TAR Firenze, sez. II, sentenza 2010-03-19, n. 201000702
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N. 00702/2010 REG.SEN.
N. 01915/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1915 del 2008, proposto da
Confcommercio Firenze – Associazione del commercio, del turismo, dei servizi, delle professioni e della piccola e media impresa della Provincia di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, dott. B B, Pasticceria M S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. S N, W &C. S.r.l. – B N, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. D L, Ristorante Giglio Rosso di M A &C. S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. A M, Simona S.r.l. – Italian Bar, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. F M, tutti quanti rappresentati e difesi dagli avv.ti A P e G Paolo Olivetti Rason e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Firenze, v.le Matteotti n. 25
contro
Comune di Firenze in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Visciola ed Andrea Sansoni e con domicilio eletto presso la Direzione Avvocatura, in Firenze, p.zza della Signoria (Palazzo Vecchio)
per l’annullamento
- del Regolamento di Polizia Municipale (“Norme per la civile convivenza in città”), approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Firenze n. 2008/C/00069 del 24 luglio 2008, con specifico riferimento agli artt. 3, 23 e 29 e ad ogni disposizione collegata o comunque correlata ad essi;
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Firenze n. 2008/C/00069, adottata in data 24 luglio 2008, pubblicata il successivo 1° agosto ed esecutiva dall’11 agosto 2008, nella parte in cui reca approvazione del Regolamento di Polizia Municipale, sempre limitatamente agli artt. 3, 23 e 29 del medesimo e ad ogni disposizione collegata o comunque correlata;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, ed in particolare dell’art. 22 del Piano della distribuzione e localizzazione della funzione di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, approvato dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 2008/C/00071 del 24 luglio 2008.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Visti le memorie ed i documenti depositati dalle parti a sostegno delle rispettive tesi e difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore, all’udienza pubblica del 18 febbraio 2010, il dott. P D Brardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue
FATTO
I ricorrenti, nella loro qualità di titolari di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, e la Confcommercio, quale associazione di categoria, espongono che di recente il Comune di Firenze ha proceduto ad innovare la disciplina contenuta nel Regolamento di Polizia Municipale, adottato nel 1932 e più volte modificato.
Nello specifico, nel nuovo Regolamento, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Firenze n. 2008/C/00069 del 24 luglio 2008, sono state introdotte tre disposizioni, che i ricorrenti ritengono del tutto illegittime e tali da arrecare un pregiudizio immediato e diretto ai loro interessi. Più in particolare, si tratta:
- dell’art. 3, comma 4, a tenor del quale i gestori dei locali destinati ad attività lavorative, inclusi gli esercizi pubblici, ove si determini l’aggregazione di un numero considerevole di persone all’interno o all’esterno degli stessi, che causino disturbi, disagi o pericoli con il loro comportamento, hanno l’obbligo di porre in essere tutte le cautele ed attività possibili atte a scoraggiare tali comportamenti, “anche intervenendo sul nesso di causalità fra l’attività lavorativa interna ed i disagi in strada”, per es. tenendo accostate le porte di accesso al fine di limitare i contatti tra esterno ed interno del locale, interrompendo l’attività nelle occupazioni di suolo pubblico esterne, “facendo opera di persuasione attraverso proprio personale che assolva a questa funzione”;
- dell’art. 23, comma 2, secondo cui, fermo restando quanto stabilito dalle leggi statali e regionali e dal Regolamento comunale per le attività rumorose, è fatto divieto a chiunque di disturbare, con il proprio comportamento o con la propria attività o mestiere, la pubblica quiete e la tranquillità delle persone, anche singole, in rapporto a giorno, ora e luogo in cui il disturbo è commesso, “secondo il normale apprezzamento…”;
- dell’art. 29, comma 3, che fa obbligo agli esercenti dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, tra l’altro, di consentire l’utilizzazione dei bagni a chiunque ne faccia richiesta.
Avverso le suddette disposizioni sono insorti gli esponenti, impugnandole con il ricorso indicato in epigrafe e chiedendone l’annullamento.
I ricorrenti impugnano, altresì, l’art. 22 del Piano della distribuzione e localizzazione della funzione di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Firenze n. 2008/C/00071 del 24 luglio 2008, che reca una previsione analoga a quella di cui all’art. 29, comma 3, cit..
A supporto del gravame hanno dedotto i motivi di seguito sintetizzati.
A) Quanto all’art. 3, comma 4, cit.:
-violazione e falsa applicazione dell’art. 118 Cost., degli artt. 158 e 159 del d.lgs. n. 112/1998, dell’art. 7 del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 7 dello Statuto del Comune di Firenze, violazione e falsa applicazione degli artt. 23, 25, 41 e 97 Cost., eccesso di potere per contraddittorietà manifesta e sviamento di potere, incompetenza, ingiustizia manifesta, poiché la previsione gravata imporrebbe a soggetti privati una serie di obblighi, generici e riconducibili ad un dovere generale di vigilanza, ad un dovere di richiamo (oltre ad un dovere di adibizione a tali compiti di personale specifico), senza che vi sia alcun fondamento a livello di fonti primarie per l’imposizione di detti obblighi: ciò, tanto più che i compiti in cui consisterebbero i predetti doveri dovrebbero essere esercitati dai gestori nei riguardi di chiunque si trovi dentro o fuori il locale, anche se non avventore;peraltro, il rapporto tra gestore e clienti sarebbe paritario e non tollererebbe la sovrapposizione di una posizione di autorità del primo (in tal modo trasformato in incaricato di pubblico servizio) rispetto ai secondi;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. n. 689/1981, degli artt. 7 e 7-bis del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 7 dello Statuto del Comune di Firenze, degli artt. 23, 25 e 97 Cost., sviamento di potere ed incompetenza, in quanto la previsione gravata imporrebbe obblighi, amministrativamente sanzionati, dai confini alquanto incerti e delineati con poca precisione, non consentendo di stabilire previamente quali sarebbero i comportamenti vietati e quali quelli imposti.
B) Quanto all’art. 23, comma 2:
- violazione e falsa applicazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico (l. n. 447/1995, d.P.C.M. n. 215/1999, d.M. 16 marzo 1998), dell’art. 1 della l. n. 689/1981, degli artt. 7 e 7-bis del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 7 dello Statuto del Comune di Firenze, degli artt. 23, 25 e 97 Cost., eccesso di potere per genericità, in quanto la disposizione gravata, con il fissare un limite alle emissioni sonore fondato sul “normale apprezzamento”, contrasterebbe con la normativa nazionale in materia di inquinamento acustico, che individua specifici limiti a seconda delle zone e disciplina, altresì, le relative modalità di rilevamento;inoltre, il “normale apprezzamento” sarebbe parametro del tutto soggettivo, che non consentirebbe di determinare previamente quali siano i comportamenti legittimi e quali, invece, quelli costituenti illecito.
C) Quanto all’art. 29, comma 3 (ed all’art. 22 del Piano della distribuzione e localizzazione della funzione di somministrazione):
- violazione e falsa applicazione del Regolamento CE n. 852/2004, degli artt. 28 e 31 del d.P.R. n. 327/1980, del d.m. 22 luglio 1977 (pubblicato in G.U. 9 settembre 1977, n. 246), dell’art. 42 della l.r. n. 28/2005, dell’art. 7 del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 7 dello Statuto del Comune di Firenze, e degli artt. 23, 42 e 97 Cost., nonché eccesso di potere per disparità di trattamento, contraddittorietà, carenza di motivazione, ingiustizia manifesta, giacché nessuna disposizione normativa comunitaria, nazionale o regionale imporrebbe ai titolari di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande di mettere a disposizione del pubblico i loro servizi igienici, come confermerebbero la giurisprudenza e l’interpretazione ministeriale della legislazione di settore;pertanto l’obbligo imposto dal Comune, in mancanza di copertura legislativa, violerebbe il divieto ex art. 23 Cost. nonché, risolvendosi esso in un onere reale, la riserva di legge ex art. 42, secondo comma, Cost.;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 del d.l. n. 223/2006, degli artt. 3, 41 e 32 Cost. ed eccesso di potere per disparità di trattamento, contraddittorietà, carenza di motivazione, ingiustizia manifesta, in quanto sarebbero violati i principi di libertà dell’iniziativa economica e le regole di liberalizzazione dell’attività economica, essendosi imposto un obbligo gravosissimo soprattutto per i piccoli e medi esercizi di somministrazione del Centro storico di Firenze, nel quale i flussi turistici sono elevatissimi;inoltre vi sarebbe disparità di trattamento rispetto agli alberghi ed altre strutture ricettive del Centro storico ed a coloro che, anche fuori dal Centro, svolgono attività non assistita di somministrazione, i quali sarebbero legittimati a somministrare al pubblico alimenti e bevande, ma non sarebbero sottoposti all’obbligo contestato;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 113-bis del d.lgs. n. 267/2000, nonché disparità di trattamento ed irragionevolezza e violazione degli artt. 32, 41 e 118 Cost., poiché la P.A. avrebbe “scaricato” sui privati la fornitura di un servizio pubblico che essa ha deciso di non erogare e, per di più, a condizioni ben più onerose per il fornitore privato di quando il servizio de quo viene erogato dall’Amministrazione, il tutto per ragioni di impatto estetico che non potrebbero, però, giustificare un obbligo di tal fatta;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 117 e 118 Cost., degli artt. 158, 159, 161 e 183 del d.lgs. n. 112/1998, dell’art. 7 del d.lgs. n. 267/2000 e dell’art. 7 dello Statuto del Comune di Firenze, ed incompetenza, in quanto l’obbligo di messa a disposizione dei servizi igienici a chiunque ne faccia richiesta non sarebbe riconducibile all’ambito di competenza cui attiene il Regolamento di Polizia Municipale.
Si è costituito il Comune di Firenze, depositando documentazione sui fatti di causa, nonché, oltre la scadenza dei termini processuali, una memoria difensiva, della quale le controparti hanno consentito l’esame.
Anche i ricorrenti hanno depositato, in prossimità dell’udienza pubblica, un memoria, richiamando sinteticamente le censure avanzate ed insistendo per l’accoglimento del gravame.
All’udienza pubblica del 18 febbraio 2010, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Gli odierni ricorrenti impugnano tre disposizioni (gli artt. 3, comma 4, 23, comma 2, e 29, comma 3) del Regolamento di Polizia Municipale del Comune di Firenze, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 2008/C/00069 del 24 luglio 2008.
I ricorrenti impugnano, altresì, l’art. 22 del Piano della distribuzione e localizzazione della funzione di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, recante previsione analoga a quella di cui al citato art. 29, comma 3.
In via preliminare, deve rilevarsi l’indubbia ammissibilità del ricorso, in quanto le disposizioni con esso gravate, pur se contenute in un regolamento, sono immediatamente esecutive, non necessitano di atti applicativi per la loro operatività, imponendo obblighi immediatamente coercitivi, e sono, per tal ragione, in grado di arrecare una lesione concreta ed attuale all’interesse dei ricorrenti, inclusa la Confcommercio, quale associazione di categoria, la cui legittimazione non è peraltro contestata dal Comune. Si ricorda sul punto che, per costante la giurisprudenza (cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 17 giugno 2009, n. 4056), i regolamenti possono formare oggetto di autonoma ed immediata impugnazione solo qualora siano suscettibili di produrre, in via diretta ed immediata, una concreta ed attuale lesione dell’interesse di un dato soggetto: ciò che pare indiscutibilmente essersi verificato nel caso de quo (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. II, 19 luglio 2006, n. 2971, secondo cui c’è un interesse diretto, concreto ed attuale di un’impresa ad impugnare il regolamento comunale di polizia urbana allorché esso abbia un contenuto di per sé conformativo dei suoi comportamenti in relazione all’attività notturna, impedendone l’esercizio).
Al carattere immediatamente lesivo delle disposizioni impugnate, non osta, poi, la circostanza che per talune di esse sia stata formulata la censura di eccessiva genericità dei divieti e degli obblighi di comportamento imposti: ed invero, un conto è che una disposizione sia immediatamente precettiva, vincolando il destinatario alla sua osservanza senza necessità di atti applicativi, altra cosa è che ci si lamenti del carattere troppo lato dei divieti o degli obblighi positivi con essa dettati. Ciò che rileva, ai fini dell’affermazione di un onere, per i ricorrenti, di immediata impugnazione delle disposizioni regolamentari suindicate, è che si tratta di disposizioni nuove, assolutamente cogenti per la condotta futura dei titolari degli esercizi di somministrazione (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 19 ottobre 2009, n. 1629), le quali pongono precisi adempimenti a carico dei medesimi (cfr. C.d.S., Sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6165).
In altri termini, le censure sul carattere troppo sfumato ed indeterminato dei succitati adempimenti stigmatizzano la tecnica di redazione del regolamento, ma questo resta immediatamente precettivo per i titolari degli esercizi di somministrazione, i quali sono tenuti, da subito, ad adottare le cautele che scoraggino comportamenti idonei a causare disturbi, disagi o pericoli all’interno o all’esterno dei locali e devono evitare comportamenti tali da disturbare, secondo il normale apprezzamento, la quiete pubblica e la tranquillità delle persone.
Un discorso in tutto identico di lesività concreta ed attuale va, poi, fatto per l’art. 22 del Piano della distribuzione e localizzazione della funzione di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, trattandosi anche in questo caso di disposizione (non regolamentare, ma contenuta in atto generale) immediatamente cogente ed impugnabile.
Chiarita la diretta lesività ed immediata impugnabilità delle disposizioni gravate e, per conseguenza, l’ammissibilità del gravame, occorre passare ad analizzare il merito dello stesso. A tal proposito, si deve evidenziare la fondatezza della domanda di annullamento rivolta avverso gli artt. 3, comma 4, e 23, comma 2, del Regolamento di Polizia Municipale.
In particolare, rispetto all’art. 3, comma 4, cit., risulta fondata la doglianza, contenuta nel secondo motivo di ricorso, che ne censura l’illegittimità per avere detta disposizione imposto comportamenti descritti in maniera eccessivamente generica ed indeterminata, in violazione del principio di legalità ex art. 1 della l. n. 689/1981.
Sul punto, si impone però una precisazione.
Come si ricava dalle stesse premesse della deliberazione del Consiglio Comunale di Firenze recante approvazione del Regolamento impugnato (doc. 2 dei ricorrenti), nella materia in esame la potestà regolamentare del Comune discende dal combinato disposto degli artt. 7 del d.lgs. n. 267/2000 (che attribuisce ai Comuni la potestà di adottare regolamenti nelle materie di propria competenza) e 158, comma 2, del d.lgs. n. 112/1998 (ai sensi del quale i Comuni sono titolari delle funzioni di polizia amministrativa locale nelle materie ad essi trasferite od attribuite). A sua volta, l’art.