TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2010-07-05, n. 201022499
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Testo completo
N. 22499/2010 REG.SEN.
N. 10895/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10895 del 2006, proposto da: C P, rappresentato e difeso dall'avv. G A, presso il cui studio è domiciliato elettivamente in Roma, via dei Mille, 41/A;
contro
l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Soc. Telecom Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. ti F Lattanzi, Salvatore Pescatore e F Satta, presso il cui studio è domiciliata elettivamente in Roma, via P.G. Da Palestrina, 47;
per l'annullamento
della delibera n. 21/06/Cir, con la quale è stata respinta l’istanza in data 6.12.2004, con cui il ricorrente ha chiesto, ai sensi degli artt. 1, co. 6, n. 14), della legge 31.7.1997, n. 249, 18 del d.P.R. 19.9.1997, n. 318 e 13 e segg. dell’All. A della delibera n. 182/02 /CONS dell’Autorità, la definizione della controversia in essere con la soc. Telecom volta ad ottenere: a) l’offerta agli abbonati di rete fissa almeno di una modalità gratuita di pagamento della bolletta, per contanti e non gravata di oneri di riscossione, sia direttamente che tramite sostituti;b) il rimborso delle spese sostenute per il pagamento delle bollette Telecom a partire dall' 1.01.02, ad oggi, secondo criteri di equità e correttezza;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e della Soc. Telecom Italia S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2010 il Cons. D S e uditi, altresì, l’avv. Amorelli per il ricorrente, e l’avv. Cantella, in sostituzione dell’avv. Lattanzi, per la resistente Telecom Italia S.p.a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Premette il ricorrente, abbonato telefonico con rapporto intrattenuto con la società Telecom Italia s.p.a., di avere esperito nei confronti di quest’ultima il tentativo di conciliazione di cui agli artt. 3 e segg. dell’All. A alla delibera n. 182/02/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - d’ora in poi, Agcom – con istanza rivolta al Comitato Regionale per le Comunicazioni presso il Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna (Co.re.com), e che, fallito tale tentativo, ha chiesto che fosse l’Agcom a definire la controversia in atto, formulando le seguenti richieste, affinché Telecom Italia fosse obbligata a:
1) offrire agli abbonati di rete fissa almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta;
2) ripristinare immediatamente la riscossione per contanti senza aggravio di spese, sia direttamente che tramite sostituti;
3) rimborsare agli abbonati di rete fissa le spese sostenute per il pagamento delle bollette con aggravio di spese a partire dal 1° gennaio 2002 secondo criteri di equità e correttezza.
Il sig. C, con il ricorso in epigrafe, ha impugnato, dunque, la delibera 21/06/CIR con cui è stata definita la controversia insorta con il rigetto delle richieste come sopra formalizzate, deducendo, al riguardo:
I – Con riferimento alle domande nn. 1 e 2 precisate nella memoria – istanza in luogo di comparizione del 24.1.2005: 1) violazione dell’art. 33, d.m. 8.5.1997, n. 197;violazione e falsa applicazione dell’art. 218, co. 1, d.lgs. 1°.8.2003, n. 259. 2) violazione degli artt. 1498, co. 3 e 1182, co.3, c.c. e 693, c.p.;violazione e falsa applicazione dell’art. 1562, co. 2, c.c. e conseguente violazione degli artt. 1 e 8 delle disposizioni sulla legge in generale.
II - Con riferimento alla domanda n. 3 contenuta nella memoria – istanza del 24.1.2005: travisamento del contenuto e della portata della domanda;violazione dell’art. 118, co. 4, Cost.;violazione dell’art. 18, co. 1, d.P.R. n. 318 del 1997;difetto istruttorio e violazione dell’art. 14, co. 2, lett. a), Regolamento di procedura sotto vari profili;travisamento della domanda e delle ragioni poste a suo fondamento sotto diverso profilo, difetto istruttorio, illogicità manifesta.
III – Con riferimento al provvedimento nel suo complesso: violazione dell’art. 15, co. 1, Regolamento di procedura n. 182/02/CONS e 1, co. 1, e 10-bis della legge 7.8.1990, n. 241.
Conclude il ricorrente, chiedendo l’annullamento dell’impugnata delibera.
Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato in difesa della intimata Agcom, senza spiegare scritti difensivi o depositare documenti.
Si è costituita, altresì, la pure intimata Telecom Italia S.p.a. che ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
In vista della discussione della causa in pubblica udienza, sia il ricorrente che la società resistente hanno depositato memorie conclusionali.
In data 5 marzo l’Agcom ha depositato una relazione ed il provvedimento impugnato.
Alla pubblica udienza dell’11 marzo 2010 il difensore di parte ricorrente ha chiesto lo stralcio dagli atti del giudizio dei documenti depositati in data 5 marzo 2010 dall’Agcom;al termine della discussione orale, il Collegio ha trattenuto la causa a sentenza.
DIRITTO
In via preliminare, dispone il Collegio lo stralcio degli atti depositati in giudizio dalla resistente Agcom in data 5 marzo 2010, in accoglimento di espressa istanza al riguardo formulata dalla parte ricorrente.
Come noto, ai sensi dell’art. 23, comma 4, legge 1034/1971, le parti possono produrre documenti fino a venti giorni liberi anteriori al giorno fissato per l'udienza e presentare memorie fino a dieci giorni;i termini ivi indicati sono dimidiati dal successivo art. 23 bis, nei giudizi aventi ad oggetto, tra l’altro, i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti., quale quello in esame.
Ritiene il Collegio che le memorie e i documenti, depositati in giudizio oltre i termini fissati dall’art. 23, comma 4, sopra, citato, non possono essere valutati agli effetti della decisione ove manchi l’esplicito consenso della controparte alla produzione tardiva.
Ed invero, i termini in questione sono posti a presidio della piena salvaguardia del contraddittorio, oltre che dell’ordinato svolgimento del giudizio, quale espressione del principio dell'equo processo, che comporta la necessità che non solo le parti, ma anche il Giudice sia messo in condizione di conoscere degli atti processuali con congruo anticipo rispetto al passaggio in decisione della causa (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 6586 del 27.10.2009).
Nel caso che ne occupa, pertanto, le parti avevano la facoltà di produrre in giudizio documenti fino a dieci giorni liberi anteriori l’11 marzo 2010 – data fissata per l’udienza - e memorie fino a cinque giorni, dal che consegue la tardività del deposito effettuato solo il 5 marzo, oltre i dieci giorni di legge, della relazione sui fatti di causa, in cui sono, peraltro, contenute anche eccezioni e controdeduzioni, e del provvedimento impugnato che, in quanto provenienti direttamente dal’Agcom, e non per il tramite dell’Avvocatura erariale, sono da considerarsi entrambi documenti.
Sempre in via preliminare, deve essere rilevata l’inammissibilità della eccezione di nullità della delibera impugnata per carenza assoluta di potere ai sensi dell’art. 21 septies, legge n. 241/1990, contenuta nella memoria esplicativa depositata in data 5 marzo 2010 dalla resistente Telecom Italia.
Osserva il Collegio che con tale eccezione la controinteressata non mira alla conservazione degli effetti del provvedimento impugnato, il cui contenuto è per la medesima favorevole, essendo stata rigettata l’istanza del ricorrente, né si limita ad evidenziare l’impossibilità di un esame nel merito del ricorso che, ove favorevolmente considerato, condurrebbe all’eliminazione dal mondo giuridico dello stesso atto, ma si caratterizza per una marcata autonomia dell'interesse alla proposizione della eccezione, in quanto tesa a confutare la stessa sussistenza del potere dell’Agcom ad emettere una decisione preventiva – di qualunque segno - in ordine alla controversia de qua.
Non può, dunque, essere fatta valere la nullità del provvedimento in via d’eccezione dalla parte controinteressata che avrebbe, invece, dovuto proporre nei termini di legge apposito ricorso incidentale, nella logica del simultaneus processus di cui all’art. 333 c.p.c., la cui previsione è introdotta anche nel rito amministrativo.
Passando all’esame del ricorso, il Collegio ritiene di potere prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità dello stesso, pure sollevate dalla resistente Telecom Italia S.p.a, stante l’infondatezza nel merito dell’azionato mezzo.
Con il primo motivo, lamenta il ricorrente come non sia stato tenuto in conto della sopravvivenza, anche dopo l’entrata in vigore del codice delle comunicazioni, di quanto previsto dall’art. 33, d.m. 8.5.1997, n. 197, adottato in attuazione dell’art. 283 del d.P.R. 156/1973 in materia di abbonamento di servizio, con ogni effetto in ordine all’obbligo di Telecom Italia di consentire il pagamento delle bollette telefoniche senza costi aggiuntivi per gli utenti mediante l’utilizzo delle casse automatiche.
Il motivo non ha pregio.
Come correttamente esposto dall’Agcom, nella parte motiva dell’impugnato provvedimento, l’art. 218, comma 1, lett. s), d.lgs. 259 del 2003 – recante il codice delle comunicazioni elettroniche – ha espressamente abrogato, tra gli altri, l’art. 283 del d.P.R. 156/1973, che rinviava a regolamento di servizio da approvarsi con decreto del Ministro per le poste e le telecomunicazioni le norme e condizioni da applicarsi alle richieste di abbonamento telefonico.
Ritiene il Collegio che l’abrogazione espressa della norma delegante il potere regolamentare abbia travolto, inevitabilmente, sia pure in modo tacito, anche la normativa di rango secondario emanata in attuazione della prima, in quanto non sussiste più alcuna compatibilità tra le nuove disposizioni dettate dal codice delle telecomunicazioni e le disposizioni precedenti;in altri termini, poiché l’applicazione della anteatta normativa si porrebbe in una contraddizione tale con i principi introdotti dalla successiva normativa, da renderne impossibile l’osservanza, è dalla vigenza della nuova normativa che deriva la necessaria disapplicazione delle norme precedenti, aventi, peraltro, un rango inferiore nell’ambito della gerarchia delle fonti.
Deve essere, al riguardo, rilevato che a rendere impossibile la contemporanea vigenza del regolamento la cui applicazione è invocata dalla parte ricorrente è lo stesso contesto in cui deve essere inquadrato il codice delle comunicazioni del 2003, che ha abrogato il Libro IV del testo unico del 1973, parte in cui erano raccolte le disposizioni di rango primario inerenti il servizio di telecomunicazioni.
Come osservato anche dalla resistente Telecom Italia, con il codice del 2003 il legislatore delegato ha proceduto al complessivo riassetto delle disposizioni vigenti in materia conseguenti al recepimento delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, e della direttiva 2002/77/Ce della Commissione del 16 settembre 2002, (c.d. direttiva accesso;direttiva autorizzazioni;direttiva quadro;direttiva servizio universale;direttiva concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica), recanti la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni in modo da costituire un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, informati ai principi indicati nella legge di delega n. 166 del 2002.
Da quanto sopra deriva che è tutta la normativa previgente, anche di rango secondario, a non essere più compatibile con il rinnovato quadro regolante il settore, ove la società Telecom Italia ha perso il ruolo di gestore del servizio in regime di monopolio, dovendo, ormai, essere garantiti i diritti inderogabili di libertà delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza nello stesso settore delle comunicazioni elettroniche (art. 3, d.lgs. 253/2003).
L’esame delle norme recanti gli obblighi degli operatori ed i diritti degli utenti finali non consente di evincere la perdurante sussistenza dell’obbligo, come richiesto dal ricorrente, relativamente alla previsione anche di modalità gratuite di pagamento delle bollette telefoniche, che, peraltro, siccome originariamente prevista solo nei riguardi dell’operatore che all’epoca era il monopolista, nemmeno potrebbe trovare estensione nei confronti degli altri operatori, ora entrati nel mercato della telefonia, anche fissa.
Ed invero, dall’esame dell’art. 70 del codice delle comunicazioni, che, nell’individuare il diritto dei consumatori, nel caso in cui si abbonano a servizi che forniscono la connessione o l'accesso alla rete telefonica pubblica, di stipulare contratti con una o più imprese che forniscono detti servizi, non è dato inferire che tra gli elementi che detti contratti devono necessariamente contenere sia da ricondurre anche la previsione di particolari modalità di pagamento.
Deve, invece, ritenersi lasciata all’autonomia negoziale degli operatori la determinazioni delle condizioni economiche derivanti dai contratti di utenza, purché la stessa sia rispettosa e non travalichi i principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità enunciati dall’art. 53, codice delle comunicazioni elettroniche.
Del resto, come pure evidenziato dalla resistente società Telecom Italia, l’Agcom, con delibera n. 173/03/CSP, recante la direttiva generale in materia di qualità e carte dei servizi di telecomunicazioni – richiamata nelle premesse del provvedimento impugnato, ma incontestata dal ricorrente – ha stabilito che il singolo operatore determina le modalità di pagamento delle fatture, ferma rimanendo l’indicazione di quelle prescelte nella documentazione di fatturazione.
Con il secondo motivo il ricorrente ritiene che l’obbligo della Telecom Italia di assicurare il pagamento delle fatture al domicilio della stessa ed in numerario, deriverebbe, comunque, nel silenzio dell’art. 14 delle Condizioni generali di abbonamento, dal combinato disposto degli artt. 1498, co. 3, c.c., in materia di vendita e 693, c.p., che punisce chiunque rifiuti di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato.
Anche questa censura non coglie nel segno, per assoluta inconferenza al caso che ne occupa della normativa sopra richiamata.
Per univoca giurisprudenza il contratto di utenza telefonica, che va inquadrato nello schema giuridico del contratto di somministrazione, rientra nella categoria dei cosiddetti contratti per adesione, dai quali differisce perché lo schema non è predisposto soltanto dalla società concessionaria, ma è in parte direttamente fissato da provvedimenti legislativi o amministrativi (cfr. Cass. SS. UU. 29.11.1978, n. 5613;Cass. 2.12.2002, n. 17041;Cass. 28.5.2004, n. 10313).
Come sopra già accennato, il vigente codice delle comunicazioni elettroniche espressamente individua il contenuto minimo del contratto di abbonamento telefonico (art. 70, d.lgs. 259 del 2003), per garantire ai consumatori condizioni minimi inderogabili di un contratto, che non può non mantenere, altrettanto, inderogabilmente lo schema del contratto di somministrazione, unico compatibile con l’abbonamento ai servizi ovvero con il “contratto di fornitura del servizio” e con il mantenimento dei servizi minimi garantiti dalla legge.
Se la tutela che il legislatore ha ritenuto di riconoscere ai consumatori non comprende, espressamente tra le condizioni minime, anche la forma di pagamento gratuita, questa è facoltà che deve essere riconosciuta al singolo operatore, che, nell’ambito della proprie offerte, potrà valutare l’opportunità, con considerazioni di carattere squisitamente commerciali, di prevederne, o meno.
Del resto, sul punto, la Telecom Italia ha precisato di avere messo a disposizione dei propri clienti, quali modalità di pagamento alternative al conto corrente postale, talune modalità di pagamento gratuite, quali il Pag@online , il Pagocard, ovvero, la domiciliazione delle bollette telefoniche su c/c bancario, addivenendo, in tal modo, agli strumenti di pagamento tra i più diffusi ed utilizzati.
Con il terzo capo di impugnativa, il ricorrente lamenta come sia stata travisata la domanda relativa al rimborso agli abbonati di rete fissa delle spese sostenute per il pagamento delle bollette dal 1°.