TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-01-17, n. 201800565
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Testo completo
Pubblicato il 17/01/2018
N. 00565/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00035/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 35 del 2017, proposto da:
Automobile CL d'TA – AC e AC RM S.p.A., in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Guarino, Aureliana Pera, Luciano Di Via, Raimondo d'Aquino di Caramanico e Aristide Police, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via di Villa Sacchetti, 11;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Codacons, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale Nazionale del Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 73;
per l'annullamento, previa sospensione,
della decisione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - AGCM del 14 dicembre 2016, notificata in pari data, con cui è stata irrogata all'Automobile CL d'TA - AC ed alla AC RM S.p.a. una sanzione amministrativa pecuniaria pari a complessivi 3.000.000,00 per violazione degli artt. 20, co. 2, 23, co. 1, lett. l) e 62 del Codice del Consumo, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, ivi inclusa la nota di comunicazione della conclusione della fase istruttoria prot. PS/9458 del 4 ottobre 2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e del Codacons, con la relativa documentazione;
Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 418/17 del 26.1.2017;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 6 dicembre 2017 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con rituale ricorso a questo Tribunale, l’Automobile CL d'TA (AC) e l’AC RM S.p.A. (AC RM) chiedevano l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento in epigrafe concernente l’irrogazione, nei loro confronti e in solido, della sanzione amministrativa di € 3.000.000 totali da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o “Autorità”) per la riscontrata violazione degli artt. 20, comma 2, 23, comma 1, lett. l), e 62 del d.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo, d’ora in avanti “Codice”).
In particolare, l’AGCM, individuando le ricorrenti quali “professionisti” ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. b), del Codice, rispettivamente in qualità di ente pubblico non economico che gestisce la tassa automobilistica per conto delle Regioni convenzionate (AC) e in qualità di società che espleta il servizio di riscossione di tale tassa con pagamento in “moneta elettronica” (AC RM), su segnalazione di consumatori e di una relativa associazione, avviava in data 4 luglio 2016 il procedimento volto a rilevare se il comportamento posto in essere integrasse una fattispecie contraria ai dettami del Codice. Ciò perché era risultato che - in caso di pagamento del c.d. “bollo auto” sul sito internet dell’AC con utilizzo di carta di credito (c.d. “Bollonet”) o di pagamento con carta di debito sul circuito “PagoBancomat” presso le delegazioni AC sul territorio - risultavano imposte spese ulteriori quale “credit card surcharge”. Inoltre, in relazione alla modalità “Bollonet”, era risultato che i messaggi diffusi sul suddetto sito potevano presentare carattere di ingannevolezza, laddove pubblicizzavano l’assenza di commissioni bancarie per il pagamento “online” mentre, al termine della relativa operazione, ai consumatori non soci era richiesto un costo aggiuntivo.
Esaurito l’”iter del procedimento” – che aveva visto la presentazione di memorie da parte di AC nonché la sua audizione – ed esaminate le argomentazioni difensive delle parti, l’AGCM giungeva alle considerazioni conclusive che propendevano per la censurabilità delle condotte riscontrate.
L’Autorità, premettendo che AC, pur avendo affidato a AC RM (sua società “in house”) il servizio di riscossione del “bollo auto” con “moneta elettronica”, era titolare “di fatto” del servizio di riscossione in questione, che gestisce per conto delle Regioni convenzionate, evidenziava, in sintesi, quanto segue.
Per quanto riguardava la maggiorazione sulle transazioni con “moneta elettronica”, l’AGCM evidenziava che il servizio è svolto in concorrenza con altri soggetti autorizzati (tabaccai, uffici postali, banche) e che, pur essendo previsto un costo generale del servizio a transazione pari a euro 1,87 (1,50 presso gli uffici postali) per tutti i suddetti canali in concorrenza, per quanto riguardava il “Bollonet” era stata applicata, a far data dal 1 gennaio 2009, una maggiorazione ulteriore dell’1,2% sulla somma pagata (dal 2000 la maggiorazione era stata del 2%) per i consumatori non soci AC, maggiorazione poi ridotta allo 0,75% dall’ottobre 2016 per i pagamenti di importi superiore a euro 30. Presso le delegazioni AC, invece, il pagamento tramite “bancomat” vedeva una maggiorazione in misura fissa di euro 0,20.
Ciò comportava la violazione dell’art. 62 del Codice (che aveva recepito l’art. 19 della c.d. direttiva “Consumer right”), che vieta l’imposizione da parte del professionista ai consumatori di spese per l’uso di un determinato strumento di pagamento senza alcuna deroga sul punto (perché non introdotta nell’ordinamento) e dando luogo, quindi, a un divieto “assoluto”, a partire dalla data del 14 giugno 2014 individuata dall’Autorità.
Non rilevavano le osservazioni difensive delle parti, sulla necessità di coprire i costi del servizio e sulla natura di amministrazione pubblica di AC, che avrebbe potuto configurare l’ipotesi di un danno erariale nella mancata copertura di suddetti costi, in quanto il servizio in questione non riguardava l’attività istituzionale dell’ente ma era offerto in concorrenza e ben poteva AC rinnovare nel tempo le convenzioni con le Regioni.
Per quanto riguardava la seconda condotta contestata, relativa all’ingannevolezza del messaggio sul sito internet, l’AGCM rilevava che la prospettata possibilità per i soci AC di non pagare maggiorazioni con il servizio “Bollonet” come caratteristica propria dell’offerta, in realtà presentava un diritto conferito ai consumatori dalla legge, con conseguenziale comportamento non conforme al livello di competenza e attenzione esigibile da un professionista in base ai canoni di correttezza e buona fede che dovrebbero informare le sue condotte commerciali.
Era quindi disposta l’inibitoria alla diffusione e continuazione delle condotte ed era quantificata la relativa sanzione amministrativa, in solido nei confronti delle parti, pari a euro 2.800.000,00 per la violazione dell’art. 62 cit. e a euro 200.000,00 per la violazione degli artt. 20 e 23 citt.
Ripercorsi i presupposti di fatto ora riassunti e le tesi difensive esposte nel procedimento, le ricorrenti lamentavano nel gravame, in sintesi, quanto segue.
“ I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, co. 3, della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, violazione dei diritti dei consumatori nei contratti, violazione del divieto di discriminazioni e clausole vessatorie adottato dall’AGCM in tema di termini per la conclusione del procedimento”.
AC e AC RM evidenziavano che il procedimento risultava avviato il 4 luglio 2016, per cui si sarebbe dovuto concludere entro i successivi 150 giorni, vale a dire il 1 dicembre 2016. Il provvedimento conclusivo era invece intervenuto soltanto in data 14 dicembre 2016, non potendo valere la circostanza per la quale il procedimento risultava successivamente integrato nei confronti di AC RM né potendosi applicare alcuna sospensione feriale dei termini, valida solo per i procedimenti giurisdizionali, rilevando unicamente la data di comunicazione al destinatario.
“ II. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 19 della Direttiva UE 2011/83/UE in tema di diritti dei consumatori e tariffe per l’utilizzo dei mezzi di pagamento. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 62 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 recante il Codice del Consumo e, in particolare, di quanto ivi previsto in tema di tariffe per l’utilizzo di mezzi di pagamento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, co. 10 della l. n. 27 dicembre 1997, n. 449 in materia di riscossione, accertamento, recupero, rimborsi ed applicazione delle sanzioni relativo alle tasse automobilistiche. Eccesso di potere per sviamento di potere, ingiustizia manifesta e travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 23, co. 1, lett. l), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 recante il Codice del Consumo e, in particolare, di quanto ivi previsto in tema di pubblicità ingannevole. ”
Secondo la ricostruzione delle ricorrenti, la posizione della Direttiva in epigrafe era chiara nello specificare come i costi discendenti dall’utilizzo di specifici strumenti di pagamento non possono essere addossati ai consumatori in misura “superiore” a quanto gli stessi professionisti siano tenuti a versare, con la conseguenza per la quale risulta esclusa l’imposizione di un pagamento ulteriore solo se maggiore di quanto il professionista “in primis” è tenuto a sostenere per ricorrere allo specifico mezzo di pagamento da lui prescelto.
La Direttiva in questione, quindi, impedisce soltanto di lucrare in ragione del costo specifico dello strumento di pagamento ma, al contempo,