TAR Catania, sez. IV, sentenza 2023-11-02, n. 202303257
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Testo completo
Pubblicato il 02/11/2023
N. 03257/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01232/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1232 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. E L, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Vincenzo Giuffrida 37;
contro
Ministero dell'Interno - Questura Catania, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
del decreto di revoca della licenza al porto di fucile per uso caccia e relativo libretto, emesso dalla Questura di Catania il 26 aprile 2017 col numero cat. -OMISSIS-, nonché di ogni altro atto presupposto connesso e/o consequenziale, ivi compreso, ove occorra, la comunicazione del avvio di procedimento del 3 marzo 2017 numero Cat. 6F/CONT/P.A.S.I./2017, nonché il connesso verbale di sequestro amministrativo emesso dalla Legione dei Carabinieri di -OMISSIS- il 27 giugno 2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Questura Catania;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 ottobre 2023, tenutasi da remoto con modalità telematiche, il dott. Paolo Nasini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con decreto n. cat. -OMISSIS-, emesso il 26 aprile 2017, la Questura di Catania ha disposto la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia e relativo libretto, in titolarità dell’odierno ricorrente, così motivando tale determinazione:
- il Comando dei Carabinieri di -OMISSIS- in data 27 giugno 2016 ha operato il ritiro dell’arma in possesso del ricorrente, in quanto, a seguito di segnalazione di una lite violenta fra lo stesso e la sua convivente, i Militari si erano recati presso la relativa abitazione incontrando in strada la convivente che, in palese stato di agitazione, aveva riferito che dopo l'ennesimo diverbio con il ricorrente, era stata cacciata senza la possibilità di portare con sé gli effetti personali;
- la stessa aveva riferito che negli ultimi anni della convivenza, iniziata nel 1996, il -OMISSIS- era divenuto aggressivo e violento nei suoi confronti e l'aveva in più occasioni ingiuriata, percossa e minacciata di morte;
- il ricorrente, dopo aver confermato l'avvenuta lite, ‹‹ad espressa richiesta di fornire i propri documenti si rifiutava categoricamente di esibirli proferendo le seguenti parole: lei non le deve riferire nulla di come mi chiamo, anche perché non c’è nessuna ragione e tantomeno devo consegnare a lei le armi che detengo. Mi può mettere le manette ma io non le dò nulla››;
- solo all’arrivo del legale il ricorrente si era convinto ad esibire i documenti e a consegnare il titolo di polizia e le armi ai Militari che provvedevano a denunciarlo ai sensi dell'art. 651 c.p. per rifiuto d'indicazione sulla propria identità personale;
- quanto indicato nelle memorie difensive (tra cui l’intervenuto decreto di archiviazione da parte del G.I.P. per il reato di cui all'art. 651 c.p. e la dichiarazione in cui la convivente afferma che i loro rapporti si sono riappacificati a riprova della lieve entità dell'episodio contestatogli) non sarebbero rilevanti in quanto ‹‹la condotta sopra descritta, tratteggia una personalità che lascia fondati dubbi sull'affidabilità della stessa e fa ritenere che il richiedente in atto non dia garanzia di non abusare del titolo››;
- la condotta del titolare della licenza, sfociata nella violenta lite descritta in premessa, induce a far ritenere che il predetto non dia garanzia di non abusare del titolo di Polizia e comunque non abbia i requisiti previsti dalla legge per poter essere titolare di licenze di Polizia in materia di armi.
Con ricorso depositato il 12 luglio 2017, parte ricorrente ha impugnato il suddetto provvedimento indicato anche in epigrafe, chiedendone l’annullamento sulla scorta dei seguenti motivi, in sintesi:
1.L’amministrazione avrebbe travisato la portata dell’unico fatto posto a base del provvedimento ablativo, non tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti nel caso di specie, quali il comportamento tenuto dal ricorrente nel corso del procedimento, le dichiarazioni rese dalla convivente dopo il fatto contestato, la condotta tenuta dal ricorrente prima di tale fatto, gli esiti del procedimento penale che il p.m. ha chiesto di archiviare;inoltre, la P.a. non avrebbe dedotto i motivi di interesse pubblico idonei a fondare, ex art. 21 quinquies , l. n. 241 del 1990, un provvedimento di revoca in autotutela.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio contestando l’ammissibilità e fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
All’esito dell’udienza straordinaria di smaltimento PNRR del 23 settembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
1. Ai sensi dell’art. 11 TULPS, salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate: 1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;2) a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta. Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione.
L’art. 39 prevede che il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne.
Nei casi d'urgenza gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all'immediato ritiro cautelare dei materiali di cui al primo comma, dandone immediata comunicazione al prefetto. Quando sussistono le condizioni di cui al primo comma, con il provvedimento di divieto il prefetto assegna all'interessato un termine di 150 giorni per l'eventuale cessione a terzi dei materiali di cui al medesimo comma. Nello stesso termine l'interessato comunica al prefetto l'avvenuta cessione. Il provvedimento di divieto dispone, in caso di mancata cessione, la confisca dei materiali ai sensi dell'articolo 6, quinto comma, della legge 22 maggio 1975, n. 152.
Infine, l’art. 43 stabilisce che: oltre a quanto è stabilito dall’art. 11 non può essere concessa la licenza di portare armi: a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.
La licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi.