TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2015-01-10, n. 201500291
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Testo completo
N. 00291/2015 REG.PROV.COLL.
N. 05922/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5922 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M S, rappresentato e difeso dall'avv. A G, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via G. Paisiello, 55;
contro
Ente Parco Regionale di Veio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Sacrofano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. L F, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Buonarroti, 40;
Roma Capitale, in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso per legge dall'avv. Rodolfo Murra, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;
per l'annullamento
dell’ordinanza n. 63, prot. n. 5952 del 5 maggio 2009 dell’Ufficio Tecnico - Sezione Urbanistica - del Comune di Sacrofano, con cui, in relazione alle opere realizzate sull’immobile distinto catastalmente al foglio di mappa n. 22, particelle n. 998, è stata intimata, entro il termine di 90 giorni dalla notifica del provvedimento, la demolizione ed il ripristino dello stato quo ante dei luoghi e comunicato che, in caso di inottemperanza, si provvederà all’acquisizione gratuita di diritto a favore del patrimonio del Comune;
con motivi aggiunti depositati in data 13.1.2010, dell'ordinanza dirigenziale prot.n. 3336 del 21.9.2009, con cui l'Ente Parco di Veio ha ingiunto, ai sensi dell'art. 28, comma 3, del legge regionale 6. ottobre 1997 n. 29 s.m.i., l'immediata sospensione di presunte attività edilizie in essere;
con il secondo atto per motivi aggiunti del 29 aprile 2010, dell’ordinanza dirigenziale n. 471 del 10 febbraio 2010;
con il terzo atto per motivi aggiunti del 7 luglio 2010, del provvedimento n. 4915 del 13 aprile 2010;
con il quinto atto per motivi aggiunti del 20 luglio 2011, del provvedimento n. 4756 del 17 aprile 2012, di rigetto della domanda di annullamento in autotutela del’ordinanza di demolizione n. 5952 del 5 maggio 2009.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ente Parco Regionale di Veio e di Comune di Sacrofano in Persona del Sindaco P.T. e di Comune di Roma in Persona del Sindaco P.T.;
Vista l’ordinanza n. 2959/2013 con la quale è stata disposta verificazione;
Vista la relazione di verificazione ed i rilievi delle parti;
Vista la successiva ordinanza 5069/2014 e i chiarimenti resi dal verificatore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 il dott. G L P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente è proprietario di un'abitazione sita in località "Camerata - Casale Paglierini" in Sacrofano, distinta catastalmente al foglio di mappa n. 22, particella n. 988, ed ubicata in zona classificata dal vigente P.R.G. come "Verde di salvaguardia paesistica", assoggettata a vincolo di tutela ambientale in quanto area ricompresa nel Parco di Veio ai sensi della Legge regionale n. 29/1997.
L'immobile, realizzato negli anni '80, è stato dapprima oggetto di condono edilizio ai sensi della Legge n. 47/1985, con concessione in sanatoria del Comune prot. n. 9986 dell'11 ottobre 2001 e, da ultimo, destinatario di un complesso di opere di ristrutturazione, assentite con DIA prott. nn. 8214 del 10 agosto 2004 e 5299 del 27 maggio 2007, entrambe seguite ai necessari nulla - osta dell'Ente Parco di Veio prott. nn. 1480 del 7 maggio 2008 e 3045 del 1° agosto 2008.
Il Comune di Sacrofano, a seguito dei sopralluoghi eseguiti nelle date del 21 novembre 2008 e del 7 aprile 2009 presso l'abitazione del ricorrente al fine di verificare la conformità delle opere ai titoli edili rilasciati, ha adottato l'ordinanza prot. n. 5952 del 5 maggio 2009 con cui ha intimato la riduzione in pristino delle opere realizzate dal Sig. Svo in ragione di un presunto illegittimo innalzamento delle quote del tetto dell'immobile, con un conseguente aumento della cubatura dello stesso immobile, il che avrebbe comportato un abuso qualificabile in termini di c.d. "variazione essenziale" ai sensi dell'art. 7 della Legge regionale n. 15/2008.
Detta ordinanza è stata impugnata col ricorso principale, assumendone l’illegittimità per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 16, 17 e 18 della L.R. n. /2008 e degli artt. 27 e ss. del D.P.R. n. 380/2001, violazione e/o falsa applicazione della Legge n. 47/1985, eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza ed erroneità di presupposti.
Con un primo atto di motivi aggiunti il ricorrente ha poi impugnato l'ordinanza dirigenziale prot. n. 3336 del 21 settembre 2009 con cui l'Ente Parco di Veio ha ingiunto, ai sensi dell'art. 28 della Legge regionale 6 ottobre 1997 n. 29 e s.m.i, l'immediata sospensione di presunte attività edilizie in essere nonché la riduzione in pristino delle aree interessate a spese del ricorrente.
In data 4 agosto 2009, sul presupposto che la riduzione in pristino delle opere realizzate avrebbe comportato un grave pregiudizio alla parte dell'immobile realizzata in piena conformità ai titoli abilitativi, il ricorrente ha quindi presentato un'istanza ex art. 34 del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001.
Con il secondo e il terzo atto per motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato, dapprima, il parere negativo da parte dell'Ente Parco, di cui all'ordinanza dirigenziale prot. n. 471 del 10 febbraio 2010, e, in ultimo, il diniego conseguente da parte del Comune, di cui al provvedimento prot. n. 4915 del 13 aprile 2010.
Con un quarto atto per motivi aggiunti, a seguito di accesso agli atti, il ricorrente ha ulteriormente dedotto l’illegittimità dei provvedimenti gravati, sul presupposto che la cubatura del fabbricato, dichiarata essere pari a 400,00 mc. nella concessione edilizia in sanatoria prot. n. 9986/2001, risulterebbe invece di misura decisamente maggiore e, per la precisione, pari a 444,71 mc.
Con istanza del 6 luglio 2011, il ricorrente ha altresì chiesto al Comune "l'annullamento in autotutela “dell'ordinanza riduzione in pristino prot. n. 5952 del 5 maggio 2009 ed ogni altro provvedimento connesso e conseguente alla stessa, ivi incluso il provvedimento prot. n. 4915 del 13 aprile 2010 con cui è stato disposto il diniego dell'istanza presentata ai sensi dell'art. 34 del D.P.R. 380/01 e s.m.i. in data 12/02/2010 con prot. n. 1899".
Con provvedimento n. 15776 del 28 novembre 2011 il Comune disponeva la rettifica della concessione edilizia in sanatoria rilasciata all’interessato, tramite l’indicazione corretta della volumetria condonata, nella misura di 444,71 mc.
Il ricorrente, in data 29 febbraio 2012, ha reiterato quindi l’istanza di annullamento in autotutela degli atti pregressi.
Con quinto atto per motivi aggiunti ha quindi impugnato il provvedimento in data 17 aprile 2012 n. 4756 con cui il Comune di Sacrofano ha rigettato la predetta istanza, alla stregua di nuova istruttoria, rilevando come, anche a seguito della rettifica apportata al permesso di costruire in sanatoria, rimarrebbe una maggiore altezza dell’immobile, rispetto a quanto assentito nel predetto permesso e nelle DIA sopra menzionate, pari a 50 cm alla gronda e 60 cm al colmo, con un ingiustificato aumento di cubatura derivante dalla maggiore altezza media del fabbricato di circa 32,29 mc ( dati dalla differenza fra 477,00 mc effettivamente rilevata e i 444,71 assentiti).
Il ricorrente deduce in primo luogo la violazione dell’art 10 bis e dell’art. 7 e 21 nonies della legge 241/90;inoltre rileva che l’atto di conferma presenta i medesimi atti dei pregressi atti oggetto del procedimento di autotutela, non avendo il Comune, in particolare, valutato la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, ed essendo comunque incorso in errori relativi al metodo di calcolo delle altezze (le differenze di altezza riscontrate deriverebbero da un errore relativo al metodo di calcolo seguito da parte dell’organo tecnico comunale, in quanto la superficie del fabbricato, e le relative altezze alla gronda ed al colmo sarebbero state calcolate partendo dal c.d. “piano di campagna o quote esterne” dell’immobile de quo, anziché dal piano di calpestio, sull’assunto che così fosse stabilito nel permesso di costruire in sanatoria;e che la differenza riscontrata dal Comune nelle altezze realizzate sarebbe riferibile esclusivamente a detta circostanza, risultando il piano di campagna e le quote esterne dell’edificio più basse rispetto al piano di calpestio, e non ad una realizzazione dell’interevento edilizio effettivamente difforme rispetto a quanto autorizzato).
Il Comune di Sacrofano si è costituito in giudizio e con diverse memorie difensive, anche a seguito della riassunzione del giudizio successiva alla morte del procuratore costituito, ha dedotto l’infondatezza di tutte le censure assumendo fra l’altro che , essendo la maggiore altezza riscontrata superiore al 10% di quella assentita, e la maggiore volumetria realizzata superiore al 2% di quella assentita, le opere integrino gli estremi di una variazione essenziale in assenza di apposito titolo autorizzatorio.
Si è costituito altresì l’Ente Parco di Veio ed ha chiesto il rigetto del gravame.
Con ordinanza n. 2959/2013 il Tribunale ha disposto verificazione volta ad accertare le altezze e le volumetrie complessive effettivamente autorizzate con la concessione in sanatoria n. 9986/2001 ed a stabilire se quelle realizzate siano conformi al permesso rilasciato o superiori nella misura ritenuta dal Comune di Sacrofano.
Depositata la relazione di verificazione, con successiva ordinanza 5069/2014 il Tribunale ha chiesto al verificatore chiarimenti in ordine all’entità dell’incremento di volume riferibile alla modifica delle altezze, con esclusione di quello connesso alla realizzazione del tetto, e al rapporto percentuale con il volume complessivo originariamente assentito.
Alla pubblica udienza del giorno 9 ottobre 2014 la causa è stata quindi trattenuta per la decisione nel merito.
DIRITTO
1. Preliminarmente il Collegio l’improcedibilità dell’impugnazione proposta, con il ricorso principale, avverso l’ordinanza di demolizione del Comune di Sacrofano n. 63 del 5 maggio 2009, atteso che la stessa è stata oggetto di procedimento di autotutela definito, a seguito di rinnovazione dell’istruttoria, con atto di conferma prot. 4756 del 17 aprile 2012, oggetto di ulteriore impugnazione con il quinto atto per motivi aggiunti.
La sostituzione, sul piano effettuale, dell’atto confermativo, adottato in esito a rinnovazione del procedimento istruttorio, all’atto confermato, determina che la lesione lamentata dal ricorrente è riconducibile all’atto di conferma;cosicchè permane l’interesse all’annullamento solo dell’atto confermativo, risultando cessato l’interesse all’annullamento dell’atto confermato.
Permane invece l’interesse all’annullamento degli atti riferibili al procedimento avviato dal ricorrente ex art. 34 del d.p.r. 380/01, impugnati con il primo, il secondo ed il terzo atto per motivi aggiunti, atteso che l’ordinanza del 17 aprile 2012 si limita a richiamare in parte motiva detti atti, ivi compreso il diniego dell’istanza disposto con provvedimento n. 4915 del 13 aprile 2010, dei quali quindi ribadisce l’efficacia.
2. Le censure spiegate avverso l’ordinanza di demolizione, impugnata con il quinto atto per motivi aggiunti sono infondate e vanno rigettate alla stregua delle osservazioni che seguono.
2.1 In esito alla disposta verificazione, è emerso, come da relazione del verificatore , che anche rispetto alla volumetria complessivamente assentita con la concessione in sanatoria, così come rettificata e pari a mc. 444,71, risulta realizzato un maggior volume di mc 29,53, pari al 6,64%.
Detto incremento di volumetria è in difformità anche rispetto ai nulla osta rilasciati dall’Ente Parco di Veio ( trattandosi di immobile in area soggetta a vincolo paesistico) e allegati alla D.I.A. limitati al rivestimento dell’edificio con intonaco civile e con obbligo di mantenimento della cubatura preesistente.
Assume il verificatore che detto incremento di cubatura sarebbe riferibile esclusivamente alle modifiche apportate al tetto ( nuova struttura costituita da trave portante, morale, tavola) e quindi non sarebbe qualificabile come variazione essenziale secondo quanto previsto nel comma 3 dell’art. 17 della legge reg. 15/2008 in quanto cubatura riferibile interamente ad un volume tecnico.
2.2 La tesi non può essere condivisa.
La sostituzione del tetto di copertura con altra modalità costruttiva necessita di permesso di costruire quando, implicando aumento della volumetria dell’immobile, non può essere considerata alla stregua di un intervento di manutenzione straordinaria.
Né è possibile giustificare l’incremento di volumetria, realizzato nel caso di specie per effetto della nuova realizzazione della copertura, ricorrendo al concetto di volume tecnico, come tale da non considerare nel calcolo della volumetria complessivamente realizzata, atteso che la nozione di 'volume tecnico' non computabile nella volumetria non ricorre se non quando non sussistano modalità alternative di costruzione non implicanti aumenti di volumetria o comunque incrementi volumetrici del tutto contenuti.
In altri termini, il richiamo al concetto di volume tecnico non può giustificare qualsiasi incremento di volumetria, rispetto a quella originariamente assentita, connesso all’adozione di diverse modalità di realizzazione della copertura dell’immobile rispetto a quella del progetto originario.
La realizzazione del cordolo perimetrale sovrastante le murature portanti del fabbricato, con modifiche delle altezze, costituisce modalità di realizzazione diversa da quanto progettato , rispondente ad una delle possibili scelte costruttive e in quanto tale non riconducibile, per quanto detto, alla nozione di volume tecnico ( la stessa soluzione realizzativa avrebbe verosimilmente potuto essere conseguita mediante riduzione dell’altezza delle murature perimetrali e mantenimento delle altezze complessive medie e della volumetria preesistente).
La maggiore volumetria realizzata, sebbene inferiore a quanto indicato nel provvedimento impugnato, è comunque superiore al 2% del volume complessivamente assentito, rientrando quindi nella previsione di cui all’art. 17 comma 1 lett. c) della legge reg. 15/08, e legittima parimenti la misura sanzionatoria applicata dal Comune di Sacrofano.
2.3 A seguito dei chiarimenti resi dal verificatore in ottemperanza all’ordinanza n. 5069/2014, resta confermato che anche gli aumenti delle altezze medie sono riferibili alla realizzazione della nuova copertura, considerato che, anche a prescindere dalla correttezza del computo metrico dell’altezza alla gronda del bene in 2,40 mt, e quindi anche computando un’altezza alla gronda del bene pari a 2,46 mt, la maggiore altezza delle pareti perimetrali sarebbe comunque da ritenersi adeguamento tecnico connesso alla modalità di realizzazione della struttura soprastante ( gettata di cordoli perimetrali per legare le mura portanti alla copertura anche per ripianare i carichi derivanti dalle strutture sovrastanti).
Ne consegue che l’intero incremento di volume è riferibile alle modalità di realizzazione della nuova copertura dell’immobile che, nella sua considerazione complessiva, supera il limite del 2% rispetto alla volumetria assentita , implicando quindi intervento in difformità dal titolo abilitativo, atteso che l’immobile de quo è soggetto a vincolo paesaggistico.
2.4 Va infatti rilevato che, ai sensi dell’art. 17 comma 4 della legge reg. 15/08, tutti gli interventi di cui al comma 1 ( ivi compresi gli aumenti di cubatura superiori al limite del 2%) , ove realizzati su immobile vincolato, sono da considerarsi in totale difformità dal titolo abilitativo ai fini dell’applicazione del relativo regime sanzionatorio, con conseguente impossibilità di applicazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 19 della legge reg. 15/2008.
2.5 La stessa disposizione stabilisce poi che tutti gli altri interventi edilizi diversi da quelli di cui al comma 1 , se realizzati su immobili vincolati, comportano variazioni essenziali.
In base ad una lettura combinata dei commi 1, 3 e 4 dell’art. 17 menzionato si ha quindi, per quanto rileva in questa sede, che mentre gli interventi edilizi su cubature accessorie o volumi tecnici, sebbene implicanti aumenti di volumetria superiori al 2%, non sono da considerarsi come variazioni essenziali, nel caso in cui i medesimi interventi riguardino beni vincolati sono da considerarsi comunque variazioni essenziali, non potendosi giustificare, in relazione ad immobili vincolati, interventi modificativi della cubatura in assenza del nulla osta degli organi preposti alla tutela del bene diversamente consentiti nei limiti sopra detti per gli immobili non vincolati.
Ne consegue che, anche a prescindere dalla sopra rilevata impossibilità di considerare l’intervento de quo come riguardante esclusivamente un volume tecnico, atteso il regime vincolistico cui il bene è sottoposto, l’incremento di volumetria realizzato andrebbe comunque considerato come variazione essenziale;cosicchè il provvedimento sanzionatorio impugnato sarebbe ugualmente legittimo e non sarebbe ugualmente applicabile la mera sanzione pecuniaria ( cfr. sul punto Tar Lazio I quater 6.9.2013 n. 8155).
3. Quanto alle censure di cui agli altri motivi aggiunti, e inerenti la mancata applicazione del regime di cui all’art. 34 del d.p.r 380/01, è sufficiente ribadire che la norma richiamata non è applicabile alle sanzioni demolitorie comminate per opere insistenti su zona vincolata ( art. 27 del medesimo D.P.R. 380 del 2001)
Inoltre, come sopra detto, gli interventi in questione non possono essere considerati "interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire", contemplati nel citato art. 34, trattandosi di interventi in totale difformità al titolo edilizio.
Ad ogni buon conto, va rilevato che, secondo costante orientamento giurisprudenziale, il privato sanzionato con l'ordine di demolizione per la costruzione di un'opera edilizia abusiva non può invocare l'applicazione a suo favore della disposizione contenuta nell'art. 34, comma 2, del D.P.R. n. 380/01 se non fornisce seria ed idonea dimostrazione del pregiudizio stesso sulla struttura e sull'utilizzazione del bene residuo, con la precisazione che un eventuale pregiudizio può avere rilievo solo in sede di esecuzione e non rileva ai fini della legittimità dell'ordine demolitorio (cfr. C.d.S., sez. V, 5 settembre 2011, n. 4982;TAR Campania, Napoli, sez. IV, 5 agosto 2013, n. 4056).
Il ricorrente non ha fornito detta prova, a nulla valendo che la demolizione implicherebbe una notevole spesa o potrebbe incidere sulla funzionalità del manufatto, perché per impedire l'applicazione della sanzione demolitoria occorre un effettivo pregiudizio alla restante parte dell'edificio, consistente in una menomazione dell'intera stabilità del manufatto.
Inoltre, come rilevato dal Comune resistente, la copertura del tetto è in legno e non appare verosimile che la sua demolizione e rifacimento con conservazione della volumetria originariamente assentita possa recare pregiudizio irreparabile alla stabilità dell’immobile.
3.1 Quanto alle censure relative alla violazione delle regole sulla partecipazione dell’interessato al procedimento, va rammentato il costante orientamento giurisprudenziale, anche della Sezione, secondo il quale l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non vi è spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto ( per es. non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento), ivi compresa la partecipazione al procedimento di autotutela su atti repressivi di abusi edilizi.
4. Conclusivamente va dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso principale;vanno invece rigettati tutti i motivi aggiunti.
Sussistono giusti motivi , in ragione delle prese conclusioni, per disporre la compensazione delle spese di lite fra tutte le parti costituite, ad eccezione delle spese di verificazione che saranno definitivamente liquidate, previa presentazione di nota, dal Presidente della Sezione con separato provvedimento.