TAR Brescia, sez. II, sentenza 2019-12-12, n. 201901065

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. II, sentenza 2019-12-12, n. 201901065
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201901065
Data del deposito : 12 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/12/2019

N. 01065/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00247/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 247 del 2019, proposto da
G F e S P, rappresentati e difesi dall'avvocato A D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Bergamo, rappresentato e difeso dagli avvocati V G e S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

L A, M P e Compagnia Assicurativa Allianz, non costituiti in giudizio;

M P, rappresentato e difeso dall'avvocato E B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

− del provvedimento n. UO431922 P.G. PDC1458/2012 in data 21/12/2018 (ricevuto mediante raccomandata RR in data 4 gennaio 2019) con il quale il Dirigente dell’Area Politiche del Territorio Direzione Edilizia Privata SUEAP e Ambiente, l’Esperto Amministrativo ed il Responsabile del procedimento del Comune di Bergamo hanno dichiarato la “intervenuta decadenza del Pdc n. 8911/2013 e, per conseguenza, anche delle due varianti (D.I.A. n. E092612 in data 7/6/2013 e SCIA n. E0105115 del 27/5/2014)” e che “pertanto non è possibile accogliere la richiesta del 15/2018 n. E0140512 P.G. relativa alla proroga del PdC n. 8911/2018”;

− del provvedimento n. UO431921 P.G. VIG 177/2014 (senza data, ricevuto mediante raccomandata RR in data 4 gennaio 2019) con il quale il Dirigente dell’Area Politiche del Territorio Direzione Edilizia Privata

SUEAP

Ambiente, vista la proposta del responsabile del procedimento, ha disposto la revoca del “provvedimento nr. UO102720 P.G. del 25/5/2015 nella sola parte in cui ordina di riportare le solette realizzate presso l’edificio di via Gasparini 16 alle quote previste nel P.di C. n. 8911del 1/2/2013 e nelle due varianti (D.I.A. n. E0092612 P.G./2013, S.C.I.A. n. E0105115 P.G. /2014) di demolire i pilastri realizzati e non previsti nei titoli abilitativi citati, di riportare le finestre al piano secondo lato nord-est alle dimensioni originarie e di riportare l’interno dell’edificio nella conformità con i titoli abilitativi edilizi sopra citati, restando confermato nella parte in cui dispone il diniego del permesso di costruire in sanatoria chiesto con domanda in data 9/1/2015 n. E0003560 P.G. e dichiara l’improcedibilità della CIL n. E0003510 P.G. in pari data, ivi previsti;
ordina ai sig.ri G F e S P, residenti a Bergamo in va Gasperini 16, proprietari dell’immobile sito in via Gasperini 16, identificato catastalmente al foglio 89 particella 5895 sub 717, il ripristino dello stato di fatto dello stesso come rilevabile dalla documentazione catastale allegata all’atto di compravendita in data 18/3/2013 di rep. Notaio dottor Antonio Raffaelli, mediante demolizione di tutte le opere eseguite come rappresentate negli elaborati allegati al permesso di costruire n. 8911 del 1/2/2013 ed alle sue successive varianti, entro il termine di 90 giorni dalla data di ricevimento del presente provvedimento”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bergamo e del sig. M P;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 la dott.ssa M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I ricorrenti hanno acquistato l’immobile oggetto dei provvedimenti impugnati il 18 marzo 2013, quando per la sua ristrutturazione era già stato rilasciato il permesso di costruire n. 8911/2013.

Il 7 giugno 2013, i nuovi proprietari hanno presentato una DIA in variante (la 1176/2013) avente ad oggetto modifiche distributive interne (successivamente oggetto di nuovo titolo abilitativo – S.C.I.A. n. 1014/2014)

In data 21 ottobre 2014, probabilmente a seguito dell’esposto del vicini, perveniva ai ricorrenti la nota del Dirigente dell’Area Politiche del Territorio P.G. n. U0200414, avente ad oggetto l’avvio del procedimento sanzionatorio per la verifica della “legittimità stato di fatto, esecuzione di opere in assenza di titolo ed esecuzione di opere in difformità al Permesso di Costruire n. 8911 del 01/02/2013 – Pratica n. 2140/2012 EP – Via Gasparini 16”. Con esso si contestavano la realizzazione di due nuovi piani, anziché il risanamento conservativo, con aumento della superficie da 343 mq a 923 mq, la realizzazione, a partire dal 1967, di una serie di interventi non autorizzati che avrebbero portato a nuove aperture e a due nuovi piani impalcati in legno e, più in generale, il rilascio del permesso di costruire sulla scorta di una documentazione tecnica rappresentativa di una situazione di fatto non rispondente alla realtà.

I ricorrenti trasmettevano osservazioni, incentrate, fondamentalmente, sul fatto che l’intervento realizzato dai ricorrenti contemplava un consolidamento della struttura del fabbricato, anche mediante un rinforzo in calcestruzzo delle solette degli ultimi due piani, precedentemente in legno, senza che venisse modificata la struttura dell’edificio, né la superficie o la volumetria dello stesso.

Il 9 gennaio 2015 i ricorrenti presentavano al Comune domanda di permesso di costruire in variante P.G. n. E0003560 (doc. 10) e comunicazione di inizio lavori in sanatoria n. 0003510 per la regolarizzazione delle opere interne, ma il 26 maggio 2015, gli stessi ricevevano l’ordinanza P.G. N. U0102720, con cui l’Amministrazione negava il permesso di costruire in variante, accertava l’improcedibilità della comunicazione di inizio lavori e ingiungeva ai sig.ri Foiadelli P di “riportare le solette realizzate presso l’edificio di via Gasparini 16 alle quote previste nel permesso di costruire n. 8911 del 1/2/2013 e nelle due varianti (D.I.A. n. E0092612 P.G./2013, S.C.I.A. n. E0105115 P.G./2014), di demolire i pilastri realizzati e non previsti nei titoli abilitativi citati, di riportare le finestre al piano secondo lato nord est alle dimensioni originarie e di riportare l’interno dell’edificio nella conformità con i titoli abilitativi già citati”.

In un primo tempo, dunque, il Comune ha contestato la non conformità delle opere realizzate rispetto al permesso di costruire rilasciato nel 2013 e alle due varianti di questo con DIA del 2013 e SCIA del 2014. E cioè sarebbe stato assentito, nel 2013, il restauro con risanamento conservativo, ma ciò avrebbe dovuto comportare il rispetto delle solette esistenti che, invece, secondo il Comune sarebbero state modificate (mentre secondo i proprietari non vi sarebbe stata nessuna modifica e il cambio delle altezze sarebbe dovuto all’uso di controsoffitti).

Tale atto (indicato, però, a pag. 7 del ricorso con il numero sbagliato) è stato impugnato con ricorso sub RG 1640/2015, notificato il 24 luglio 2015, evidenziando come l’adozione dell’ordinanza in questione, prima che scadessero i tre anni di validità del permesso di costruire, avrebbe privato i proprietari della possibilità di apportare varianti in corso d’opera per la rimozione degli elementi esecutivi considerati dal Comune causa delle presunte irregolarità edilizie e come l’ordine impugnato sarebbe stato fondato su erronei accertamenti tecnici.

Impregiudicate le censure del suddetto ricorso, i ricorrenti presentavano un’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 rispetto alle modestissime difformità effettivamente riscontrate rispetto al titolo edilizio.

Il Comune, però, con provvedimento P.G. n. UO338930 n. 1754/2015 del 6 novembre 2015, comunicava il diniego del permesso di costruire in sanatoria P.G. n. EO275311 richiesto in data 20 agosto 2015, motivandolo in ragione del fatto che, ricadendo l’edificio in Ambito di città storica, il risanamento conservativo non avrebbe comunque potuto consentire lo spostamento o l’inserimento di solette o l’inserimento di nuovi pilastri di sostegno, come avvenuto nella fattispecie.

Anche tale diniego è stato impugnato con ricorso su RG 51/2016 (la cui trattazione in sede cautelare è stata rinviata al merito e poi mai coltivato), sostenendo la legittimità dello spostamento delle solette, compatibile con gli artt. 10.1.3 e 10.1.4. del PDR, nonché l’infondatezza delle scarne considerazioni rispetto alle copie di pilastri.

Con ricorso 615/2018 è stata, infine, impugnata la variante al PGT, medio tempore approvata, dalla quale potrebbe derivare la sopravvenuta non conformità degli interventi eseguiti, a seguito della modifica delle previsioni con eliminazione della categoria di interventi edilizi di restauro conservativo di cui all’art. 10.1.4.

Il 16 maggio 2018, i proprietari hanno chiesto al Comune la proroga del permesso di costruire 2013.

All’inizio del 2019 sono, quindi, intervenuti i nuovi provvedimenti oggetto di impugnazione n. UO431922 P.G., PDC 1458/2012, del 21 dicembre 2018, ricevuto mediante raccomandata RR in data 4 gennaio 2019 e n. UO431921 P.G. VIG 177/2014, ricevuto mediante raccomandata RR in data 4 gennaio 2019.

Il primo ha ad oggetto il diniego della proroga dei termini del permesso di costruire rilasciato nel 2013, che secondo il Comune sarebbe scaduto per effetto del fatto che, a prescindere dalla circostanza che i lavori eseguiti non sarebbero quelli previsti da detto permesso e, dunque, addirittura i lavori non sarebbero mai iniziati, comunque la domanda di proroga dei termini del 16 maggio 2018 sarebbe tardiva.

Il secondo, di revoca parziale dell’ordinanza di demolizione del 25 maggio 2015, prende le mosse dalla considerazione che, mentre alla richiesta di permesso di costruire del 2013 è stata allegata una rappresentazione dell’edificio come costituito da 4 piani (terra, primo, secondo e sottotetto, con 3 solai intermedi), nell’atto di compravendita, di pochi giorni successivo, l’immobile è descritto come costituito da un piano terra ad uso portico, deposito e ripostigli e un primo piano a uso fienile. Nello stesso atto si specifica, altresì, che l’immobile (risalente a prima del 1967) non ha subìto interventi edilizi per i quali fossero necessari ulteriori provvedimenti amministrativi o denunce di inizio attività. Tutto ciò è confermato dalle schede catastali allegate. Quindi lo stato di fatto allegato alla richiesta di permesso di costruire non sarebbe coerente. Peraltro, le solette sarebbero state realizzate a quote diverse da quelle indicate nel permesso di costruire e nel sottotetto risultano realizzate 3 copie di pilastri.

Per tali ragioni, si legge nel provvedimento, il 25 maggio 2015 è stato ordinato il ripristino dell’edificio nella situazione antecedente e negato il permesso di costruire in sanatoria nel frattempo richiesto con domanda del 9 gennaio 2015 e dichiarata improcedibile la CILA di pari data.

Pertanto, considerato che con separato provvedimento è stata dichiarata la decadenza del permesso di costruire del 2013 e che comunque questo non avrebbe potuto essere mai rilasciato, se la situazione di fatto fosse stata rappresentata correttamente, l’ordine di ripristino del 2015 è stato modificato, con il provvedimento in esame, in modo tale che non può più ritenersi sussistere l’ordine di riportare le solette realizzate alle quote previste dal permesso di costruire e nelle due varianti ed è revocato anche l’ordine di demolizione dei pilastri realizzati e non previsti nei titoli abilitativi citati e di riportare le finestre al piano secondo lato nord-est alle dimensioni originarie e di riportare l’intero edificio nella conformità con i titoli edilizi rilasciati (proprio perché tali titoli sono frutto di una errata rappresentazione della realtà).

Rimane fermo, invece, il rigetto della sanatoria e viene ordinato ex novo il ripristino dello stato di fatto come rilevabile dalla documentazione catastale allegata all’atto di compravendita, mediante demolizione, fatta salva la possibilità di chiedere la sanatoria di eventuali opere richieste nella originaria domanda e ammissibili sulla base di una corretta rappresentazione dello stato di fatto.

Avverso tale provvedimento sono stati dedotti i seguenti vizi di legittimità:

1) Violazione degli artt.

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