TAR Catania, sez. III, sentenza 2021-02-25, n. 202100566

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2021-02-25, n. 202100566
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202100566
Data del deposito : 25 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/02/2021

N. 00566/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01181/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1181 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
C B, rappresentato e difeso dall'avvocato M C G, con domicilio eletto presso lo studio Gea Basile in Catania, via Canfora 135/A;

contro

Comune di Giardini Naxos, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanna Mazzu', con domicilio eletto presso lo studio Ignazio Bonaccorsi in Catania, via S.Maria di Betlemme, 18;

nei confronti

G G, rappresentato e difeso dall'avvocato A C M, con domicilio eletto presso lo studio Lucia Tilotta in Catania, via G. Garibaldi, 103;

per l'annullamento,

quanto al ricorso introduttivo:

-dell'ordinanza n. 3/UTC del 29-4-2016, con la quale il Responsabile del

IV

Settore UTC - Gestione del Territorio del Comune di Giardini Naxos ha ingiunto al ricorrente la demolizione di manufatti eseguiti in assenza di autorizzazione del Genio Civile di Messina e di titoli autorizzativi, e la messa in pristino dello stato dei luoghi;

quanto al primo ricorso per motivi aggiunti:

-del verbale prot. n. 8072 del 18.08.2016, di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza impugnata con il ricorso introduttivo;

quanto ai secondi motivi aggiunti :

-dell’ordinanza n. 13 del 18.10.2016, con la quale è stato ingiunto al ricorrente il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria aggiuntiva di Euro 20.000,00 ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, del DPR n. 380/2001 e dell’art. 13 della LR n. 23/2004.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Giardini Naxos e di G G;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 13 gennaio 2021 la dott.ssa G L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in esame il ricorrente, premesso di essere proprietario di un immobile ubicato nella via Alcantara del Comune di Giardini Naxos dove egli svolge la propria attività commerciale, meglio identificato in Catasto Fabbricati al fg. 5 part. 263 sub 12 e sub 13, ha impugnato l'ordinanza n. 3/UTC del 29-4-2016, con la quale il Responsabile del

IV

Settore UTC - Gestione del Territorio del Comune di Giardini Naxos gli ha ingiunto la demolizione di due manufatti, entrambi sul confine con il limitrofo terreno in ditta G G, odierno controinteressato, eseguiti in assenza di autorizzazione del Genio Civile di Messina e di titoli autorizzativi, e precisamente:

a) un corpo di fabbrica consistente in “ deposito magazzino non prefabbricato, posto sul confine per l'intera lunghezza di mt. 24 circa costituito da struttura composta da montanti e traversi in ferro, infissi in alluminio zincato, pannelli e copertura in isolpak e parziale muratura perimetrale delle dimensioni di mt. 24,10 e x mt 14,35 circa =mq. 345,835 x H media = mt 5,95 dati da (6,70 + 5,20) /2 = mc 2.057,718 circa ”;

b) un corpo piccolo denominato “B”, “ anch'esso posto sul confine e costituto da struttura portante composta da montanti e traversi in ferro, copertura a tetto a falda inclinata in lamiera zincata, infissi in alluminio anodizzato e vetri poggiati su muratura perimetrale lato confine e a delimitazione dei box interni, delle dimensioni di ingombro pari a circa mt. 18,00 x mt 5,20 = mq 96,60 circa con H media =mt 3,25 circa dati da 3,50+3,00) /2=mc.304 200 ”.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: a) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 7 della L. 241/90 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;
b) vi sarebbe inoltre contraddizione con precedenti provvedimenti della stessa amministrazione, atteso che il Comune avrebbe provveduto a sanare sia il deposito magazzino - cd “corpo A”, revocando una precedente ordinanza di demolizione emessa nel 2007, sia il cd. “corpo B”, per il quale a seguito del condono è stata rilasciata l’agibilità provvisoria n. 49/2001 ex art. 15 della L.R. 19/94, mai revocata e ad oggi valida ed efficace;
c) in ogni caso, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo essendosi formato il silenzio assenso ex art. 39, quarto comma, della legge n. 724/1994.

Il ricorrente ha inoltre sostenuto che illegittimamente il Comune avrebbe oggi annullato d’ufficio i precedenti provvedimenti autorizzativi, tenuto conto che l’ordinanza di demolizione quivi impugnata costituirebbe revoca o annullamento della precedente ordinanza n. 09/UTC del 1/9/2008, con la quale era stata revocata la precedente ordinanza di demolizione del 21/08/2007.

Si sono costituiti per resistere al ricorso il Comune di Giardini Naxos ed il controinteressato;
quest’ultimo ha eccepito l’inammissibilità del gravame per non essere stato lo stesso notificato al di lui fratello Gullotta Andrea, comproprietario del terreno limitrofo e anch’egli controinteressato.

Con motivi aggiunti notificati il 30.09.2016 e depositati il 04.10.2016, il ricorrente ha impugnato il verbale prot. n. 8072 del 18.08.2016, di accertamento di inottemperanza all’ordinanza di demolizione impugnata con il ricorso introduttivo.

Con ulteriori motivi aggiunti il ricorrente ha, infine, impugnato l’ordinanza n. 13 del 18.10.2016, con la quale gli è stato ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria aggiuntiva di Euro 20.000,00 ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, del DPR n. 380/2001 e dell’art. 13 della LR n. 23/2004.

Con ordinanza n. 2309/2018 del 5.12.2018 la Sezione ha disposto una verificazione, “ al fine di appurare se le opere per le quali è stata emessa ordinanza di demolizione sono le stesse a suo tempo autorizzate e/o sanate ”, individuando quale verificatore il Responsabile dell’Ufficio Tecnico – Edilizia del Comune di Messina.

La relazione di verificazione è stata depositata in data 28.09.2020.

All’odierna udienza il ricorso ed i motivi ad esso aggiunti sono stati trattenuti per la decisione.

Il Collegio prescinde dall’esame delle eccezioni in rito sollevate dal controinteressato stante l’infondatezza del gravame nel merito.

Risulta dall’accertamento oggetto di verificazione che “ le opere riscontrate nel provvedimento di Demolizione n. 3/UTC del 29.04.2016 “non sono le stesse di quelle a suo tempo autorizzate e/o sanate” e, per quanto sopra detto, non sono le stesse di quelle oggi rilevate. ”.

In particolare, con riferimento al cd. “corpo A” il verificatore ha rilevato “ una diversità di opere per quel che concerne le chiusure perimetrali che nell’elaborato asseverato ai sensi dell’articolo 20 della L. R. 4/2003 del 2008 dovevano avere le caratteristiche di “pannelli prefabbricati amovibili” ” e che invece non sono state riscontrate come tali dagli accertatori che nel 2016 hanno espletato il sopralluogo, e che hanno affermato la presenza di una parziale muratura perimetrale che esiste ancora oggi, escludendo una chiusura solo con pannelli prefabbricati.

Per quanto riguarda l’interno del manufatto, è stata poi riscontrata una diversa distribuzione degli spazi, con suddivisione dell’originario unico ambiente “deposito” in più locali, diversamente utilizzati.

Dette divisioni risultano realizzate mediante opere edili fisse e/o mediante la collocazione di pannellature (verosimilmente cartongesso).

Con riferimento al “corpo B”, il verificatore ha accertato che “ Dal confronto tra l’elaborato grafico di riferimento cioè quello versato in atti al prot. 4552 del 24/02/1995 Condono Edilizio L. 724/94, di cui all’agibilità provvisoria n. 49 del 09/10/2001, (Allegato c) e quanto rilevato in sede di accertamento congiunto del 26/01/2016 prot. n. 864 (Allegato f) si evince facilmente che le opere accertate nel 2016 sono diverse (e quindi non sono le stesse) da quelle per le quali è stato richiesto il suddetto Condono Edilizio e per le quali è stata rilasciata l’agibilità provvisoria n. 49/2001.

È doveroso precisare che dai rilievi oggi effettuati, il manufatto risulta ulteriormente ampliato.

Infatti la superficie complessiva rilevata ammonta a circa 101.14 mq, rispetto a quella accertata nel 2016 (circa 93,60 mq), con ottenimento di ulteriori spazi chiusi ”.

Risulta pertanto che gli interventi edilizi rilevati in sede di sopralluogo del 26.01.2016, ed oggetto del provvedimento di demolizione quivi impugnato, sono diversi rispetto a quelli oggetto di sanatoria.

Viene meno conseguentemente il fondamento su cui si basano le censure con le quali il ricorrente ha contestato la contraddittorietà tra provvedimenti emanati dall’amministrazione comunale che, a suo dire, aveva dapprima sanato le opere in argomento e successivamente, con gli atti quivi impugnati, le aveva ritenute abusive.

Passando agli ulteriori motivi di ricorso, è innanzi tutto infondato il primo motivo, con il quale il ricorrente ha lamentato che l’ordinanza di demolizione impugnata non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento.

In ordine alla partecipazione procedimentale, è sufficiente rammentare che la giurisprudenza amministrativa è pacificamente allineata nell'escludere la necessità di tale comunicazione nei procedimenti sanzionatori di abusi edilizi (ex plurimis, cfr. T.A.R. Catania, IV, n. 2096/2018, Consiglio di Stato, VI, n. 6176/2018, T.A.R. Napoli, III, n. 6445/2018;
T.A.R. Lazio, Roma, II-quater, n. 9799/2018) in quanto l’onere della previa comunicazione di avvio del procedimento non sussiste quando l'attività dell'Amministrazione si esaurisca nella mera adozione di un atto vincolato, quando cioè il processo valutativo sia privo di contenuti discrezionali e manchi una comparazione di interessi.

In particolare, è stato precisato che la comunicazione di avvio del procedimento è da ritenersi superflua quando l'adozione del provvedimento finale risulti doverosa (oltre che vincolata) per l'Amministrazione, come avviene nel caso di specie, nonché quando l'eventuale annullamento del provvedimento finale (per accertata violazione dell'obbligo formale di comunicazione) non priverebbe l'Amministrazione del potere (o addirittura del dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto.

Parimenti infondato è il motivo con il quale il ricorrente ha sostenuto che il provvedimento di demolizione costituirebbe atto di revoca o annullamento della precedente ordinanza n. 09/UTC del 1/9/2008, con la quale era stata revocata la precedente ordinanza di demolizione del 21/08/2007: ad avviso di parte ricorrente, il potere di autotutela sarebbe stato esercitato in carenza dei presupposti previsti per l’esercizio dell’autotutela decisoria.

Si rileva che l’ordine di demolizione impugnato con il presente ricorso non costituisce revoca o annullamento della già disposta revoca del precedente ordine di demolizione, fondandosi esso sul nuovo sopralluogo effettuato in data 26.1.2016, all’esito del quale si è accertato che le opere relative al “corpo A” non coincidono con quelle di cui all’istanza di regolarizzazione presentata ai sensi della legge regionale n. 4/2003 e che quelle relative al “corpo B” non coincidono con quelle di cui all’istanza di condono ex art. 39 L. n. 724/1994.

Il “corpo A”, per il quale è stata presentata istanza di regolarizzazione ai sensi della legge regionale n. 4/2003, necessitava in realtà di concessione edilizia in ragione delle sue dimensioni (metri quadri 354,83) e della sua conformazione, ponendosi anche in contrasto con le Norme Tecniche di Attuazione in materia di distanze.

Quanto al “corpo B”, l’istanza di sanatoria presentata riguardava una superficie utile interna di metri quadri 56,70, mentre nel 2016 il manufatto risultava ampliato a metri quadri 93,60 circa, ed è risultato ulteriormente ampliato a 101.14 mq alla data dell’espletata verificazione.

I manufatti pertanto, in quanto costituenti trasformazione urbanistica in termini di volumetria e superficie, e dunque opere diverse da quelle a suo tempo oggetto di sanatoria, necessitavano, come correttamente ritenuto negli impugnati provvedimenti, di concessione edilizia e di autorizzazione del Genio civile ai sensi degli artt. 17 e 18 della L. n. 64/1974, invece mancanti.

Il ricorso deve dunque essere respinto.

Anche i motivi aggiunti non meritano accoglimento, atteso che con essi parte ricorrente ha dedotto motivi di invalidità derivata da quella dell’ordinanza di demolizione impugnata con il ricorso introduttivo.

Con i primi motivi aggiunti, proposti avverso l’accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione, anche a prescindere dall’eventuale inammissibilità dell’impugnazione in quanto relativa ad un atto endoprocedimentale quale è il verbale di inottemperanza, il ricorrente continua a fare riferimento alla regolarizzazione del 2008 riguardante le opere originarie, che tuttavia, come accertato in sede di verificazione, sono diverse da quelle di cui al sopralluogo del 2016, oggetto invece dell’attività repressiva quivi censurata.

Quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso l’ordinanza con la quale è stato ingiunto al ricorrente il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria aggiuntiva di Euro 20.000,00 ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, del DPR n. 380/2001 e dell’art. 13 della LR n. 23/2004, anche questo ricorso non può trovare accoglimento atteso che anche qui il ricorrente lamenta l’illegittimità derivata facendo riferimento ai motivi di gravame contenuti nel ricorso introduttivo.

In conclusione, l’attività repressiva del Comune resistente, per i motivi sopra esposti è immune da censure.

Le spese di lite, per le peculiarità della vicenda, possono essere integralmente compensate tra le parti, mentre le spese di verificazione, da liquidarsi con separato decreto, sono poste a carico della parte ricorrente.

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