una attività implicita di correzione, che invece il legislatore ha voluto individuare come esplicita e oggetto di verbalizzazione apposita (quod non est in actis, non est de hoc mundo).

Senza peraltro trascurare che non è sufficiente inserire e presupporre un’attività di correzione genericamente indicata, atteso che assumono evidente rilevanza i criteri che regolano l’attività di correzione degli elaborati, così come di seguito precisato con riferimento all’esame del secondo profilo.

Ed invero, analoghe considerazioni valgono con riferimento al secondo profilo motivazionale che supporta la citata sentenza di I° grado (T.A.R. Puglia Bari Sez. II n. 2398/08), con riferimento al dedotto vizio di eccesso di potere per contraddittorietà (e illogicità) rispetto a precedenti determinazioni dell’Amministrazione.

Vi si legge in proposito: “… occorre premettere che la Commissione per l’esame di avvocato sessione 2007, con verbale n. 2 del 20.12.2007, ha approvato <<all’unanimità i criteri direttivi per la correzione degli elaborati scritti ai sensi della legge 180/2003, che si allegano al presente verbale e che saranno trasmessi a tutti i presidenti delle sottocommissioni ...>>.

Dall’esame del predetto verbale, trasmesso a tutti i presidenti delle sottocommissioni, per la loro qualità di coordinatori delle stesse e di garanti della legalità del loro operato, si evince inoltre: <<la stessa Commissione, tra l’altro, … invita ad indicare sull’elaborato il punto o i punti che eventualmente si ritengano non conformi alla direttive sopraindicate … sollecita le sottocommissioni ad attenersi ai predetti criteri>>.

Nel citato verbale si prevede espressamente che ciascuna sottocommissione trasmetta “alla commissione centrale … copia del verbale della riunione nella quale saranno esaminati e recepiti i criteri valutativi sopra riportati ed assunti come riferimento per l’assegnazione del punteggio”.

Come indicato nella parte motiva della sentenza di I° grado e come risultante dal verbale del 16/1/2008, “… i Presidenti titolari e supplenti delle sottocommissioni per gli esami da avvocato sessione 2007, appositamente convocati e riuniti in assemblea, dopo la lettura collegiale dei criteri di valutazione per gli esami da avvocato (di cui al verbale di riunione della Commissione centrale del 20.12.2007), hanno recepito “… pienamente i criteri valutativi esposti con onere di presentazione di detti criteri a tutti i componenti delle sottocommissioni, anche con riferimento all’ipotesi relative alle valutazioni di non sufficienza da esprimersi sia con il voto in forma numerica, sia con un segno grafico sull’elaborato per dare evidenza alle parti di teso non conformi ai criteri di legge”.

Gli atti di cui sopra, espressione dei poteri autorganizzativi della Commissione e della sua autonomia nell’espletamento del compito demandatole, integrano evidente autolimitazione e vincolano la Commissione medesima, nonché le sottocommissioni, che ne costituiscono articolazioni interne, all’osservanza dei criteri di che trattasi.

Rileva pertanto il Collegio che ricorre nella specie non già vizio di motivazione, bensì quello di eccesso di potere per contraddittorietà rispetto a precedenti atti e provvedimenti della stessa Commissione, di carattere vincolante, atteso che gli elaborati scritti in atti evidenziano la pressoché totale assenza di segni e indicazioni grafiche e il mancato rispetto di tutti i criteri di correzione, difetto corroborato dalla totale assenza di specifica verbalizzazione così come già sopra evidenziato.

Il Consiglio di Stato Sez. IV ha disatteso tale argomentare dei primi giudici con la citata decisione n. 1229/09, nella quale anche tale profilo viene ricondotto nell’ambito della solita questione della idoneità e sufficienza ella motivazione espressa con voto numerico, che viceversa non ha attinenza con il thema decidendi specifico.

La citata decisione di secondo grado, viceversa, con riferimento al vincolo derivante da pregresse determinazioni della stessa commissione centrale, nonché delle sottocommissioni attraverso il verbale dell’assemblea dei presidenti delle stesse, si è limitata ad affermare che “ e nemmeno una qualche limitazione dell’attività delle competenti sottocommissioni può derivare dal conforme verbale …dell’assemblea dei presidenti titolari e supplenti delle sottocommissioni medesime, atteso che solo da deliberazioni delle sottocommissioni preposte alla revisione possono scaturire autolimitazioni, nella fattispecie non individuabili, all’attività a ciascuna di esse demandata” (pag. 6 della decisione cit).

Tale affermazione appare peraltro in contraddizione con quanto affermato nella stessa decisione alla precedente pag. 5, in cui - a proposito della “…competente commissione istituita presso il ministero della Giustizia - si legge: “ … che essa è tenuta per legge a precisare con efficacia vincolante per le sottocommissioni operanti presso le varie sedi di Corte d’Appello…”.

Risulta infatti evidente che la sottocommissione non è vincolata , né vincolabile nell’ambito della attività di valutazione, mentre lo è nell’ambito dell’attività di correzione nel senso di criteri generali di correzione, necessariamente uniformi sul territorio nazionale.

Anche sotto tale profilo si evidenzia – ancora una volta la ratio della distinta articolazione nelle due fasi della lettura e correzione da un lato e quella di valutazione dall’altro, distinguo al quale non sembra attribuita dal giudice di secondo grado la dovuta rilevanza in conformità della ratio legis.

Per tali motivi il collegio non ritiene di condividere l’orientamento espresso dalla IV Sezione del C.d.S. con la citata decisione.

Il ricorso va dunque accolto, con conseguente annullamento degli impugnati provvedimenti nell’ambito dell’interesse fatto valere.

L’esecuzione della presente sentenza comporterà l’obbligo della Commissione di procedere senza indugio alla correzione degli elaborati , con conseguente formulazione di un nuovo giudizio in coerenza con il dettato di legge in uno con i criteri fissati dalla Commissione medesima, con l’effetto che, in sede di rinnovazione delle operazioni di correzione (e quindi di giudizio), la Commissione debba riesaminare gli elaborati secondo una tecnica di rilevazione degli errori e delle inesattezze giuridiche di cui resti traccia evidente nel verbale di correzione, come indicato nel verbale n.2 della Commissione Centrale.

Stante la novità della questione affrontata, ricorrono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di rito.

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