TAR Lecce, sez. III, sentenza 2024-03-15, n. 202400391
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Testo completo
Pubblicato il 15/03/2024
N. 00391/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00046/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 46 del 2023, proposto da
F R e P F, quest’ultima in qualità - giusta decreto di nomina del Tribunale di Taranto 16.10.2017 n. 2264 - di Curatrice della eredità giacente di F M R, rappresentati e difesi dall'avvocato P G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Statte, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luca Pedone in Lecce, via Zanardelli, 7;
per la condanna
del Comune di Statte alla retrocessione/restituzione dei terreni di proprietà dei ricorrenti censiti al Catasto al foglio 101, p.lla 22, di mq 2.004, p.lla 444 di mq 4.006 e p.lla 450 di mq 3.751, previo ripristino dello status quo ante;
nonché per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti ad ottenere il risarcimento del danno per mancato godimento patito per l’occupazione illegittima delle suddette aree nella misura del 5% del valore venale delle aree stesse per ogni anno di occupazione dal 17.1.2000 e sino all’effettiva retrocessione/restituzione dei beni immobili, oltre i profili monetari accessori;
e per la condanna
del Comune di Statte, in persona del legale rappresentante p.t. al risarcimento del danno per mancato godimento patito dai ricorrenti per l’occupazione illegittima dei suddetti terreni nella misura che sarà quantificata a mezzo di perizia tecnica disposta dal Tribunale, valore da calcolare nella misura del 5% per ogni anno di occupazione dal 17.1.2000 e sino all’effettiva reimmissione in possesso, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sino al momento della effettiva retrocessione/restituzione dei beni immobili ovvero della cifra minore o maggiore di giustizia (sempre maggiorata di rivalutazione ed interessi).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Statte;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2024 la Cons. dott.ssa Patrizia Moro e uditi per le parti i difensori Avv. P. G. Relleva per le parti ricorrenti, Avv. A. Vantaggiato, in sostituzione dell'Avv. A. Trono, per il Comune di Statte.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - I due ricorrenti, nelle rispettive qualità di comproprietario (F R) e di Curatrice dell’eredità giacente della defunta comproprietaria F M R (P F), di un suolo sito in Statte, distinto in Catasto al Foglio 101, particella 22, di mq 2.004, particella 444, di mq 4.006, e particella 450, di mq 3.751, occupato il 17 gennaio 2000 dal Comune di Statte, a seguito del decreto di occupazione d’urgenza n. 2 del 13 dicembre 1999 (adottato dopo l’approvazione del progetto esecutivo dei lavori di realizzazione del “Parco delle Rimembranze”, avvenuta con delibera G.M. n. 225 del 17 settembre 1999, contenente la dichiarazione di p.u.), con il ricorso introduttivo del giudizio, hanno chiesto:
- la condanna del Comune di Statte alla retrocessione/restituzione dei predetti terreni occupati censiti al Catasto al foglio 101, p.lla 22, di mq 2.004, p.lla 444 di mq 4.006 e p.lla 450 di mq 3.751, previo ripristino dello status quo ante;
-l’accertamento del loro diritto ad ottenere il risarcimento del danno per mancato godimento patito per l’occupazione illegittima delle suddette aree nella misura del 5% del valore venale del bene per ogni anno di occupazione dal 17 gennaio 2000 e sino all’effettiva retrocessione/restituzione dei beni;
- la condanna del Comune di Statte, in persona del legale rappresentante p.t. al risarcimento del danno patito per mancato godimento per l’occupazione illegittima dei suddetti terreni nella misura che sarà quantificata a mezzo di perizia tecnica disposta dal Tribunale, valore da calcolare nella misura del 5% per ogni anno di occupazione dal 17.1.2000 e sino all’effettiva reimmissione in possesso, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sino al momento della effettiva retrocessione/restituzione dei beni immobili ovvero della cifra minore o maggiore di giustizia (sempre maggiorata di rivalutazione ed interessi).
I ricorrenti hanno, anche, formulato una richiesta istruttoria tesa allo svolgimento di “Verificazione tecnica ex art. 66 c.p.a per l’accertamento e l’esatta determinazione delle somme dovute ai ricorrenti per i titoli esposte nel ricorso”, di cui è stata sollecitata la disposizione, attraverso le istanze depositate il 19 gennaio 2023 ed il 14 marzo 2023.
1.1. - Il 24 gennaio 2024 si è costituito in giudizio il Comune di Statte eccependo, con successiva memoria ex art.73 c.p.a., depositata il 2 febbraio 2024, l’inapplicabilità della disciplina di cui al T.U.E. (D.P.R. n. 327/2001) alla fattispecie, l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a., il difetto di legittimazione processuale - inefficacia dell’azione quanto alla posizione della Curatela dell’eredità giacente, insistendo comunque per il rigetto del ricorso.
1.2. - Con memorie depositate, rispettivamente il 14 e il 28 febbraio 2028, i ricorrenti e l’A.C. resistente hanno ulteriormente illustrato ed insistito nelle proprie posizioni.
Alla pubblica udienza del 5 marzo 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. - In limine, osserva il Tribunale che sussiste, nella presente controversia, la giurisdizione dell’adito Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 133, primo comma, lettera g) del Codice del Processo Amministrativo (in forza del quale “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (…) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”).
Ed invero, a tale riguardo, la Sezione non ha motivo per discostarsi dall’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, “nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, ad eccezione delle ipotesi in cui manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e l'Amministrazione espropriante abbia agito nell’assoluto difetto di una potestà ablativa (devolute come tali alla giurisdizione ordinaria), spettano alla giurisdizione amministrativa esclusiva, ex art. 133 primo comma lettera g) c.p.a., le controversie (come quella de qua) nelle quali si faccia questione - anche ai fini della tutela risarcitoria - di attività di occupazione e trasformazione di un bene immobile conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento ablatorio all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà, purchè vi sia un collegamento - anche mediato - all’esercizio della pubblica funzione” (ex multis Consiglio di Stato, IV Sezione, 4 Aprile 2011 n. 2113;T.A.R. Lombardia, Brescia, I Sezione 18 Dicembre 2008 n.1796;Consiglio di Stato, Adunanza plenaria 30 Luglio 2007 n. 9 e 22 Ottobre 2007 n. 12;T.A.R. Basilicata, 22 Febbraio 2007 n. 75;T.A.R. Puglia, Bari, III Sezione, 9 Febbraio 2007 n. 404;T.A.R. Lombardia, Milano, II Sezione, 18 Dicembre 2007 n. 6676;T.A.R. Lazio, Roma, II Sezione, 3 Luglio 2007 n. 5985;T.A.R. Toscana, I Sezione, 14 Settembre 2006 n. 3976;Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 20 Dicembre 2006 nn. 27190, 27191 e 27193)” (T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 12 maggio 2015, n. 1549)» (ex multis, T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione III, 23 aprile 2018, n.704).
2.1. - Sempre in limine, osserva il Collegio, che va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per allegato difetto di legittimazione attiva del Curatore dell’eredità giacente di F M R, avv. P F, sollevata dalla difesa civica.
Invero, rileva il Tribunale che l’art. 529 c.c. indica espressamente quali siano i compiti del Curatore dell’eredità giacente. Egli è tenuto a: procedere all'inventario dell'eredità, esercitarne e promuoverne le ragioni, rispondere alle istanze proposte contro la medesima, amministrarla, depositare presso le casse postali o presso un istituto di credito designato dal tribunale il danaro che si trova nell'eredità o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili, rendere conto della propria amministrazione.
In buona sostanza, il Curatore dell’eredità giacente può compiere tutti gli atti utili alla conservazione e amministrazione dell’asse ereditario, come, ad esempio, promuovere le azioni a difesa dell’eredità, proporre domande per riscuotere debiti scaduti, agire per interrompere la prescrizione, formulare azioni possessorie o petitorie, per rivendicare la proprietà di beni appartenenti all'asse ereditario. (cfr. Corte di Cassazione Civile n. 5334/2004).
Inoltre, ai sensi dell'art. 529 c.c., il Curatore dell'eredità giacente, seppure non sia un rappresentante in senso proprio del chiamato all'eredità, è legittimato sia attivamente che passivamente in tutte le cause che riguardano l'eredità e il cui svolgimento rientra negli scopi che la sua attività è destinata a realizzare in rapporto agli interessi che ne rappresentano il presupposto, sicchè (ad esempio) lo stesso può proporre un valido atto interruttivo del decorso della prescrizione mediante la proposizione di un atto di citazione notificato - in una controversia relativa a diritti ereditari (in tal senso: Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 5334 del 16 marzo 2004).
In conclusione, trattandosi nella specie di un atto di ricostituzione/conservazione del patrimonio ereditario, avente carattere di ordinaria amministrazione, non occorreva - per la proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio - l’autorizzazione del Tribunale Civile al Curatore dell’eredità giacente.
2.2. - Del tutto priva di pregio giuridico è l’ulteriore eccezione, sollevata dalla difesa civica, di inapplicabilità del T.U.E. (D.P.R. n.327/2001) al caso in esame, in quanto riconducibile alla dichiarazione di pubblica utilità/occupazione d’urgenza avvenuta con decreto n. 2/99 del 13.12.1999 e dunque in un periodo di tempo antecedente rispetto all’entrata in vigore della normativa citata.
Infatti, l’applicabilità o meno nella specie del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 è del tutto irrilevante ai fini di causa, in quanto in presenza di un’occupazione illecita delle aree de quibus da parte dell’A.C., non essendo mai stato emanato il decreto di esproprio delle aree stesse, si verte in tema di illecito permanente della P.A., che genera - in ogni caso - l’obbligo della restituzione, previa riduzione in pristino, salvo la possibilità di disporne l’acquisizione “sanante” ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001.
All’uopo basti rilevare che l’art.42 bis del citato D.P.R. n.327/2001 espressamente stabilisce che “ Le disposizioni del presente articolo trovano altresì applicazione ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore ed anche se vi è già stato un provvedimento di acquisizione successivamente ritirato o annullato, ma deve essere comunque rinnovata la valutazione di attualità e prevalenza dell'interesse pubblico a disporre l'acquisizione;in tal caso, le somme già erogate al proprietario, maggiorate dell'interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del presente articolo” .
Peraltro, nella giurisprudenza del Consiglio di Stato è ormai consolidato il principio secondo cui «la procedura di acquisizione “sanante” di un’area occupata sine titulo dalla P.A., descritta dal citato articolo 42 bis, trova una generale applicazione anche con riguardo alle occupazioni attuate prima dell’entrata in vigore della norma» (Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 marzo 2010, n. 1762, Sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3509, inoltre: Adunanza Plenaria 29 aprile 2005, n. 2;Sez. IV, 16 novembre 2007, n. 5830).
2.3. - Del pari infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune resistente ai sensi dell’art. 35 c.p.a..
In particolare, eccepisce la difesa civica che: “ con la deliberazione del C. c. n.70 del 30.10.1998 è stata dichiarata la p.u. dell’opera;l’efficacia della dichiarazione di p.u. ha avuto principio di decorrenza il 3.11.1998, data d’immediata esecutività e di pubblicazione della suddetta deliberazione comunale di approvazione; la dichiarazione di p.u. è divenuta inefficace il 3.11.2003 (cinque anni dal 3.11.1998); “a partire” dal 3.11.2003 ha iniziato a decorrere “il termine decennale di decadenza per proporre l’azione di retrocessione totale del fondo;il termine decennale di decadenza è spirato in data 3.11.2013 (dieci anni dall’intervenuta inefficacia della dichiarazione di p.u.)”.
Osserva, in proposito, il Collegio, che l'istituto della "retrocessione", disciplinato in passato dagli artt. 60 - 63 della legge n. 2359 del 1865 e ora dagli artt. 46 - 48 del D.P.R. n. 327 del 2001, dà titolo alla restituzione dei beni espropriati quando non è stata posta in essere o non è più realizzabile l'opera alla cui esecuzione gli stessi erano stati destinati dalla dichiarazione di pubblica utilità (retrocessione totale), ovvero quando, pur essendo stata eseguita l'opera pubblica o di pubblica utilità, emerga che uno o più fondi espropriati non hanno ricevuto, in tutto o in parte, la prevista destinazione (retrocessione parziale).
Nella fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, appare - invece - evidente, dal contenuto complessivo del ricorso (inclusi: causa petenti e petitum) e dai successivi scritti difensivi che, non essendo mai stato emanato dal Comune di Statte il decreto finale di esproprio delle aree di che trattasi, i ricorrenti hanno dunque chiesto la restituzione, previa riduzione in pristino, delle predette aree di loro proprietà specificamente utilizzate dal Comune di Statte per la realizzazione del c.d. “Parco delle Rimembranze” (e non già la retrocessione di aree espropriate per opere pubbliche, poi, non realizzate ) e il risarcimento dei danni subìti per il mancato godimento delle aree occupate illegittimamente dalla A.C., sicchè il termine “retrocessione” (che pure figura nel ricorso) è stato utilizzato in un’accezione atecnica, intendendosi invece, con ogni evidenza, ottenere la restituzione delle aree occupate (utilizzate dalla P.A. comunale per la realizzazione della suddetta opera pubblica) previo ripristino dello stato quo ante.
3. - Nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto nei sensi e limiti di seguito indicati.
3.1. - Il Collegio osserva che la mancata persistente emanazione del decreto finale di esproprio, con conseguente illegittima privazione della disponibilità dei beni immobili di proprietà ricorrente e loro trasformazione, configura un illecito permanente della P.A., sottoposto alla cognizione di questo Tribunale.
A tanto deve ricordarsi che la fattispecie della “occupazione acquisitiva” è stata definitivamente espunta dall’ordinamento giuridico, a far data dalle decisioni con cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto la illegittimità dell’istituto, segnalando che il rimedio della restituzione del bene risulta essere la forma privilegiata di riparazione a favore del proprietario illegittimamente spogliato dello stesso (sentenze, tutte