TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2014-07-08, n. 201407268

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2014-07-08, n. 201407268
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201407268
Data del deposito : 8 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02687/1999 REG.RIC.

N. 07268/2014 REG.PROV.COLL.

N. 02687/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso RG n. 2687 del 1999, proposto dalla Società

COMPAGNIA ROMANA SERVIZI

Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. A P, G I, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Oslavia, 12;

contro

- il COMUNE di FIUMICINO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. R C, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Roma, Circonvallazione Clodia, 94;
- la REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta regionale p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Stefania Ricci, con domicilio eletto presso gli Uffici dell’Avvocatura regionale in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;

per l'annullamento, previa sospensiva,

- della deliberazione della G.R. n. 5935 del 18 luglio 1996, nella parte di cui al punto 5 delle disposizioni relative ai centri commerciali, dell’Allegato A;

- della deliberazione della G.R. n. 3394 del 14 luglio 1998 con cui, tra l’altro, preso atto del parere contrario espresso dalla Commissione regionale alla concessione del N.O. e non essendo ricorrenti circostanze e motivi di pubblico interesse tali da giustificare un discostamento dal parere così come espresso dalla Commissione regionale, ha espresso parere contrario;

- del verbale della Commissione regionale ex art. 17 della legge 11 giugno 1971, n. 426 relativo alla seduta del 23 marzo 1998;

- della nota prot. n. 34722 del 9.10.1998 del Comune di Fiumicino, con cui si comunica il diniego dell’istanza prot. n. 12182 del 7 aprile 1997, per il rilascio dell’autorizzazione amministrativa per l’apertura di un centro commerciale al dettaglio in Fiumicino;

- della nota del Comune prot. n. 19060 del 6 giugno 1997 con la quale è stato reso alla Regione Lazio parere contrario all’iniziativa in esame, come si evince dalla delibera G.R. n.3394 del 14.7.1998;

- della nota regionale prot. n. 3208 del 6 maggio 1997, non conosciuta

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o comunque connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fiumicino e della Regione Lazio;

Vista l’ordinanza n. 896 del 1999 con cui è stata respinta la suindicata domanda cautelare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 aprile 2014 il Cons. M C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società indicata in epigrafe in data 7 aprile 1997 ha presentato al Comune di Fiumicino l’istanza prot. n. 12182/1997 per ottenere il nulla-osta di cui all’art. 27 della legge n. 426 del 1971 e le autorizzazioni sindacali necessarie per l’apertura di un centro commerciale al dettaglio nonchè somministrazione, attività artigianali varie e servizi, per mq. 7164 destinati alla vendita e mq 1580 per le altre destinazioni.

Lamenta la società che decorso inutilmente il termine semestrale, prescritto dalla predetta norma, dalla data di presentazione dell’istanza, senza ottenere riscontro, la stessa ha proposto ricorso avverso il silenzio-rifiuto innanzi a questo Tribunale, all’esame dell’odierna pubblica udienza con RG n. 16728/1997.

In seguito il Comune con nota prot. n.34722 del 9.10.1998 ha comunicato il parere contrario della Regione Lazio all’iniziativa in esame nonché il proprio diniego al rilascio della predetta autorizzazione. Dalla deliberazione regionale risulterebbe la motivazione del diniego per carenza di adempimenti istruttori da parte del Comune nonché per il parere contrario espresso dalla Commissione regionale in data 23.3.1998 (perché carente del certificato di destinazione) nonché per il richiamo ad altra nota del Comune prot. n. 19060 del 6.6. 1997, recante il parere contrario all’intervento in quanto l’iniziativa “sconvolgerebbe il pregresso equilibrio tra la domanda e l’offerta della rete a livello locale” .

Avverso gli atti meglio indicati in epigrafe la società ha proposto ricorso allegando allo stesso i seguenti motivi:

1) Quanto al punto 5 della parte relativa ai Centri Commerciali dell’Allegato A della deliberazione della G.R. n. 5935 del 18.7.1996: Violazione di legge artt.35 e 41, comma 5, lett. a) del DM n.375 del 1988 e art. 31, lett.a della legge n. 426 del 1971, eccesso di potere per illogicità manifesta , le norme rubricate richiederebbero ai fini del decidere sulla domanda di autorizzazione presentata e relativo N.O., la sola indicazione della zona prescelta (comprensorio urbanistico) e non l’indicazione di aree;
invece il controllo edilizio della struttura destinata ad ospitare il centro commerciale e l’indicazione dell’area catastale non rientrerebbe nelle competenze regionali. Nella specie la Regione avrebbe illegittimamente negato il N.O. in relazione al mancato invio da parte del Comune del certificato di destinazione d’uso dell’edificio e il Comune si sarebbe adeguato al parere negativo regionale.

2) Quanto alla delib. G.R. n.3394 del 29.7.1998 e al verbale della seduta del 23.3.1998 della Commissione regionale di cui all’art. 17 della legge n. 426 del 1971: violazione dell’art.30 della l.r. n. 26 del 1992 e dell’art. 6, lett. b) della legge n. 241 del 1990. eccesso di potere per perplessità e travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e di motivazione : la delibera G.R. n.3394/98 avrebbe negato il N.O. per il mancato invio da parte del Comune della documentazione istruttoria relativa alla domanda della ricorrente;
si tratterebbe della mancanza del certificato di destinazione d’uso, adempimento a carico del Comune, mentre non sarebbe stata richiesta specifica documentazione istruttoria direttamente alla società. Inoltre sarebbe immotivata, generica e priva di istruttoria la segnalazione da parte del Comune alla Regione che la realizzazione del centro “sconvolgerebbe il precario equilibrio tra la domanda e l’offerta delle rete a livello locale”.

La Regione, a fronte dell’inerzia del Comune in presenza dell’inadempimneto da parte della società interessata non di sarebbe avvalsa del potere sostitutivo previsto dal comma 4, dopo il punto 7 della delibera GR n. 5935/96. La carenza e genericità della motivazione sarebbero evidenti, in quanto la delibera regionale avrebbe confermato la motivazione della Commissione e quella del Comune, senza esercitare le facoltà discrezionali attribuite dalla legge, né dare conto delle ragioni della scelta operata.

3) Quanto alle note del Comune di Fiumicino prot. n. 34722 del 9.10.1998 e n. 19060 del 6.6.1997: illegittimità derivata dalla illegittimità della deliberazione regionale n. 3394/98 e per i motivi già indicati: la nota del Comune n. 19060/97, recante la segnalazione alla Regione riguardo il giudizio sulla realizzazione del centro commerciale nel senso che “sconvolgerebbe il precario equilibrio tra domanda e offerta della rete a livello locale” sarebbe una affermazione generica e immotivata, priva di istruttoria e in contraddizione con quanto prescritto dal punto di vista urbanistico per l’area, per la quale tra l’altro sarebbe stata rilasciata la concessione edilizia n. 79/C del 29.9.1998, il parere della Commissione edilizia e la presentazione del relativo atto d’obbligo.

Si è costituito in giudizio il Comune di Fiumicino per resistere al ricorso e con memoria ha controdedotto alle censure sollevate dalla società con riferimento alla necessaria allegazione del certificato di destinazione urbanistica alla domanda da parte dell’interessato costituendo ciò requisito necessario per la proposizione della stessa, senza che ci fosse stato un sollecito della società agli uffici competenti, conoscendo la circostanza che ancora l’immobile non aveva ottenuto la prescritta concessione edilizia. Quindi la carenza di documentazione non sarebbe attribuibile al Comune, estraneo rispetto alla carenza documentale richiesta e la motivazione sarebbe adeguata laddove in relazione anche alla preesistenza di altro centro commerciale di maggiori dimensioni rispetto a quello proposto dalla ricorrente, per un medesimo bacino di utenza.

Anche la Regione Lazio si è costituita in giudizio per resistere al ricorso opponendosi allo stesso in quanto infondato, tenuto conto che dall’intercorsa istruttoria con la società riguardo l’attivazione per l’acquisizione del certificato di destinazione d’uso per consentire il prosieguo del procedimento la medesima società con si sarebbe attivata per intervenire con osservazioni al fine di impedire l’esito negativo della pratica già conosciuto prima l’adozione del provvedimento definitivo negativo. Tra l’altro la difesa regionale osserva che le argomentazioni finali con le quali la Giunta regionale nega il N.O prescinderebbero dalla circostanza della insufficienza della istruttoria, basandosi il provvedimento sulla carenza delle condizioni per la concessione del N.O. regionale.

Con ordinanza n. 896 del 1999 la domanda di sospensione dell’efficacia degli atti impugnati è stata respinta.

Alla pubblica udienza del 30 aprile 2014 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1. Nel merito il ricorso presenta profili di infondatezza per le seguenti ragioni.

1.1. Come esposto in premessa, parte ricorrente ha impugnato - la delibera della G.R. del Lazio n. 5935/1996 nella parte di cui al punto 5 delle disposizioni relative ai Centri Commerciali dell’Allegato A;
- la delibera della G.R n. 3394 del 14 luglio 1998, recante il parere contrario;
- il verbale della Commissione regionale ex art. 17 della legge 11 giugno 1971, n. 426 relativo alla seduta del 23 marzo 1998;
- la nota prot. n. 34722 del 9.10.1998, con cui il Comune di Fiumicino ha comunicato il diniego dell’istanza prot. n. 12182 del 7 aprile 1997, per il rilascio dell’autorizzazione amministrativa per l’apertura di un centro commerciale al dettaglio in Fiumicino;
- la nota del Comune prot. n. 19060 del 6 giugno 1997 con la quale è stato reso alla Regione Lazio parere contrario all’iniziativa in esame;
- la nota regionale prot. n. 3208 del 6 maggio 1997.

Con le più consistenti censure la società ricorrente lamenta, nella sostanza, la illegittimità del diniego al rilascio del richiesto N.O. opposto dalla Regione Lazio, in quanto fondato sul presupposto della mancata produzione del certificato di destinazione d’uso dell’immobile per la realizzazione del centro commerciale. Secondo la società tale carenza di documentazione, laddove considerata determinante ai fini del rilascio del predetto provvedimento, non sarebbe imputabile alla medesima bensì al Comune di Fiumicino che avrebbe omesso di trasmettere tale certificazione alla Regione;
da qui deriverebbe la illegittimità della deliberazione G.R. n. 5935 del 1996, Allegato A, punto 5) (primo e secondo mezzo).

1.2. Il Collegio rileva che tali argomentazioni non possono essere condivise alla luce di quanto stabilito dalla Delibera G.R. n. 5935 del 18.7.1996, recante le Direttive per il procedimento istruttorio delle domande per la concessione del N.O. della Giunta regionale per il rilascio dell’autorizzazione comunale per l’apertura di esercizi di vendita al dettaglio.

In particolare come si evince dall’Allegato A della predetta delibera alla domanda devono essere altresì allegati, tra gli altri, anche “5) certificato rilasciato dal comune di destinazione d’uso dell’edificio (o degli edifici) in cui sarà ubicato l’esercizio”, costituendo così tale certificazione parte integrante della domanda da presentare.

Al riguardo non trova conferma nella normativa di riferimento quanto sostenuto dalla società circa l’asserito obbligo del Comune ad integrare la documentazione necessaria per il rilascio del N.O. regionale e disporre quindi l’invio. La predetta certificazione è prevista come uno degli allegati alla domanda, quale atto che deve essere “rilasciato dal comune” al soggetto richiedente, nella specie colui che intende far attribuire una specifica destinazione all’immobile (risultante tra l’altro dalla concessione edilizia o licenza all’uopo rilasciata dall’Ente). Del resto non risulta specifica richiesta da parte della ricorrente al competente ufficio comunale del rilascio della certificazione attestante la destinazione d’uso o degli atti da cui potesse risultare la stessa come indicati alle lett. a), b) c), d) e) del punto n. 5 della predetta delibera G.R. n. 5935/96. A ciò va aggiunto che è un fatto non controverso che alla data di presentazione della domanda (7 aprile 1997) la società fosse sprovvista del suddetto certificato ( risultando in atti la concessione edilizia n. 79-C-98, rilasciata in epoca successiva alla data del 28 settembre 1998 - doc. 7).

Ciò trova conferma anche dalla nota della Regione Lazio- Assessorato Sviluppo Economico e Attività Produttive, in data 11 luglio 1997 prot. n. 4813, inviata anche alla società ricorrente, che evidenzia la carenza di documentazione da attribuire alla società richiedente l’autorizzazione (senza riferimenti specifici al Comune che in tal senso risulta estraneo alla carenza di documentazione allegata alla domanda presentata dalla società richiedente).

Pertanto a prescindere dai tempi tecnici occorsi all’Amministrazione per adottare il provvedimento, la mancanza alla data della domanda di autorizzazione del prescritto certificato rilasciato dal Comune da allegare alla domanda stessa comportava la sua incompletezza e, in linea di principio, la non ammissibilità. Tuttavia occorre rilevare che la stessa delibera n.3394/98 - alla luce anche della disciplina sopravvenuta del d.lgs 31 marzo 1998, n.114, che ha regolamentato la materia anche sugli aspetti del generale regime transitorio – in mancanza di una specifica regolamentazione dell’iter delle domande trasmesse alla Giunta regionale e non complete, ha esaminato la domanda della ricorrente ritenendo rilevanti comunque altri motivi (diversi dalla non completa documentazione) nel senso che “non ricorrano ragioni di pubblico interesse tali da disattendere ….il parere espresso dalla Commissione regionale e di non avvalersi della facoltà di deroga”, scelta quest’ultima che non necessita dell’asserita motivazione specifica, necessaria invece in caso contrario.

Al riguardo, va rilevato che in materia di apertura di grandi strutture di vendita, l'art. 27 della legge n. 426/71, applicabile alla specie, attribuisce un particolare potere valutativo alla Giunta regionale, che deve assumere le proprie determinazioni sulla base anche delle potenziali conseguenze del rilascio del nulla-osta, per cui la Giunta deve valutare l'incidenza delle grandi strutture commerciali nel preesistente apparato distributivo e cioè la compatibilità della progettata nuova struttura commerciale con il tessuto produttivo nell'ambito del territorio del Comune (cfr. Cons. Stato

Sez. V, 24-05-1996, n. 585). In relazione a ciò non può condividersi il censurato difetto di carenza e genericità della motivazione in quanto l’impugnata delibera G.R. n.3394/1998, recante il diniego, richiama nelle premesse (nonché tra le altre motivazioni nell’ultimo “Considerato”) la nota del Comune n. 19060 del 1997 con la quale viene espresso parere contrario alla iniziativa in quanto “andrebbe ad utilizzare lo stesso bacino di utenza” per la presenza di altro centro commerciale nella stessa zona “e quindi a sconvolgere il già precario equilibrio tra richiesta ed offerta”, assumendolo quale parere idoneo ai fini motivazionali, unitamente agli altri pareri e atti pure indicati in premessa.

Parimenti non sono convincenti i censurati vizi della predetta nota comunale n.19060 del 1997 dedotti con il terzo mezzo riguardo il difetto di motivazione e di istruttoria, tenuto conto delle idoneità delle argomentazioni a sostegno della valutazione ivi effettuata dal Comune consistenti nella dichiarata non compatibilità della progettata nuova struttura con altro centro commerciale presente nell’area, di dimensioni maggiori rispetto a quello richiesto dalla ricorrente, per un medesimo bacino d’utenza.

Da quanto premesso, il ricorso in quanto infondato è respinto.

La peculiarità della fattispecie induce a ritenere equa la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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