TAR Lecce, sez. I, sentenza 2021-06-07, n. 202100881

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. I, sentenza 2021-06-07, n. 202100881
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 202100881
Data del deposito : 7 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/06/2021

N. 00881/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00455/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 455 del 2021, proposto da
L R, rappresentato e difeso dall'avvocato W D F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Braccio Martello, 36;

contro

Comune di Ugento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Puglia non costituito in giudizio;

nei confronti

Fontanelle S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Danilo Lorenzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- del provvedimento comunale del 14.12.2020 di proroga sino al 31.12.2033 della concessione demaniale n.1144/2007 della società “Fontanelle s.r.l., in quanto assunto in attuazione di normativa statale (l'art.1 commi 682 e 683 della L. n.145/2018) che, in quanto contrastante con il diritto eurounitario e segnatamente con l'art.12 direttiva 2006/123/CE (cd. Bolkestein) e con l'art.49 del T.F.U.E., e dunque illegittima per divergenza rispetto al predetto diritto unionale, non avrebbe potuto essere applicata o, rectius, avrebbe dovuto essere disapplicata.

- della concessione demaniale n.1144/2007 del 20.3.2007 così come modificata e prorogata sino al 31.12.2033, nonché, ove occorra, dell' “avviso pubblico” del 22.10.2020, di cui s'è avuta casualmente e fortuitamente contezza solo qualche giorno addietro, con cui il Comune intimato avvisa che <<in applicazione della sopraindicata normativa, l'estensione ex lege, con decorrenza dal 01/01/2019, delle concessioni demaniali marittime, di competenza di questo Ente sarà formalizzata con un provvedimento ricognitivo dichiarativo>>
previa apposita domanda corredata da una serie di autodichiarazioni, e parimenti dell'eventuale provvedimento comunale di estremi sconosciuti che possa aver preventivamente autorizzato o disposto la pubblicazione di un simile avviso;

- dell' “avviso pubblico” del 22.10.2020, delle note della Regione Puglia prot. 4184 del 25.2.2019, prot. n.21804 del 28.2019 e prot. n.25951 del 17.12.2019, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Ugento e di Fontanelle S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2021 il dott. A P e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente, qualificandosi come “imprenditore locale” che ambisce a gestire uno stabilimento balneare che sia ubicato sul litorale di Ugento e precisamente in località Torre Mozza, oggetto di concessione demaniale in capo alla società “Fontanelle srl”, in data 21.12.2020 ha proposto formale diffida al Comune di Ugento affinché, “disapplicando l’art. 1 commi 682 e 683 della L. 145/2018 non riconoscesse la proroga della concessione demaniale n. 1144/2007 in scadenza al 31.12.2020 avviando al contempo una procedura di gara ad evidenza pubblica per la selezione del nuovo concessionario”.

L’amministrazione comunale con nota pec 457/2021 ha comunicato di aver già formalmente preso atto della proroga fino al 2033 della concessione demaniale marittima in questione.

Il ricorrente, a seguito di istanza di accesso agli atti ha acquisito la documentazione di riferimento e, risultata in tal modo frustata sul nascere la sua aspettativa al conseguimento del bene della vita previo esperimento di gara nella quale fosse in ipotesi risultato aggiudicatario, ha impugnato la nota di comunicazione- riscontro alla diffida e la stessa concessione demaniale del 2007 sulla qual e risulta annotata in calce la proroga ex lege 145/18, nonché gli atti di indirizzo in tal senso impartiti dalla Regione Puglia, chiedendone l’annullamento e deducendo i seguenti motivi di censura:

Illegittimità della proroga ex lege per contrasto con il diritto unionale;

Illegittimità degli atti di indirizzo impartiti dal a Regione Puglia con note 4184/19, 2184/19 e 25951/19.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Ugento e la società Fontanelle srl, titolare della concessione, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso sotto vari profili e contestando le avverse deduzioni anche nel merito.

Con ordinanza di questo Tribunale n. 541/2021 ex art. 73 c.p.a. è stato richiesto alle parti di dedurre in ordine anche a ulteriori profili di inammissibilità non oggetto di eccezione in contraddittorio, con rinvio alla successiva camera di consiglio del 12.5.2021 e con preavviso di decisione nel merito ex art. 60 c.p.a..

Dopo il deposito di memorie, nella camera di consiglio del 12 maggio 2021, dopo l’orale discussione dei difensori delle parti presenti come da verbale, il ricorso è stato introitato per la decisione nel merito con sentenza in forma semplificata.

DIRITTO

Il ricorso in esame, prima che infondato nel merito, risulta inammissibile sotto molteplici profili.

Rileva anzitutto il Collegio che il ricorso in esame presenta caratteristiche peculiari soprattutto con riferimento ai profili processuali.

I -Ed invero, in genere la domanda impugnatoria rivolta al giudice amministrativa a tutela di una determinata posizione, pretensiva o conservativa che sia, consiste nella domanda di annullamento di un provvedimento in quanto non conforme ad una norma di legge, laddove- nel caso in esame – la domanda di annullamento in sede giurisdizionale risulta diretta nei confronti di un atto del quale si assume l’illegittimità proprio in quanto conforme ad una norma di legge dello Stato.

Occorre in proposito considerare la significativa differenza anzitutto con riferimento alla natura dell’atto impugnato.

Mentre infatti l’atto con cui un Dirigente comunale esprima un diniego in ordine alla proroga ex lege ha evidente natura provvedimentale, in quanto espressione di volontà negoziale volta a impedire l’effetto proroga previsto dalla norma di legge, incidendo in tal modo sull’assetto degli interessi, l’atto con cui l’amministrazione comunale abbia recepito la proroga disposta direttamente dalla legge in via automatica non ha natura di provvedimento, in quanto privo di contenuto volontaristico o negoziale, trattandosi di mero atto ricognitivo o di presa d’atto della proroga disposta in via automatica direttamente dalla legge.

In quanto tale, l’atto impugnato nel ricorso in esame non risulta di per sé lesivo, in quanto la lesione si riconnette appunto direttamente alla norma di legge di cui all’art. 1 commi 682 e 683 della legge citata.

Secondo i principi generali l’impugnazione dovrebbe pertanto ritenersi già per questo inammissibile, ma occorre in questo caso considerare le chiare indicazioni che rinvengono in materia dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato.

Tale questione presuppone a sua volta la previa definizione della natura di legge provvedimento o meno con riferimento all’art. 1 commi 682 e 683 della legge citata.

Secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, deve escludersi l’impugnabilità diretta della legge provvedimento dinanzi al Giudice amministrativo, atteso che i mezzi di tutela predisposti dall’ordinamento sono ancorati al criterio formale e, quindi, risultando riservata solo al giudice della leggi la possibilità di determinare la caducazione della norma di legge;correlativamente, il giudizio di costituzionalità deve conservare il proprio carattere incidentale e quindi muovere pur sempre dall’impugnazione di un atto amministrativo.

Sulla base delle chiare indicazioni della Corte, la giurisprudenza amministrativa è pervenuta da tempo ad una differente e peculiare qualificazione con riferimento all’ammissibilità dell’impugnazione, al fine di realizzare un sistema coerente con i principi costituzionali a garanzia del diritto alla tutela giurisdizionale, affermando chiaramente che – nell’ ipotesi di legge provvedimento - l’unica possibilità di tutela per i cittadini è quella consiste nella possibilità impugnare gli atti applicativi delle stesse, anche se di contenuto vincolato e privi di autonoma lesività, deducendo tuttavia - a motivo di impugnazione - l’incostituzionalità della norma presupposta (ex multis: C.d.S Sezione Sesta 8.10.2008 n. 4933;
C.d.S Sezione Quarta 22.3.2021 n. 2409).

Qualora pertanto la norma citata dovesse qualificarsi come legge provvedimento, come peraltro il Collegio ritiene, dovrebbe necessariamente – in deroga ai principi generali - ritenersi ammissibile l’impugnazione di qualunque atto, ancorché non lesivo ed anche se di mera comunicazione, in quanto unico mezzo di tutela offerto al cittadino, cui è ovviamente preclusa la possibilità di diretta impugnazione della legge provvedimento.

Logico corollario di quanto sopra é costituito dal fatto che il ricorso in tal caso, qualora ritenuto fondato, non può essere definito attraverso l’accoglimento della domanda, risultando necessaria e imprescindibile la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.

Ed invero, individuata la norma di legge come fonte diretta ed immediata della dedotta lesione della sfera giuridica del ricorrente, l’accoglimento del ricorso avverso un mero atto, di per sé sfornito del tutto di qualsivoglia profilo di lesività, non risulterebbe in linea con le chiare indicazioni che emergono dal peculiare sistema di tutela delineato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato.

Per le ragioni sopra evidenziate il Collegio non condivide il diverso orientamento espresso dal TAR Toscana – Sezione Seconda con la sentenza 363/2021.

Premesso quanto sopra, rileva il Collegio che nel caso di specie, tuttavia, il ricorso, pur se astrattamente ammissibile sotto il profilo sopra evidenziato, risulta comunque inammissibile, perchhè l’impugnazione non è supportata dalla deduzione del motivo dell’incostituzionalità della normativa presupposta, onere di deduzione cui non è possibile derogare, vertendosi pur sempre nell’ambito di un giudizio impugnatorio caducatorio.

Il ricorso in esame risulta dunque inammissibile non già in ragione della impugnazione di un atto non lesivo, attesa la natura di legge provvedimento della normativa presupposta, bensì per l’omessa deduzione dell’unico e imprescindibile motivo di censura, rappresentato dalla sospetta incostituzionalità della normativa di riferimento, fonte diretta e immediata della lamentata lesione della sfera giuridica del ricorrente e sindacabile non già dal giudice amministrativo, bensì esclusivamente dal Giudice delle leggi;
l’omessa deduzione del motivo di censura in questione infatti escluderebbe in radice la stessa rilevanza della questione di costituzionalità ai fini della decisione.

II – Un ulteriore profilo di inammissibilità ricorre con riferimento al difetto di legittimazione in capo alla persona del ricorrente.

Il ricorrente propone la domanda semplicemente asserendo di essere un “imprenditore locale”.

La fattispecie in esame non presenta significative differenze rispetto a quella oggetto del ricorso 819/2021, definito dal TAR Sicilia – Sezione Prima con sentenza n. 1750/2021 del 27 maggio 2021, relativa all’impugnazione proposta da un gruppo di cittadini avverso gli atti ricognitivi della proroga della concessione di stabilimento balneare, qualificandosi i ricorrenti come liberi cittadini aventi in comune l’interesse alla libera fruizione del tratto del litorale in questione.

In linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, il TAR Sicilia, con un arresto che il Collegio condivide, ha ribadito che - ai fini dell’accesso alla tutela giurisdizionale amministrativa - occorre che il soggetto sia titolare di una posizione qualificata e differenziata, fatte salve solo le specifiche ipotesi espressamente previste dalla legge in cui sia ammessa l’azione popolare (ad es. giudizio elettorale).

Nel caso di specie il ricorrente, sedicente imprenditore locale, non versa in una situazione giuridica o fattuale differenziata rispetto al resto della collettività e non risulta pertanto legittimato alla proposizione del ricorso, non essendo riconosciuta in favore di quisque de populo la legittimazione ad agire a tutela di interessi diffusi o a garanzia di una legittimità dell’azione amministrativa avulsa da uno specifico interesse.

III – Ulteriore profilo di inammissibilità si riconnette altresì al difetto di interesse, sia sul piano sostanziale, atteso che dall’accoglimento del ricorso il ricorrente non potrebbe conseguire alcuna utilità ed ancor meno il bene della vita cui aspira;
sia sul piano dell’interesse strumentale, atteso che non risulta allo stato indetta alcuna gara ad evidenza pubblica volta alla selezione del nuovo concessionario (senza considerare che, nel caso in cui fosse indetta una gara, il bando o avviso pubblico recherebbero espresse e specifiche disposizioni in ordine ai requisiti – anche soggettivi - di partecipazione).

Di conseguenza risulta incerta e problematica financo la semplice possibilità per il ricorrente di partecipare ad una eventuale procedura.

Sotto tale profilo, la pretesa azionata si configura come una mera aspettativa o interesse di fatto non tutelabile in sede giurisdizionale.

IV – Per mero dovere di completezza, rileva il Collegio che il ricorso risulta anche manifestamente infondato nel merito, apparendo in proposito sufficiente richiamare i numerosi arresti giurisprudenziali di questo Tribunale (ex multis. TAR Puglia Lecce- Sezione Prima n. 71/2021 del 15.1.2021, il cui contenuto deve intendersi qui espressamente richiamato).

Rileva il Collegio che il ricorrente, con riferimento al merito della questione e qualora per mera ipotesi ne fosse consentito l’esame, muove da una erronea quanto inammissibile equazione tra l’inadempimento dello Stato Italiano in ordine agli obblighi derivanti all’adesione al Trattato U.E. e l’immediata applicabilità della direttiva servizi nel nostro ordinamento.

I due profili sono viceversa del tutto paralleli ed interdipendenti tra loro, atteso che la mancata attuazione nello Stato Italiano dell’art. 12 della direttiva Bolkestein, attraverso l’approvazione di una normativa di attuazione idonea, trova nell’ordinamento unionale adeguata ed autonoma sanzione anzitutto nella procedura di infrazione.

Del resto la natura self executing della direttiva risulta chiaramente esclusa alla stregua dello stesso tenore letterale dell’art. 12, che prevede rilevanti spazi di discrezionalità riservati allo Stato nazionale in sede di attuazione, di per sé incompatibili con l’auto-esecutività, alla stregua della stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Senza peraltro e conclusivamente considerare che la natura self executing di una direttiva risulta di per sé incompatibile con lo stesso avvio della procedura di infrazione.

Ed invero, al pari di quanto previsto per le ipotesi di silenzio assenso, l’autoesecutività comporta di per sé l’inutilità di una normazione attuativa, costituendo la direttiva self executing essa stessa la norma di riferimento diretto nell’ambito dell’ordinamento interno allo stato, risultando pertanto del tutto ultroneo l’avvio della procedura di infrazione.

Così come, ad esempio, accaduto nella vicenda relativa alla nomina dei direttori di musei, laddove la norma unionale rinveniente nell’art. 45 del Trattato U.E. ha trovato diretta applicazione, con conseguente disapplicazione della diversa normativa nazionale, che prescriveva, tra i requisiti di partecipazione, il possesso della cittadinanza italiana, non risultando previsto in tal caso – e a differenza delle espresse prescrizioni di cui all’art. 12 della direttiva Servizi - alcun ambito di discrezionalità riservato allo stato nazionale.

Come già evidenziato più volte nella giurisprudenza di questo Tribunale, la condivisa affermazione della Corte di Giustizia secondo cui il primato del diritto unionale deve essere garantito dallo stato in tutte le sue articolazioni, giurisdizionale e amministrativa, non può che intendersi riferibile all’ipotesi in cui le norme in conflitto, quella nazionale e quella unionale, risultino entrambe immediatamente applicabili, ipotesi che non ricorre nella fattispecie in esame.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, prima che infondato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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