TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-12-20, n. 201914623

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-12-20, n. 201914623
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201914623
Data del deposito : 20 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/12/2019

N. 14623/2019 REG.PROV.COLL.

N. 04225/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4225 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato P D R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, v.le G. Mazzini, 11;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo, previa sospensione cautelare:

1) del provvedimento con cui il ricorrente, a seguito dell'espletamento delle prove scritte del concorso per la nomina a 500 posti di Notaio indetto con dd 21.4.2016, è stato escluso dalla procedura e per l’effetto non è stato ammesso allo svolgimento delle prove orali, provvedimento noto a seguito della pubblicazione della graduatoria dei candidati ammessi alle prove orali, avvenuta in data 15 febbraio 2018;

2) della graduatoria, pubblicata in data 15 febbraio 2018, formata a seguito dello svolgimento e della correzione delle prove scritte del concorso di nomina a 500 posti di notaio, nella parte in cui il ricorrente non risulta essere stato ammesso dalla Commissione esaminatrice alle prove orali (i candidati ammessi sono 423);

3) dei verbali della Commissione esaminatrice e, in particolare, di quello n. 387 in data 7 settembre 2017, nel quale la Commissione ha esaminato gli elaborati del ricorrente dichiarandolo non idoneo;

4) di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o comunque connesso e, in particolare, dei criteri generali di valutazione delle prove di concorso stabiliti dalla Commissione esaminatrice nelle sedute del 9/12/2018 (verbale n. 9) e del 13/12/2016 (verbale n. 12), il provvedimento successivo alla pubblicazione della graduatoria di fissazione delle prove orali, nella parte in cui non è stato inserito il nominativo del ricorrente,

nonché di ogni ulteriore provvedimento, allo stato ignoto, di approvazione della graduatoria e/o degli esiti concorsuali allo stato della procedura;

B) per quanto riguarda i motivi aggiunti:

del decreto di nomina della Notaio -OMISSIS-quale componente della commissione d'esame del concorso per cui è controversia a 500 posti di notaio indetto con d.d. 21/4/2016, con conseguente illegittimità degli atti ulteriori, nei limiti dell’interesse vantato dal ricorrente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, con la relativa documentazione;

Viste le memorie difensive delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2019 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con rituale ricorso a questo Tribunale il dr. -OMISSIS-, premesso di aver partecipato al concorso, per esame, a 500 posti di notaio, indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del 21 aprile 2016, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti in epigrafe, concernenti la sua mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.

Esponendo di essere stato dichiarato “non idoneo” dalla Commissione dopo la lettura dell’ultimo dei tre elaborati su cui verteva la prova scritta (atto “mortis causa”), in cui era stata riscontrata una “nullità” ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/06, con una serie di censure, affidate a tre motivi di impugnazione, il dr. -OMISSIS-deduceva, in sintesi, quanto segue.

1) Violazione dell’art. 606 del cod. civ., nonché degli articoli 58, comma 6, e 60 della legge notarile (l. n. 89/1913 e succ. mod.). Eccesso di potere sotto il profilo della disparità di trattamento. Violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e par condicio. ”.

Trascritta la traccia dell’atto “mortis causa” e la formula adoperata nella redazione dell’elaborato, il ricorrente osservava che la Commissione aveva errato nel rilevare la nullità come dedotta.

Ciò perché le cause di nullità del testamento per difetto di forma sono esclusivamente quelle previste dall’art. 606 del cod. civ. e non anche quelle previste dall’art. 58 della legge notarile (“l.n.”), che si riferisce agli atti “inter vivos”. Pertanto, non poteva farsi riferimento al comma 6 di tale art. 58, come invece operato dalla Commissione, e, in argomento, era valutabile quanto previsto dall’art. 606, comma 1, c.c. – in virtù del rinvio di cui all’art. 60 l.n. – secondo il quale il testamento è nullo solo “… quando manca l’autografia o la sottoscrizione nel caso di testamento olografo, ovvero manca la redazione per iscritto, da parte del notaio, delle dichiarazioni del testatore o la sottoscrizione dell’uno o dell’altro, nel caso di testamento per atto di notaio ”.

Dato che lo stesso art. 606, comma 2, cit. prevede, ribadendo il carattere tassativo delle cause di nullità, che “ per ogni altro difetto di forma il testamento può essere annullato su istanza di chiunque vi ha interesse ”, ne conseguiva la prevalenza della richiamata norma di cui al comma 1 su tutte le altre della l.n., come osservato anche in una pronuncia dalla Corte di Cassazione e dalla dottrina, che erano richiamate.

Anche a volere aderire alla (ritenuta erronea) tesi della Commissione esaminatrice in punto di prevalenza della legge notarile rispetto al codice civile – aggiungeva il ricorrente - nel caso in esame (che riguardava un testatore che non era a conoscenza della lingua italiana), si era comunque dato atto della avvenuta lettura del testamento da parte del notaio all’interprete e ai testimoni, nonché della parimenti avvenuta lettura di esso al comparente testatore - ad opera dell’interprete - quanto alla traduzione inglese, per cui non si individuava alcuna irregolarità, atteso che dell’atto, nella dichiarata presenza del testatore, dell’interprete e dei testimoni, era stata data dal notaio lettura, con irrilevanza della menzione formale di aver dato lettura diretta di esso al testatore, che lo aveva dichiarato comunque conforme alla sua volontà.

Inoltre, anche in altri elaborati non si faceva menzione della lettura al comparente testatore, né da parte del notaio né da parte dell’interprete, e la Commissione non aveva (giustamente) ravvisato alcun profilo di “nullità”.

2) Violazione dei criteri stabiliti dalla Commissione esaminatrice nelle sedute del 13.12.2016 (verbale n. 9) e del 16.12.2016 (verbale n. 12). Violazione dell’articolo 11 del decr. leg.vo n. 166/2006 .”

Non sussistendo alcuna nullità, le ulteriori irregolarità ravvisate a carico degli elaborati relativi agli atti “mortis causa” e di diritto civile erano da ricondurre a carenze che di non giustificavano, in quanto tali, un giudizio definitivo di inidoneità, ma incidevano semmai sulla votazione, ai sensi degli stessi criteri generali fissati dalla Commissione nella relativa seduta del 16 dicembre 2016.

3) Eccesso di potere sotto i profili del difetto di istruttoria e dei presupposti. Travisamento. Irragionevolezza e illogicità. In subordine, illegittimità, nei limiti di cui infra, dei criteri di valutazione stabiliti dalla Commissione nelle sedute 9/12/2016 e del 16.2.2016 (verbali n.ri 9 e 12). Violazione dell’art. 3 della legge 241/1990 .”

Il ricorrente si soffermava sulla “carenza” ravvisata con riferimento alla “trattazione della struttura e dalla natura del patto di famiglia”, ritenendola insussistente per le ragioni ivi esposte.

Inoltre, il dr. -OMISSIS-denunciava per un verso la illegittimità del predetto criterio, così come di quello fissato nella seduta del 9/12/2016, e per altro verso la illegittimità di un giudizio negativo di inidoneità motivato con riguardo ad una carenza che poteva - in ipotesi - influire solo sulla votazione, come rilevato anche sulle altre osservazioni critiche della Commissione in relazione ai suoi elaborati.

Il Ministero della Giustizia si costituiva in giudizio per resistere al ricorso, domandandone la reiezione nel merito, sul rilievo della piena legittimità delle operazioni di fissazione dei criteri e di correzione degli elaborati nonché della sufficienza, logicità e congruità della motivazione del giudizio negativo finale, insindacabile in questa sede nel suo contenuto valutativo discrezionale.

Alla camera di consiglio per la trattazione cautelare, l’avvocato difensore di parte ricorrente chiedeva la cancellazione della causa dal ruolo delle sospensive, al fine della definizione nel merito.

Con successivi motivi aggiunti, il dr. -OMISSIS-chiedeva anche l’annullamento del decreto di nomina di una componente della commissione esaminatrice del concorso, conosciuto attraverso la lettura di una sentenza di questa Sezione, ritenendola avvenuta in violazione dell’articolo 35-bis del d. lgs. n. 165/2001, che stabilisce che coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale non possono fare parte di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi.

In prossimità dell’udienza pubblica della trattazione della controversia, la difesa erariale insisteva nella reiezione del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, eccependo altresì la tardività di quest’ultimi.

Con una distinta memoria, la difesa erariale eccepiva la mancata impugnazione della graduatoria finale della procedura, nelle more approvata, con conseguente improcedibilità del gravame.

In una successiva memoria, per il Ministero resistente la tardività dei motivi aggiunti era dovuta al fatto che era onere del ricorrente porre tempestivamente in essere tutte le iniziative idonee ad acquisire cognizione dei documenti amministrativi volti ad accertare l’asserita illegittimità della nomina a componente della Commissione e, ne conseguiva, come necessario corollario logico-giuridico, che i motivi aggiunti erano irricevibili in quanto la tardiva conoscenza dell’asserita causa di incompatibilità era colposa, ossia imputabile a negligenza del ricorrente.

Alla pubblica udienza del 6 novembre 2019, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Esaminando il primo motivo di ricorso, il Collegio rileva che, dalla lettura del verbale riguardante la correzione degli elaborati del ricorrente, si evince che, dopo la lettura del primo e secondo (rispettivamente, atto “inter vivos di diritto commerciale e atto “inter vivos” di diritto civile) ove non erano state riscontrate ipotesi di cui all’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/06, la Commissione dopo la lettura del terzo (atto “mortis causa”), rilevava invece una causa di inidoneità ai sensi del richiamato comma 7.

Si ricorda a tale proposito che l’art. 11, comma 7, d.lgs. cit. prevede che “Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla commissione, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi.”

Ebbene, esaminando la scheda di valutazione allegata al suddetto verbale, contenente la motivazione del giudizio, si legge che nell’atto “mortis causa” era stata rilevata la seguente “nullità”: “… violazione dell’art. 58 comma 6 l.n., poiché il candidato non ha dato atto della lettura del testamento al testatore in presenza del testimone e degli interpreti ”.

A tale osservazione, seguiva quella di cui al punto 17 della scheda in questione, ove era indicato che “… il candidato non merita l’idoneità per difetto di completezza e/o di coerenza logica e/o di ordine e/o di chiarezza e/o di esattezza sotto il profilo giuridico sia in relazione alla motivazione delle scelte compiute sia in relazione allo svolgimento della parte teorica, con riferimento: 1) nell’elaborato di diritto civile risulta carente la trattazione della struttura e della natura del patto di famiglia e non è stata neppure accennata la problematica della prelazione;
2) nell’elaborato mortis causa il candidato afferma che: “tutte le dichiarazioni fatte e ricevute dall’interprete s’intendono fatte e ricevute da Tizio”, travisando il ruolo dell’interprete;
non definisce la durata dell’attribuzione a Cornelia
”.

Ebbene, osserva sul punto il ricorrente – in relazione alla ritenuta “nullità” di cui sopra – che non poteva farsi riferimento al comma 6 dell’art. 58, come invece operato dalla Commissione, dato che in argomento operava l’art. 606, comma 1, c.c. – in virtù del rinvio di cui all’art. 60 l.n.

Il Collegio rileva che l’art. 58 l. n. 89/1913 (l.n.), nel testo vigente fa riferimento agli “atti notarili” in generale, specificando che “ L'atto notarile è nullo, salvo ciò che è disposto dall’art. 1316 c.c …”

Il “comma 6” prevede che tale nullità riguarda l’ipotesi in cui “…non fu data lettura dell'atto alle parti, in presenza dei testimoni quando questi siano intervenuti ”.

Il successivo “comma 7” specifica, poi, che “ Fuori di questi casi l'atto notarile non è nullo, ma il notaro che contravviene alle disposizioni della legge va soggetto alle pene dalla medesima sancite”.

Il successivo art. 60 specifica, però, a sua volta, che “Le disposizioni di questo capo si applicano anche ai testamenti ed agli altri atti, in quanto non siano contrarie a quelle contenute nel Codice civile, nel Codice di procedura civile o in qualunque altra legge del Regno, ma le completino ”.

Seguendo il richiamo di parte ricorrente e prendendo in considerazione l’art. 606 c.c., relativo specificamente alla “Nullità del testamento per difetto di forma”, si rileva al primo comma che “ Il testamento è nullo quando manca l'autografia o la sottoscrizione nel caso di testamento olografo, ovvero manca la redazione per iscritto, da parte del notaio, delle dichiarazioni del testatore o la sottoscrizione dell'uno o dell'altro, nel caso di testamento per atto di notaio ”.

Il successivo comma secondo prevede che “ Per ogni altro difetto di forma il testamento può essere annullato su istanza di chiunque vi ha interesse …”.

Sulla base di tali riscontri normativi, pertanto, prendono spessore le censure del ricorrente, secondo cui la norma speciale di cui all’art. 606 c.c. prevale sul quella generale di cui all’art. 58, comma 6, l.n. – come richiamata esplicitamente dalla Commissione a sostegno della ritenuta “nullità” – in virtù del richiamo di cui all’art. 60 l. n. e della contrarietà alla regola fissata dall’art. 58 cit. come evidenziata nel suddetto art. 606, commi 1 e 2.

Pertanto la omessa lettura del testamento al testatore da parte del notaio rogante non integra una ipotesi di nullità nel senso rilevato dalla Commissione, in quanto l’art. 606 cit. non si coordina – e quindi non la “completa” - con la su richiamata disciplina generale dell’atto notarile.

L’ipotesi riscontrata dalla Commissione, pertanto, tutt’al più può inquadrarsi in una causa di “annullabilità”, ai sensi dell’art. 606, comma 2, c.c., estranea, però, alla disposizione tassativa di cui all’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/06 sopra riportata, che fa riferimento solo a “nullità” o “gravi insufficienze”.

Non può pertanto convenirsi con le tesi difensive del Ministero, secondo le quali “La circostanza che il codice civile all'art. 606 co 2 sanzioni con l'annullabilità, peraltro azionabile da chiunque vi abbia interesse, ogni difetto di forma di diverso da quelli espressamente sanzionati con la nullità e quindi anche quello in questione, non è sufficiente a smentire il giudizio di inidoneità del candidato, perché l'atto è affetto comunque da una forma di invalidità sussumibile nell'art. 11, co 7 dlgs n° 166/06, norma citata nella motivazione standard”.

Ciò perché la norma fa esclusivo riferimento non alla categoria generale dell’”invalidità” ma solo a quella, più rigorosa, della “nullità”.

Deve poi aggiungersi che la giurisprudenza amministrativa ha avallato tale interpretazione, evidenziando che la commissione esaminatrice, nel ricondurre alle ipotesi di nullità ex art. 11, comma 7, d.lgs. cit. una ipotesi di annullabilità, incorre in un errore che emerge “ictu oculi” nell’applicazione dei criteri di correzione (Cons. Stato, Sez. IV, ord. 17.9.18, n. 4386), con la conseguenza – aggiunge il Collegio – che non sono più invocabili i limiti alla delibazione sulla discrezionalità “tecnica” della Commissione, come invece operato nelle difese dell’Amministrazione.

Lo stesso Consiglio di Stato, infatti, ha ribadito che gli artt. 51 e 58 l.n. vanno letti sulla base dell’art. 606 c.c., in relazione alle residuali ipotesi di annullabilità per vizi di forma, ai sensi dell’art. 60 l.n., che subordina l’applicazione delle prime alla mancanza di contrarietà con le norme del codice civile (Cons. Stato, n. 4386/18 cit).

Premesso ciò e rilevata la fondatezza di quanto lamentato nella prima parte del primo motivo di ricorso dal dr. -OMISSIS-, il Collegio – richiamando le ulteriori difese del Ministero resistente, secondo cui la Commissione aveva comunque effettuato un giudizio di inidoneità complessiva del candidato, individuando ulteriori errori elencati nel campo 17 della motivazione “standard” – ritiene che ciò non sia sufficiente a confermare il giudizio di inidoneità, una volta “depurato” da quanto erroneamente osservato in relazione alla asserita violazione del ricordato comma 7.

Deve notarsi, infatti, che le ulteriori osservazioni riguardano due sole insufficienze “non gravi”, peraltro relative a soli due elaborati, che devono essere rivalutate in quadro di insieme che riguarda tutte e tre le prove scritte, secondo quanto previsto dall’ stesso art. 11, 1 e 2 comma, d.lgs. cit., secondo cui, la Commissione, salvi i casi di presenza di nullità o di gravi insufficienze nel primo o nel secondo elaborato, procede collegialmente alla lettura dei tre temi di ciascun candidato, e, all’esito, delibera a maggioranza, secondo giudizio complessivo, se il candidato stesso meriti o meno l’idoneità.

Nel caso di specie, pur in presenza di tali “mere insufficienze”, è necessario che la Commissione rivaluti tutti gli elaborati, pronunciandosi “a maggioranza”, maggioranza che non si riscontra nella scheda e nel verbale relativi alla correzione censurata, in quanto l’inidoneità è avvenuta sulla base dell’art. 11, comma 7, cit.

Premesso ciò e rilevando che l’accoglimento della censura suddetta comporta l’assorbimento di quelle subordinate e ulteriori, comprese quelle di cui ai motivi aggiunti, in tal senso improcedibili per carenza di interesse, il Collegio non ritiene di condividere l’eccezione della difesa erariale sulla improcedibilità del gravame per mancata impugnazione della graduatoria nelle more approvata.

Infatti, l’art. 13, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 166/06, ha integrato la l. n. 1365/1926, inserendo l’art. 2 bis, secondo cui “ I vincitori del concorso, collocati in graduatoria dopo l'adozione del decreto con il quale sono state conferite le nomine agli altri vincitori del medesimo concorso, conseguono la nomina a notaio in base alla scelta che sarà esercitata nell'ambito dei posti disponibili al momento della loro collocazione in graduatoria, in quanto non assegnati nei concorsi per trasferimento ”.

Ne deriva che, in seguito all’eventuale esito favorevole della ricorrezione degli elaborati e alla luce dell’art. art.

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