TAR Napoli, sez. II, sentenza 2019-09-11, n. 201904479

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2019-09-11, n. 201904479
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201904479
Data del deposito : 11 settembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/09/2019

N. 04479/2019 REG.PROV.COLL.

N. 04561/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4561 del 2018, proposto da
F C, rappresentata e difesa dall'avvocato M L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, Centro Direzionale Is. F 10;

contro

Ministero della Giustizia, non costituito in giudizio;

per l'esecuzione

del giudicato formatosi sul decreto della Corte di Appello di Napoli N.R.G. 1923/2017


Visto il ricorso per ottemperanza e i relativi allegati;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 settembre 2019 la dott.ssa A L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La Corte di Appello di Napoli, in accoglimento della domanda di equa riparazione proposta dalla sig.ra Cortese Filomena ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento della complessiva somma di euro 2.000,00 oltre interessi legali dalla domanda (25/10/2017) fino al saldo effettivo autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione, ex art. 3, 5° comma, L. 24/3/2001 n. 89.

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio di ottemperanza, la ricorrente invoca il pagamento delle somme liquidate in proprio favore nel predetto decreto, non spontaneamente versate dal Ministero convenuto e con nomina, per il caso di ulteriore inottemperanza, di un commissario ad acta che si attivi in tal senso in sostituzione dell’amministrazione.

Orbene, tale decreto ha l’attitudine ad acquisire la validità ed efficacia della sentenza passata in giudicato, poiché trattasi di provvedimento immediatamente esecutivo, ricorribile solo per Cassazione, ai sensi dell’art.3, co.6, L. 89/2001, e poichè decorso il termine per proporre il relativo ricorso lo stesso diventa inoppugnabile, con conseguente idoneità a fungere da titolo per l’azione di ottemperanza (Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1484). Ne discende pertanto l’idoneità del titolo all’esecuzione, attesa la persistente ed ingiustificata inerzia dell’amministrazione, che non ha comprovato l’avvenuto pagamento (Cass. SS.UU. n. 12533/2001).

Inoltre, tale decreto è stato notificato con formula esecutiva il 18 dicembre 2017 al Ministero della Giustizia, ed è decorso infruttuosamente l’ulteriore termine, pari a 120 giorni, previsto dall’art. 14 del D.L. n. 669/96, convertito, con modifiche, nella L. n. 30/1997, nonché l’ulteriore termine di mesi sei dall’avvenuta presentazione (in data 13/03/2018) dell’autodichiarazione di cui all’art. 5 sexies della Legge n° 89/2001 (introdotto dalla Legge 208/2015).

In conclusione, considerato il rituale esercizio (ai sensi degli artt. 87 e 114 c.p.a.) dell’azione ex art. 112, secondo comma lett. c) dello stesso c.p.a., ritiene il Collegio che sussistano tutti i presupposti per accogliere il ricorso di ottemperanza in oggetto e, conseguentemente, deve essere dichiarato l'obbligo del Ministero della Giustizia di dare esecuzione al decreto di cui in epigrafe e ordinato alla predetta Amministrazione resistente di corrispondere al ricorrente, nel termine di giorni 60 (sessanta) decorrenti dalla comunicazione o notifica della presente decisione, le somme portate dal decreto indicato in premessa, maggiorate degli interessi al tasso legale a decorrere dalla domanda e fino all’effettivo soddisfo;
non può invece trovare accoglimento la domanda volta al riconoscimento delle spese successive al suddetto decreto in quanto non adeguatamente documentate.

Va altresì accolta, anche alla luce della cennata novella legislativa, la domanda inerente alla corresponsione della penalità di mora (o astreinte), prevista dall’art. 114 comma 4, lettera e), c.p.a.

Quest’ultima disposizione, nel disciplinare i poteri del “giudice in caso di accoglimento del ricorso”, stabilisce che lo stesso, “salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato;
tale statuizione costituisce titolo esecutivo”.

La lett. a) del comma 781 dell’art. 1 della più volte richiamata legge n. 208/2015, ha aggiunto al predetto enunciato il seguente periodo: “Nei giudizi di ottemperanza aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, la penalità di mora di cui al primo periodo decorre dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza;
detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”.

L’indicata novella ha, quindi, espressamente sancito il principio, in realtà già acquisito in via giurisprudenziale (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 giugno 2014, n. 15), secondo cui la penalità di mora è dovuta anche per le condanne al pagamento di somme di denaro, atteso che l’istituto assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volto a riparare il pregiudizio cagionato dalla non esecuzione della sentenza, ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento. Ha, altresì, indicato come non possa considerarsi manifestamente iniqua un’astreinte qualora sia stabilita in misura pari agli interessi legali.

La precisazione legislativa induce il Collegio a rivedere il precedente orientamento giurisprudenziale circa la configurabilità dell’iniquità della debenza dell’astreinte in relazione a condanne pecuniarie dell’amministrazione, avuto riguardo alle esigenze di bilancio e allo stato di crisi finanziaria della finanza pubblica, non potendo ora la penalità di mora, pur in presenza di condanne pecuniarie derivanti da un contenzioso seriale, considerarsi iniqua per stessa definizione legislativa, laddove rapportata al saggio degli interessi legali, trattandosi di previsione che attua un equo contemperamento degli interessi del creditore e del debitore pubblico.

La quantificazione della relativa penalità di mora deve pertanto essere effettuata in una misura percentuale rispetto alla somma di cui alla condanna, prendendo a riferimento il tasso legale di interesse (in tal senso, già prima della legge di stabilità 2016, cfr. T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 15 gennaio 2015, n. 629;
T.A.R. Lazio, Roma Sez. II, 16 dicembre 2014, n. 12739).

In sintesi, l’astreinte verrà calcolata, nella misura indicata dell’interesse legale, sulla somma di cui alla condanna in aggiunta agli interessi legali dovuti ex lege o disposti nella medesima condanna, stante la funzione sanzionatoria della stessa (e non compensativa del danno subito), che deve anche costituire un elemento di coazione indiretta all’adempimento.

Quanto alla data di decorrenza iniziale dell’astreinte, in conformità alla novella introdotta dall’art. 1 della legge n. 208/2015 all’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., il Collegio precisa che la penalità di mora dovrà essere corrisposta a far data dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento disposto nella presente sentenza di ottemperanza.

Quanto invece alla data di decorrenza finale dell’astreinte, la stessa, in conformità all’orientamento giurisprudenziale attualmente prevalente, sarà corrisposta fino all’effettivo soddisfacimento del credito o, in alternativa, sino alla data di insediamento del commissario ad acta (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5014;
T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 18 gennaio 2016, n. 464).

In conclusione, richiamate le suesposte considerazioni, deve essere ribadito l’obbligo dell’amministrazione di dare esecuzione al decreto in epigrafe, mediante il pagamento in favore del ricorrente della somma ivi liquidata nonché degli interessi legali.

In caso di inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina sin d’ora commissario ad acta un dirigente amministrativo dell’amministrazione giudiziaria da individuarsi a cura del capo dipartimento dell’organizzazione giudiziaria presso il Ministero della Giustizia, il quale, entro l’ulteriore termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’inottemperanza (a cura di parte ricorrente) darà corso al pagamento compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell’amministrazione inadempiente.

Il compenso del commissario ad acta rientra nell’onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti, ai sensi del comma 8 dell’art.

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