TAR Bari, sez. II, sentenza 2012-03-01, n. 201200479

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2012-03-01, n. 201200479
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201200479
Data del deposito : 1 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00790/2010 REG.RIC.

N. 00479/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00790/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 790 del 2010, proposto da:
R M, rappresentata e difesa dall'avv. M D C, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Nicolai n.43;

contro

Università degli Studi di Bari, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e presso la stessa domiciliata in Bari, alla via Melo n.97;

per l’accertamento del diritto

della ricorrente al risarcimento dei danni ingiusti, patrimoniali e non patrimoniali, patiti in relazione alla ritardata assunzione quale ricercatore presso la Facoltà di Farmacia, come specificati in ricorso;

nonché per la condanna

dell’Università degli Studi di Bari al pagamento di quanto a tal titolo dovuto, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Bari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2011 la dott.ssa G S e uditi per le parti i difensori avv. M. Di Cagno e avv. dello Stato I. Sisto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;

FATTO

La dott.ssa M partecipava nel 1998 al concorso bandito l’anno precedente per la copertura di un posto di ricercatore presso la facoltà di Farmacia dell’Università degli studi di Bari, settore scientifico disciplinare EO4A (fisiologia generale), unitamente ad altra candidata, la dott.ssa S.

Quest’ultima risultava prima in graduatoria con punteggio pari a 50,4, seguita dalla ricorrente con punteggio pari a 47.

A seguito dell’approvazione di tale risultato si apriva un’annosa vicenda giudiziaria conclusasi soltanto nel 2004, vittoriosamente per l’odierna ricorrente, finalmente immessa in servizio con decorrenza 1° ottobre, giusta decreto del Rettore n.10553 del 29.9.2006.

La dott.ssa M aveva invero lamentato per un verso l’attribuzione in favore della contro interessata di tre punti a titolo di “frequenza a dottorato di ricerca”;
per altro verso, la mancata considerazione di alcuni titoli dalla stessa posseduti, tra i quali la tesi di dottorato di ricerca e la borsa di post-dottorato.

All’esito del primo giudizio, definito in primo grado con la sentenza di questo Tar n.1726/2002, era già risultata vittoriosa su tutta la linea;
veniva infatti ritenuta illegittima sia l’attribuzione del predetto punteggio alla dott.ssa S, per non essersi ancora concluso il dottorato con l’acquisizione del titolo, sia la mancata valutazione dei titoli della ricorrente. E siffatta decisione veniva confermata dal Consiglio di Stato con pronunzia della sesta Sezione n.1101/03.

Pertanto la Commissione, appositamente riconvocata, procedeva alla sottrazione dei punti illegittimamente attribuiti alla dott.sa S;
confermava tuttavia la non valutabilità dei titoli pretermessi dell’odierna ricorrente specificando che dovessero essere ritenuti estranei al settore scientifico disciplinare oggetto del concorso.

Il risultato fu di lasciare sostanzialmente immutato l’esito originario: prima classificata la dott.ssa S , sebbene con punti ridotti a 47,4/100;
seconda classificata la dott.ssa M con punteggio elevato a 47/100.

Questa si vedeva pertanto costretta a proporre nuovo ricorso;
e ancora una volta il giudizio si concludeva vittoriosamente per la stessa, sia in primo che in secondo grado. La Commissione allora, nuovamente riconvocata per la valutazione dei titoli, nella seduta del 28 luglio 2006 procedeva finalmente ad assegnare all’odierna ricorrente punteggio ulteriore;
in verità un solo punto per la borsa di post-dottorato. Riconfermava invece l’estraneità della tesi di dottorato alla disciplina messa a concorso.

L’attribuzione del punto aggiuntivo risultava tuttavia sufficiente a far proclamare vincitrice del concorso la dott.ssa M in qualità di prima classificata (con punteggio pari a 48/100 a fronte dei 47,4 punti della dott.ssa S). La stessa veniva dunque nominata in servizio con il richiamato decreto del Rettore del settembre 2006;
ben otto anni dopo l’espletamento della procedura concorsuale.

Con il gravame in epigrafe, notificato il 26.5.2010 e depositato il giorno successivo, la dott.ssa M chiede pertanto di essere risarcita dei danni ingiusti, patrimoniali e non, subiti per effetto della ritardata assunzione quale ricercatrice, oltre interessi e rivalutazione.

Costituitasi in giudizio l’Università degli studi di Bari ha chiesto la reiezione del gravame.

All’udienza del 14 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

La domanda volta ad ottenere il riconoscimento del diritto della ricorrente al risarcimento del danno subito in conseguenza della tardiva assunzione merita accoglimento, sebbene nei limiti di seguito precisati.

1.- In via preliminare, osserva il Collegio che anche innanzi al giudice amministrativo la domanda di risarcimento dei danni è regolata dal principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., in base al quale chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Il risarcimento non è, infatti, una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale del provvedimento illegittimo, richiedendosi che venga allegata e provata dal danneggiato, oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, la sussistenza di un danno ingiusto, del nesso causale tra condotta ed evento nonchè la colpa o il dolo dell'Amministrazione, trattandosi di fattispecie risarcitoria per fatto illecito ex art. 2043 c.c..

Tuttavia, l'accertata illegittimità dell'azione amministrativa, che –come detto- integra soltanto uno degli elementi costitutivi del fatto illecito ex art. 2043 c.c., produce effetti riflessi anche sulla distribuzione dell'onere della prova;
nel senso che sollecita l'Amministrazione convenuta a sottoporre al giudice del risarcimento concreti elementi di giudizio atti a dimostrare l'assenza di colpa, nonostante l'accertata illegittimità della propria condotta (in tal senso Cons. Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 775).

In tale direzione si muove anche l'art. 30 del nuovo Codice del processo Amministrativo che, non limitandosi ad una disciplina puramente processuale dell'azione risarcitoria, ha di fatto dettato un nuovo statuto sostanziale della fattispecie “risarcimento del danno da attività provvedimentale”, in particolare con riferimento all'elemento soggettivo dell'illecito. Ha invero individuato, quale presupposto del rimedio avverso i danni da attività provvedimentale (o da mancato esercizio di quella obbligatoria), la sola illegittimità dell'atto (o del silenzio) ex art. 30, comma 2;
non anche l'elemento psicologico, al quale fa invece riferimento nella seconda parte del comma 3, a proposito dei criteri di quantificazione dei danni stessi.

In buona sostanza la scelta del legislatore sembra essere stata quella di ridurre la portata concreta dell'elemento soggettivo facendo assumere carattere prevalente alla concreta adozione di atti illegittimi (in senso conforme Tar Sardegna Cagliari, Sez.II, 31.3.2011, n.290).

2.- Orbene, nel caso di specie, nulla quaestio sull’esistenza del danno ingiusto patito dalla dott.ssa M in conseguenza del ritardo con cui è stata disposta la sua assunzione in data 1° ottobre 2006 a fronte della procedura concorsuale espletata ben otto anni prima, nel 1998, per addivenire alla quale si sono resi necessari ben quattro giudizi.

Né alcun dubbio può sussistere circa la configurabilità del nesso causale tra il danno stesso e l’illegittimo comportamento dell’amministrazione ( rectius : della Commissione).

Maggiore approfondimento richiede invece la verifica della sussistenza dell’elemento soggettivo, perchè specificamente contestato dalla difesa dell’Amministrazione.

Sostiene infatti la difesa erariale che non sia ravvisabile nella fattispecie un comportamento colpevole dell’Amministrazione resistente e che, comunque, ricorrerebbe l’errore scusabile.

Più precisamente, quanto all’indebita attribuzione di punteggio alla dott.ssa S per il dottorato non concluso, ritiene in primis che la questione non sia dirimente poiché la sottrazione dei tre punti a seguito di ricorso della dott.ssa M non si è rivelata decisiva a capovolgere l’esito del concorso;
in ogni caso, richiamandosi ad un passaggio della seconda sentenza pronunziata dal Consiglio di Stato in relazione alla questione che ci occupa (la n.2738/2005), la quale ha escluso lo sviamento rilevato dal giudice di primo grado, ne fa discendere sic et simpliciter l’assenza dell’elemento psicologico.

Con riferimento invece all’altra questione, quella della mancata valutazione dei titoli conclusasi con l’attribuzione di un solo punto alla borsa di post dottorato, che ritiene viceversa rilevante ai fini della valutazione della colpa dell’Amministrazione, invoca l’errore scusabile adducendo che soltanto con la richiamata sentenza del Consiglio di Stato n.2738 sarebbe stato acclarato, senza possibilità di ulteriori dubbi, che la borsa di studi conseguita dalla ricorrente avrebbe dovuto essere valutata indipendentemente dalla sua attinenza al settore disciplinare per il quale era stato bandito il concorso;
e questo si ricaverebbe proprio da talune considerazioni svolte dallo stesso Consiglio di Stato nella sentenza n.2738.

Le riportate argomentazioni non appaiono tuttavia convincenti.

Quanto al primo punto, deve osservarsi che la circostanza che il Consiglio di Stato abbia ritenuto di escludere lo sviamento equivale a negare la sussistenza di un comportamento doloso e non già anche di una condotta colposa;
e che a fronte di inequivocabili disposizioni del bando, il quale prevedeva –all’art.

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